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n. 11-2003 - © copyright.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, SEZ. II - Strasburgo, 30 ottobre 2003
CASO BELVEDERE ALBERGHIERA S.R.L. (avv.ti Nicolo’ e Natalia Paoletti) c. Governo italiano (agente V. Esposito); (ricorso n. 31524/96); Pres. Rozakis. .

Espropriazione per pubblica utilita’ – risarcimento danni – quantificazione – liquidazione ad opera della Corte europea dei diritti dell’uomo

L’occupazione senza titolo di un’area genera il risarcimento se non e’ possibile la restitutio in integrum. Tale risarcimento e’ determinato in funzione del valore intero e totale del bene, attualizzato ed incrementato di una somma per mancato godimento e per mancato guadagno. Anche qualora risulti danneggiata una societa’, e’ liquidabile il danno non materiale, in relazione alla conduzione degli affari correnti della societa’ stessa. (Nel caso di specie, la sottrazione di 1.300 mq. ad un albergo, ha generato a carico dello Stato l’obbligo di pagare 763.000 euro per danno materiale, 25.000 euro per danno morale e 30.000 euro per spese).

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V. Consiglio di Stato, Sez. I, parere 9 aprile 2003 n. 1926/02; Pres. RUOPPOLO, Est. BORIONI - Presidenza Consiglio dei ministri - (Quesito). Con nota di Ornella Faccioli e osservazioni di Ines Melloni.

 

 

(Massima non ufficiale; traduzione a cura della dott.ssa Ornella Faccioli)

Questa sentenza diventerà definitiva secondo le condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione

Nel caso Belvedere Alberghiera Srl c. Italia,

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo (sezione prima), così composta: C.L. Rozakis, presidente, A.B. Baka, B. Conforti, G. Bonello, V. Stráznická, P. Lorenzen, E. Levits, giudici, E. Fribergh, cancelliere.

Dopo aver deliberato in camera di consiglio del 9 ottobre 2003,

Emana la seguente sentenza :

1. A l’origine del caso, si pone la richiesta (n. 31524/96) diretta contro la Repubblica italiana, di una società a responsabilità limitata di diritto italiano, la società Belvedere Alberghiera s.r.l (“l’attrice”) la quale aveva adito la Commissione europea dei diritti dell’uomo (“la Commissione”), il 2 maggio 1996, in virtù del vecchio articolo 25 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). L’attrice adduceva un attacco ingiustificato al suo diritto al rispetto dei beni. Il primo luglio 1998, la Commissione ha deciso di portare la domanda alla conoscenza del governo italiano (“il governo”), invitandolo a presentare per iscritto delle osservazioni sulla ammissibilità e sul merito. Dopo l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 ammesso alla Convenzione il 1 novembre 1998, e conformemente all’art. 5 §2 del suddetto Protocollo, l’esame della controversia è stata deferita alla Corte. Conformemente all’art. 52§ 1 del regolamento della corte, il presidente della corte ha attribuito la questione alla seconda sezione. Il 21 settembre 1999, la sezione ha dichiarato la richiesta ricevibile ed ha deciso di tenere un’udienza sul caso. L’udienza si è svolta in pubblico il 13 gennaio 2000.

2. Con sentenza del 30 maggio 2000 (“la sentenza”), la corte ha ritenuto che c’era stata la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 perché l’attrice era stata illecitamente privata del suo terreno (Belvedere Alberghiera S.r.l c. Italia, n. 31524/96, CEDH 2000-VI).

3. In base all’articolo 41 della Convenzione, l’attrice sollecitava la restituzione del terreno oggetto del contendere. Inoltre, essa reclamava un risarcimento per il pregiudizio materiale, ammontante in almeno 80 000 000 lire italiane (itl) relative al mancato godimento del terreno nel periodo di occupazione, fino alla restituzione. L’attrice reclamava ancora 30 000 000 ITL a titolo di danno morale che le sarebbe stato causato dal comportamento dello Stato. Essa domandava infine il rimborso delle spese per le procedure innanzi le giurisdizioni nazionali ed alla Corte.

4. La questione dell’applicazione dell’art. 41 della Convenzione non essendo ancora matura, è stata dalla Corte riservata invitando il governo e l’attrice a sottoporle per iscritto, entro sei mesi, le loro osservazioni sulla suddetta questione e particolarmente a metterla a conoscenza di qualsiasi accordo al quale esse addivenissero (ibidem, § 69 e punto 2 del dispositivo).

5. Il termine inizialmente fissato al 30 novembre 2000 per permettere alle parti di cercare un accordo amichevole è stato prorogato, su loro domanda, al 30 maggio 2001 ed è scaduto senza che le parti siano pervenute ad un accordo.

6. Riunito il 29 novembre 2001 su iniziativa del Presidente, il Collegio ha ritenuto opportuno effettuare una perizia. Essa ha deciso che il compito dell’esperto, doveva consistere nel determinare, da una parte, il valore attuale del terreno ed il valore di questo al momento della sua occupazione; dall’altra, il danno materiale in caso di restituzione del terreno (spese di restituzione in pristino, mancato godimento del terreno e perdita intervenuta dalla data dell’occupazione) e il danno materiale in difetto di restituzione del terreno (mancato godimento del terreno e perdita a partire dalla data di occupazione del terreno, deprezzamento dell’immobile di cui l’attrice è ancora proprietaria).

7. Con nota del 30 novembre 2001, la Corte ha comunicato questa decisione alle parti e ha invitato le stesse a fornirle il nome di un perito scelto di comune accordo. Inoltre, la Corte ha precisato che le spese e gli onorari della perizia, incombevano sul governo convenuto (art. 38 della Convenzione).

8. Con note del 28 e 29 dicembre 2001, l’attrice ed il Governo rispettivamente hanno fornito una lista di nomi di esperti. Successivamente, il 3 aprile 2002, le parti hanno indicato i nomi dei tre periti selezionati di comune accordo dalla lista suddetta.

9. In seguito alla indisponibilità del primo esperto scelto dalle parti, il 3 luglio 2002, su istruzione della corte, la cancelleria ha affidato il mandato al Sig. Mario Dini e ne ha informato le parti.
Nel testo del mandato si legge: Egregio Signore, ho l’onore di informarla che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha deciso di conferirle il mandato, conformemente alle indicazioni delle parti, di valutare un terreno appartenuto alla società richiedente.
Conformemente alla decisione adottata dal Collegio incaricato di esaminare la richiesta, il suo incarico consisterà nel determinare:
-da una parte, il valore attuale del terreno e il valore di questo al momento della sua occupazione;
-dall’altro lato, il danno materiale:
a) In caso di restituzione del terreno (spese di rimessa in pristino, mancato godimento del terreno e perdita di entrate a partire dal momento dell’occupazione)
b) In caso di non restituzione del terreno (mancato godimento del terreno e perdita di reddito a partire dalla data dell’occupazione; deprezzamento dell’immobile di cui la società richiedente è ancora proprietaria).
Ho l’onore di informarla che l’ammontare finale delle spese della perizia e dei suoi onorari sarà a carico dello Stato (articolo 38 della Convenzione).

10. Il perito ha accettato l’incarico il 15 luglio 2002.

11. Con lettera del 2 agosto 2002, la cancelleria ha informato le parti invitandole ad adottare le misure necessarie affinché l’esperto, potesse adempiere il suo incarico.

12. Il 13 febbraio 2003, il perito ha depositato i suo rapporto e la specifica relativa alle spese ed onorari. Nel termine fissato al 25 marzo 2002, poi prorogato su domanda dell’attrice al 22 aprile 2003, le parti hanno avuto possibilità di fare pervenire loro commenti. Solo l’attrice ha fatto pervenire i suoi commenti in data 19 aprile 2003.

13. Il primo novembre 2001, la Corte aveva nel frattempo modificato la composizione della sua sezione. La presente domanda ha in ogni caso continuato ad essere esaminata dal Collegio della precedente sezione II, come esistente precedentemente.

In diritto
14. Ai sensi dell’art. 41 della Convenzione: “ Se la Corte dichiara che c’è stata la violazione della Convenzione o del protocollo, e se il diritto interno della parte contraente non permette di eliminare se non parzialmente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se è il caso, un risarcimento equo”.

I) VALIDITA’ DELLA PERIZIA

15. Le parti non hanno contestato la validità della perizia.
16. La Corte ritiene valido il rapporto dell’esperto e lo prende in considerazione ai fini della sua decisione.

II) DANNO

A. DANNO MATERIALE

1. Riassunto della perizia e conclusioni del perito

17. In trenta pagine, il rapporto della perizia contiene una stima del valore del terreno oggetto di controversia al 22 giugno 1987, momento della sua occupazione, e al dicembre 2002, quando la perizia è stata effettuata. In seguito, si illustra la stima del danno materiale nel caso in cui il terreno venga restituito e la stima del danno materiale nel caso in cui il terreno non sia restituito.
La stima del perito ha ad oggetto un’estensione di 1 374 metri quadrati, risultanti dal catasto del Comune di Monte Argentario.
Per redigere il suo rapporto, l’esperto si è basato sui documenti forniti dal Comune di Monte Argentario, sugli elementi portati dall’attrice oltre che sulle informazioni provenienti dal mercato immobiliare e dal mercato alberghiero. Egli ha inoltre tenuto conto dell’evoluzione del tasso di inflazione e dei prezzi durante il periodo considerato.
18. L’esperto ha constatato che in seguito all’ occupazione del terreno oggetto del contendere, l’albergo, di cui l’attrice è proprietaria, aveva perduto l’accesso diretto al mare. Si tratta di un albergo a tre stelle, con dodici camere.
19. In primo luogo, il perito ha valutato il terreno. A suo parere, il valore venale del terreno del terreno nel 1987, al momento della sua occupazione, era di 82 500 000 ITL, corrispondenti a 41 833 Euro. Il valore venale del terreno al 31 dicembre 2002, all’epoca della perizia, era di 71 013 Euro.
20. Il perito ha in seguito preso in esame la valutazione del danno materiale nel caso in cui il terreno sarà restituito. A questo riguardo, egli ha stimato che le spese di rimessa in pristino ammonterebbero a 11 362 Euro.
In seguito l’esperto ha calcolato che la sottrazione del godimento del terreno fino al dicembre 2002, aveva causato un danno dell’ammontare di 76 431 Euro.
Essa aveva anche determinato il mancato guadagno nell’attività dell’albergatore che, fino al 2002, ammontava a 169 266 Euro.
21. Il perito ha proceduto infine alla stima del danno materiale nel caso di mancata restituzione del terreno. Oltre al valore venale di quest’ultimo, al danno derivante dalla privazione del godimento fino al dicembre 2001 e al mancato guadagno nell’attività dell’albergatore fino al 2002, il perito ha preso in considerazione il danno materiale futuro nell’ipotesi in cui la situazione attuale divenisse permanente.
A tali fini l’esperto ha stimato che per i trenta prossimi anni, il futuro manato guadagno nell’attività dell’albergatore si agira a 218 832 Euro.
Inoltre, il deprezzamento dell’immobile ammonta a 228 149 Euro.
22.Per riassumere le conclusioni dell’esperto:
-Danno materiale in caso di restituzione del terreno nel 2003: mancato godimento del terreno fino al 2002: 76 431 Euro; mancato guadagno fino al 2002: 169 266 Euro ; spese di ripristino: 11 362 Euro; Totale: 257 059 Euro
-Danno materiale in mancanza di restituzione dell’immobile:
Valore venale del terreno nel 2002: 71 013 Euro;
Mancato guadagno fino al 2002 (169 266 euro) + mancato guadagno futuro (218 832 Euro)
Mancato godimento del terreno fino al 2003 (76 432 Euro) + deprezzamento dell’immobile (228 431 Euro)
Totale: 763 691 Euro
23. Il governo non ha controdedotto sulle conclusioni dell’esperto.
24. Prima che la perizia venisse disposta dalla Corte, il Governo aveva dichiarato che la restituzione del terreno era impossibile per le ragioni indicate dal Consiglio di Stato, in relazione all’applicazione da parte di quest’ultimo del principio dell’espropriazione indiretta. Il Governo sosteneva ugualmente che la restituzione del terreno non poteva essere oggetto di applicazione dell’art. 41 della Convenzione. Il Governo sosteneva inoltre che l’azione di risarcimento danni che l’attrice aveva la facoltà di proporre davanti alle giurisdizioni italiane poteva compensare la violazione lamentata. In conseguenza, il Governo escludeva che alcuna somma potesse essere accordata a questo titolo, dal momento che l’attrice poteva ancora domandare il risarcimento dei danni davanti alle giurisdizioni nazionali.

3 Argomenti dell’attrice

25. L’attrice sollecita la restituzione e la rimessa in pristino del terreno oggetto del contendere, misure che costituiscono, secondo la stessa, il solo modo per rimediare alla violazione intervenuta, perché permetterebbe di ristabilire la situazione esistente prima della violazione dell’art. 1 del protocollo. Essa ricorda che il diritto alla restituzione deriva dalla res iudicata amministrativa.
26. L’attrice si dichiara soddisfatta delle conclusioni del perito in relazione al danno materiale in caso di restituzione del terreno.
27. Essa contesta invece la valutazione dell’esperto in mancanza di restituzione del terreno. A questo riguardo l’attrice sostiene che la Corte dovrebbe condannare lo Stato ad un risarcimento esemplare e punitivo, ammontante almeno al doppio di quanto calcolato dal perito.

4. Decisione della Corte

La Corte ricorda che una sentenza che constati una violazione, comporta per lo Stato convenuto l’obbligazione di mettere fine alla violazione e di eliminare le conseguenze in modo da garantire il ripristino della situazione antecedente (Iatridis c. Grecia (giudizio di equita’) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
29. Gli Stati contraenti sono in linea di principio liberi di scegliere i mezzi da utilizzare per conformarsi ad una sentenza riguardante una violazione. Tale facoltà, in ordine alle modalità di esecuzione di una sentenza, implica libertà in relazione all’obbligazione principale imposta dalla convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà garantite (art. 1).
Se la natura della violazione permette la restituito in integrum, incombe allo Stato convenuto realizzarla, non avendo la Corte la competenza né la possibilità pratica di provvedervi essa stessa. Se al contrario, il diritto nazionale non permette o non permette perfettamente di eliminare le conseguenze della violazione, l’art. 41 abilita la Corte ad accordare, se del caso, alla parte lesa, la soddisfazione che le sembri appropriata (Brumarescu c. Romania (giudizio di equita’) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
30. La Corte nella sua sentenza, afferma che l’oggetto del contendere non era stato deciso in coerenza ad una situazione legittima (paragrafi 61-63 della sentenza principale 30 maggio 2000). L’atto dello Stato italiano che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione non era una espropriazione che sarebbe stata legittima se fosse stato pagato un indennizzo. Al contrario si è trattato di un impossessamento da parte dello Stato del terreno dell’attrice, al quale questi non ha potuto rimediare (paragrafo 58 della sentenza). La Corte ha di conseguenza rigettato l’eccezione del Governo basata sul fatto che la parte attrice avrebbe potuto domandare il risarcimento dei danni alle giurisdizioni nazionali e quindi non avrebbe potuto chiedere una pronuncia equitativa (paragrafo 68 della sentenza principale).
31. Il carattere illecito di tale spossessamento si ripercuote per forza di cose sui criteri impiegati per determinare la riparazione dovuta dallo Stato convenuto, in quanto le conseguenze finanziarie di un impossessamento lecito non possono essere assimilate a quelle di un impossessamento illecito (Ex-Re di Grecia ed altri c. Grecia (giudizio di equita’) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002).
32. La corte ha adottato una posizione simile nell’affare Papamichalopoulos. Essa ne ha desunto una violazione in relazione ad una espropriazione di fatto irregolare (occupazione di terreno da parte della marina greca, dal 1967) che durava da più di venticinque anni alla data della sentenza resa il 24 luglio 1993. La corte ingiunse in conseguenza allo Stato greco di versare ai richiedenti, per il danno e la perdita di possesso da quando le autorità avevano preso possesso di questi terreni, il valore attuale incrementato dal plusvalore derivante dall’esistenza di alcuni edifici che erano stati costruiti dopo l’occupazione.
33. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che nel presente caso la natura della violazione accertata dalla sentenza le consente di considerare il principio della restituito in integrum.
34. La corte prende atto della posizione negativa dello Stato in relazione ad una eventuale restituzione del terreno. In difetto di restituzione del terreno l’indennizzo dovrà, come concesso nell’affare Papamichalopoulos richiamato e concernente l’ impossessamento illecito in sé, eliminare totalmente le conseguenze della controversia. In base all’illegalità intrinseca dell’impossessamento, l’indennizzo deve necessariamente riflettere il valore intero e totale dei beni.
35. Con riguardo al danno materiale, la Corte ritiene in conseguenza che l’indennizzo accordato alla parte attrice non si limiti al valore che la sua proprietà aveva alla data dell’occupazione. Per questa ragione essa ha invitato il perito a valutare anche il valore attuale del terreno oggetto del contendere e gli altri pregiudizi.
36. La Corte ritiene che lo Stato dovrà versare all’interessata il valore attuale del terreno. A questo valore, si aggiungerà una somma relativa al mancato godimento del terreno dal momento in cui le autorità hanno preso possesso di esso nel 1987 e per il deprezzamento dell’immobile. Inoltre, in difetto di controdeduzioni del Governo sulla perizia, si dispone la concessione di una somma per il mancato guadagno nell’attività dell’albergatore.
37. Quanto alla determinazione dell’ammontare di tale indennizzo, la Corte si rifà alle conclusioni della perizia per la valutazione del pregiudizio subito. L’ammontare si determina in 763 691 Euro.

B. DANNO MORALE

38. L’attrice, pretende 30 000 Euro a titolo di danno morale che le avrebbe causato il comportamento dello Stato. In difetto di restituzione del terreno l’attrice pretende una somma di 100 000 Euro.
39. Il governo ritiene che l’accertamento della violazione costituisca una soddisfazione sufficiente.
40. Resta da verificare se la richiedente possa pretendere la riparazione di un danno morale. La corte ricorda a tale riguardo che non bisogna scartare in linea generale la possibilità di accordare la riparazione del pregiudizio morale causato ad una persona giuridica: cio’ dipende da circostanze delle singole fattispecie (Comingersoll c. Portogallo [GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV, §§ 32-35). La corte non può dunque escludere in base alla sua giurisprudenza, che possa esserci per una società commerciale un danno non solo materiale, che esiga una riparazione pecuniaria.
41. Nel presente caso, il carattere illecito della privazione del terreno e il persistere di tale situazione, ha causato al titolare della Belvedere Alberghiera s.r.l. ed ai suoi amministratori e soci, inconvenienti considerevoli, considerando al riguardo la conduzione degli affari correnti della società. A tale fine, si può stimare che la società richiedente è stata coinvolta in una situazione che giustifica la concessione di un indennizzo.
42. Secondo equità, come richiede l’art. 41, la Corte concede alla richiedente 25 000 Euro.

III SPESE E COSTI

43. La parte attrice non domanda il rimborso delle spese occorse davanti le giurisdizioni interne. Ella sollecita il rimborso delle spese intervenute davanti la corte per un ammontare globale di 59 184, 44 Euro, di cui 51 183, 89 Euro per onorari, iva e contributi sociali.
44. Il governo si rimette al volere della Corte sottolineando che la somma domandata è eccessiva. 45. La Corte ricorda che la rilevanza della spese e costi processuali, ai sensi dell’art. 41, presuppone che siano certe e in base al carattere variabile del loro tasso praticato (Iatridis c. Grecia (giudizio di equita’) innanzi citato, § 54). Inoltre le spese di giustizia sono valutabili solo nella misura in cui esse sono connesse alla violazione constatata (Van de Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A no 288, § 66). 46. La Corte non dubita della necessarieta’ delle spese richieste e del loro effettivo esborso. Essa ritiene in ogni caso eccessivi gli onorari pretesi. La Corte considera di conseguenza che il rimborso relativa abbia luogo solo in parte. Tenuto conto delle circostanze del caso, e decidendo secondo equità come richiede l’art. 41 della convenzione, la corte giudica ragionevole concedere all’attrice una somma pari a 30 000 Euro, aumentata di IVA.

IV SPESE DELLA CONSULENZA

47. Per gli onorari e le spese relative alla perizia, il perito domanda una somma globale di 10 000 Euro. Il calcolo tiene conto del suo stesso lavoro di computo e delle visite sui luoghi.
48. il governo non ha fatto commenti al riguardo.
49. L’attrice non si pronuncia su questo punto.
50 La corte ricorda in primo luogo che la concessione dell’indennizzo concerne il suo potere discrezionale e che ad essa compete giudicare se tale indennizzo è necessario ed appropriato. La remunerazione del perito comporta l’analisi delle spese legate alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile al fine di conferire all’attrice la possibilità di ottenere l’eliminazione della violazione rilevata attraverso la sentenza. Sulla base delle istruzioni del Collegio, il cancelliere ha del resto informato il governo ed il perito che le spese ed onorari relativi alla perizia incombono sullo Stato convenuto.
51. La corte ritiene giustificate le operazioni che il perito ha compiuto per assolvere al meglio il suo compito. Essa ritiene in conseguenza di accordare integralmente il pagamento di tale somma, di 10 000 Euro.

V INTERESSI MORATORI

52. La corte giudica appropriato basare il tasso di interessi moratori relativi sui tassi praticati dalla Banca centrale europea maggiorati di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI,
LA CORTE ALL’UNANIMITA’

1. dichiara,
a) che la perizia è valida;
b) che lo Stato convenuto deve versare all’attrice, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’art. 44§ 2 della convenzione, le somme seguenti:
I 763 691 Euro per danno materiale;
II 25 000 Euro per danno morale;
III 30 000 Euro per le spese più IVA e CPA;
IV tutto quanto dovuto a titolo di imposta sulle predette somme;
c) che lo stato convenuto deve versare al perito, sig. Dini, entro i tre mesi, 10 000 Euro;
d) che a partire dalla scadenza suddetta e fino al versamento, tali somme saranno maggiorate di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello praticato dalla banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

2. respinge la domanda di condanna per equita’ per l’eccedenza. Redatto in francese e comunicato in forma scritta il 30.10.2003 in applicazione dell’art. 77 paragrafo 2 e 3 del regolamento.

OPINIONE CONCORDE DEL GIUDICE LORENZEN

Ho partecipato all’unanime volonta’ di soddisfare il richiedente in base all’art. 41 della Convenzione, ma con grande esitazione circa il quantum del danno pecuniario. I motivi di indecisione sono i seguenti.
Nel calcolare la compensazione per il danno pecuniario bisogna ricordare che l’occupazione illegale riguardava una superficie piuttosto esigua (1,375 mq.) che il richiedente aveva acquistato due anni prima dell’occupazione.
Un esperto ha stimato il valore dell’area in 41.833 euro al tempo dell’occupazione e di euro 71.013 alla fine del 2002. Il notevole interesse del richiedente, nei confronti di questa superficie, sembra derivi dal fatto che la medesima gli consentiva di accedere direttamente ad una spiaggia privata, cosi’ incrementando le tariffe delle stanze del suo hotel, suscettibili di un aumento del 15% secondo parere di un esperto.
Concordando con quanto riportato nella relazione dell’esperto, il volume di affari annuale dell’hotel del richiedente, tuttora con dodici stanze, non ha mai superato tra il 1987 ed il 2002 gli euro 121.000 e la media per questo periodo si e’ aggirata attorno agli 81.000 euro. Basandosi su queste premesse ho difficolta’ ad accettare che la compensazione per il danno pecuniario possa essere stimata in 763.691 euro. In particolare, ritengo eccessivo garantire al richiedente una compensazione per la perdita di guadagni per un periodo di non meno di 45 anni (1987-2032), calcolata su un totale di euro 388.098. Non ho trovato precedenti nella giurisprudenza di questo Tribunale per compensare una perdita di guadagni per un periodo cosi’ lungo nemmeno nel caso di occupazioni illegali. Inoltre sembra che la perizia dell’esperto calcoli l’ultimo periodo di 30 anni senza una richiesta della Corte, ma solo su iniziativa del perito della parte richiedente. Per di piu’, dubito che sia ragionevole, nelle circostanze del caso, compensare allo stesso tempo la perdita di guadagni ed il mancato godimento del fondo calcolato in euro 76.431.
Comunque, dal momento che il Governo non ha contestato le conclusioni dell’esperto, ho espresso il mio consenso a concedere per intero la somma per il danno pecuniario. La mia opinione consenziente intende comunque evidenziare che i principi usati in questo caso per calcolare il danno pecuniario non dovrebbero costituire un precedente per futuri casi analoghi.

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