CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - decisone 2
settembre 2003 n. 4873
Pres. Giacchetti, Est.Pajno,
Tiziano Mazzon e Pavani Edizioni Musicali s.n.c. (Avv. Ennio Mazzocco) c. Renato
Recca, Alessandro Iacovaccio, DIPIU' s.r.l., Ducale s.n.c. (Avv. Renato Recca)
Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) (Avv.ti Carlo Rienzi, Paolo Piccozza,
, Giovanni Maria Pinna Antonio Tomaselli,), Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Fernando Brambilla, Vincenzo Barbalarga, Bravin Edizioni Musicali,
Radio Dimensione Suono, Andrea Franco, Leisure Records (n.c.), Elio Cesari (Tony
Renis), Giancarlo Bigazzi, Mario Lavezzi, Rapetti Giulio (Mogol), Dalla Lucio,
Edizioni Southern Music s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
Fonit Cetra Music Publishing s.r.l., Edizioni Caramba s.r.l., Edizioni Musicali
Bagutti s.n.c., (Avv.ti Claudio Marcello Leonelli e Goffredo Gobbi).
Enti pubblici e privati - SIAE – riparto proventi tra autori - rilevazioni dei brani negli spettacoli - unicita’ di categoria tra brani d’autore e brani “dance” – legittimita’.
E’ legittima la distribuzione degli incassi della SIAE per l'utilizzazione di brani musicali mediante strumenti meccanici (lettori CD ed altri strumenti di riproduzione sonora) in occasione di balli e trattamenti danzanti, se tale riparto e’ effettuato raggruppando in classi gli incassi ed i programmi musicali (50% attribuito su campione rilevato da incaricati SIAE, di durata non inferiore a 90 minuti per singola manifestazione con almeno 1600 ore per semestre, campione poi integrato con dati relativi ad un terzo dei programmi consegnati dagli organizzatori; 21% attribuito a coloro che avessero partecipato, negli ultimi due semestri, alla ripartizione dei compensi del ballo dal vivo; 5% a beneficio di coloro che avessero già percepito compensi nelle due ultime tornate ripartitarie, 24% attribuito a coloro che avessero concorso, nei due semestri precedenti, alla ripartizione della Sezione Musica. E’ illegittimo il precedente criterio, che sostanzialmente riservava agli autori ed editori soltanto una quota del 50% dei compensi percepiti dagli utilizzatori, attribuendo il restante 50% ad autori ed editori che nulla avevano a che fare con le opere ultimate (autori di musica dal vivo). Ai fini del riparto, la distinzione tra musica “dance” o “non dance”, ed in genere tra generi musicali, non ha alcun significato o valore specifico: e’ solo rilevante che i proventi realizzati, da qualunque tipo di musica provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere mediante strumenti meccanici. Per le medesime ragioni, appare privo di rilievo la circostanza che i proventi provengano da discoteche o da altri locali (esecuzioni musicali effettuate in balli in case private, in trattenimenti familiari organizzati da circoli privati): ciò che conta, infatti è che essi, da qualunque locale provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere relative mediante strumenti meccanici.
Lucio Dalla, Tony Renis e Mogol, tra gli altri, contestavano che le loro canzoni (cd. brani d’autore), pur appartenendo a categoria diversa dai brani danzabili (“dance”), fossero utilizzati in balli o trattenimenti danzanti. Tale utilizzazione sottraeva proventi (riscossi tramite la SIAE), in quanto i diritti riscossi dalla SIAE e versati agli autori conteggiano, mescolandoli, brani di autore con brani dance. Dalla ballabilita’ o meno di tali brani, cioe’ dall’uso frequente nelle discoteche dei brani stessi, e’ quindi scaturita una lite con la SIAE, conclusa con la decisione in oggetto, che ritiene congrui e logici i criteri di riparto adottati. I cantautori hanno visto respinte le loro domande da una sentenza che affronta problemi di rilevazione e di controlli, coinvolgendo altresi’ (punto 10) aspetti relativi al diritto di autore su brani prelevati da reti telematiche (downloading) o caricati e diffusi attraverso reti telematiche ( streaming-webcasting). (Guglielmo Saporito)
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio l’Avv. Renato Recca, autore aderente alla SIAE (pos. n.6763), il Sig.
Alessandro Iacovaccio, autore aderente alla SIAE (pos. n.12361), la s.r.l. Dipiù,
coautrice musicale aderente alla SIAE (pos. n.90859), la s.n.c. Ducale di Marco
Matalon e C., produttrice discografica aderente alla SIAE (pos. n.000001), impugnavano:
- la deliberazione n.22 del 7 marzo 2001, con cui il Commissario straordinario
della SIAE aveva approvato, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, la ripartizione
dei proventi relativi alla Sezione Musica;
- l’elaborato prodotto dal Gruppo di lavoro, nominato dalla Commissione della
Sezione Musica SIAE, da questa approvato nella seduta del giorno 8 settembre
2001;
- il verbale della seduta della Commissione della Sezione Musica in pari data;
- il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali, del 2 marzo 2001,
recante l’approvazione dei criteri per la ripartizione dei proventi dei diritti
d’autore tra gli aventi diritto per l’anno 2001, come annotati dalla Sezione
Musica SIAE;
- ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.
I ricorrenti precisavano, innanzi tutto, di essere: l’Avv. Recca autore di opere
musicali varie; il Sig. Alessandro Iacovaccio autore di musica dance, eseguita
in locali da ballo e discoteche; la DIPIU’ s.r.l. una casa editrice musicale
titolare in via derivata di diritti di autore di opere musicali varie, sopratutto
di opere musicali dance; la Ducale S.r.l. di essere un’impresa produttrice fonografica,
nonché una casa editrice musicale e titolare di diritti di riproduzione fonomeccanica
(c.d. diritti connessi) oltre che titolare in via derivata di diritti di autore
di opere musicali. Tutti dichiaravano, pertanto, di avere diritto a partecipare
alla ripartizione degli incassi della Classe 1 SIAE (balli e trattenimenti con
ballo con esecuzioni meccaniche di qualsiasi tipo).
Tanto premesso, e dopo aver precisato che la SIAE ente pubblico a base associativo,
svolge, ai sensi dell’art.7, comma 1, del d.lgs. n.29 ottobre 1999 n.419 “l’attività
di intermediatore, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di
intervento, mediazione, mandato, rappresentanza, di esecuzione, di recitazione,
di radiodiffusione, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite
e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate”, esponevano
che con D.P.R. 31 maggio 1999 il Governo, allora in carica aveva, in considerazione
della grave situazione gestionale, commissariato l’Ente, attribuendo al Prof.
Mauro Masi i poteri del Presidente e del Consiglio di Amministrazione e non,
invece, quelli degli organi democraticamente eletti dagli autori ed editori
associati. Tali organi erano rimasti in carica fino alla scadenza naturale a
seguito della quale i poteri e le competenze degli stessi, con D.P.R. del 22
dicembre 2000, venivano attribuiti al Commissario, il cui incarico veniva, peraltro,
via via prorogato.
Nel corso del commissariamento veniva, peraltro, approvato il d.lgs. n.419 del
1999, il cui art.7, concernente la SIAE che le definire la SIAE un ente pubblico
a base associativa, ha previsto l’adozione di un nuovo statuto ed ha stabilito
che “la gestione dei servizi attinenti alla tutela del diritto d’autore e dei
diritti connessi, si uniforma ai principi della massima trasparenza nella ripartizione
dei proventi tra gli aventi diritto. I criteri di ripartizione sono annualmente
determinati dalla SIAE e sottoposti all’approvazione del Ministro vigilante”.
I ricorrenti, fanno, pertanto, presente che, nelle more dell’approvazione del
nuovo statuto, sono rimasti in vigore le procedure stabilite dal precedente,
approvato con D.P.R. 19 maggio 1995 n.223, da coordinarsi con le indicazioni
di cui all’art.7, comma 7, del d.lgs. n.419/99.
In particolare, per quanto concerne la ripartizione dell’anno 2001, nella seduta
del giorno 8 settembre 2000 la Commissione della Sezione Musica si riuniva per
esaminare i criteri della nuova ordinanza di ripartizione. In tale occasione
il Commissario straordinario sottoponeva all’esame della stessa un documento
di un gruppo di lavoro, costituito fra i componenti della Commissione Musica,
che conteneva delle “linee guida sull’ordinanza di ripartizione della Sezione
Musica”. Conformemente alla proposta del Commissario, la Commissione deliberava
di inviare al Ministero vigilante il documento elaborato dal gruppo di lavoro,
stralciandone i punti relativi ai fattori critici, limitandolo all’enunciazione
dei principi generali con l’aggiunta della Classe VI, specificatamente prevista
per le utilizzazioni telematiche.
Con decreto del 2 marzo 2001, il Ministero per i Beni e le Attività culturali
approvava i criteri di ripartizione dei proventi dell’esenzione dei diritti
d’autore, tra gli aventi diritto, per il 2001, come approvati dalla Commissione.
Con deliberazione n.22 del 7 marzo 2001 il Commissario Straordinario della SIAE,
rilevata “l’urgenza di deliberare al più presto le nuove norme ripartitarie,
che regolino l’attribuzione agli aventi diritto dei proventi derivanti dalle
nuove forme di utilizzazione emerse nella recente realtà di mercato, con particolare
riguardo alle utilizzazioni su reti telematiche e/o di telecomunicazione”, e
ritenuto che sussistesse il presupposto delle “eccezionali esigenze” che consente,
ai sensi del vigente regolamento, la modificazione della normativa ripartitaria,
con effetto sui proventi relativi al corrente anno”, abrogava integralmente
la precedente ordinanza e dettava i nuovi criteri ripartitori degli incassi
effettuati dal 1° gennaio 2001.
Sia il decreto ministeriale che la deliberazione del Commissario n.22 del 2001
venivano, pertanto impugnati dagli interessati che, a sostegno del ricorso,
deducevano le seguenti doglianze.
1) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.7, comma
7, secondo periodo, del d.lgs. 29 ottobre 1999 n.419 e degli artt.10, comma
3 e 36 ultimo comma del D.P.R. n.223 del 1995. Violazione dell’art.1 della legge
7 agosto 1990 n.241. Incompetenza.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt.7, comma 7, secondo periodo del
d.lgs. n.419 del 1999, 10, comma 3, dello Statuto SIAE sotto altro profilo,
violazione e falsa applicazione dell’art.85, comma 2, ultimo periodo, del Regolamento
Generale SIAE. Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge 7 agosto
1990 n.241. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto
e per difetto di motivazione.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art.7 comma 7, secondo periodo, del
d.lg. 29 ottobre 1992 n.419. Eccesso di potere per errore nei presupposti di
fatto e di diritto e per disparità di trattamento.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art.7, commi 4, ultimo periodo, e 7,
del d.lgs. 29 ottobre 1999 n.419. Eccesso di potere per violazione dei principi
di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all’art.3 Cost.. Con motivi aggiunti
notificati il 14 novembre 2001 i ricorrenti, venuti a conoscenza dell’esistenza
della deliberazione commissariale n.72 del giorno 11 luglio 2001, integrativa
di quella n.22 del 2001, deducevano:
5) l’illegittima emanazione del nuovo provvedimento, che non poteva essere assunto
dal solo Commissario Straordinario e non poteva eludere il principio attraverso
l’urgenza e con la necessità di apportare disposizioni di dettaglio;
6) l’illegittima esclusione, per gli incassi relativi alle musiche eseguite
mediate strumenti meccanici in balli e trattenimenti danzanti, delle composizioni
relative a programmi descritti in moduli che presentino irregolarità di comunicazione.
Costituitosi il contraddittorio, con sentenza n.4123 del 10 maggio 2002 il TAR
del Lazio, Sez.III ter, riteneva preliminarmente che non sussistesse la necessità
di integrare il contraddittorio, considerata la natura di atto generale dell’ordinanza
del Commissario n.22 del 2001; disattendeva un’eccezione di irricevibilità per
tardività del ricorso, nonché quella di difetto di giurisdizione relativamente
all’impugnazione dell’ordinanza, osservando che quest’ultima pur se dovuta all’an,
risultava assai più dettagliata e fruiva delle linee guida elaborate dalla Commissione
della Sezione Musica SIAE (meno atto preparatorio) e comunque impugnate dagli
interessati; disattendeva, altresì, l’eccezione di inammissibilità del ricorso
collettivo, in quanto proposto da soggetti in conflitto di interessi fra di
loro ritenendo non sussistenti tali conflitti, anche, in particolare, con riferimento
alle “La Ducale” s.n.c. ed i ricorrenti autori musicali.
Il tribunale riteneva, poi, fondato il quarto mezzo di impugnazione, in relazione
al riparto dei diritti d’autore, come stabilito per la Sezione Musica per il
2001. In particolare, il TAR riteneva illegittimo, per violazione dell’art.7
del d.l.vo n.419 del 1999, il provvedimento del Commissario, nella parte in
cui statuiva che soltanto il 50% dei diritti incassati era attribuito sulla
base di un campionamento delle effettive esecuzioni musicali, risultando la
restante parte ripartita con criteri indiretti, a vantaggio di altre classi
della Sezione Musica. Il provvedimento prevedeva che, della totalità dei proventi
derivanti da BSM (bollo con strumento meccanico) il 50% venisse ripartito in
base ad un meccanismo di campionamento volto ad identificare i singoli brani
eseguiti in una parte delle predette manifestazioni danzanti, rilegato con i
dati relativi ad 1/3 dei “programmi musicali” inviati dagli organizzatori di
tali eventi (ovvero quei documenti contenenti l’elenco delle composizioni musicali
eseguite nel corso della serata).
La restante quota veniva, invece distribuita in tre classi: - il 21% alla Ripartizione
supplementare (RS) di classe I ballo, ripartita proporzionalmente tra chi avesse
ottenuto, negli ultimi due semestri, “proventi da ballo con esecuzioni musicali
dal vivo”; - il 5% alla RS di Classe I “concertino”, ripartita proporzionalmente
tra quanti avessero partecipato negli ultimi due semestri alla ripartizione
dei c.d. “concertini” (apparecchi analoghi).
Il Tribunale riteneva, innanzitutto, il metodo sopra descritto in contrasto
con il principio di trasparenza di cui all’art.7, comma 7, del d.lgs. n.419/1999,
ed osservava che il medesimo, mediante le aliquote dei proventi riservate a
favore di soggetti partecipanti nei due semestri precedenti alla ripartizione
dei compensi del ballo dal vivo e, rispettivamente, alla ripartizione della
Sezione Musica, pareva un sistema poco trasparente ed inidonea a descrivere
l’ammontare effettivamente spettante a ciascun autore delle opere coinvolte,
e che lo storno a favore di soggetti terzi, diversi dagli autori le cui opere
musicali venivano effettivamente riprodotte mediante strumenti meccanici appariva
non razionale e non rispondente alla ratio dell’art.7 del d.lgs. n.419 del 1999.
Il Tribunale rilevava altresì che non appariva legittimo l’intento solidaristico
con il provvedimento perseguito, e riteneva fondate le osservazioni dei ricorrenti
circa il metodo di campionatura delle esecuzioni, dal momento che pur dovendosi
far ricorso a criteri ed accertamenti statistici e a campione, occorreva comunque
predisporre un serio e penetrante controllo sugli adempimenti documentali, e
non essendo sufficiente la disposta integrazione dell’accertamento in virtù
per un terzo dei programmi redatti dai gestori dei locali per affermare l’efficacia
dell’azione accertativa, dovendo anche tali moduli formare oggetto di verifica.
Il Tribunale accoglieva, altresì, nei limiti precisati, l’ultimo motivo del
ricorso di primo grado, concernente l’assoggettamento a ripartizione dei presenti
derivanti dall’uso della musica su reti telematiche. In particolare il TAR,
pur ritenendo condivisibile la .....?..... di ........?.......... gli autori
per l’utilizzazione delle opere musicali, riprodotte in supporto, nell’ambito
delle telecomunicazioni o in occasione di collegamenti a reti telematiche ha,
ritenuto illegittima la delibera impugnata nella parte in cui, attribuiva alla
discrezionalità del Consiglio di Amministrazione i casi in cui non era conveniente
pervenire alla ripartizione analitica, apparendo tale discrezionalità ancorata
alla sola clausola della non economicità, non ancorata ad un parametro, non
irragionevole, che stabilizza la soglia minima al di sotto della quale non vi
è remuneratività nella predetta ripetizione analitica, apparendo tale discrezionalità
ancorata alla sola clausola della non economicità, non ancorata ad un parametro,
non irragionevole, che stabilisce la soglia minima al di sotto della quale non
vi è remuneratività nella predetta ripartizione analitica. Il Tribunale rigettava,
altresì, la prima, la seconda e la terza censura dedotte con il ricorso introduttivo,
e la prima parte del quarto motivo, con cui era stato censurato il c.d. “doppio
punteggio”.
Il Tribunale rigettava altresì, le doglianze dedotte con i motivi aggiunti.
La pronuncia di primo grado è stata, adesso, impugnata con un primo ricorso
(n.6029/2002 R.G.) dal Signor Mazzon Tiziano e dalla S.n.c. Pavani Edizioni
Musicali. I medesimi, dopo aver premesso di aver appreso che il criterio di
riparto dei proventi relativi alle utilizzazioni delle opere assegnate alla
Sezione Musica sono stati annullati dal TAR, hanno dedotto le seguenti doglianze:
1) Violazione delle norme in materia di contraddittorietà,
violazione del diritto di difesa.
Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso la necessità di procedere all’integrazione
del contraddittorio. all’attuale appellante andrebbe riconosciuta la qualità
di controinteressato.
2) Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso l’inammissibilità
del ricorso collettivamente proposto da soggetti in palese conflitto di interessi.
Il conflitto sussisterebbe fra gli autori ricorrenti e la Soc. Ducale, titolare
di diritti connessi. La Società Ducale, titolare di diritti connessi, sarebbe
stata altresì priva di interesse al ricorso. Il conflitto sussisterebbe tra
la Soc. DIPIU’ e i Signori Recca e Iacovaccio.
3) Nell’accogliere parzialmente il quarto motivo del ricorso
il primo giudice sarebbe incorso in una serie di errori di fatto e di diritto.
In particolare, l’ordinanza impugnata apparirebbe migliorativa rispetto al passato,
avendo aumentato, e non diminuito, la quota percentuale di proventi da ripartire
direttamente agli aventi diritto.
Erroneamente il tribunale avrebbe, poi, ritenuto che con l’ordinanza in questione
si fosse inteso perseguire intenti solidaristici.
Sarebbe fuor di luogo l’assimilazione tra trattenimento con B.S.M. e trattenimenti
in discoteche, essendo quello in discoteca uno dei possibili trattenimenti in
B.S.M.. erroneamente si affermerebbe che la mancata ripartizione anche di una
sola parte percentuale di proventi non ripartita al BSM costituirebbe un esproprio
ai danni delle discoteche.
Sarebbe stato, altresì, accolto un motivo di censura formulato compiutamente
nei motivi aggiunti e dichiarati inammissibili dal TAR ed accennato in modo
del tutto generico e inammissibile nell’atto introduttivo del giudizio.
Erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che tutti gli incassi che si cumulano
per un certo semestre e sono da ripartire, sarebbero direttamente formati dalle
singole esecuzioni musicali ovvero dai singoli trattenimenti. Il provento non
sarebbe un dato omogeneo, mentre nella ripartizione confluirebbero somme di
diversissima natura.
Per tali ragioni, allo scopo di far ricadere le somme in maniera più rispondente
alla verità, una parte degli incassi verrebbe suddivisa indirettamente. Poiché
una parte degli incassi forfettariamente formata non potrebbe essere divisa
........?........., una quota, pari al 21% tornerebbe indirettamente alla classe
I (balli dal vivo), una parte (il 24%) al BSM attraverso l’attribuzione indiretta
alla classe I, ed una parte (il 5%) al concertino (trattenimenti musicali senza
ballo).
Le percentuali sarebbero individuate attraverso un esame ponderato dai dati,
mentre la restante parte dei proventi sarebbe suddivisa in base ad un campione
di ore di registrazione effettuato dai locali integrato da un terzo dei programmi
consegnati dagli organizzatori. Il TAR sarebbe entrato nel merito delle scelte
dell’ente, ed avrebbe erroneamente ritenuto che sarebbe diminuito il sistema
di rilevamento statistico.
La formulazione di programmi non costituirebbe una delega agli organizzatori.
4) Con riferimento ai criteri di ripartizione delle ore
trasmesse in via telematica, sussisterebbe il difetto di interesse dei ricorrenti
anche perché le disposizioni censurate sarebbero migliorative, posto che in
precedenza, per la novità del settore, nessun provento sarebbe stato attribuito
per tali utilizzi.
La sentenza del TAR del Lazio n.4123 del 2002 è stata, altresì, impugnata, con
altro ricorso (n.6161/2002 R.G.) dai Signori Recca e Iacovaccio, dalla DIPIU’
s.r.l. e dalla Ducale s.n.c., che hanno, altresì chiesto il rigetto dell’appello
proposto dal Sig. Tiziano Mazzon e dalla Società Pavani Edizioni Musicali s.n.c..
I signori Recca e Iacovaccio e le società DIPIU’ e Ducale hanno impugnato i
capi della sentenza n.4123 del 2002 a loro sfavorevoli (in quanto hanno rigettato
doglianze dai medesimi prospettate), deducendo le censure che seguono:
1) Contraddittorietà della motivazione rispetto alla censura n.1 (differenza
esistente fra il documento approvato l’8 settembre 2001 e l’ordinanza di ripartizione
adottata successivamente all’approvazione ministeriale, nella parte in cui,
pur riconoscendosi la validità della statuto approvato con D.P.R. 19 maggio
1995 n.223, si è ravvisata la presenza di una discussionalità del Presidente
della SIAE in merito all’adozione dell’ordinanza di ripartizione.
2) Violazione del principio dell’annualità dell’ordinanza di ripartizione sancita
dall’art.7, comma 7, secondo periodo, del d.lgs. n.419/99 (censura n.2).
3) Errata interpretazione dell’art.7 del d.lgs. n.419/99 in tema di unicità
dell’ordinanza di ripartizione, tale da dover necessariamente comprendere anche
i diritti connessi. Errata valutazione dei presupposti di fatti relativi all’accettazione
della tutela dei diritti connessi da parte della SIAE (censura n.3).
4) Irragionevolezza della sentenza nella parte in cui si è ritenuto il carattere
premiante il sistema del c.d. doppio punteggio, omettendo di affermarne l’illegittima
aleatorietà (censura n.4).
Con l’atto di appello (n.6161/2002 R.G.) l’Avv. Recca ed i suoi consorti in
lite hanno dedotto l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Signor Mazzon
e dalla Pavani S.n.c., dal momento che gli stessi hanno, altresì, dedotto l’infondatezza
dell’impugnazione proposta con il ricorso n.6029/2002 R.G. e la sostanziale
assenza di censure in merito all’annullamento dell’art.9, classe VI, lett. b,
dell’ordinanza Commissariale n.22/2001. Gli appellanti hanno, infine, formulato
alcune istanze istruttorie.
Nel relativo giudizio si è costituita la SIAE.
La sentenza n.4123/2002 del TAR del Lazio è stata, altresì, impugnata con ricorso
al Consiglio di Stato (n.9308/2002 R.G.) dai signori Elio Cesari (Tony Renis),
Giancarlo Bigazzi, Mario Lavezzi, Giulio Rapetti (Mogol), Lucio Dalla, nonché
da Edizioni Southern Music s.r.l., Edizioni Musicali Bagutti s.n.c..
I ricorrenti, dopo aver fatto presente di aver appreso della sentenza da notizie
di stampa, hanno fatto presente che questa appare lesiva dei loro interessi,
essendo i medesimi autori o editori di musica di genere “non dance e cioè di
composizioni musicali c.d. d’autore che, pur non appartenendo alla categoria
“dance” vengono utilizzati in balli o trattenimenti con ballo a mezzo di strumenti
meccanici. gli stessi vedono, così, ridotti i propri introiti a seguito della
sentenza, a tutto vantaggio degli autori ed editori di musica “dance”.
Tanto premesso, gli interessati hanno dedotto le doglianze che seguono:
1) Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, erroneamente disatteso
dal Tribunale. Il giudice di appello è chiamato a declinare la propria giurisdizione,
quanto meno con riguardo all’ordinanza 22/2001.
2) Conflitto di interessi fra i ricorrenti collettivi.
Rispetto ai criteri di cui all’ordinanza di ripartizione, si porrebbero almeno
due categorie di soggetti in conflitto di interessi: gli autori ed editori di
musica dance, nonché gli autori e editori di musica “non dance”, comunque utilizzata
nei trattenimenti danzanti. Il Tribunale avrebbe errato nel pronunciare l’ammissibilità
del ricorso collettivo nonostante il palese conflitto di interessi.
3) Lesione del diritto di difesa e mancata integrazione del contraddittorio.
In subordine, dovrà in ogni caso essere pronunciata l’illegittimità della pronuncia
lì dove è stata disconosciuta l’incompletezza del contraddittorio già prospettata
in primo grado.
L’oggetto del giudizio non sarebbe costituito da un atto a contempo programmatorio
ma da un provvedimento idoneo a incidere in modo concreto e attuale su tutti
gli iscritti alla Sezione Musica SIAE.
Dovrebbe, pertanto, essere disposto l’annullamento della sentenza con ricorso
al giudice di primo grado ai fini dell’integrazione del contraddittorio.
4) Gli appellanti ricordano che il Tribunale avrebbe affermato che la ripartizione
dei proventi BSM violerebbe i criteri di trasparenza, ragionevolezza ed equità
imposti dalle norme di settore e che i sistemi censurati troverebbero fondamento
in esigenze solidaristiche. Il TAR avrebbe annullato, mandando all’autorità
preposta la ridistribuzione degli introiti per l’anno 2001, in base a riformulandi
criteri ispirati al potenziamento dei controlli diretti, in rito.
La pronuncia in parte qua, sarebbe viziata da una falsa applicazione delle disposizioni
invocate dai ricorrenti in primo grado con il ricorso introduttivo, da eccesso
di potere per travisamento dei presupposti fattuali, illogicità ed ingiustizia
manifesta nonché da un evidente difetto di motivazione.
5) La ripartizione censurata sarebbe in linea con le norme legislative che governano
la struttura e l’attività dell’ente. il principio di trasparenza di cui all’art.7
del d.lgs. 419/99 dovrebbe ritenersi espressione dei principi di buona fede
e correttezza nella ripartizione normativa, che imporrebbe la predisposizione
di criteri e la sottoposizione al ministero vigilante.
Le norme legislative consentirebbero l’adozione di strumenti indiretti di ripartizione,
come sarebbe avvenuto nel caso di specie.
6) Occorrerebbe tenere presente che nelle discoteche verrebbero eseguite musiche
diverse da quelle dance, e che non tutti i proventi del BSM deriverebbero dalla
discoteche e dall’esecuzione di musica dance. Esisterebbero brani di musica
d’autore utilizzati nelle discoteche per la loro “ballabilità”.
Il TAR avrebbe errato nel ritenere la sussistenza di una piena equiparazione
tra compensi versati dagli utilizzatori e opere eseguite. In tale contesto,
la IAE avrebbe utilizzato un sistema comparato, basato su tre meccanismi di
rilevazione fra loro combinati: cioè un accertamento diretto con finalità statistiche,
una dichiarazione documentale degli organizzatori, una ripartizione per analogia.
In tale sistema comparato, ciascuno dei tre meccanismi di individuazione degli
aventi diritto avrebbe la funzione di compensare le distorsioni degli altri,
sicché apparirebbe incongruo smembrare tale sistema lasciandolo in vita – come
avrebbe fatto il Tribunale – uno soltanto dei meccanismi che lo formerebbero.
Il sistema del campione di 1600 ore, se utilizzato come unico criterio per l’individuazione
degli aventi diritto, risulterebbe inaffidabile. Il sistema di rilevazione,
proprio con riferimento alla musica “dance”, potrebbe dar luogo a manipolazioni.
Il TAR avrebbe omesso di considerare che non tutte le manifestazioni danzanti
sarebbero oggetto del campionamento sopra indicato.
Verrebbero, così, in rilievo i dati relativi al 1/3 dei “programmi” consegnati
dagli organizzatori, contenenti l’elenco delle composizioni musicali eseguite
nel corso della serata, scelti con metodo di selezione automatica. Tale sistema
si proporrebbe di correggere i difetti del campione e di identificare il maggior
numero possibile di aventi diritto.
Quanto alla funzione delle RS (Ripetizioni supplementari), la stessa sarebbe
spiegata sia sullo studio del Gruppo di lavoro che nell’ordinanza impugnata.
Il TAR non avrebbe tenuto conto di tali motivazioni, attendendosi su di un’inedita
ricostruzione solidaristica di tali sistemi che non troverebbe riscontro negli
atti impugnati.
Nel giudizio si sono costituiti la SIAE ed il Ministero dei Beni e le Attività
culturali, nonchè l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite.
Sia la SIAE che l’Avv. Recca, il Sig. Iacovaccio, le Società DIPIU’ e Ducale,
ed il signor Elio Cesari ed i suoi consorti in lite hanno illustrato le proprie
ragioni. Anche la SIAE, con apposita memoria, ha illustrato le proprie difese.
L’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno depositato distinte memorie difensive
nei ricorsi nn.6029/2002, 6161/2002 e 9308/2002 R.G..
Con atti depositato il 21 febbraio 2002 il sig. Mazzon Tiziano e la Società
Pavani Edizioni Musicali hanno dichiarato di rinunciare all’appello dei medesimi
proposto avverso la sentenza n.4123 del 2002 del TAR del Lazio.
Con ordinanza n.1352 del 2003 la Sezione ha preliminarmente disposto la riunione
dei tre ricorsi, in quanto costituenti appelli avverso la medesima sentenza,
ed ha disposto la trasmissione del fascicolo di primo grado ed il deposito,
in originale o copia autentica, del decreto del Ministero dei Beni Culturali
del 2 marzo 2001.
Il Sig. Mazzon e la società Pavani Edizioni Musicali hanno prodotto l’originale
dell’atto di rinuncia all’appello dai medesimi proposto.
Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza di discussione l’Avv. Recca
ed i suoi consorti in lite hanno fatto presente che l’atto a suo tempo dai medesimi
impugnato non sarebbe più in essere e sarebbe cessata ogni sua efficacia. La
SIAE, infatti, in esecuzione della sentenza del TAR del Lazio n.616 del 2003,
avrebbe adottato nuovi criteri di ripartizione per il BSM, satisfattivi per
i ricorrenti, eliminando l’intervento del Commissario ad acta. In particolare,
l’Avv. Recca ed i suoi consorti hanno dedotto quanto segue:
a) I titolari del ricorso n.9308/2002 R.G., che, utilizzando lo strumento dell’opposizione
di terzo, avevano appellato la sentenza n.4123/2002 del TAR del Lazio, sarebbero
intervenuti, azionando lo stesso strumento, nel giudizio per l’esecuzione di
tale sentenza, promosso dall’Avv. Recca e consorti. Tale contenzioso sarebbe
stato definito con sentenza del TAR del Lazio n.616/2003, con cui sarebbe, peraltro,
intervenuto, avendo la SIAE ottemperato nel termine fissato dal giudice. L’appello
non avrebbe, pertanto, ragione di continuare sul suo iter.
b) I titolari del ricorso n.6029/2002 R.G. avrebbero dichiarato di non aver
interesse a proseguire il giudizio di appello.
c) L’appello avverso la sentenza n.4123/2002, proposto con il ricorso n.6162/2002
R.G. non sarebbe da coltivare, avendo la SIAE emesso un nuovo provvedimento
conforme alle istanze dei ricorrenti.
L’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno, pertanto fatto presente che il
giudizio di appello concernente i ricorsi indicati in epigrafe non andrebbe
più portato avanti, essendo cessata la materia del contendere.
Con memoria depositata anch’essa prima dell’udienza di discussione il Sig. Elio
Cesari ed i suoi consorti in lite hanno insistito per l’accoglimento dell’appello
dai medesimi proposto. In particolare, gli stessi hanno dedotto che risulterebbero
confermate le prime due eccezioni formulate con i primi due motivi di appello,
e replicando alle considerazioni formulate dall’Avv. Recca con la precedente
memoria del 14 febbraio 1995, che i sistemi di rilevazione previsti nell’ordinanza
impugnata al di là di ogni miglioramento gestionale, andrebbero intimati unitamente.
All’udienza del 9 maggio 2002 è stata acquisita copia della nota n.4839/03DA
del giorno 8 maggio 2003 del Segretariato Generale del Ministero per i Beni
e le Attività culturali.
DIRITTO
1. Nell’ordine logico, deve, innanzitutto, essere
esaminata la richiesta, formulata con la memoria depositata nell’imminenza dell’udienza
di discussione, con cui l’Avv. Renato Recca ed i suoi consorti in lite hanno
chiesto che venga dichiarata “l’improcedibilità dell’azione promossa in sede
di appello avverso la sentenza n.4123 del 2002 della Terza Sezione del TAR del
Lazio, di cui ai ricorsi distinti con i nn.6029, 6161, 9308/02 R.G., dando atto
della cessata materia del contendere”.
In tal modo, l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite chiedono che venga dichiarata
la cessazione della materia del contendere, comunque l’improcedibilità, in ordine
a tutti i gravami proposti avverso alla sentenza del TAR del Lazio n.4123 del
2002, già riuniti con la precedente ordinanza collegiale n.1352 del 2003; e
cioè in ordine al ricorso n.6029/2002 R.G., proposto da Mazzon Tiziano e da
Pavani Edizioni Musicali s.n.c., al ricorso n.6161/2002 R.G., proposto dallo
stesso Recca Renato e dagli altri appellanti, nonchè con riferimento al ricorso
n.9308/2002 R.G., proposto dal sig. Cesari Elio (Tonis Renis) e degli altri
consorti in lite. Ad avviso dell’Avv. Recca, infatti, il ricorso n.6029 del
2002 non potrebbe essere più esaminato, avendo i titolari del medesimo dichiarato
di non aver più interesse a proseguire il giudizio di appello, “per l’evidente
consapevolezza ricettiva dell’emissione di un nuovo provvedimento dell’Amministrazione;
l’appello di cui al ricorso n.6161/2002 R.G., proposto dal medesimo Avv. Recca,
non sarebbe dal coltivare, avendo la SIAE emesso un nuovo provvedimento conforme
alle istanze degli interessati; l’appello di cui al ricorso n.9308/2002 R.G.
(proposto dal sig. Elio Cesari e dai suoi consorti in lite) non avrebbe più
“ragione di continuare nel suo iter” essendo i titolari del relativo ricorso
intervenuto a mero di opposizione di terzo, nel giudizio per l’esecuzione della
sentenza n.4123 del 2002 del TAR del Lazio, definito con sentenza n.616 del
2003 dello stesso giudice, con il quale sarebbe stato accolto parzialmente il
ricorso proposto dallo stesso Recca, con reiezione delle doglianze del Ministero
per i beni e le attività culturali e della SIAE, e con ottemperanza della SIAE
nel termine assegnato dal giudice, con soddisfazione dei ricorrenti.
La richiesta dell’Avv. Recca è, peraltro, sostanzialmente contestata dal sig.
Elio Cesari e dai suoi consorti in lite, che hanno proposto il ricorso in appello
n.9308 del 2002 R.G..
Questi, infatti, con la memoria depositata prima dell’udienza di discussione,
hanno insistito diffusamente per l’accoglimento del proprio gravame, così chiaramente
evidenziando di ritenere che la materia del contendere non sia cessata e che,
comunque, non sia intervenuto alcun provvedimento od alcun fatto idoneo ad evidenziare
una sopravvenuta carenza di interesse al gravame.
In proposito, si osserva che la richiesta formulata dall’Avv. Recca e dai suoi
consorti in lite trova origine, sul fatto che, con sentenza n.613 del 3 febbraio
2003 il TAR del Lazio, adito dai Signori Recca Renato e Iacovaccio Alessandro
e dalla società Dipiù e La Ducale, ha accolto il ricorso dagli stessi proposti
e per l’effetto dichiarato nulla la deliberazione del Commissario della SIAE
n.41 del 2002, adottata dal medesimo a seguito della sentenza n.4123 del 2002,
nel presente giudizio impugnato. con tale pronuncia n.613 del 2003 il Tribunale
ha per una parte qualificato come ottemperanza il ricorso proposto dall’Avv.
Recca e dai suoi consorti in lite, avendo ritenuto che la SIAE ha prestato acquiescenza
alla sentenza di primo grado, e che quindi, inter partes (e cioè nei confronti
della SIAE e del Ministero per i beni e le attività culturali) si fosse formato
il giudicato, con il conseguente obbligo della SIAE di ottemperare ad esso;
dall’altra, ha ritenuto irrilevante ai fini dell’ammissibilità del giudizio
di ottemperanza, il gravame spiegato dai Signori Lavezzi e consorti, ed ha parzialmente
accolto il ricorso, con conseguente dichiarazione dell’obbligo della SIAE di
rideterminarsi in conformità della sentenza di ottemperanza nel termine assegnato
e nomina di un Commissario ad acta per il caso di inadempimento.
Secondo quanto riferiscono l’avv. Recca ed i suoi litisconsorti, la SIAE ha
poi tempestivamente e correttamente ottemperato.
2. Tanto premesso, il Collegio osserva che nella fattispecie, può esclusivamente darsi atto della rinuncia al ricorso in appello da parte del Signor Mazzon Tiziano e della Società Pavani Edizioni Musicali (n.6029/2002 R.G.); non può invece essere dichiarata la cessazione della materia del contendere o comunque, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse nè con riferimento al ricorso n.9308/2002 R.G., proposto da Cesari Elio ed altri, nè con riferimento allo stesso ricorso n.6161/2002 R.G., proposto da Recca Renato ed altri.
3. Il sig. Tiziano Mazzon e la Società Pavani Edizioni Musicali hanno espressamente rinunciato, con atto notificato alle altre parti e depositato in giudizio, al ricorso in appello n.6029/2002 R.G.. Poichè la rinuncia al ricorso in appello non necessità di accettazione delle controparti (Cons. Stato, Sez.II, 28 marzo 2003 n.1644), di tale rinuncia il Collegio deve dare espressamente atto.
4. La circostanza, invece, che la SIAE abbia,
anche a seguito della sentenza del TAR del Lazio n.613 del 2003, dato esecuzione
alla precedente sentenza n.4123 del 2002, nella presente sede impugnata, non
può, invece, comportare né la cessazione della materia del contendere né, comunque,
la sopravvenuta carenza di interesse in ordine al ricorso in appello n.9308/2002
R.G., proposto dal sig. Cesari Elio e dai suoi consorti in lite.
A tal fine, non acquista rilevanza la questione della
qualificazione dell’azione proposta dall’Avv. Recca e dai suoi litisconsorti
dinanzi al TAR del Lazio dopo la sentenza n.4123 del 2002 del medesimo Tribunale:
se cioè, essa l’azione proposta dall’Avv. Recca debba essere qualificata come
volta ad ottenere l’ottemperanza dell’Amministrazione ad un giudicato, ovvero
il semplice adempimento rispetto a quanto stabilito con una sentenza esecutiva.
In proposito, è ormai intervenuta una statuizione giurisdizionale (la sentenza
n.613 del 2003 del TAR del Lazio) che ha ritenuto di qualificare quello esaminato
con ricorso per l’ottemperanza al giudicato, sicché ogni critica nei confronti
di tale statuizione non può che essere formulata a mezzo di apposita impugnazione
di tale pronuncia, ed esaminata nel relativo giudizio.
Allo scopo di stabilire se l’adempimento (o l’ottemperanza) della SIAE possa
comportare la cessazione della materia del contendere o la sopravvenuta carenza
di interesse all’appello (n.9308/2002 R.G.) proposto dal Sig. Cesari Elio e
dai suoi litisconsorti acquista, invece, rilievo decisivo la considerazione
del contenuto di tale appello. Ora, con il ricorso n.9308/2002 R.G. gli interessati
hanno, tra l’altro, dedotto di non essere stati parti nel giudizio di primo
grado; e cioè che la sentenza del Tribunale n.4123 del 2002 sarebbe stata pronunciata
con un contraddittorio non integro, e con lesione dei diritti di difesa degli
appellanti.
Risulta, così, evidente, come l’eventuale adempimento (o ottemperanza) dell’Amministrazione
non possa essere in alcun modo satisfattivo dell’interesse fatto valere dagli
appellanti di cui al ricorso n.9308/2002 R.G., o comunque, provocarne la carenza
sopravvenuta, e cioè perché gli appellanti lamentano proprio che tale statuizione
sia intervenuta in violazione delle regole che presiedano alla sua formazione
in contraddittorio. L’interesse degli appellanti può quindi, ritenersi, essere
soddisfatto dall’annullamento della pronuncia che si assume illegittimamente
assunta, e non certo dal suo adempimento. Lo stessa TAR del Lazio, d’altra parte,
con la sentenza n.613 del 2003, nell’affermare che la SIAE era tenuta a ricalcolare,
per l’anno 2001, i proventi erroneamente decurtati in base all’annullata deliberazione
commissariale, ed a conguagliare il pagamento ai ricorrenti, afferma che la
medesima SIAE avrebbe potuto non già continuare ad accantonare il 50% ma “accompagnare
tali pagamenti con la clausola della riserva – da sciogliere se del caso, qualora
il giudice di appello annullasse la sentenza ottemperanda in accoglimento dell’opposizione
di terzo”: così lasciando chiaramente intendere che l’esecuzione della pronuncia
del TAR Lazio n.4123 del 2002 non solo non provocava conseguenze in ordine alla
permanenza dell’interesse al ricorso n.9308/2002 R.G., ma appariva anche, in
qualche modo, legata all’esito del medesimo.
5. Non può, infine, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, ovvero la sopravvenuta carenza di interesse in ordine al ricorso (n.6161/2002 R.G.) proposto dall’Avv. Renato Recca e dai suoi consorti in lite. Le affermazioni contenute nella memoria del medesimo Avv. Recca (e dei suoi consorti), secondo le quali l’appello avverso la sentenza del TAR del Lazio n.4123 del 2002, proposto con il ricorso n.6161/2002 non sarebbe “da coltivare, in quanto la SIAE ha emesso un nuovo provvedimento conforme alle istanze dei ricorrenti”, non costituisce in alcun modo un atto di rinuncia al ricorso in appello, né tale può essere considerato, dovendo provvedersi alla rinuncia con atto notificato alle parti interessate; dalla cennata dichiarazione contenuta nella memoria depositata prima dell’udienza di discussione, non può d’altra parte dedursi una sopravvenuta carenza degli appellanti al ricorso. E’ noto, infatti, che, in via generale, può parlarsi di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso giurisdizionale allorché si sia di fronte ad atti o provvedimenti sopravvenuti che, pur non essendo integralmente satisfattivi dell’interesse del ricorrente, rendano tuttavia inutile l’intervento del giudice ed il sopravvenire della sentenza. Una situazione del genere non sembra verificarsi nella fattispecie, nella quale l’appello proposto dall’avv. Recca e dai suoi causanti in lite riguarda profili ulteriori e diversi rispetto a quelli presi in considerazione dalla sentenza dalla sentenza del TAR del Lazio n.613 del 2003 e dall’adempimento posto in essere dall’Amministrazione con i provvedimenti sopravvenuti. Lo stesso Avv. Recca, peraltro, con la memoria depositata prima dell’udienza del 25 febbraio 2002, aveva espressamente rilevato la sussistenza di una interesse attuale alla pronuncia giurisdizionale pur dopo la sentenza del TAR del Lazio n. 613 del 2003.
6. La circostanza che si sia dato atto della
rinuncia degli appellanti al ricorso n. 6029/2002 R.G. esime, ovviamente, il
Collegio dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità che, con riferimento
a tale impugnazione, era stata sollevata dall’Avv. Recca e dai suoi causanti
in lite.
Deve, invece, passarsi alla considerazione del ricorso in appello n.9308/2002
R.G., proposto del Sig. Cesari Elio e dai suoi causanti in lite. In ordine a
tale gravame, deve, peraltro, essere preliminarmente esaminata l’eccezione di
irricevibilità per violazione dell’art.404 c.p.c. con riferimento ad esso prospettata
. Ad avviso dell’avv. Recca e dei suoi causanti, la sentenza del TAR del Lazio
n.4123 del 2002, che avrebbe concluso un giudizio del quale il Sig. Cesari Elio
ed i suoi causanti non erano stati parti, sarebbe passata in giudicato, quanto
ai capi censurati con il ricorso n.9308/2002 R.G., essendo stata tale sentenza
notificata all’ente, e non avendo né la SIAE, né altre parti del giudizio di
primo grado proposto autonoma impugnazione. Allorquando la sentenza sia passata
in giudicato, l’unico strumento per contestare il decisume sarebbe l’opposizione
di terzo ex art.404 c.p.c.; opposizione che, peraltro, dovrebbe essere proposta
dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza (art.405 c.p.c.).
Da qui, appunto, l’irricevibilità dell’appello n.9308/2002 R.G., proposto per
saltus dinanzi al Consiglio di Stato; mentre la convenzione dell’opposizione
di terzo in autonoma impugnativa potrebbe essere ammessa fino a quando la sentenza
non abbia acquisito forma di giudicato.
L’eccezione in tal modo formulata è infondata, e deve di conseguenza essere
disattesa.
Va, in proposito, innanzi tutto, ricordato che, secondo un indirizzo giurisprudenziale
da tempo consolidato, ed espressamente confermato anche dopo l’introduzione
del rimedio dell’opposizione di terzo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale
17 maggio 1995 n. 177, sono considerati legittimati all’impugnazione del giudice
amministrativo tutti coloro che, comunque, abbiano subito o subiscano pregiudizio
dalla sentenza impugnata (Cons. Stato, Sez. VI, 3 aprile 2002 n. 1854; Cons.
Giust. Amm. Reg. Sic., 6 agosto 2002 n. 510), e quindi anche i soggetti che,
pur non essendo parti necessarie del giudizio di primo grado, siano portatori
di un vantaggio, e quindi di un apprezzabile interesse al mantenimento dell’atto
impugnato (Cons. Stato, Sez.V, 10 aprile 2002 n.1945). Ancora di recente, d’altra
parte, la Sezione ha espressamente affermato che colui che è stato leso da una
sentenza del giudice amministrativo può impugnare la sentenza che costituisce
la fonte della lesione subita, anche se non è stata fonte del giudizio di primo
grado (Cons. Stato, sez.VI, 26 gennaio 1993 n. 1092).
Ora, una volta ammessa in via generale la legittimazione ad appellare dei soggetti
comunque incisi dalla sentenza di primo grado, appare evidente che il termine
per la proposizione del gravame da parte di tali soggetti non può che essere
quello di un anno dal deposito della sentenza, di cui all’art. 327 c.p.c.. Tali
soggetti, infatti, in quanto non sono stati parti nel presente giudizio, non
possono normalmente essere destinatari (e normalmente non sono destinatari)
di apposite notificazioni della sentenza di primo grado volte a consentire il
decorso del termine breve per l’impugnazione: notificazioni, queste, che riguardano
normalmente le parti necessarie del giudizio di primo grado, o comunque, quelle
che effettivamente vi hanno preso parte.
In ogni caso, la notificazione delle sentenze di primo grado ai fini della decorrenza
del termine breve per l’impugnazione, non può che produrre i propri effetti
esclusivamente nei confronti dei destinatari di tale notificazione: gli effetti
derivanti dalla notificazione della sentenza non ammettono, infatti, equipollenti
e on possono prodursi in forza di una conoscenza della pronuncia acquisita aliunde
(sez.VI, 4 settembre 1997 n. 1291). Deriva da ciò che la notificazione della
sentenza di primo grado, eventualmente effettuata dall’avv. Recca e dai suoi
consorti in lite nei confronti della SIAE e delle altre parti del giudizio di
primo grado non può che produrre effetti esclusivamente nei confronti dei soggetti
destinatari di tali notificazioni. Nei confronti del Sig. Cesari Elio e degli
altri proponenti il ricorso n. 9308/2002 R.G. non può, invece, che trovare applicazione
il termine annuale per l’impugnazione: e poiché la sentenza n.4123/2002 del
TAR del Lazio è stata depositata il 14 febbraio 2002, evidente appare la ricevibilità
del sopra ricordato ricorso in appello, notificato nei giorni 4 e 5 novembre
2002.
Le osservazioni sopra esposte, evidenziando la tempestività dell’appello proposto
con il ricorso n. 9308/2002 rendono del tutto irrilevanti le considerazioni
formulate dall’avv. Recca e dai suoi consorti in lite in ordine al rimedio dell’opposizione
di terzo ed alla convertibilità in essa dell’appello: in ordine alle quali si
ricorda, tuttavia che per ricevuto indirizzo giurisprudenziale, nel giudizio
amministrativo competente a conoscere l’opposizione di terzo è il giudice del
gravame (Cons. Stato, sez.VI, n. 263 del 1998) e che sarebbe, comunque ammissibile
la conversione dell’appello in tale mezzo di gravame.
7. Deve, adesso essere esaminato il primo motivo
del ricorso n.1308/2002 R.G., con cui gli appellanti deducono che sussisterebbe,
nella fattispecie, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, quanto
meno con riferimento all’ordinanza del Commissario Straordinario n.22 del 7
marzo 2001.
In proposito, i ricorrenti ricordano che la Corte regolatrice ha tradizionalmente
distinto ai fini del riparto di giurisdizione, tra atti di organizzazione, sindacabili
dal giudice amministrativo in quanto coinvolgenti situazioni soggettive di interesse
legittimo, ed atti dell’organizzazione (e cioè atti di gestione coinvolgenti
situazioni di diritto soggettivo), sindacabili dall’AGO, e che le ordinanze
di ripartizione sono state tradizionalmente ricompresse fra gli atti di organizzazione,
con conseguente conoscibilità delle relative questioni da parte del giudice
amministrativo. Gli appellanti osservano, peraltro, che la situazione si sarebbe
modificata a seguito del decreto legislativo n. 414 del 1999. Nel nuovo quadro
normativo le linee-guida (costituenti atti di organizzazione) promanerebbero
dalle apposite Commissioni SIAE e sarebbero approvate con decreto ministeriale;la
concreta distribuzione che costituirebbe atto dell’organizzazione, implicante
la considerazione di situazioni di diritto soggettivo, sarebbe invece affidata
allo strumento dell’atto di ripartizione, meramente attuativa delle c.d. linee-guida.
Erroneamente, pertanto il Tribunale avrebbe afferrato che la circostanza che
l’impugnativa fosse risolta anche avverso le linee-guida avrebbe dovuto essere
sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, che, invece,
avrebbe dovuto declinare la propria giurisdizione quanto meno con riferimento
all’ordinanza di ripartizione n.22 del 7 marzo 2001.
La doglianza in tal modo spiegata è infondata e deve, di conseguenza, essere
disattesa. Acquistano in proposito rilievo decisivo non l’astratta ricostruzione
della disciplina di cui al d.lgs. n.419 del 1999 (e del successivo Statuto dell’Ente)
quanto, da una parte, il contenuto effettivo dei provvedimenti impugnati in
primo grado dagli interessati, e, dall’altra la concreta domanda spiegata da
questi ultimi con l’atto introduttivo con l’atto introduttivo del ricorso di
primo grado.
La sussistenza – o insussistenza- della giurisdizione del giudice adito va,
infatti, stabilita alla stregua del contenuto dei provvedimenti impugnati, e
del tenore della questione introdotta in giudizio dai ricorrenti.
Nel caso in esame l’ordinanza n.22 del 2001, pur menzionando nelle proprie premesse
sia le linee guida approvate dalla Sezione Musica, ed il decreto del Ministro
dei Beni e delle Attività culturali del 2 marzo 2001, di approvazione dei “criteri
dei proventi dell’esazione dei diritti d’autore fra gli aventi diritto”, non
si limita in alcun modo ad un’operazione di mera ripartizione dei proventi in
applicazione puntuale dei criteri già elaborati, ma provvede ad introdurre una
disciplina della ripartizione, più specifica di quella meramente programmatica
contenuta nelle “linee guida”e nei criteri di ripartizione approvati con decreto
ministeriale, ma che tuttavia rimane pur sempre un’elaborazione di regola volta
a disciplinare il riparto dei proventi, e non un’operazione di mera applicazione
di regole già integralmente predeterminate. L’ordinanza del Commissario Straordinario
dell’Ente n.22 del 2001, in questa sede impugnata, non costituisce infatti,
una mera operazione di riparto dei proventi derivanti dai diritti d’autore alla
stregua di regole già integralmente predisposte, ma si risolve nella predisposizione
di un’ulteriore normativa, che specifica ed integra i criteri in precedenza
elaborati ed approvati, peraltro -come ha esattamente osservato il Tribunale
-a carattere meramente programmatico ed i danni, pertanto, a costituire un mero
presupposto di una disciplina più dettagliata e, per tale ragione, effettivamente
applicabile.
Si è, pertanto, di fronte ad un provvedimento a contenuto sostanzialmente normativo
e frutto della discrezionalità dell’ente nello stabilire e specificare le regole
da applicarsi nel riparto dei proventi, e non ad un atto di mera divisione dei
proventi, e cioè di attribuzione di quote o percentuali di essi ai singoli associati:
come, d’altra parte, risulta evidente dalle stesse premesse dell’ordinanza impugnata,
nelle quali si era espressamente richiamata “l’urgenza di deliberare al più
presto” le nuove norme ripartitorie che l’attribuzione agli aventi diritto dei
proventi derivanti dalle nuove forme di utilizzazione emerse nelle recente realtà
di mercato.
La natura regolatrice e normativa della disciplina introdotta con l’ordinanza
in questione appare evidente, sicché non può dubitarsi che il sindacato sul
corretto esercizio del potere discrezionale di stabilire e determinare le regole
del riparto spetti al giudice amministrativo.
Gli esiti sopra esposti appaiono, peraltro, integralmente confermati dalla considerazione
dei motivi di doglianza introdotti dai ricorrenti in primo grado, e dalle stesse
censure introdotte dagli odierni appellanti con l’impugnazione. Sia con il ricorso
di primo grado che con l’atto d’appello vengono, infatti, introdotti profili
di doglianza attinenti non alla operazioni del riparto, ma ai criteri di effettuazione
del medesimo, alle modalità di campionamento ed alla conformità di tali criteri
alla disciplina legislativa di settore: in una parola al corretto esercizio
del potere di determinazione delle regole del riparto.
Non può pertanto dubitarsi del fatto che le questioni attinenti alla legittimità
dell’ordinanza del Commissario Straordinario dell’Ente n.22 del 2001 rientrino
nella giurisdizione del giudice amministrativo, contenendo l’ordinanza in questione
una normativa sul riparto che integra e specifica i criteri meramente programmatici
previamente predisposti.
8. Deve, adesso, essere esaminato il secondo
motivo di appello dedotto con il ricorso n.9308/2002 R.G., con cui gli appellanti
deducono che erroneamente il Tribunale avrebbe disatteso l’eccezione di inammissibilità
del ricorso collettivo di primo grado, in quanto posto da ricorrenti in posizione
di aperto conflitto di interessi.
Ad avviso degli appellanti, infatti, rispetto ai criteri di ripartizione come
delineati con l’ordinanza impugnata, e con le linee guida approvate con il decreto
ministeriale del 2 marzo 2001, si porrebbero due categorie di soggetti in aperto
conflitto di interessi: da una parte gli autori (ed i relativi editori) di musica
“dance”, dall’altra gli autori (e gli editori) di musica “non dance”, di altri
generi musicali comunque utilizzati nei trattenimenti danzanti. Poiché l’Avv.
Recca sarebbe soggetto totalmente estraneo alla musica “dance”, settore al quale
apparterrebbe la società Dipiù, il TAR avrebbe errato nel pronunciare l’ammissibilità
del ricorso collettivo.
La doglianza in tal modo formulata è infondata, e deve, di conseguenza, essere
disattesa.
Va, in proposito, ricordato che si verte in una situazione di conflitto di interessi
tra i ricorrenti, che preclude l’ammissibilità del ricorso giurisdizionale,
allorché l’accoglimento del ricorso, con il consequenziale annullamento dell’atto
impugnato, determinerebbe come propria conseguenza immediata e diretta quella
di giovare ad alcuni soggetti e di nuocere, in modo chiaro ed evidente, contemporaneamente,
ad altri ricorrenti. In questa prospettiva, il vantaggio per alcuni dei ricorrenti
e lo svantaggio per altri, devono costituire, perché sussista il conflitto di
interessi, un effetto evidente, immediato e diretto della statuizione di accoglimento,
e non costituisce, invece, una semplice possibilità connessa con l’attività
dell’Amministrazione successiva all’annullamento giurisdizionale, dal momento
che l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno provveduto ad impugnare una
disciplina della ripartizione dei proventi non ritenuta sotto diversi profili
conforme a legge, ed auspicano che, attraverso il nuovo esercizio del potere
amministrativo di procedere alla determinazione delle regole della ripartizione
dei proventi, sia possibile pervenire alla definizione di criteri diversi, idonei
a realizzare un più equilibrato assetto nel riparto. Sotto questo profilo, appare
evidente che l’interesse sotteso dal ricorso non è soltanto quello di pervenire
ad un riparto economicamente più favorevole ad una o all’altra categoria di
soggetti, quanto piuttosto l’altro, di pervenire ad un assetto del riparto che,
nel suo complesso, possa essere considerato più ragionevole ed equilibrato per
tutti i soggetti comunque iscritti alla SIAE e destinatari del riparto medesimo,
a prescindere all’appartenenza, di fatto, ad una piuttosto che ad un’altra categoria
o tipologia di iscritti.
9. Gli appellanti di cui al ricorso n. 9308/2002
R.G. deducono, altresì, con il quarto motivo del gravame, che erroneamente il
Tribunale avrebbe rigettato l'eccezione di disintegrità del contraddittorio,
già prospettata in primo grado, affermando che, vertendosi in materia di provvedimenti
generali, non sarebbe consentita l'individuazione di controinteressati. Nel
caso di specie, oggetto dell'impugnazione sarebbe, infatti, non un provvedimento
a contenuto programmatorio, ma un atto idoneo ad incidere in modo concreto,
attuale e diretto su tutti gli iscritti alla Sezione Musica della SIAE (oltre
50.000), in quanto tutti destinatari delle determinazioni dell'ente associativo
in ordine all'assetto distributivo dei presenti. La pronuncia di primo grado
dovrebbe, pertanto, essere riformata, con annullamento e rinvio al primo giudice
per l'integrazione del contraddittorio. La doglianza così formulata è infondata
e deve, di conseguenza, essere disattesa. Va, in proposito, innanzi tutto osservato
che la circostanza – dedotta dagli appellanti – alla stregua della quale quell'oggetto
del giudizio costituirebbe un provvedimento idoneo ad incidere in modo concreto
ed attuale sugli iscritti alla Sezione Musica della SIAE dice, al più, che si
è di fronte ad un provvedimento che può essere considerato immediatamente lesivo,
e per questo immediatamente impugnabile, ma niente dice in ordine alla qualità
di controinteressati in senso tecnico di tutti gli iscritti alla Sezione Musica
della SIAE (e fra di essi anche degli appellanti di cui al ricorso n, 9308/2002
R.G.).
La questione decisiva è infatti, quella riguardante la sussistenza della qualità
di controinteressati in senso proprio in capo ai predetti appellanti, dal momento
che solo in tal caso potrebbe essere ritenuto sussistente il vizio prospettato
di mancata integrazione del contraddittorio. Tale qualità non è, peraltro, riconoscibile
in capo agli odierni appellanti, con conseguente infondatezza della doglianza
prospettata. Sia il decreto ministeriale del 2 marzo 2001 che l'ordinanza del
Commissario straordinario dell'Ente n.22 del 2001, impugnati in primo grado,
in quanto contenenti i criteri per la ripartizione dei proventi sono infatti,
come è stato espressamente affermato dalla Sezione, atti normativi a contenuto
generale, sicché nei loro confronti non sono configurabili controinteressati
(Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 1994 n. 1571). E' noto, peraltro, che, per
ricevuto insegnamento giurisprudenziale, ai fini della identificazione della
figura del controinteressato sono necessari due elementi, di cui uno sostanziale,
consistenti nella presenza di un interesse qualificato alla conservazione del
provvedimento impugnato, ed uno di carattere formale, costituito dalla circostanza
che il soggetto possessore di tale qualificato interesse alla conservazione
del provvedimento sia espressamente o nominativamente individuato nel provvedimento
medesimo. o comunque agevolmente individuabili in base ad esso. Nel caso di
specie, ciò che manca è proprio tale elemento formale costituito dall'esplicita
contemplazione del soggetto nel provvedimento impugnato, ovvero nella sua immediata
individuabilità (Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 2001 n. 3895). E', infatti,
proprio la natura generale delle disposizioni contenute nei provvedimenti impugnati
ad escludere tale elemento; mentre la circostanza che gli appellanti rientrino
nei 50.000 iscritti alla Sezione Musica della SIAE è idonea ad attribuire ad
essi un interesse qualificato alla conservazione degli atti impugnati, ma non
conferisce ai medesimi la qualità di controinteressati nel presente giudizio,
riguardante l'impugnazione dei criteri di riparto dei proventi. La questione
riguardante la sussistenza, in capo da un determinato soggetto, della qualità
di controinteressato in un certo giudizio – e cioè di parte necessaria di tale
giudizio – è diversa da quella riguardante l'esistenza, in un determinato giudizio,
dell'interesse a contrastare l'accoglimento del ricorso avverso il provvedimento
impugnato. La prima, implicando la necessaria notificazione del ricorso introduttivo
del giudizio, attiene, infatti, alla regolare costituzione del rapporto giuridico
processuale ed agli adempimenti necessari a tal fine; la seconda concerne, invece,
la semplice legittimazione a contraddire in un determinato processo, e quindi,
ad esservi eventualmente presente. L'esistenza della sola legittimazione a contraddire
in un processo non implica, peraltro, anche l'attribuzione della qualità di
parte necessaria di quel processo, occorrendo, a tal fine, anche l'elemento
formale sopra ricordato.
10. Deve, adesso, essere esaminato il quarto
motivo di impugnazione, con cui gli appellanti, nell'impugnare le statuizioni
di parziale accoglimento del ricorso di primo grado, deducono che la sentenza
del Tribunale sarebbe, in parte qua, affetta da una falsa applicazione delle
norme invocate dagli stessi ricorrenti in primo grado, da eccesso di potere
per travisamento di presupposti fattuali, illogicità ed ingiustizia manifesta,
nonché da difetto di motivazione. Ai fini dell'esame delle doglianze prospettate,
occorre ricordare che l'oggetto dei provvedimenti impugnati – e quindi della
presente controversia – è costituito dalla modalità di distribuzione dei proventi
BSM (Ballo con strumenti meccanici), e cioè dei criteri di ripartizione degli
incassi pervenuti alla SIAE per l'utilizzazione di brani musicali mediante strumenti
meccanici (lettore CD, od altri strumenti di riproduzione sonora) in occasione
di balli e trattamenti danzanti. In particolare, l'ordinanza del Commissario
dell'Ente n. 22 del 2001, dopo aver provveduto a raggruppare in via generale
gli incassi ed i relativi programmi musicali in una serie di classi (art. 2),
ha disposto, per quel che in questa sede rileva (art. 3B), che gli incassi relativi
alle esecuzioni musicali mediante strumento meccanico, effettuate in occasioni
di balli e trattenimenti danzanti siano suddivisi "con i seguenti criteri e
modalità":
1) "Una quota del 50% di detti incassi è utilizzata per una ripartizione sulla
base di un campionamento delle esecuzioni musicali in ballo e trattenimento
con basso effettuate con strumento meccanico" E' stato, altresì, previsto che
il campionamento venisse costituito "attraverso rilevazioni di dette esecuzioni,
effettuate direttamente dalla società mediante proprio incaricati, di durata
non inferiore a 90 minuti per singola manifestazione ed ad almeno 1600 ore complessive
per semestre, ed integrato con i dati relativi ad un terzo dei programmi consegnati
dagli organizzatori, individuati con criteri di selezione statistica".
2) "Una quota del 21% è attribuita alla ripartizione supplementare di classe
I Ballo (R.S. Cl. I – BL) di cui all'art.11, lett. C, e cioè a beneficio di
coloro che avessero partecipato, negli ultimi due semestri, alla ripartizione
dei compensi del ballo dal vivo, Classe I, lett. A".
3) "Una quota del 5% è attribuita alla Ripartizione supplementare di classe
I Concertino (R.S. Cl. I Con) di cui all'art. 11 lett. D (e cioè a beneficio
di coloro che avessero già percepito compensi nelle due ultime tornate ripartitarie)".
4) "Una quota del 24% è attribuita alla Ripartizione supplementare di Classe
V (R.S. Cl. V) di cui all'art. 11 lett. B (e cioè a favore di coloro che avessero
concorso, nei due semestri precedenti, alla ripartizione della Sezione Musica,
ma in proporzione all'ammontare di tutti i rendiconti analitici di classe V
lett. A, ripartizione supplementare generale, conseguente all'attribuzione di
compensi per l'esecuzione di opere mediante strumenti meccanici di qualsiasi
fonte: ballo, spettacoli e trattenimenti musicali, emissioni radiofoniche, televisive).
Tali criteri sono stati censurati dall'Avv. Recca e dai
suoi consorti in lite, con doglianze che sono state parzialmente accolte dal
Tribunale. In particolare, il TAR, dopo aver osservato che "l'atto impugnato
dispone che solo il 50% dei diritti incassati è attribuito sulla base di un
campionamento…delle effettive esecuzioni musicali, la restante parte venendo
ripartita con criteri indiretti, a vantaggio di altri classi della Sezione Musica
ha ritenuto il metodo predisposto in contrasto con i criteri di cui all'art.
7, commi 4 e 7 del D.lgs. n. 419/1999, in quanto risolventesi in un sistema
di ripartizione non solo poco trasparente, ma inidoneo a descrivere l'ammontare
effettivamente spettante a ciascun autore delle opere coinvolte", caratterizzato
sostanzialmente da un’irrazionalità "enfatizzata dalla differente rilevanza,
nettamente sottolineata dai ricorrenti degli introiti cui danno luogo le esecuzioni
di ogni brano musicale, a seconda che siano eseguiti dal vivo o con strumenti
meccanici".
Il Tribunale ha rilevato che, in tal modo, il provvedimento impugnato appariva
volto a conseguire risultati di natura solidaristica, e che tuttavia tale fine
non poteva essere perseguito la sostanziale espropriazione dei diritti degli
autori più rappresentati.
Il Tribunale ha, altresì, ritenuta illegittima la modalità di determinazione
del campione predisposto nella deliberazione impugnata. In particolare i primi
giudici, pur premettendo che la rilevazione delle esecuzioni non può che avvenire
attraverso accertamento a campione e metodi statistici, ha tuttavia rilevato
che il sistema da scegliere deve avere un’architettura efficace verificabile
e modificabile in corso d'opera, caratterizzata da strumenti idonei a consentire
all'ente un serio riscontro degli adempimenti documentali dei soggetti obbligati,
potenziando e non diminuendo il sistema rilevamento statistico a campione. In
tale prospettiva, Il TAR ha ritenuto insufficiente, al fine di affermare l'efficacia
dell'azione accertatrice, "l'integrazione dell'accertamento in virtù per 1/3
dai programmi redatti dai gestori dei locali", dovendo anche tali moduli formare
oggetto di verifica. In tal modo il tribunale ha sottolineato la necessità,
allo scopo di evitare abusi, che anche il contenuto di tali moduli sia verificato,
non potendo essi sostituire l'accertamento spettante all'ente in via esclusiva.
Il Tribunale ha, altresì, accolto la censura riguardante la ripartizione dei
proventi derivanti dall'uso della musica su rete telematiche. In particolare
, il TAR, dopo aver ricordato che la delibera commissariale ha stabilito che
siano soggetti all'evasione del diritto d'autore il prelevamento di files musicali
da reti telematiche (downloading) ed il caricamento e la diffusione pubblica
di tali files attraverso le reti telematiche e/o di telecomunicazione (streaming-webcasting),
ha puntato l'attenzione sulla disposizione riguardante l’incassato straming
o il webcasting che, dopo esser stabilito che i relativi compensi sono attribuiti
semestralmente alle composizioni elencate nei singoli "report" consegnati alla
SIAE a cura dei content-providers, ha tuttavia previsto che "nel caso in cui
vengano consegnati report di utilizzazioni concernenti incassi relativi ad importi
per i quali il Consiglio di Amministrazione, su parere della Commissione di
Sezione non riterrà conformare a criteri di economicità la ripartizione analitica,
i compensi incassati saranno attribuiti a coloro che abbaino concorso alla ripartizione
di cui alla precedente lett. a), proporzionalmente all'ammontare dei relativi
rendiconti analitici". Il TAR ha ritenuto appunto illegittima, in quanto non
ancorata ad un parametro predefinito ma alla sola clausola dell'economicità
ha ampia discrezionalità del Consiglio di Amministrazione, relativamente ai
casi in cui non appaia conveniente pervenire alla ripartizione analitica.
Tali statuizioni sono, appunto, censurate dagli appellanti di cui al ricorso
n. 9308/2002 R.G., che ne deducono sotto diversi profili l'illegittimità.
11. Tanto premesso, il Collegio osserva che
con la pronuncia impugnata il Tribunale ha esercitato, con riferimento ai criteri
impugnati, il proprio sindacato di legittimità: un sindacato, cioè, volto a
verificare e stabilire la conformità di tali criteri al quadro normativo che
disciplina la fattispecie, ed a verificare la logicità, la coerenza e l’adeguatezza
rispetto alle finalità poste dalle norme primarie, delle scelte con i medesimi
criteri effettuate.
Il Tribunale, pertanto, non ha elaborato criteri ulteriori e diversi rispetto
a quelli posti in essere dall’Ente nell’esercizio della propria responsabilità,
ma si è limitato a censurare quei profili, di tali criteri, che apparivano manifestamente
in contrasto con indicazioni nascenti dalla disciplina legislativa o con esigenze
di logicità e ragionevolezza. Così è avvenuto con riferimento al capo con cui
è stata ritenuto illegittimo il criterio che sostanzialmente riservava agli
autori ed editori di esecuzioni effettuate con strumenti meccanici in occasione
di balli e trattenimenti danzanti soltanto una quota del 50% dei compensi percepiti
dagli utilizzatori, attribuendo il restante 50% ad autori ed editori che nulla
avevano a che fare con le opere ultimate (autori di musica dal vivo), essendo
apparso illegittimo e sostanzialmente espropriativi uno storno dagli autori
effettivi di un ammontare così significativo dei proventi sopra ricordati; così
è avvenuto con riferimento al criterio di campionamento, considerato illegittimo
nella parte in cui consentiva sostanzialmente di sostituire l’accertamento e
la verifica concreta con il riferimento ad alcuni moduli predisposti, rispetto
al cui contenuto è stata ritenuta necessaria un’attività di accertamento; così,
infine, è avvenuto per l’eccessiva latitudine ed indeterminatezza del potere
riconosciuto al Consiglio di Amministrazione, di escludere la ripartizione analitica.
In tal modo, il Tribunale, si è sostanzialmente preoccupato di assicurare, per
quanto possibile, la corrispondenza tra titolari dei diritti dell’ingegno utilizzati
e gli effettivi percettori dei proventi, e di indicare l’esigenza della predisposizione
di strumenti di riparto tali da assicurare in modo efficace, la c.d. “paternalizzazione”
delle opere utilizzate, evidenziando, rispetto ai criteri predisposti, i profili
ritenuti in contrasto con indicazioni di legittimità o criteri di razionalità,
e demandando all’esercizio della discrezionalità dell’Ente, l’elaborazione delle
(per tale parte) nuove, effettive regole di riferimento: come è, d’altra parte,
effettivamente avvenuto nel caso in esame.
Proprio perché il sindacato posto in essere dal Tribunale rimane nell’ambito
e nei limiti sopra indicati, il Collegio ritiene che le statuizioni adottate
dai primi giudici debbano essere confermate. Le doglianze prospettate dagli
appellanti di cui al ricorso n. 9308/202 R.G. non appaiono, infatti, idonei
ad evidenziare l’insussistenza dei profili di irrazionalità ed illegittimità
riscontrati dai primi giudici.
12. Non può, innanzi tutto, trovare accoglimento
il profilo di doglianza con cui gli interessati deducono che la ripartizione
censurata sarebbe coerente con le norme che governano la struttura la struttura
e l’attività dell’Ente, ed osservano che il principio di trasparenza non potrebbe
essere inteso come corrispondenza matematica tra ripartizione di proventi e
singole esecuzioni musicali che tali proventi avrebbero generato (c.d. “principio
commutativo”). Ad avviso degli appellanti, l’art. 7 comma 4 del D.Lgs. n. 419
del 1999, prescrivendo che lo statuto dell’ente “assicura…una ripartizione dei
proventi dell’orazione dei diritti d’autore tra gli aventi diritto, che tenga
conto anche dell’effettivo contributo di ciascuno alla formazione dei proventi
stessi”; attraverso l’uso dell’avverbio “anche” intenderebbe escludere il principio
strettamente commutativo, e riconoscerebbe la sovranità delle scelte dell’ente
che, nel rispetto del principio di trasparenza, potrebbe decidere di ricorrere
anche a sistemi indiretti di distribuzione dei proventi.
L’assunto in tal modo formulato appare non corretto, nei termini di seguito
esposti.
Giova innanzi tutto ricordare, che le disposizioni contenute nell’art. 7 del
D.Lgs. n. 419 del 1999 (e, fra esse, anche quella di cui all’art. 7 comma 4)
disciplinano esclusivamente le funzioni, l’organizzazione, ed il funzionamento
dell’ente pubblico a base associativa chiamato SIAE. Tali disposizioni non riguardano,
come è ovvio, le questioni riguardanti la titolarità dei diritti derivanti dall’utilizzazione
delle opere dell’ingegno: questioni, queste, che sono disciplinate e regolate
dalla normativa legislativa - di carattere sostanziale e non organizzativo –
contenute nella legge sul diritto d’autore.
Deriva da ciò che le norme contenute nell’art. 7 del D.Lgs. n. 419 del 1999
niente dicono, né possono dire, sulla titolarità e sulla spettanza dei diritti
derivanti dall’utilizzazione di opere dell’ingegno; esse, al contrario, obbligano
alla predisposizione di un assetto organizzativo dell’ente, ed alla predisposizione,
da parte di quest’ultimo, di criteri che assicurino il massimo possibile di
corrispondenza tra titolarità dei diritti di autore o di utilizzazione e riparto
dei medesimi. Le norme di cui all’art. 7 sono volte ad assicurare che i profili
organizzativi dell’ente ed i suoi interventi discrezionali – chiamati a tener
conto della complessità del quadro generale e delle difficoltà tecniche – siano
comunque tali da assicurare, per quanto possibile, la corrispondenza tra astratta
titolarità dei diritti e percezione effettiva dei relativi proventi; in modo
da non privare sostanzialmente di contenuto, attraverso i profili connessi con
le difficoltà nell’accertamento e nelle ripartizioni tale titolarità, riconosciuta
dalla legge sul diritto d’autore.
E’ appunto in tale contesto che deve essere intasa la disposizione di cui all’art.
7, comma 4, del D.Lgs. n. 419 del 1999, alla stregua della quale lo statuto
dell’ente “assicura…una ripartizione dei proventi dell’esazione dei diritti
d’autore tra gli aventi diritto che tenga anche conto dell’effettivo contributo
di ciascuno alla formazione dei proventi stessi”. Lo scopo della norma non è,
infatti, - come sembrano intendere gli appellanti – di escludere, attraverso
l’uso dell’avverbio “anche” il principio strettamente commutativo, per affermare
l’assoluta libertà dell’ente nel ricorrere a sistemi indiretti di ripartizione
dei proventi, ma quell’altro, ben diverso, di ribadire, nell’elaborazione dei
criteri di riparto, la centralità della questione del contributo effettivo di
ciascuno alla formazione dei proventi, autorizzando nel contempo l’ente, a cagione
delle difficoltà connesse con l’espletamento di tutti i necessari accertamenti,
e di altri eventuali profili associativi, a tener conto pure di altri profili
od esigenze. Non a caso la norma, nel precisare che lo statuto assicura la ripartizione
dei proventi, pur lasciando genericamente intendere che nella elaborazione dei
criteri di riparto possono essere presi in considerazione elementi diversi,
menziona espressamente soltanto l’elemento costituito dall’accertamento dell’“effettivo
contributo” fornito da ciascuno degli interessati alla formazione dei proventi.
Una diversa interpretazione finirebbe con il fare una radicale scissione tra
titolarità (astratta) dei proventi e ripartizione effettiva dei medesimi.
La norma di cui all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 419 del 1999, riconosce,
pertanto, implicitamente ma chiaramente la correttezza e la bontà del metodo
di riparto commutativo; autorizza l’ente, per le ragioni già esposte, a tener
conto di profili ulteriori, oltre a quelli connessi con l’effettivo contributo
di ciascuno nella formazione dei proventi; pone, tuttavia, un limite oggettivo,
costituito dal fatto che qualunque metodo di riparto prescelto deve comunque
tener conto in modo adeguato dell’effettivo contributo fornito da ciascuno degli
interessati alla produzione di tali proventi; evidenzia, pertanto, l’illegittimità
di quei criteri che finiscano per svuotare di contenuto o comunque con il non
valutare adeguatamente tale specifico contributo.
Alla stregua delle osservazioni sopra esposte, evidente appare l’esattezza della
pronuncia impugnata, allorché ha affermato che il metodo di riparto fatto proprio
con i provvedimenti impugnati si poneva in contrasto con i principi di cui agli
artt. 7, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 419 del 1999, ed in particolare , oltre
che col principio di trasparenza (art. 7 comma 7), anche con quello di corrispondenza
tra il contributo sugli incassi degli spettacoli con musica e partecipazione
alla suddivisione del relativo provento (art. 7 comma 7).
Non acquista, in proposito, rilievo decisivo quanto affermato dagli appellanti,
e cioè che nel caso in esame, risultando impraticabile la ripartizione analitica,
la SIAE avrebbe adottato un meccanismo composito, basato su tre meccanismi di
rilevazione fra loro compatibile (accertamento diretto con finalità statistica,
dichiarazione documentale degli utilizzatori, una ripartizione per analogia),
e che lo smembramento parziale di esso ne minerebbe alla base la ratio.
Quale che sia, infatti, in concreto il sistema prescelto, e quali che siano
le conseguenze dell’annullamento (la cui valutazione, con riferimento alla necessità
di elaborare ulteriori criteri, è rimessa alla discrezionalità dell’ente) non
può certamente essere considerato legittimo un sistema che sostanzialmente escluda
dalla corrispondenza tra contributo effettivo alla produzione dei proventi e
percezione degli stessi addirittura il 50% dei proventi stessi. Un tal modo
di operare finisce con l’operare una sostanziale ablazione di una assai significativa
quantità di risorse – addirittura la metà – a favore di autori diversi da quelli
che hanno contribuito alla loro produzione; ......?...... questo che si pone
un oggettivo contrasto con il principio che vuole che nel riparto sia assicurata
anche la tendenziale corrispondenza tra titolarità del diritto e percezione
dei compensi. La norma di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 419 del 1999 autorizza,
come si è visto, a tener conto anche di esigenze ulteriori e diverse da quelle
connesse con il sopra richiamato principio di corrispondenza, e ad elaborare
criteri conseguenti: ma è evidente che essi non possono risolversi in un sostanziale
svuotamento del principio, sancito dalla legge di ripartizione in base all’effettivo
contributo alla produzione dei proventi. Uno svuotamento del genere deve ritenersi
esistente allorquando, come nella fattispecie, la metà dei proventi sia attribuita
al di fuori della considerazione dell’effettivo contributo di ciascuno alla
loro produzione; la considerazione di elementi diversi può portare ad una distribuzione
dei proventi per ragioni esattamente identificate, sulla base di un criterio
diverso da quello fondato sull’effettivo contributo degli interessati in una
misura “integrativa”, ma che non metta a repentaglio la tendenziale corrispondenza
richiesta dalla legge, tra percezione dei proventi e titolarità dei medesimi.
13. Gli appellanti domandano, altresì, nel tentativo
di evidenziare la legittimità dei criteri impugnati in prime cure, che gli stessi
sarebbero esenti da profili di irrazionalità o di eccesso di potere, e che a
tal fine occorrerebbe tener conto di alcuni elementi fattuali. In particolare,
non tutti i proventi del BSM proverrebbero dalle discoteche e dall’esecuzione
di musica “dance”, dal momento che solo il 58% deriverebbe da tali locali, mentre
il restante 42% deriverebbe da altri siti, ove si svolgerebbero trattenimenti
danzanti. Nelle discoteche verrebbero, peraltro, eseguite anche musiche di genere
diverso da quello “dance” che varierebbero in ragione della stagione, della
fascia oraria e delle singole sale (ballo “liscio”, musica latino – americana).
Non sussisterebbe, come avrebbe sostenuto il Tribunale, piena equiparazione
tra compensi versati dagli utilizzatori e opere effettivamente eseguite.
In proposito, si osserva che gli elementi prospettati non acquistano specifica
rilevanza al fine di dedurre l’erroneità delle statuizioni impugnate, una volta
accertata la non conformità ai principi desumibili dall’art. 7 del d.lgs. n.419
del 1999 dei criteri impugnati.
Ed infatti, una volta stabilito che la distribuzione dell’intera metà dei proventi
presi in considerazione con criteri diversi da quelli fondati sul contributo
degli interessati alla loro produzione appare illegittima, non acquista rilievo
specifico stabilire se tali proventi provengono da discoteche o da altri locali
ovvero siano frutti di musica “dance” o “non dance”.
Si osserva peraltro che ai fini del riparto, la distinzione tra musica “dance”
o “non dance”, ed in genere tra generi musicali; non appare dotato di alcun
significato o valore specifico, apparendo rilevante soltanto che i proventi
realizzati, da qualunque tipo di musica provengano, siano comunque il frutto
di una diffusione delle opere mediante strumenti meccanici, essendo questo l’unico
elemento preso in considerazione dalla normativa introdotta con l’ordinanza
impugnata.
Per le medesime ragioni, appare privo di rilievo la circostanza che i proventi
provengono da discoteche o da altri locali: ciò che conta, infatti è che essi,
da qualunque locale provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere
relative mediante strumenti meccanici.
Quanto all’ultimo rilievo, il TAR non sembra aver posto un’equiparazione tra
compensi versati dagli utilizzatori ed opere eseguite, ma semplicemente richiamato
la necessità di una tendenziale corrispondenza tra il contributo sugli incassi
degli spettacoli eseguiti con musica e partecipazione alla suddivisione del
compenso.
14. Gli appellanti deducono, altresì, che la
SIAE avrebbe adottato un sistema composito, basato su tre meccanismi di rilevazione
fra loro combinati, che troverebbe la propria validità dalla presenza al suo
interno, di tre diversi meccanismi di rilevazione tra loro combinati (accertamento
diretto a mano campione; dichiarazione documentali degli utilizzatori, ripartizione
per analogia) che troverebbe la propria validità dalla presenza di tre meccanismi
di individuazione degli aventi diritto, ciascuno dei quali avrebbe lo scopo
di correggere le inevitabili distorsioni degli altri.
Smembrare tale sistema significherebbe, pertanto, minarne la ratio e costringerlo
a produrre risultati parziali.
In particolare:
a) Il campione di 1600 ore, se utilizzato come unico criterio per l’individuazione
degli aventi diritto, risulterebbe inaffidabile. Nello specifico campionamento
eseguito, lo stesso dato certo da cui partire (il rilevamento delle esecuzioni
effettuate) sarebbe in realtà del tutto inaffidabile, sia perché ridotto come
estensione, sia per le modalità tecniche di acquisizione.
b) I dati relativi ad “1/3 dei programmi consegnati dagli organizzatori” (e
cioè ai documenti contenenti l’elenco delle composizioni musicali eseguite nel
corso della serata), scelti con metodo di relazione statistica si proporrebbe
l’obiettivo di correggere i difetti del campione e di identificare il maggior
numero possibile degli aventi diritto.
Il TAR avrebbe, peraltro, sostenuto erroneamente l’invalidità dei programmi
a causa di un irrisolto conflitto di interessi, in quanto a sottoscriverli sarebbe
il disc-jokey e l’organizzatore del trattenimento.
Premesso, infatti che nei rapporti con l’Amministrazione non potrebbe esistere
con invalidante conflitto di interessi a priori, il rilievo del TAR dovrebbe,
a maggior ragione, valere per il campione, in cui il funzionario SIAE, stante
l’irriconoscibilità dei pezzi al mero ascolto, sarebbe in balia delle dichiarazioni
rese dal disc-jokey.
I rilievi in tal modo formulati non appaiono idonei a fondare l’accoglimento
del gravame.
Va, in proposito, innanzi tutto ricordato che il Tribunale non ha mai inteso
affidare (né avrebbe potuto farlo) come invece, erroneamente, sembrano intendere
gli appellanti, la determinazione del riparto dei proventi in questione, esclusivamente
ai criteri non dichiarati illegittimi, sicché obiettivamente non rilevante appare
il rilievo secondo cui lo smembramento di un sistema composito, operato dal
Tribunale, significherebbe minare alla base la ratio di tale sistema.
Il Tribunale, infatti, si è limitato a rilevare i più significativi profili
di illegittimità del metodo proposto, ed ha espressamente pronunciato l’annullamento,
per quanto di ragione dei provvedimenti impugnati “con salvezza degli atti ulteriori
dell’ente intimato in sede di riemanazione”.
Il TAR ha pertanto espressamente chiarito che la pronuncia impugnata comportava
una riedizione dell’esercizio del potere di fissare i criteri di riparto dei
proventi in questione; ed è appunto nell’esercizio di tali poteri che spetta
alla discrezionalità dell’ente fissare ogni integrazione o adeguamento dei criteri,
ed anche di verificare e stabilire l’attendibilità, avuto riguardo al disposto
annullamento, dal campione di 1600 ore, la sua utilizzabilità, e gli incombenti
ulteriori necessari a seguito della dichiarata illegittimità del metodo di campionatura,
nella parte in cui, sostanzialmente, non prevede la verifica dei dati contenuti
nei programmi consegnati dagli organizzatori.
Le osservazioni formulate dagli appellanti, attengono, infatti, sostanzialmente,
alla legittimità delle determinazioni assunte dall’ente a seguito della statuizione
di annullamento del Tribunale, ma nulla dicono in ordine alla erroneità della
pronuncia del Tribunale.
Si osserva, comunque, che le eventuali difficoltà connesse con il campionamento
dovrebbero spingere l’Amministrazione ad affinare e rendere più efficaci e garantisti
gli strumenti prescelti, ma non possono indurre a considerare legittimo ciò
che non è conforme alla normativa primaria. Allo stesso modo, le eventuali difficoltà
al sistema dalla stessa amministrazione prescelto può dar luogo soprattutto
per la musica “dance” possono, ed anzi devono indurre l’Ente a moltiplicare
gli accertamenti ed i controlli, ed a predisporre le iniziative atte ad evitare
tali inconvenienti o a diminuirne la portata, ma non rendono legittime le Ripartizioni
Supplementari (R.S.), che si pongono, come si è visto, in violazione dei principi
di cui all’art. 7 d.lgs. n. 419 del 1999.
Quanto, infine, al rilievo secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di considerare
che non tutte le manifestazioni danzanti sarebbero oggetto del campionamento,
dal momento che la stessa ordinanza impugnata escluderebbe da qualunque rilevazione
le opere eseguite in alcuni locali (esecuzioni musicali effettuate in balli
in case private, in trattenimenti familiari organizzati da circoli privati),
il Collegio osserva, che in tal modo viene, in realtà inammissibilmente introdotto
con l’atto di appello e da parte di soggetti diversi dai ricorrenti in primo
grado, ma censura di illegittimità dell’ordinanza impugnata in primo grado,
nella parte in cui ha escluso tali opere da ogni rilevazione.
Si tratta, come è palese, di una censura che avrebbe dovuto essere tempestivamente
proposta avverso l’ordinanza con ricorso al TAR, e che non può essere inammissibilmente
introdotta in appello, in sede di esame della correttezza delle statuizioni
adottate dal Tribunale con riferimento a doglianze del tutto diverse, prospettate
da soggetti diversi dagli appellanti di cui al ricorso n. 9308/2002 R.G..
Quanto, infine, ai rilievi prospettati con riferimento al metodo di campionatura,
il Collegio osserva che il Tribunale ha ritenuto le modalità in proposito predisposte
come illegittime, in quanto non ha previsto la verifica del contenuto dei moduli
riguardanti i programmi consegnati dagli organizzatori (i cui dati, relativamente
ad un terzo, sono destinati ad integrare il campione di 1600 ore). Il Tribunale
ha pertanto accolto, in parte qua, il ricorso di primo grado, perché anche i
dati contenuti nei moduli dovevano costituire oggetto di verifica, non potendo
i moduli medesimi sostituirsi ai necessari accertamenti da parte dell’Amministrazione,
sicché il riferimento, contenuto in motivazione, ad un “non risolto conflitto
di interesse” non appare come l’indice di una specifica ragione di illegittimità,
ma come ulteriore giustificazione di accertamenti dell’amministrazione, peraltro
già necessari sulla base delle regole generali.
Tale esito è ulteriormente avvalorato dal fatto che il TAR giustifica l’esigenza
di accertamenti in via esclusiva dell’ente intimato, con la circostanza che
l’ordinanza impugnata prevede l’integrazione dell’accertamento a campione con
programmi selezionati secondo criteri “non meglio definiti” di relazione statistica.
E’ dunque anche l’indeterminatezza dei criteri si selezione statistica a far
considerare necessari gli accertamenti effettivi da parte della SIAE.
15. Con l’ulteriore motivo di gravame, gli appellanti
deducono, altresì, che l’esatta funzione delle Ripartizioni supplementari (e
cioè di quelle, non effettuate sulla base di un campionamento ma sulla scorta
di criteri indiretti) quale correttivo di accertamenti inadeguati, sarebbe spiegata
nel documento del gruppo di lavoro e nell’ordinanza impugnata; il TAR non avrebbe
tenuto conto di tali ragioni, e si sarebbe invece, in un’inedita ricostruzione
solidaristica.
Anche tali rilievi non appaiono idonei a pervenire all’accoglimento del gravame.
Ed infine il Tribunale, quando ha menzionato i possibili risultati di natura
solidaristica che l’atto impugnato intenderebbe conseguire, ha in realtà fatto
riferimento ad una tesi difensiva svolta dalla stessa SIAE (nella sentenza,
viene, appunto ricordata la memoria dell’ente del 30 gennaio 2002).
Lo stesso Tribunale ha peraltro, ritenuto non condivisibile tale tesi difensiva,
osservando che l’art. 7 del d.lgs. n. 419 del 1999 e l’art. 1 dello Statuto
della SIAE non introducono una competenza solidaristica dell’ente; che tale
competenza non può implicitamente farsi derivare dalla struttura associativa
del medesimo ente; che la remunerazione degli autori non può in modo diretto
provenire per legge, se non dai proventi dello sfruttamento di opere dell’ingegno.
Quanto, infine, alla ratio delle ripartizioni supplementari, il Collegio osserva
che la circostanza che esse obbediscano all’esigenza di correggere accertamenti
inadeguati non fa delle medesime una misura conforme ai principi posti dall’art.
7 del d.lgs. n. 419 del 1999.
16. Le osservazioni in precedenza ampiamente
esposte circa la non conformità delle ripartizioni supplementari, per come effettivamente
previste, ai principi di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 419 del 1999 esimano il
Collegio da una considerazione analitica dei rilievi ulteriormente formulati
dagli appellanti, con i quali i medesimi intenderebbero ribadire la razionalità
della ripartizione supplementare di classe I, ballo (il 21% dei proventi BSM
è assegnato agli autori che abbiano concorso negli ultimi due semestri, alla
ripartizione dei proventi del ballo dal vivo), della ripartizione supplementare
di Classe I, concertino (il 5% degli incassi è destinato ad essere annualmente
ripartito in proporzione agli importi corrisposti negli ultimi due semestri
per l’utilizzazione delle opere connesse ai “concertini”), della ripartizione
supplementare di classe V “riproduzioni fonomeccaniche” (il 24% dei proventi
BSM è ripartito in favore di coloro che negli ultimi due semestri hanno percepito
compensi per la vendita di dischi o altri supporti analoghi).
Si rileva, comunque, che le affermazioni in proposito formulate dagli appellanti,
o si risolvono in affermazioni non dimostrate, o postulano l’accoglimento di
criteri solidaristici che pure si assumano estranei al contesto associativo,
o rischiano comunque di giustificare l’attribuzione diretta di vantaggi obiettivamente
non giustificati.
In particolare, l’affermazione secondo cui i programmi musicali delle esecuzioni
per il ballo dal vivo risulterebbero più attendibili, richiamata a proposito
della R.S. di I classe, ballo, appare del tutto generica e comunque non adeguatamente
giustificata; e comunque non adeguatamente giustificata; l’affermazione secondo
cui la ripartizione supplementare di I classe concertino, si giustificherebbe
con la finalità di non escludere dalla ripartizione autori ed editori di un
“repertorio classico e datato”, sembra in qualche modo richiamare finalità solidaristiche
che gli stessi appellanti assumono essere estranee alla fattispecie; l’affermazione
secondo cui i proventi derivanti agli autori dalla vendita di supporti fonomeccanici
sarebbero senz’altro indici affidabili da utilizzare in via analogica, per ripartire
parzialmente gli introiti percepiti dalla SIAE a fronte dell’utilizzo dei supporti
stessi in locali da ballo o intrattenimenti danzanti, considerata nella sua
assolutezza, ed in relazione all’ampiezza della percentuale dei proventi da
ripartire (24%) rischia di risolversi nell’attribuzione di un vantaggio non
giustificato, con riferimento ai compensi derivanti dalla diffusione di opere
musicali mediante strumenti meccanici in occasione di trattenimenti danzanti,
ad autori ed editori che hanno ottenuto compensi, dalla semplice vendita dei
supporti meccanici, ed in assenza di elementi ulteriori capaci di evidenziare,
anche preventivamente, l’utilizzazione di tali supporti in occasione dei predetti
trattenimenti danzanti.
17. Esattamente il Tribunale ha pertanto sottolineato
l’illegittimità delle ripartizioni supplementari effettivamente disposte.
In contrario non possono, d’altra parte, indurre, le ulteriori generiche considerazioni
formulate dagli appellanti (punti 6, 7, 8).
Con riferimento ad esse, si deve, comunque, osservare, che l’art. 7 del d. lgs.
n. 419 del 1999 esclude che il principio commutativo possa costituire un semplice
obiettivo al quale progressivamente avvicinarsi.
La norma sopra richiamata postula, invece, l’esigenza di fare del principio
commutativo il criterio fondamentale del riparto, dal quale eventualmente appare
possibile discostarsi per esigenze e scopi esattamente definiti ed in misura
tale da non escluderne, di fatto, l’applicazione, o comunque da non svuotarlo
di contenuto.
Quanto ai pretesi effetti irrazionali della sentenza, si è visto sopra come
essi implichino valutazioni che vanno commisurate non alle semplici statuizioni
di annullamento, ma alla riedizione del potere amministrativo di determinazione
dei criteri di riparto dei proventi.
L’appello n. 9308/2002 R.G. deve essere, pertanto, respinto.
18. Deve, infine, per le ragioni già indicate
essere esaminato l’appello n. 6161/2002 R.G. con il quale l’Avv. Recca ed i
suoi consorti in lite ripropongono nella presente sede le censure già spiegate
in primo grado e disattese dal Tribunale.
Con il primo motivo di tale impugnazione gli interessati deducono che il Tribunale
sarebbe caduto in contraddizione, avendo da una parte riconosciuto la competenza
delle Commissioni di Sezione a pronunciarsi nell’ambito del procedimento di
approvazione della ripartizione, e dall’altro avrebbe ritenuto che le stesse
Commissioni non potessero conformare i poteri presidenziali in modo così minuzioso
e stringente, da annullarne la competenza ad emanare la deliberazione di ripartizione.
Ad avviso degli appellanti il pensiero del TAR non risulterebbe espresso in
modo chiaro, mentre l’art. 10, comma 3, dello Statuto della SIAE prevedrebbe
l’approvazione dell’ordinanza di ripartizione su parere conforme dell’ordinanza
di ripartizione.
Il Presidente della SIAE dovrebbe, pertanto adottare l’ordinanza di ripartizione
senza apportare alcuna modifica a quanto stabilito dalla Commissione, organo
rappresentativo della volontà degli associati. Si tratterebbe, infatti, di una
sorta di promulgazione.
La doglianza in tal modo prospettata non può essere condivisa, avuto riguardo
alla disciplina che regola la fattispecie in esame.
Giova, in proposito ricordare che, come ha affermato il Tribunale, e come sostanzialmente
condiviso dagli appellanti, ai fini dell’emanazione dei provvedimenti di ripartizione
dei proventi fra gli associati, deve farsi riferimento alla disciplina di cui
all’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999 sulla riforma degli enti pubblici nazionali,
ed in particolare a quella dell’art. 7 comma 7, alla stregua della quale “i
criteri di ripartizione sono annualmente predeterminati dalla SIAE e sottoposti
all’approvazione del Ministro Vigilante”.
Appare, altresì, esatta, l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata
e condivisa dagli appellanti, secondo cui nelle more dell’approvazione del nuovo
statuto, previsto dal d. lgs. n. 419 del 1999, dovesse farsi riferimento al
vecchio statuto, approvato con D.P.R. 19 maggio 1995 n. 223. Il complesso normativo
che regola la fattispecie – e cioè la predisposizione dei criteri di ripartizione
dei proventi e dell’ordinanza di ripartizione è quindi costituito dalla disciplina
primaria contenuta nell’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999 e dalle norme statutarie
contenute nel D.P.R. n. 223 del 1995. Queste ultime, in particolare, devono
essere interpretate alla luce dei principi desumibili dall’art. 7 del d. lgs.
n. 419 del 1999.
Ora, proprio la considerazione della disciplina primaria contenuta nel d. lgs.
n. 419 del 1999 esclude che la disciplina regolamentare, ed in particolare l’art.
10 del D.P.R. n. 223 del 1995, possa essere interpretato nel senso prospettato
dagli appellanti, e cioè nel senso che, alla determinazione del contenuto dell’ordinanza
di ripartizione debba provvedere esclusivamente la Commissione di Sezione, dovendo
il Presidente dell’Ente (o, come nella fattispecie, il Commissario Straordinario)
limitarsi a “promulgare” l’ordinanza interamente predeterminata nel contenuto
dalla Sezione.
Da una parte, infatti, la nuova disciplina primaria dispone – innovando rispetto
al passato – che i criteri di ripartizione siano annualmente predeterminati
dalla SIAE sottoposti all’approvazione del Ministro Vigilante.
Appare, pertanto, del tutto ragionevole che pur nell’assenza del nuovo statuto,
che la Commissione Musica partecipi, comunque al procedimento di formazione
dei criteri da sottoporre al Ministro; e che quindi la normativa statutaria,
formalmente riferita solo all’ordinanza da emanarsi da parte del Presidente
dell’Ente, sia nel nuovo quadro legislativo, interpretata come idonea a fondare
l’espressione della Commissione Musica anche nei riguardi dei criteri da inviare
al Ministro. L’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999, mentre non contiene alcuna
menzione dell’ordinanza da emanarsi da parte del presidente prevede espressamente
soltanto l’esistenza di “criteri di ripartizione” (e cioè di una disciplina
generale di ripartizione) da approvarsi da parte del Ministro.
E’ quanto, appunto, è assicurato nel caso in esame, nel quale - come si legge
nella sentenza impugnata – nella seduta del giorno 8 settembre 2000, la Commissione
della Sezione Musica ha preso in esame i criteri della nuova ordinanza di ripartizione,
ed in particolare il documento all’uopo affrontato da un apposito gruppo di
lavoro, per estrapolare i criteri generali da sottoporre all’approvazione del
Ministero vigilante.
La Commissione ha, così deliberato di inviare il documento elaborato dal gruppo
di lavoro, stralciandone i punti relativi ai fattori critici e limitandolo all’enunciazione
dei principi generali, con l’aggiunta della classe VI, prevista per le utilizzazioni
telematiche.
Con decreto del 2 marzo 2001 il Ministro per i Beni e le Attività culturali
ha approvato i criteri di ripartizione dei proventi per l’anno 2001, come approvati
dalla Commissione: in tal modo, si è realizzata, nell’assenza del nuovo statuto,
ed attraverso un’interpretazione del vecchio Statuto che tenesse conto del nuovo
quadro legislativo, una partecipazione della Commissione Musica al procedimento
di formazione dei (nuovi) criteri da approvarsi dal Ministro.
Allo stesso modo, una lettura dell’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 alla luce
della nuova disciplina contenuta nel d. lgs. n. 419 del 1999 esclude la fondatezza
della tesi prospettata dagli appellanti.
L’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 dispone al comma 3, che “la misura dei
compensi per l’utilizzazione delle opere tutelate dalla Società e i criteri
di ripartizione dei diritti relativi sono stabiliti con provvedimento del Presidente
su parere conforme della competente commissione di Sezione”.
Ora, già nell’ordinamento previgente al d. lgs. n. 419 del 1999, appare assai
problematica un’interpretazione, come quella degli appellanti, che fa dell’intervento
del Presidente dell’Ente una mera “promulgazione” di una deliberazione interamente
assunta dalla Commissione. L’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995, attribuisce
il potere di adottare tali criteri al Presidente, e qualifica espressamente
come “parere” l’intervento della Commissione la norma, pertanto, richiedendo
che il Presidente deliberi su “parere conforme” della Commissione, sembra evidenziare
che il Presidente non può discostarsi dall’avviso espresso dalla Commissione,
ma non sembra escludere che il Presidente possa introdurre nel proprio provvedimento
ulteriori specificazioni, purché coerenti con il parere della Commissione medesima.
L’interpretazione in questa sede prospettata dagli appellanti appare, comunque
non compatibile con il nuovo quadro legislativo introdotto dall’art. 7 del d.
lgs. n. 419 del 1999. Non solo, infatti, come ha sottolineato il Tribunale,
la fissazione annuale dei criteri di riparto dei proventi, prevista dal predetto
art. 7, non esclude che gli organi di gestione possano dettare disciplina integrative,
specificative ed attuative dei predetti criteri generali; ma è anche lo stesso
quadro generale introdotto dal d. lgs. n. 419 del 1999 ad evidenziare l’impossibilità
di una lettura della norma di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 tale
da escludere la possibilità del Presidente dell’Ente di introdurre nella propria
ordinanza disposizioni integrative ed attuative, purché conformi al tenore del
parere in precedenza espresso dalla Commissione.
Nel quadro del d. lgs. n. 419 del 1999 al Presidente dell’Ente (o al Consiglio
di Amministrazione) spettano infatti poteri di programmazione ed indirizzo (art.
13, comma 1, lett. a del d. lgs. n. 419 del 1999, richiamato dall’art. 7, comma
4): non può pertanto, ritenersi, che nella nuova cornice normativa, la disposizione
dello statuto del 1995 che dispone che l’ordinanza di ripartizione sia adottata
“su parere conforme” della Commissione, escluda comunque il potere del Presidente
di introdurre disposizioni integrative o attuative, purché conformi all’avviso
espresso dalla Commissione.
Legittima appare, pertanto, l’ordinanza impugnata, contenente una disciplina
integrativa ed attuativa di quella contenuta nei criteri di riparto, sui quali
si era già espressa la Commissione Musica.
Si deve, peraltro, rilevare che, anche a voler ritenere che, ai fini dell’emanazione
dell’ordinanza di ripartizione, il Commissario Straordinario avrebbe dovuto
acquisire il nuovo parere della Commissione Musica, non per questo sarebbe possibile
pervenire all’accoglimento della doglianza in esame.
Giova, in proposito, ricordare che con a seguito del D.P.R. 22 dicembre 2000,
il Commissario Straordinario della SIAE aveva, assunto anche le funzioni degli
organi sociali venuti a cessare nel corso del suo mandato (art. 1, comma 2).
E poiché – come non è contestato ma le parti nel corso del giudizio, all’epoca
del decreto ministeriale di approvazione dei criteri di riparto, la Commissione
Musica era già venuta a cessare, i relativi poteri erano esercitati dallo stesso
Commissario Straordinario -. Non può quindi, porsi alcun profilo sostanziale
di incompetenza del Commissario con riferimento alla Commissione Musica, dal
momento che i relativi poteri, all’atto dell’ordinanza impugnata, erano comunque
esercitati dal Commissario Straordinario, in virtù dal D.P.R. del 22 dicembre
2000, mai impugnato dagli odierni appellanti. Sotto questo profilo, priva di
rilevanza appare l’assunzione formulata dagli appellanti, secondo la quale essendo
le Commissioni rimaste in carica fino al dicembre 2000, al Commissario Straordinario
non sarebbe stato consentito di adottare per il 2000, alcuna ordinanza di ripartizione
con contenuto diverso da quello approvato dalle Commissioni di Sezione. Assume,
in proposito rilievo decisivo la circostanza che quelle approvate nella seduta
dalla Commissione dell’8 novembre 2000 sono i criteri per la nuova ordinanza
di ripartizione, che è stata quella adottata per l’anno 2001, sulla base del
decreto ministeriale che aveva approvato i criteri di riparto per l’anno 2001.
Poiché il parere della Commissione avrebbe dovuto essere espresso - secondo
la prospettiva degli appellanti – sull’ordinanza da adottarsi dal Commissario
dopo l’approvazione dei criteri da parte del Ministro, e cioè dopo il 2 marzo
2001, i poteri della Commissione Musica risultavano ormai già esercitati, in
virtù del D.P.R. del 22 dicembre 2000, dal Commissario Straordinario: con conseguente
infondatezza della doglianza prospettata.
19. Ugualmente priva di fondamento è il secondo
motivo di appello.
Assume, in proposito, rilievo determinante, la circostanza, sottolineata dal
primo giudice, che i criteri di ripartizione approvati dal Ministro riguardassero
il riparto dell’anno 2001, sicché la relativa ordinanza non poteva che essere
emanata con riferimento all’anno 2001. Gli appellanti, d’altra parte, non hanno
formulato alcune censura con riferimento alla circostanza che il decreto ministeriale
abbia posto i criteri per il 2001, sicché gli stessi non possono poi dolersi
del fatto che l’ordinanza del Commissario Straordinario abbia riguardato il
2001. Occorre, d’altra parte, osservare che non può, nella fattispecie – nella
quale ci si trova dinanzi ad un momento di transizione tra il vecchio ed il
nuovo ordinamento dell’Ente – essere considerato illegittimo il fatto che l’ordinanza
di ripartizione sia stata adottata nel 2001 sulla scorta di un parere espresso
il giorno 8 settembre 2000: tale parere riguardava, infatti, la “nuova” ordinanza
di ripartizione, e tale ordinanza è venuta nell’anno 2001, a seguito dell’approvazione,
nello stesso anno, dei criteri da parte del Ministro. E’, infine, appena il
caso di rilevare che ove dovesse accedersi alla tesi dei ricorrenti secondo
la quale per il riparto effettuato nel 2001 sarebbe stato necessario un nuovo
parere della Commissione Musica, la stessa non sarebbe, comunque, idonea a fondare
l’accoglimento del gravame: nel 2001 i poteri della Commissione erano comunque,
ormai esercitati, come si è visto, dal Commissario Straordinario. Esattamente,
poi, con riferimento all’art. 85, comma 2, del regolamento SIAE, il Tribunale
ha osservato che tale disposizione fissa una potestà cautelare in capo all’ente
per fronteggiare vicende eccezionali, che non è incompatibile e non è travolta
dalla regola dell’annualità di cui all’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999. Essendo
quello in questione un potere legato ad esigenze improvvise ed eccezionali,
il relativo esercizio non richiede il preventivo parere della Commissione; parere,
questo che, comunque, nella fattispecie avrebbe dovuto essere espresso dal medesimo
Commissario, svolgendo ormai il medesimo anche le funzioni della disciolta Commissione
musica.
20. Anche il terzo motivo di appello deve essere
respinto.
Ed infatti, l’assenza di disposizioni sui diritti connessi nell’ordinanza in
questione non può risolversi, tecnicamente, in un profilo di illegittimità dei
provvedimenti impugnati; ma può soltanto evidenziare la necessità che l’ente
provveda a dettare le necessarie disposizioni.
L’eventuale rifiuto ad omissione dell’ente potrà, d’altra parte, essere fatto
valere con le procedure appositamente previste dall’ordinamento.
21. Deve, infine, essere rigettata l’ultima
doglianza, con cui gli appellanti, ripropongono, nella presente sede, la censura
attinente alla questione del c.d. “doppio punteggio”.
In tal modo gli interessati lamentano il differente trattamento ai fini dell’attribuzione
dei proventi relativi a ciascun ballo o trattenimento con ballo tra le composizioni
musicali elencate nel programma consegnato alla SIAE dal titolare del permesso,
tra le opere edite e quelle inedite.
Ai sensi, infatti, dell’art. 3, lett. a, par. 1, dell’ordinanza, la ripartizione
si basa sul fatto che sono attribuiti due punti a ciascuna composizione elencata
se edita, ed un punto a quella inedita, intendendosi per edite le composizioni
il cui schema di riparto preveda la partecipazione di uno o più editori, il
cui repertorio sia amministrato dalla SIAE, e fermo restando che il valore di
ciascun punto è pari al quoziente fra l’ammontare degli incassi complessivi
ed il numero complessivo dei punti come sopra attribuiti.
In proposito il Collegio condivide quanto affermato dal Tribunale, e cioè che
il criterio in questione non appare manifestamente irrazionale, essendo un dato
di comune esperienza che, nella maggior parte dei casi, il successo di un opera
difficilmente può prescindere dalla sua edizione. Il maggior favore così accordato
alle opere edite non appare così irragionevole, discendendo dalla loro attitudine
alla diffusione ed al soddisfacimento dei gusti del pubblico, ed appare comunque,
idoneo a compensare i costi di edizione, e ad incentivare le edizioni delle
opere musicali.
In questa ottica, la difficoltà ed i problemi applicativi, segnalati dagli appellanti,
giustificano ulteriori approfondimenti e la predisposizione di modalità applicative
volte a minimizzarli, ma non sono idonee a fondare l’annullamento delle misure
impugnate.
Anche l’appello n. 6161/2002 R.G. deve pertanto essere respinto.
In conclusione, deve pertanto, darsi atto della rinuncia al ricorso in appello
n. 6029/2002 R.G.; devono, invece, essere respinti i ricorsi in appello n. 9308/20002
R.G. e n. 6162/2002 R.G..
La complessità della vicenda esaminata giustifica l’integrale compensazione
delle spese processuali.
P. Q. M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe,
così provvede:
1) dà atto della rinuncia al ricorso n. 6029/2002 R.G., proposto da Mazzon Tiziano
e Pavani Edizioni Musicali s.n.c.;
2) respinge il ricorso n. 9308/2002 R.G. proposto da Cesari Elio (Tony Renis)
e dagli ulteriori ricorrenti nel medesimo ricorso indicati;
3) respinge il ricorso n. 6162/2002 R.G., proposto da Recca Renato e dagli ulteriori
ricorrenti nel medesimo ricorso indicati;
4) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2003, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: Salvatore GIACCHETTI Presidente Alessandro PAJNO Consigliere Est. Giuseppe ROMEO Consigliere Lanfranco BALUCANI Consigliere Rosanna DE NICTOLIS Consigliere