CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 8 giugno 1999 n. 516 - Pres. Ruoppolo, Est. Caringella - R.T.I. "GECOS" Generali Costruzioni - Casciano Costruzioni (Avv.ti Ambrosio e Ricciardi) c. R.T.I. "GE.CO." S.r.l. - Restuccia (Avv.ti Izzo e Delfino) e Consorzio A.S.I. di Reggio Calabria (n.c.) - (conferma T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, sent. 24 aprile 1997 n. 199).
Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Ex art. 18 del D.Lgs. n. 406/1991 - Per pendenza di una procedura concorsuale - Ritiro dell'unica istanza di fallimento - Fa venir meno la procedura - Sentenza dichiarativa dell'estinzione del procedimento - Irrilevanza.
Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Ex art. 18 del D.Lgs. n. 406/1991 - Per pendenza di una procedura concorsuale - Ratio della disciplina - Individuazione.
Ai sensi dell'art. 18 del D.Lgs. n. 406/1991, non può considerarsi pendente una procedura fallimentare in assenza di un intervento delibativo dell'Autorità giudiziaria circa l'iniziativa del creditore e, comunque, nel caso in cui risulti che l'unico creditore abbia ritirato l'istanza di fallimento, non essendo a tal fine necessario che venga dichiarato estinto il procedimento, dato che la dichiarazione giudiziale di estinzione del procedimento non ha carattere costitutivo, ma si concreta in una ricognizione notarile dell'eliminazione, per via di un contrarius actus, dell'unico elemento di impulso a fondamento dell'incardinazione dell'iter procedurale.
La ratio dell'art. 18, comma primo, lettera b, del D. Lgs. n. 406/1991, nella parte in cui contempla la possibilità, per la stazione appaltante, di decretare l'esclusione dalla gara per effetto della pendenza di una procedura fallimentare o equivalente, è da rinvenire nella esigenza di esonerare il pubblico contraente dai rischi derivanti, sotto il profilo della corretta e completa esecuzione del contratto, da una situazione di dissesto o difficoltà finanziaria messa in risalto dall'avvio della procedura fallimentare.
Tale ratio non può ritenersi ricorrente con riferimento all'ipotesi in cui il ritiro, da parte dell'unico creditore della richiesta di declaratoria di fallimento, evidenzia l'insussistenza, sotto il profilo formale, di situazioni di scopertura legittimanti l'esercizio del potere di esclusione (nella specie ritiro di aggiudicazione provvisoria) da parte della pubblica amministrazione.
FATTO
1) Con la decisione appellata i Giudici di prime cure hanno accolto il ricorso proposto dall'Associazione Temporanea di Imprese GE.CO. S.r.l. Angelo Restuccia avverso la deliberazione con la quale il Comitato direttivo del Consorzio ASI di Reggio Calabria aveva revocato, stante la ritenuta mancanza, in capo all'impresa Restuccia, del requisito di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 18 del D.Lgs 19 dicembre 1991, n. 406 (non pendenza di una procedura fallimentare), il precedente provvedimento di aggiudicazione provvisoria delle opere di completamento delle infrastrutture di Gioia Tauro.
Il Tribunale amministrativo ha annullato la precedente determinazione sulla base dell'assunto dell'insufficienza di una semplice istanza di fallimento presentata da un creditore, ove non seguita da una deliberazione giudiziaria, al fine di far ritenere pendente una procedura fallimentare in subiecta materia.
Ha sul punto osservato che una diversa opinione, la quale reputasse bastevole la presentazione di istanza da parte di un preteso creditore, esporrebbe irragionevolmente i soggetti che aspirino alla partecipazione ad una gara di appalto al rischio di istanze strumentali incentivate da imprese concorrenti.
Il Tribunale ha osservato che in ogni caso nella specie la istanza dell'unico creditore è stata ritirata dal creditore prima della valutazione delle offerte, sì da consentire di escludere anche sotto tale profilo che al momento della gara e dalla relativa autocertificazione circa i requisiti ex art. 18 del D.Lgs n. 406/1991 potesse ritenersi sostanzialmente pendente una procedura fallimentare.
L'appellante contesta la ricostruzione giuridica posta a fondamento del decisum impugnato. Osserva, quanto al primo profilo, che, all'epoca della celebrazione della gara, risultava pendente una procedura fallimentare attivata dalla presentazione di istanza da parte della Cassa edile e della mutualità e assistenza della provincia di Catanzaro.
Detta istanza, lungi dall'essere connotata da profili di strumentalità evidenziati dal Tribunale, era basata su ragioni creditizie nascenti da assegno bancario non addebitato per assenza di fondi.
In ogni caso, sotto il profilo civilistico, non è contestabile che la procedura fallimentare viene in esistenza con la presentazione di istanza del creditore e non si estingue per effetto della decisione da parte dello stesso di desistere, all'uopo essendo necessario un provvedimento giudiziario di carattere costitutivo.
Assume inoltre l'appellante che nella specie non era possibile il ricorso all'autocertificazione, necessitando un certificato della cancelleria del tribunale fallimentare.
L'associazione appellata si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
All'udienza del 16 aprile 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.- Il ricorso non è fondato.
All'attenzione del Collegio è posta la verifica del momento nel quale può considerarsi pendente una procedura fallimentare ai sensi del citato art. 18 del D.Lgs n. 406/1991.
In disparte la possibilità di considerare pendente la procedura fallimentare in assenza di intervento delibativo dell'Autorità giudiziaria circa l'iniziativa del creditore, assume nella specie valore dirimente la circostanza, incontestata in punto di fatto, dell'anteriorità della presentazione dell'atto di desistenza da parte dell'unico creditore istante rispetto alla produzione della dichiarazione sostitutiva circa la non pendenza di procedura fallimentare o concorsuale e della successiva celebrazione della gara di che trattasi.
Il venir meno dell'unico atto di impulso di parte al quale è nella specie da ascrivere l'instaurazione della procedura fallimentare, determina ex se, con la caducazione del presupposto iniziale, l'effetto dell'esaurimento sostanziale della procedura ai particolari fini delle procedure di appalto.
All'argomento dell'appellante a tenore del quale il successivo intervento di pronuncia giudiziaria intesa a sancire l'estinzione del procedimento dimostrerebbe per tabulas la pendenza di un procedimento in un torno di tempo antecedente è agevole replicare che la pronuncia giudiziaria nella specie non assume una caratterizzazione costitutiva ma si concreta in una ricognizione notarile dell'eliminazione, per via di un contrarius actus, dell'unico elemento di impulso a fondamento dell'incardinazione dell'iter procedurale. Né vale obiettare che l'intervento dell'atto di desistenza non osterebbe alla possibilità per il Tribunale di decretare il fallimento d'ufficio o su istanza del creditore, trattandosi di eventualità al cospetto della quale l'impresa destinataria di istanza ritirata non si colloca in una posizione differenziata rispetto ad impresa non interessata da una richiesta creditoria di declaratoria di fallimento.
Le considerazioni che precedono, di carattere generale, sono corroborate, quanto ai riflessi della pendenza di procedimento fallimentare nell'ambito di una gara di appalto pubblico, dalla ratio della normativa dal richiamato art. 18, comma primo, lettera b, del D. Lgs. n. 406/1991, nella parte in cui contempla la possibilità, per la stazione appaltante, di decretare l'esclusione dalla gara per effetto della pendenza di una procedura fallimentare o equivalente.
Il fondamento della disciplina è agevolmente rinvenibile nella esigenza di esonerare il pubblico contraente dai rischi derivanti, sotto il profilo della corretta e completa esecuzione del contratto, da una situazione di dissesto o difficoltà finanziaria messa in risalto dall'avvio della procedura fallimentare.
Detta ratio non può ritenersi ricorrente con riferimento all'ipotesi in cui il ritiro, da parte dell'unico creditore della richiesta di declaratoria di fallimento, evidenzia l'insussistenza, sotto il profilo formale, di situazioni di scopertura legittimanti l'esercizio del potere di esclusione (nella specie ritiro di aggiudicazione provvisoria) da parte della pubblica amministrazione.
In una simile evenienza, non dissimilmente dal caso di impresa mai interessata da un atto di iniziativa del creditore o dall'azione ufficiosa del Tribunale, l'assenza di attuali elementi formali intesi ad evidenziare il rischio di insolvenza, lasciano residuare il solo potere discrezionale, esercitabile in base ai principi generali da parte della pubblica amministrazione - potere estraneo al caso di specie - di estromettere le imprese che, pur non soggiacendo a procedure fallimentari e affini, non diano sul versante sostanziale sufficienti garanzie di solidità economica, in relazione alla specificità del contratto stipulando, così mettendo a repentaglio l'interesse pubblico all'esecuzione dell'opera pubblica e, più in generale, al rispetto degli impegni pattizi.
2.- Non merita infine positiva valutazione la doglianza articolata dall'appellante in merito alla inammissibilità della presentazione di dichiarazione sostitutiva relativamente alla pendenza di procedura fallimentare. In disparte le considerazioni relative al carattere generale della facoltà di avvalersi dello strumento della dichiarazione sostitutiva ai sensi della legge 10 febbraio 1962, n. 57 e succ. mod. (cfr. in materia C.G.A., 8 maggio 1997, n. 96, Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 611) ed all'irrazionalità di una distinzione, a tal fine, tra intervento della sentenza dichiarativa di fallimento e pendenza della procedura fallimentare (situazione anche questa conoscibile con un'attivazione diligente da parte del legale rappresentante dell'impresa), assume valore decisivo in senso contrario all'ammissibilità della censura, la circostanza che la stessa non è stata presentata con rituale ricorso incidentale in prime cure e, per l'effetto, non è in grado di integrare la motivazione del provvedimento impugnato con la deduzione di una causa di esclusione non considerata dalla stazione appaltante.
3) I rilievi che precedono impongono la reiezione dell'appello.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l'appello in epigrafe. Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.