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Giurisprudenza
n. 7/8-2003 - © copyright.

Consiglio di Stato, Sez V decisione 25 luglio 2003 n. 4245;
Pres. Salvatore P., Est. Saltelli;
Ministero Economia e Finanza (Avv. Stato Vinci)
c. R.T.I. Soc. GRAFICHE ABRAMO S.p.A, GASA S.r.l. (avv. Domenico Bonaiuti), SOCIETA’ POZZONI S.p.A

1 - Contratti della P.A. – offerte – offerte anomale – definizione - finalita’ di buon andamento ed imparzialita’

2 - Contratti della P.A. – offerte – offerte anomale – omessa verifica prima dell’aggiudicazione provvisoria –illegittimita’ – verifica anteriore all’aggiudicazione deifinitiva - irrilevanza.

1 - Per offerte anomale si intendono quelle che, per il fatto di non assicurare all’imprenditore un profitto ovvero un profitto adeguato, conducono normalmente – secondo l’id quod plerumque accidit – ad un’esecuzione non corretta del contratto di appalto. La necessità di verificare che l’offerta, più vantaggiosa dal punto di vista economico, sia anche quella che consente all’Amministrazione di soddisfare effettivamente l’interesse pubblico perseguito con lo stipulando contratto di appalto, risponde ai fondamentali principi di imparzialità e di buona amministrazione (ed ai relativi corollari di efficacia, efficienza, speditezza, economicità ed adeguatezza) dell’azione amministrativa predicati dall’articolo 97 della Costituzione.

2 - E’ illegittimo il verbale di aggiudicazione di una gara relativa ad un appalto di fornitura di rilevanza comunitaria quando la commissione di gara non abbia dato ingresso alla fase di verifica delle anomalia delle offerte pervenute (art. 16 del decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, art. 19 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 402), limitandosi ad affermare apoditticamente ed immotivatamente che l’offerta che conteneva il prezzo più basso non era anormalmente bass, e’ inoltre irrilevante la verifica dell’anomalia prima dell’aggiudicazione definitiva.

 

 

Con bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (Srie n. S.24) del 2 febbraio 2002 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (parte II, n. 30 del 5 febbraio 2002) il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato – indiceva una licitazione privata accelerata per la fornitura di tre miliardi di cartelle per il gioco del Bingo, stabilendo, quale criterio di aggiudicazione, quello del prezzo più basso, ex art. 16, lett. a) del D. Lgs. n. 402 del 1998, e prevedendo che, qualora taluna delle offerte avesse presentato un prezzo manifestamente e anormalmente basso, l’Amministrazione si sarebbe avvalsa della procedura di cui al secondo comma dell’art. 16 del citato D. Lgs. n. 402 del 1998.
Con verbale in data 21 giugno 2002 la Commissione incaricata di valutare le offerte presentate dalle ditte partecipanti alla gara dichiarava aggiudicataria della fornitura la società Pozzoni S.p.A., che aveva offerto il prezzo più basso, pari a euro 0,00257, oltre I.V.A. per ogni cartella di gioco, ritenendo che nessuna delle offerte presentate aveva un carattere anormalmente basso, malgrado le contestazioni sul punto dei rappresentanti di alcune ditte partecipanti, e precisamente del raggruppamento temporaneo di imprese facente capo rispettivamente alla S.p.A. Sercagni Industrie Grafiche e alla S.p.A. Grafiche Abramo.
Proprio quest’ultimo raggruppamento chiedeva al Tribunale amministrativo regionale del Lazio l’annullamento del citato verbale di aggiudicazione, lamentando "violazione dell’articolo 19 del D. Lgs. n. 358 del 1992 ed eccesso di potere in senso stretti”, in quanto l’offerta della ditta dichiarata aggiudicataria, di gran lunga inferiore alla soglia di anomalia, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara o quanto meno essere sottoposta a verifica di anomalia, nonché “manifesta ingiustizia del verbale di aggiudicazione per anomalia dell’offerta aggiudicataria”, perché l’amministrazione aveva aggiudicato la gara ad un soggetto che aveva proposto un’offerta oggettivamente irrealizzabile.
L’adito tribunale, nella resistenza della sola amministrazione appaltante, con la sentenza n. 355 del 22 gennaio 2003 (sez. II), accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento impugnato, riscontrando effettivamente che l’offerta presentata dalla Pozzoni S.p.A. era stata immotivatamente ritenuta congrua e adeguata, senza la necessaria preventiva verifica dell'anomalia dell’offerta, ai sensi dell’articolo 19 del D. Lgs. 24 luglio 1992, n. 358.
Con atto notificato il 28 febbraio 2003 il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato – ha chiesto la riforma della prefata sentenza, deducendo non solo di aver effettivamente chiesto alla Pozzoni S.p.A. gli elementi giustificativi dell’offerta prima dell’aggiudicazione definitiva (attività questa che competeva solo all’amministrazione appaltante e non alla commissione di gara) e di aver solo successivamente provveduto alla stipula del contratto (avvenuta il 31 luglio 2002), per il quanto il regolare ed effettivo adempimento delle obbligazioni assunte dalla aggiudicataria col contratto in esecuzione dimostrava l’assoluta infondatezza della presunta incongruità ed inadeguatezza dell’offerta da essa presentata.
Si è costituito in giudizio l’appellato raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla società Grafiche Abramo S.p.A. e dalla Gasa S.rl., sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto con conferma della impugnata sentenza, dichiarazione dell’anomalia dell’offerta presentata dalla Pozzani S.p.A. e conseguenziale dichiarazione di aggiudicazione in proprio favore della fornitura oggetto della gara.
All’udienza in camera di consiglio del 16 maggio 2003 fissata per la decisione dell’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, la Sezione, informate le parti, ha trattenuto la causa per la decisione del merito.

D I R I T T O

I. E’ controversa la legittimità del verbale di gara del 21 giugno 2002, con il quale la Commissione incaricata di valutare le offerte presentate dalle ditte partecipanti alla licitazione privata accelerata, bandita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, per la fornitura di tre miliardi di cartelle per il gioco del Bingo, ha disposto l’aggiudicazione della predetta fornitura alla ditta Pozzoni S.p.A., che ha offerto il prezzo più basso.

II. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II, con la sentenza n. 355 del 22 gennaio 2003, accogliendo il ricorso proposto dal raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla società Grafiche Abramo S.p.A. e Gasa S.r.l., ha però annullato tale provvedimento in quanto l’offerta presentata dalla società Pozzani S.p.A. è stata ritenuta immotivatamente congrua ed adeguata, senza la preventiva verifica dell’anomalia dell’offerta.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, chiede la riforma di tale statuizione, deducendo – per un verso - di aver effettivamente richiesto alla società Pozzani S.p.A. le necessarie giustificazioni circa l’offerta presentata, prima dell’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, e aggiungendo – per altro verso - che la congruità e l’adeguatezza dell’offerta ha trovato conferma col puntuale adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte dalla società Pozzoni S.p.A., aggiudicataria.
Resiste all’appello il raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalle società Grafiche Abramo S.p.A. e Gasa S.r.l.

II. L’appello è infondato e deve essere respinto.
In punto di fatto giova evidenziare che il bando di gara in data 28 gennaio 2002, emanato dall’Amministrazione appellante per l’aggiudicazione della fornitura di tre miliardi di cartelle per il gioco del Bingo, al punto 10, oltre a stabilire, quale il criterio di aggiudicazione, quello del prezzo più basso, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 402, prevedeva espressamente che qualora talune offerte avessero presentato un prezzo manifestamente e anormalmente più basso, l’Amministrazione si sarebbe avvalsa della procedura di cui al secondo comma del predetto articolo 16.
L’Amministrazione appaltante, però, come risulta dalla documentazione in atti non ha proceduto alla predette verifica dell’anomalia delle offerte presentate, limitandosi a verificare ex post la congruità e l’adeguatezza dell’offerta presentata dalla società Pozzoni S.p.A., che aveva offerto il prezzo più basso e che era già stata dichiarata (provvisoriamente) aggiudicataria dalla Commissione di gara.
Tale modus procedendi, come correttamente rilevato dai primi giudici, non è corretto, in quanto ha sostanzialmente vanificato le misure apprestate dal legislatore a tutela dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile, misure peraltro espressamente fatte proprie dalla stessa amministrazione con le previsioni contenute nel bando di gara.
Giova evidenziare al riguardo che, com’è noto, per offerte anomale si intendono quelle che, per il fatto di non assicurare all’imprenditore un profitto ovvero un profitto adeguato, conducono normalmente – secondo l’id quod plerumque accidit – ad un’esecuzione non corretta del contratto di appalto: la necessità quindi di verificare che l’offerta più vantaggiosa, dal punto di vista economico, sia anche quella che consente all’Amministrazione di soddisfare effettivamente l’interesse pubblico perseguito con lo stipulando contratto di appalto, risponde ai fondamentali principi di imparzialità e di buona amministrazione (ed ai relativi corollari di efficacia, efficienza, speditezza, economicità ed adeguatezza) dell’azione amministrativa predicati dall’articolo 97 della Costituzione.
Pur non potendo dubitarsi che rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione valutare le giustificazioni fornite dalla ditta che ha presentato una offerta sospettata di anomalia, il legislatore ha tuttavia sottratto alla discrezionalità dell’Amministrazione la fissazione della soglia del sospetto di anomalia, proprio per rispettare pienamente i principi costituzionali sanciti all’articolo 97 della Costituzione.
In particolare, con riferimento agli appalti pubblici di fornitura di rilevanza comunitaria (qual è quello di cui si discute), l’articolo 19 del decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, nel testo sostituito dall’articolo 16 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 402, ha stabilito che siano assoggettate alla verifica di anomalia “tutte le offerte che presentino una percentuale di ribasso che supera di un quinto la media aritmetica dei ribassi delle offerte ammesse, calcolata senza tenere conto delle offerte in aumento”.
Nel caso di specie, invece, com’è pacifico, la commissione di gara (la cui funzione, quale organo straordinario e temporaneo dell’amministrazione appaltante, non poteva essere limitata alla mera presa d’atto delle offerte pervenute ed alla conseguente solenne dichiarazione di quella che conteneva il prezzo più basso per la fornitura oggetto di gara, ma implicava la necessaria valutazione delle offerte stesse, individuando, alla luce delle norme stabilite nel bando, quella che offriva correttamente, tenendo cioè conto di eventuali anomalie delle offerte, il prezzo più basso) non ha proceduto alla verifica di anomalia delle offerte, pervenendo così ad una illegittima, apodittica ed immotivata dichiarazione di non anomalia dell’offerta presentata dalla società Pozzoni S.p.A. che non rientrava, così come si è avuto modo di delineare, nel suo potere discrezionale e violava apertamente le norme di gara stabilite nel relativo bando (nonostante la circostanza che i rappresentanti delle altre ditte concorrenti, tra cui la stessa ricorrente in primo grado, avessero immediatamente evidenziato l’anormalità del presso offerto).
Né è sufficiente a superare tale vizio il fatto che l’Amministrazione appaltante abbia successivamente, ai fini dell’aggiudicazione definitiva e della stipula del contratto, chiesto elementi giustificativi dell’offerta, atteso che, come risulta dalla richiamata normativa legislativa, la verifica dell’anomalia concerne il subprocedimento di valutazione delle offerte che si chiude con la provvisoria aggiudicazione.
La sentenza impugnata pertanto, con le precisazioni fin qui evidenziate, merita di essere confermata; è appena il caso di rilevare, peraltro, che ciò implica la rinnovazione della serie procedimentale di scelta del contraente a partire proprio dalla fase di valutazione delle offerte da compiersi dalla commissione di gara.

III. In conclusione l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II, n355 del 22 gennaio 2003, così provvede:
- respinge l’appello;
- condanna l’amministrazione appellante al pagamento in favore della parte costituita delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in Euro 2.500, 00 (duemilacinquecento).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

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