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n. 7/8-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE V – decisione 21 agosto 2003 n. 4698,
Pres. Riccio, Est. Carinci,
Costanzo (avv. Giacomo D’Asaro)
c. Ministero Grazia e Giustizia (Avv. Stato A. Bruni)
(annulla T.A.R. Lazio Sez. I, 7 settembre 1999 n. 1921).

1. Concorso – Bando – requisito dell’altezza minima - illegittimita’ - L. n. 874/86 - applicabilità al personale del Corpo di polizia penitenziaria.

1 - Per gli aspiranti all’assunzione nel Corpo della polizia penitenziaria non risultano disposizioni dirette a disciplinare il requisito dell’altezza, né può attribuirsi rilevanza ai requisiti stabiliti per il personale della Polizia di Stato, in quanto si tratta di un requisito richiesto in deroga alla regola generale stabilita dalla legge 13 dicembre 1986, n. 874, secondo cui l’altezza delle persone non costituisce motivo alcuno di discriminazione per la partecipazione ai concorsi pubblici indetti dalle pubbliche amministrazioni.

1 - Proseguono i chiarimenti giurisprudenziali sul requisito dell’altezza, eliminato dalla legge 874/1986 e via via escluso per varie categorie, quali quella dei vigili urbani. Sul tema, si veda Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2002 n. 1342 http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2002-03-06-2.htm con nota di GIOVANNI VIRGA La decorrenza del termine d’impugnazione ed il sogno di Rascel. In tale nota si sottolinea l’importanza del problema dell’immediata impugnazione di un bando che richieda una certa altezza: problema superato dalla V Sezione nella decisione 1342/2002. In detta pronuncia si osserva infatti che l’altezza puo’ variare, a seconda dei metodi di misurazione (anche di piu’ di un centimetro) o addirittura dei momenti in cui la misurazione avviene: quindi, il candidato (per ufficiali e sottufficiali delle Forze armate, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato e per parte del personale delle Ferrovie) puo’ rinviare l’impugnazione di una prevista altezza minima, contando sull’incertezza di tale dato. (poli53)

 

FATTO

Con ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Costanzo Maria Gaetana ha chiesto l’annullamento del giudizio di non idoneità all’arruolamento nel Corpo di polizia penitenziaria espresso, in data 23 novembre 1995 (in prima istanza) e in data 19 febbraio 1996 (in seconda istanza), dalla Commissione medica ex art. 6, comma 3, del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443. La ricorrente esponeva di aver già prestato servizio non di ruolo come vigilatrice penitenziaria e di aver conseguito l’idoneità al concorso per 256 posti di operaia qualificata indetto dall’Amministrazione penitenziaria con decreto 3 ottobre 1985. Chiamata alla visita medica di accertamento sanitario è stata però ritenuta non idonea per “deficit staturale”. Avverso tale atto ha dedotto violazione del bando di concorso; eccesso di potere per mancanza di motivazione e contraddittorietà manifesta; illegittimità costituzionale della disciplina normativa.
Il Tribunale ha respinto il ricorso, osservando che l’Amministrazione aveva fatto doverosa applicazione delle norme al tempo regolanti la procedura e che l’eccepita questione di illegittimità costituzionale si appalesava del tutto irrilevante. Avverso detta pronuncia ha interposto appello la Costanzo, con atto notificato in data 21 febbraio 2000 e depositato il 9 del mese successivo. Nel gravame ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395; dell’art. 122 del D. Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443; della legge 13 dicembre 1986, n. 874; del D.P.C.M. 30 settembre 1992, n. 432. L’appellante sostiene che non sussiste alcuna disposizione di legge, né di regolamento, che disponga un limite staturale per l’accesso al ruolo della guardie carcerarie. Né potrebbe ritenersi estesa alla guardie carcerarie la disciplina sui vincoli staturali contenuta nel D.P.C.M. n. 432 del 1992, riferito ai ruoli della Polizia di Stato. L’impugnata sentenza sarebbe inoltre erronea laddove ha ritenuto manifestamente infondata l’eccepita incostituzionalità delle norme che eventualmente imponessero limiti di altezza per l’assunzione della guardie carcerarie, in quanto carente di idonea motivazione, stante l’apodittica e indimostrata affermazione secondo cui l’imposizione del vincolo in questione resterebbe giustificata dalle particolari funzioni che le guardie carcerarie sono chiamate a svolgere, non esistendo possibilità di equiparazione tra tale personale e quello appartenente al Corpo della Polizia di Stato.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata per resistere al ricorso.
Con memoria depositata in data 4 marzo 2003 il difensore dell’appellante ha insistito nella richiesta di annullamento della sentenza impugnata, ribadendo che sia nel bando di concorso cui ella aveva partecipato, sia nel successivo decreto legge 23 dicembre 1995, n. 572, non era previsto il possesso del requisito staturale, e che la pretesa dell’Amministrazione non risulta sorretta da una condivisibile giustificazione logica.
All'udienza dell’11 marzo 2003 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

Come esposto in narrativa, Costanzo Maria Gaetana ha impugnato la decisione con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha rigettato il ricorso avverso il giudizio di non idoneità all’arruolamento nel Corpo della polizia penitenziaria, formulato sia dalla Commissione medica di prima istanza che da quella di seconda istanza, che hanno rilevato nei suoi confronti, in sede di accertamento sanitario, un deficit di statura. Il Tribunale ha ritenuto infondati tutti i motivi sollevati per presunti vizi procedurali e di eccesso di potere, e ha reputato, altresì, manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale eccepita.
In questa sede l’appellante contesta l’impugnata decisione - che ritiene erronea e priva di adeguata motivazione – e ripropone tutti i motivi sollevati in primo grado, sostenendo che nel nostro ordinamento non è dato riscontrare alcuna disposizione che imponga un limite minimo di statura per l’accesso al ruolo delle guardie carcerarie, limite, peraltro, assente anche nel bando di concorso, e quindi non applicabile per autonoma determinazione dell’Amministrazione.
Le censure si appalesano fondate.
Come si rileva dagli atti del giudizio, l’attuale appellante aveva partecipato al concorso indetto con decreto ministeriale 3 ottobre 1985 per la copertura di 256 posti di operaia qualificata, risultando collocata tra gli idonei. L’Amministrazione penitenziaria, riconosciuto che il concorso rientrava tra quelli di cui all’art. 1, comma 8, del D.L. 23 dicembre 1995, n. 572 - in quanto espletato nei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990, n. 395 - si è potuta avvalere della facoltà contemplata dall’art. 14, comma 1, della legge 16 ottobre 1991, n. 321, e ha proceduto alla sua chiamata in servizio. In sede di accertamento del possesso dei requisiti per l’assunzione, sottoposta a visita medica, la competente Commissione di prima istanza ha accertato che l’interessata aveva un’altezza di cm. 155,00, inferiore, cioè, al limite minimo ritenuto prescritto per le donne di cm. 161. Sottoposta, su istanza della stessa, a nuovo esame, la Commissione di seconda istanza ha accertato un’altezza di cm. 154,50. Ne è quindi scaturito il contestato giudizio di non idoneità.
Ciò premesso, occorre precisare che la chiamata in servizio della Costanzo si è resa possibile solo a seguito dell’emanazione del D.L. 23 dicembre 1995, n. 572, in base al quale l’Amministrazione ha potuto esercitare la facoltà di assumere i candidati idonei in concorsi già espletati, come previsto dall’art. 14, comma 1, della legge 16 ottobre 1991, n. 321.
E’ indubbio, allora, che l’accertamento dell’idoneità psico-fisica andava effettuato in base alle previsioni normative vigenti all’epoca dell’assunzione e non in base alle previsioni del bando (che nulla statuiva a proposito dell’altezza). In effetti, il concorso costituiva solo utile presupposto per l’assunzione, non la causa generatrice, che risiedeva nelle disposizioni legislative che l’avevano resa possibile. E’ quindi esatto ritenere – come osserva l’Amministrazione, - che i requisiti richiesti fossero quelli prescritti dalle norme vigenti all’epoca dell’assunzione. Ma ciò non giustifica la decisione adottata.
E’ utile ricordare che la legge 13 dicembre 1986, n. 874 - dopo aver precisato che l’altezza delle persone non costituisce motivo alcuno di discriminazione per la partecipazione ai concorsi pubblici indetti dalle pubbliche amministrazioni - aveva delegato il Presidente del Consiglio dei Ministri a stabilire “le mansioni e le qualifiche speciali per le quali è necessario definire un limite di altezza e la misura di detto limite”, e il Presidente delegato ha dettato le specifiche disposizioni con D.P.C.M. 22 luglio 1987, n. 411, prevedendo i requisiti minima di altezza per gli aspiranti all’arruolamento nelle “Forze armate”, nella “Polizia di Stato e Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, nel “Corpo della Guardia di finanza” e nel “Corpo forestale dello Stato”. Nulla ha stabilito per gli aspiranti all’arruolamento nel “Corpo della polizia penitenziaria”, che risulta ignorato anche nel successivo D.P.C.M. 30 settembre 1992, n. 432, con cui sono state introdotte modifiche e integrazioni al precedente decreto.
E’ utile altresì osservare che il vecchio ruolo delle vigilatrici penitenziarie è stato soppresso per effetto della legge 15 dicembre 1990, n. 395, art. 2. Il comma 2 di tale disposizione ha infatti statuito che “Il personale del disciolto Corpo degli agenti di custodia e quello del soppresso ruolo delle vigilatrici penitenziarie entrano a far parte del Corpo di polizia penitenziaria, secondo le modalità e in base alle norme di inquadramento indicate dalla presente legge”. Tale disposizione, con l’art. 14, ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per provvedere alla determinazione dell’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, richiedendo che tra le modalità di assunzione e di accesso ai vari ruoli venissero fissati “medesimi requisiti psicofisici previsti per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia . . .”. In tal senso è stato puntualizzato, con Decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, art. 56, che “nei confronti del personale del Corpo di polizia penitenziaria si applicano le norme concernente gli accertamenti medico legali e le relative procedura previste per gli appartenenti al disciolto Corpo degli agenti di custodia”.
In particolare, il successivo art. 122, per quanto concerne l'altezza, rinvia all'art. 2 della legge n. 874/1986, che a sua volta demanda ad un successivo D.P.C.M. la fissazione del limite, che come si è visto nulla prevede per gli agenti della polizia penitenziaria.
Dal quadro normativo esposto dall’Amministrazione non è possibile però rilevare che per gli aspiranti al “Corpo della polizia penitenziaria” risultino formulate disposizioni dirette a disciplinare il requisito dell’altezza. Né a tal uopo può attribuirsi rilevanza ai requisiti stabiliti per il personale della “Polizia di Stato”. E’ appena il caso di osservare che, trattandosi di un requisito richiesto in deroga alla regola generale stabilita dalla legge 13 dicembre 1986, n. 874 - secondo cui l’altezza delle persone non costituisce motivo alcuno di discriminazione per la partecipazione ai concorsi pubblici indetti dalle pubbliche amministrazioni - non è possibile far ricorso al principio dell’analogia e ritenere applicabili disposizioni dettate per altri Corpi di polizia. Per giunta, il citato D.P.C.M. n. 411 del 1987 - che non contempla, come si è visto, il personale appartenente alla polizia penitenziaria - ha espressamente evidenziato che il limite di altezza veniva stabilito per “determinate mansioni e qualifiche speciali”, e nessuna trasposizione di disciplina è quindi consentita tra diverse categorie.
Le considerazioni svolte inducono a ritenere che il Ministero della Giustizia abbia realmente errato nel richiedere, nei confronti dell’attuale appellante, un’altezza minima di mt. 1,61, quale requisito per l’assunzione a guardia penitenziaria. Non risulta in effetti rinvenibile,– né l’Amministrazione ne ha dato dimostrazione - alcuna disposizione che abbia direttamente prescritto, per tale categoria, il requisito dell’altezza minima nella indicata misura.
Le censure sollevate dalla ricorrente si appalesano perciò fondate e l’appello merita di essere accolto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della contestata sentenza, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.
Condanna il Ministero intimato a pagare in favore dell’appellante le spese del presente giudizio che liquida complessivamente in € 3.000,00 (Tremila/00).