Consiglio di Stato, Sez. VI, decisione 8 settembre 2003 n.
4910
Pres. Schinaia Est. Caringella
E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. (Avv.ti Guido Greco e Paolo Gonnelli)
contro Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (Avv. Stato), Ambiente s.p.a.,
A.P.E.R. – Associazione Produttori Energia Fonti Rinnovabili (Avv.ti , Mario
Bucello e Simona Viola). Conferma TAR Lombardia, Sez. II, n.2027/2002
1 - Commercio ed industria – tariffe elettriche – contributo per opere pregresse – richiesta da parte di ENEL – provvedimento sfavorevole dell’Autorita’ per l’energia ed in gas - legittimita’
2 - Commercio ed industria – tariffe elettriche – principio di remunerazione del capitale nei servizi di pubblica utilita’ – rapporto con il principio di tassativita’ delle tariffe – conseguenze - oneri per allacciamento richiesti dall’ENEL - legittimita’ esclusione.
1 - Non e’ fondata la pretesa dell’ENEL Distribuzione di ottenere dai produttori che intendessero allacciarsi alla rete di distribuzione dell’energia elettrica e fruire di una linea già esistente e non già procedere alla costruzione di una nuova linea dedicata, una quota dei costi in precedenza sostenuti dall’Enel per l’installazione della linea, nel tratto compreso tra il punto di allacciamento del cliente e la stazione di trasformazione più vicina (oltre ai costi delle opere necessarie all’allacciamento alla rete).
2 - Il principio della remunerazione del capitale nel campo dei servizi di pubblica utilità non necessita della remunerazione dei costi delle opere pregresse da parte del produttore che chiede l’allacciamento. Non si può infatti escludere che detta remunerazione sia comunque conseguita, in via indiretta, attraverso la percezione delle tariffe e dei contributi dovuti dall’utente per la fruizione del servizio; tariffe e contributi fissati all’esito dell’esercizio di una potestà autoritativa conferita dal legislatore al soggetto pubblico maggiormente idoneo a valutare l’assetto economico-finanziario. Il principio di tassatività dei contributi e delle tariffe di accesso alla rete esclude che la richiesta di copertura degli investimenti per la realizzazione della rete possa trovare soddisfazione con l’imposizione di un onere di allacciamento non previsto per le opere pregresse piuttosto che battendo la via maestra dell’esercizio del potere tariffario da parte dell’autorità competente. Infatti, in un sistema tariffario, il principio per cui gli utenti devono pagare anche gli investimenti infrastrutturali, logico corollario di una gestione economica ed efficiente alla quale è improntata la normativa comunitaria, trova la sua attuazione per il tramite dell’esercizio della potestà tariffaria. Il principio è rivolto esclusivamente all’autorità e non può essere tradotto in con concreto con l’esercizio del potere unilaterale del gestore della rete, id est mercè lo sfruttamento della sua posizione di forza data dalla disponibilità della rete necessaria per l’azione dei produttori sul mercato dell’energia elettrica. Rispetto agli utenti, per converso, non può che valere il principio più volte rammentato della tassatività del sistema tariffario. La pretesa alla copertura dei costi infrastrutturali, anche ove si dimostri che un costo di adeguamento della capacità della rete sia necessario per ogni singola richiesta di allacciamento, va quindi azionata nei confronti dell’autorità in relazione ai provvedimenti tariffari che in ipotesi non assicurino copertura per detta voce di costo, non con un’azione diretta nei confronti degli utenti.
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Nota di commento
L’orientamento del Consiglio di Stato e’ rilevante in quanto chiarisce, negando
la possibilita’ di esigere contributi di allacciamento, la necessita’ di reperire
altrove le coperture per gli investimenti. La decisione invita quindi di fatto
l’ENEL ad attingere in sede tariffaria, senza azioni dirette nei confronti degli
utenti, poiche’ e’ in sede tariffaria che va reperita la copertura dei costi
infrastrutturali.
Sulla competenza del TAR in tema di aspetti organizzativi gestionali del settore
elettrico (l. 14 novembre 1995 n. 481, art. 2, comma 25), si ricorda che la
controversia promossa dai componenti del Comitato di valutazione degli oneri
nucleari al fine di conseguire il compenso per l'attività svolta ed in particolare
per contestare il provvedimento di recupero delle somme già corrisposte, emanato
dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, a seguito di verifica di congruità
dei criteri di determinazione degli oneri connessi alla sospensione ed all'interruzione
dei lavori di costruzione di centrali nucleari, spetta alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo (Consiglio Stato, sez. VI, 27 giugno 2001, n. 3530,
Foro amm. 2001, f. 6). Piu’ in generale, si ritiene che la controversia avente
ad oggetto l'accertamento di un diritto leso da un atto dell'Autorità per l'energia
elettrica ed il gas rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
ai sensi dell'art. 2, comma 25, l. 14 novembre 1995 n. 481; inoltre, la norma
va intesa nel senso che oltre ai provvedimenti possono essere impugnati in generale
tutti gli atti di detta autorità, e che sono ammesse azioni anche di mero accertamento
(Consiglio Stato, sez. VI, 28 dicembre 2000, n. 7014, Autorità energia elettr.
e gas c. AIM Az. ind. municip. com. Vicenza e altro, Giust. civ. 2001, I,2815).
In tale linea, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
la controversia circa l'accertamento del diritto di acquistare energia elettrica
da privati produttori eccedentari, avverso il diniego opposto dall'autorità
per l'energia elettrica ed il gas, indipendentemente dalla natura provvedimentale
di detto diniego (Consiglio Stato, 7014/2000 cit.). (poli53)
FATTO
1. Con il ricorso di primo grado Enel Distribuzione s.p.a.,
deducendo di esercitare in regime di concessione, ai sensi dell’art.1 d.lgs.
16 marzo 1999 n.79, le attività di distribuzione dell’energia elettrica e di
vendita della stessa ai clienti vincolati, impugnava la deliberazione 5 luglio
2001 n.150/01 con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas le aveva ordinato
di “porre fine ai comportamenti lesivi” consistenti nel richiedere alle imprese
produttrici che intendessero allacciarsi alla rete elettrica il versamento dei
c.d. “oneri per le opere pregresse” e di “determinare gli oneri di allacciamento
degli impianti di produzione alla rete elettrica applicando il provvedimento
del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92”.
A sostegno del gravame la ricorrente deduceva, con il primo motivo, che l’Autorità
aveva adottato un provvedimento avente, nella sostanza, natura tariffaria senza
rispettare le relative disposizioni procedurali, per di più errando nel richiamare
gli artt.2, comma 12, lett. c, e 2, comma 20, lett. d, della l. n.481 del 1995
cit., norme recanti l’attribuzione all’Autorità di potestà diverse fra loro
con conseguente “non univocità” del provvedimento oggetto di impugnativa.
Enel Distribuzione denunciava, poi, l’arbitrarietà e l’erroneità della interpretazione
del quadro normativo sulla cui base era stata assunt0a la determinazione censurata
(II motivo).
A dire della ricorrente, l’Autorità aveva errato sia nel ritenere che la materia
degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica
fosse disciplinata dal provvedimento Cip n.6/92 e dall’art.10 della “convenzione-tipo”
prevista dall’art.22, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 9, per la “cessione”
dell’energia elettrica prodotta dagli impianti che utilizzano fonti di energia
considerate rinnovabili o assimilate, convenzione approvata con decreto del
Ministro dell’industria 25 settembre 1992, sia nel ritenere che da dette disposizioni
si potesse desumere l’esclusione della possibilità di ricomprendere negli oneri
di allacciamento da addebitare ai produttori intenzionati a collegarsi alla
rete elettrica i costi delle “opere pregresse”, ossia delle “opere già anticipate
dall’impresa produttrice”, rimanendo invece “a carico del soggetto produttore
l’intera spesa necessaria per le sole nuove opere da realizzare”.
Doveva invece reputarsi operante, a dire della ricorrente, il principio della
normale onerosità della prestazione, affermato sia dal legislatore (ad es. nell’art.12,
comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n.498) sia dalla giurisprudenza, in quanto
principio idoneo a regolare anche il caso degli oneri per “opere pregresse”,
consistenti, in altre parole, in costi effettivamente sopportati dalla concessionaria
e non altrimenti compensati.
Enel Distribuzione, richiamato al riguardo il provvedimento del C.I.P. 14 dicembre
1993, n.15, recante al titolo IV, n. 7, l’espressa indicazione del computo delle
opere pregresse negli oneri di allacciamento per le “utenze finali”, ne sosteneva,
per quanto interessante gli utenti finali, l’applicabilità diretta - o quanto
meno in via analogica - al caso concreto. Segnalava inoltre che tale provvedimento
era già stato ritenuto applicabile dalla stessa Autorità, con nota del 19.10.1999,
prot. AP/M99/1097, indirizzata all’Associazione Produttori Energia da fonti
rinnovabili, anche ai nuovi allacciamenti dei produttori, per il che la ricorrente
denunciava anche la contraddittorietà del provvedimento impugnato in relazione
al precedente orientamento dell’amministrazione. A suffragio di tale ricostruzione
Enel Distribuzione evidenziava come il dettato dell’art.2, comma 25, del d.lgs.
n.79/99 cit., avesse ricompreso nella definizione di “utente della rete” anche
i soggetti produttori di elettricità.
Nell’ambito del secondo motivo di gravame la ricorrente si doleva, ancora, della
disparità di trattamento introdotta dalla determinazione sottoposta al vaglio
giurisdizionale, non potendosi ammettere, per un verso, che l’utilizzo di impianti
esistenti, in luogo della costruzione di nuovi impianti, venisse posto a carico
dei terzi in modo disomogeneo, essendo la medesima prestazione fornita a titolo
oneroso agli utenti-consumatori e a titolo gratuito agli utenti-produttori,
e, per altro verso, che i produttori venissero discriminati in relazione alla
tempistica dell’allacciamento.
Con l’ultimo mezzo di impugnativa la ricorrente censurava la deliberazione n.150/01
denunziando l’omessa considerazione dello scenario normativo e dei conseguenti
assetti istituzionali e contrattuali derivanti dall’entrata in vigore (1° aprile
1999) del d.lgs. n.79/99 cit.: a partire dal 1° ottobre 1999 le reti di distribuzione
di energia elettrica, divenute di proprietà della ricorrente, ricevevano energia
elettrica non più a titolo di “cessione” sebbene a titolo di “vettoriamento”
(essendo stata acquirente dell’energia dapprima Enel s.p.a. per il periodo 1.10.99-31.12.2000
ed essendolo poi divenuto il Gestore della rete di trasmissione nazionale a
partire dall’1.1.2001), dovendosi pertanto applicare, quanto ai contributi relativi
agli allacciamenti richiesti dopo l’1.10.99, la disciplina del titolo VIII,
par. c), n.3, del provv. Cip n. 6/92 e dell’art.7 della convenzione-tipo di
“vettoriamento” approvata con il citato d.m. 25.9.1992.
Con successivo atto notificato alle parti già intimate, Enel Distribuzione,
presa cognizione della documentazione depositata dalla difesa erariale il 22
gennaio 2002 in vista della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza
cautelare, formulava motivi aggiunti con cui si doleva, in particolare: della
carenza di istruttoria inficiante la deliberazione n. 150/01, non validamente
supportata da una pretesa e inattendibile “relazione tecnica” depositata in
giudizio dalla parte pubblica (I motivo aggiunto); della erroneità dell’assunto
dell’Autorità circa la non applicabilità al caso concreto del provv. Cip n.15/93
alla luce delle qualificazioni (linee di alta, media o bassa tensione) date
da diversi provvedimenti, e ciascuno in relazione alle proprie finalità, delle
linee elettriche gestite da Enel Distribuzione (II motivo aggiunto); della erroneità
dell’assunto dell’Autorità sulla possibilità che la ricorrente acquistasse energia
da produttori autonomi (III motivo aggiunto); del fatto che l’Autorità non avesse
preso in considerazione le specifiche caratteristiche tecniche degli allacciamenti
richiesti dai produttori autonomi, per la quasi totalità bidirezionali, e per
i quali i produttori non pagherebbero alcun contributo di allacciamento come
utenti (IV motivo aggiunto); della erroneità dell’assunto dell’Autorità circa
il fatto che gli oneri per opere pregresse riguarderebbero tronchi di rete originariamente
costruiti per l’allacciamento di altri produttori e da questi ultimi interamente
pagati, atteso che, a dire dell’istante, nessuno aveva pagato per intero le
linee di distribuzione in argomento, costruite per diverse finalità e remunerate
con quota parte del costo proporzionale al rapporto tra capacità della linea
e potenza della centrale di produzione (V motivo aggiunto).
Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno respinto il ricorso.
Enel Distribuzione appella contestando gli argomenti posti a fondamento del
decisum.
Resistono l’Autorità e l’A.P.E.R., Associazione produttori energia da fonti
rinnovabili.
Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’ulteriore illustrazione delle
tesi difensive.
All’udienza dell’8 aprile 2003 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con la deliberazione n.150/01 del 5 luglio 2001, oggetto
del presente gravame, l’Autorità per l’energia e il gas, reputando infondata,
alla luce del sistema normativo e tariffario vigente nel settore elettrico,
la pretesa di Enel Distribuzione di ottenere dai produttori che intendessero
allacciarsi alla rete di distribuzione dell’energia elettrica la corresponsione,
a titolo di contributi di allacciamento, dei c.d. oneri per le “opere pregresse”,
consistenti in una quota del costo di un tratto della rete preesistente, ha
inibito a essa Enel Distribuzione di continuare a chiedere il versamento di
detti oneri.
Come riconosciuto pacificamente dalle parti costituite, l’Enel e, in seguito,
alle trasformazioni dell’ente, Enel s.p.a. e, infine, Enel Distribuzione s.p.a.,
odierna ricorrente, hanno costantemente ritenuto che per accedere alla rete
elettrica di distribuzione le aziende produttrici di elettricità, ove intendessero
fruire di una linea già esistente e non già procedere alla costruzione di una
nuova linea dedicata, dovessero sopportare, oltre ai costi delle opere necessarie
all’allacciamento alla rete, anche una quota dei costi in precedenza sostenuti
dall’Enel per l’installazione della linea, nel tratto compreso tra il punto
di allacciamento del cliente e la stazione di trasformazione più vicina (cfr.
lettera di chiarimenti di Enel Distribuzione all’Autorità del 25 giugno 2001).
A seguito di alcune segnalazioni di soggetti produttori di energia elettrica
e di associazioni rappresentative degli stessi, l’Autorità, espletata l’istruttoria
di cui alle premesse del provvedimento impugnato, ha ritenuto che tale contegno
violasse la disciplina degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione
alla rete elettrica ed ha pertanto assunto la determinazione all’odierno esame,
di cui la ricorrente ha chiesto l’annullamento denunciandone l’illegittimità
sotto vari profili.
2. Con il primo motivo di appello Enel Distribuzione torna a
dolersi della violazione del principio di tassatività delle potestà autoritative
della pubblica amministrazione, stante la pretesa “non univocità” delle norme
richiamate nel provvedimento impugnato in relazione alla concreta determinazione
assunta, avente, a dire della ricorrente stessa, natura sostanzialmente tariffaria.
Sostiene al riguardo che la delibera 150/2001 risulta adottata testualmente
in forza dei poteri demandati all’Autorità in forza dell’art. 2, comma 12, lettera
c), e dell’art.2, comma 20, lettera d), della legge 14 novembre 1995, n.481.
Ebbene, proprio l’eterogeneità sostanziale dei poteri contemplati dalla fonti
giuridiche poste a sostegno della determinazione inficerebbe quest’ultima sotto
il profilo dell’equivocità del potere esercitato.
Ancora più radicalmente, poi, la circostanza che il provvedimento gravato abbia
inciso su una materia in relazione alla quale, nel documento di consultazione
del 10 marzo 1998, era stato preannunziato un intervento di stampo tariffario,
metterebbe plasticamente in risalto la caratterizzazione sostanzialmente tariffaria
della statuizione gravata e, con essa, l’illegittimità della procedura in ragione
del mancato rispetto delle regole all’uopo stabilite.
Nel contestare le argomentazioni sviluppate dal primo Giudice, parte appellante
sostiene inoltre che nella specie non sarebbe ravvisabile il presupposto fondamentale
per l’emanazione di un provvedimento rientrante nella potestà di vigilanza dell’Autorità,
dato dalla lesione dei principi di concorrenza e di trasparenza.
Conclude, infine, che la cessazione dei comportamenti lesivi dei diritti degli
utenti può essere ordinata solo ove venga in rilievo l’incisione, nella specie
non inveratasi, di diritti, normativamente sanciti, degli utenti medesimi, e
non in presenza di una semplice interpretazione innovativa da parte dell’Autorità.
2.1. Il mezzo è infondato sotto tutte le angolazioni esplorate
dall’appellante. Giova ricordare che, ai sensi dell’art.2, comma 12, lettera
c, della citata legge n.481/1995, l’Autorità “controlla che le condizioni e
le modalità di accesso per i soggetti esercenti i servizi, comunque stabilite,
siano attuate nel rispetto dei principi della concorrenza e della trasparenza,
anche in riferimento alle singole voci di costo, anche al fine di prevedere
l’obbligo di prestare il servizio in condizioni di eguaglianza, in modo che
tutte le ragionevoli esigenze degli utenti siano soddisfatte”.
Per il comma 20, lettera d, del medesimo art.2, l’Autorità “ordina al soggetto
esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli
utenti”.
La lettura sinergica delle disposizioni riportate dimostra come con la prima
di esse il legislatore abbia individuato le finalità dell’azione di controllo
dell’Autorità mentre con l’altra abbia conferito a questa uno strumento per
il concreto perseguimento delle stesse. Non si tratta, allora, di disposizioni
che prevedano due diversi tipi di potestà amministrativa ma di prescrizioni
che, dettando l’una gli scopi e l’altra lo strumento idoneo a perseguirli, si
coordinano necessariamente in un quadro sostanzialmente unitario
Non è poi dubitabile la correttezza dell’assunto sostenuto dai primi giudici
secondo cui l’Autorità, piuttosto che esercitare la potestà tariffaria di cui
pure è astrattamente attributaria, ha adottato nel caso concreto un provvedimento
rientrante nelle funzioni di vigilanza sul settore elettrico, imponendo ad un
operatore di tale settore la cessazione di un comportamento contrastante con
la normativa di riferimento siccome da essa Autorità interpretata.
Non persuade, poi, la tesi sostenuta dalla parte ricorrente secondo cui l’uniforme
applicazione dei medesimi criteri ermeneutici da parte dell’ENEL Distribuzione
escluderebbe in radice la lesione dei principi di concorrenza e di trasparenza,
così come ancor meno convince la traiettoria difensiva tesa ad escludere l’incisione
di diritti normativamente sanciti in capo agli utenti.
Sotto il primo profilo, è sufficiente replicare che la disponibilità della rete
elettrica da parte dell’ex monopolista costituisce un’essential facility tale
da determinare una posizione di dipendenza in testa a tutti gli operatori interessati
ad accedere ad un’infrastruttura essenziale che si estende per tutti il territorio
nazionale. Ne deriva che il subordinare l’accesso alla propria rete elettrica
all’accettazione integrale ed incondizionata di preventivi di allacciamento
particolarmente onerosi, e comunque irrispettosi dei vincoli derivanti da quadro
normativo, integra condotta capace di ostacolare il processo di liberalizzazione
dell’attività di generazione dell’energia elettrica e di frenare lo sviluppo
di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La circostanza che
detta condotta abusiva sia stata perpetrata in modo uniforme non costituisce
certo causa esimente ma, per certi versi all’opposto, dimostra la diffusione
della condotta oggetto dell’intervento repressivo.
Ancora, si deve ribadire che l’intervento del Garante non si pone in funzione
costitutiva dei diritti degli utenti ma muove dall’interpretazione dei vincoli
posti dalla normativa vigente e, quindi, dei dritti che questa riconosce agli
utenti circa la determinazione di costi di allacciamento non eccedenti determinati
tetti. Ne deriva che la statuizione amministrativa gravata in prime cure non
esorbita dall’alveo, normativamente tracciato, della repressione di condotte
violative di diritti sanciti in favore degli utenti. E’ quasi superfluo soggiungere
che la pregressa omissione di un intervento proibitivo del Garante non costituisce,
vista la funzione assolta nella specie, avallo della correttezza dell’operato
dell’Enel né tanto meno preclusione di una successiva diversa opzione interpretativa,
con i corollari che ne conseguono in chiave repressiva.
La Sezione deve poi convenire con il Primo giudice che non è ravvisabile la
denunciata contraddittorietà del provvedimento impugnato con la nota del 19.10.1999,
se solo si considera, per un verso, che detta ultima nota non fa parte del procedimento
che ha portato all’adozione del provvedimento impugnato; e, sotto altro assorbente
profilo, che essa non costituisce manifestazione di un orientamento dell’organo
collegiale dell’Autorità, come tale idoneo a imporre un più penetrante onere
motivazionale in caso di revirement.
Del pari non sussiste disparità di trattamento denunciata in primo grado. Acclarato,
sulla base delle coordinate ermeneutiche che verranno in seguito sviluppate,
che l’interpretazione, offerta dall’amministrazione resistente, delle disposizioni
sopra riportate è giustificata sia sul piano testuale che su quello sistematico,
si deve convenire che la doglianza si traduce, in buona sostanza, in una critica
alla disciplina contenuta nel provvedimento Cip n.6/92, critica che, in quanto
tale, esula dall’oggetto del giudizio.
3. Con il secondo ed il terzo motivo di appello, Enel Distribuzione
torna a contestare funditus il presupposto giuridico della deliberazione impugnata.
Sul punto si deve rimarcare che mentre l’amministrazione resistente ha indicato
quale normativa di riferimento per la determinazione degli oneri di allacciamento
alla rete elettrica di tutti gli impianti di produzione di elettricità il provvedimento
Cip n.6/92 e l’art.10 della “convenzione-tipo” prevista dall’art. 22, comma
4, della legge 9 gennaio 1991, n.9, per la cessione dell’energia elettrica prodotta
dagli impianti che utilizzano fonti di energia considerate rinnovabili o assimilate,
convenzione approvata con decreto ministeriale del 25 settembre 1992, l’appellante
sostiene invece che ai rapporti con le imprese produttrici di elettricità andasse
applicato il disposto del Cip n.15/93, essendo invece rimaste silenti sul punto
le disposizioni poste dall’Autorità a sostegno dell’inibitoria.
Per essere precisi sul quadro offerto dalle due parti, si deve ricordare che
secondo le norme del provv. Cip n. 6/92, e in particolare in base al titolo
VII, lett. A (che, nell’ambito delle disposizioni per la “cessione” parla di
“oneri per i nuovi collegamenti alla rete pubblica”), al titolo VIII, lettera
C, punto 3, al titolo IX, lettera C, ed al titolo X, lettera A, punto 3 (che
nell’ambito delle disposizioni rispettivamente per il “vettoriamento”, per lo
“scambio” e per la “produzione per conto” si riferiscono agli “oneri di collegamento
alla rete pubblica”), gli oneri di allacciamento da addebitare ai produttori
intenzionati a collegarsi alla rete elettrica sarebbero soltanto quelli per
le nuove opere da eseguirsi; per sua parte, l’art.10 della convenzione-tipo
di “cessione” contempla espressamente gli oneri relativi alla opere “da realizzarsi”.
Di contro, il provvedimento Cip n. 15/93, innestandosi sul corpus costituito
dal provvedimento Cip 30 luglio 1986 n.42, recante norme in materia di contributi
di allacciamento alle reti di distribuzione dell’energia elettrica, ha previsto,
al Capitolo IV, punto 7, per quel che qui rileva, che “nei casi di allacciamenti
in alta tensione il contributo è fissato nella misura del 50% della spesa relativa”
(1° comma), spesa che comprende (2° comma) “tutte le opere necessarie all’allacciamento,
anche quelle già anticipate dall’impresa fornitrice”, cioè a dire le c.d. “opere
pregresse”.
In particolare parte ricorrente, nel contestare il ragionamento svolto dall’Autorità
e poi dai primi giudici, reputa che:
a) nella specie sarebbe applicabile il principio della remunerazione delle opere
pregresse di cui al provvedimento CIP 15/1993;
b) anche a volere concludere nel senso della non applicabilità letterale di
detta ultima normativa, verrebbe comunque in rilievo, stante il vuoto di una
specifica normazione al riguardo e considerata l’inconferenza delle fonti richiamate
dal provvedimento amministrativo impugnato in primo grado e dalla sentenza appellata,
il principio generale della normale onerosità delle prestazioni, tale da implicare
l’ascrizione in capo all’utenza di tutti i costi giustificati del pubblico servizio
(art.117 decreto legislativo n.267/2000) al fine di garantire un equo profitto
al gestore. Donde il precipitato della legittimità della traslazione dei costi
relativi alle opere pregresse alle imprese produttrici che chiedano l’allacciamento
alla rete.
Enel Distribuzione evidenzia inoltre che il provvedimento gravato non avrebbe
tenuto conto dell’evoluzione del quadro normativo, dal momento che a partire
dal 1° ottobre 1999 essa ricorrente, divenuta titolare della rete di distribuzione,
svolgerebbe soltanto il servizio pubblico di distribuzione dell’elettricità,
essendo divenuto un diverso soggetto acquirente della stessa. Ne deriva che
gli allacciamenti richiesti ad Enel Distribuzione da produttori di energia elettrica
successivamente alla data dell’1.10.99 dovrebbero essere qualificati come destinati
al “vettoriamento”, piuttosto che alla “cessione”, con conseguente applicabilità
semmai del Titolo VIII, lettera C, punto 3, del provv. Cip n.6/92 e dell’art.7
della convenzione-tipo per i contratti di “vettoriamento”.
3.1. Anche detti motivi di appello non meritano accoglimento.
Ai fini della ricostruzione del quadro normativo si deve rimarcare che le fattispecie
di allacciamento alla rete di Enel Distribuzione delle imprese produttrici di
elettricità - ossia, in altri termini, i rapporti tra imprese produttrici e
impresa distributrice - sono regolate dalle disposizioni del provvedimento Cip
n. 6/92.
Segnatamente, la lettera A del titolo VII provv. Cip n.6/92, espressamente dedicata
alla disciplina degli “oneri di allacciamento”, stabilisce che il contributo
consiste soltanto negli “oneri per i nuovi collegamenti”, escludendo ogni riferimento
ad “opere già anticipate dall’impresa fornitrice”.
Questa dizione compare soltanto nel provvedimento Cip n.15/93, che è, all’evidenza,
diretto a regolare una diversa categoria di rapporti, e cioè quelli tra impresa
fornitrice (in origine l’Enel) e i soggetti consumatori di energia per uso proprio
(poi definiti “clienti finali” dal d.lgs. n.79/99); e non è pertanto suscettibile
di estensione analogica ad una fattispecie che incontra una specifica regolazione
basata su di una diversa impostazione.
Il chiaro dettato della disposizione del provv. Cip n.6/92 induce perciò il
Collegio a condividere l’opinione seguita dal Primo Giudice, a conferma dell’interpretazione
offerta dall’Autorità con la deliberazione n.150/01, secondo cui l’eventuale
intendimento normativo di estendere il contributo alle c.d. “opere pregresse”
avrebbe necessitato di una precisazione nella specie mancata.
L’opzione ermeneutica ora esposta è suffragata dall’art.10 (consegna di energia
dal produttore all’Enel) della convenzione-tipo di “cessione” approvata con
il d.m. 25.9.1992, che rinvia al provvedimento Cip n. 6/92 per la determinazione
degli oneri relativi alle opere “da realizzarsi”.
Si deve peraltro osservare, al fine di depotenziare le censure svolte da Enel
Distribuzione al riguardo, che la convenzione-tipo è stata richiamata dall’Autorità
soltanto per rafforzare l’interpretazione del provv. Cip n. 6/92, unico atto
di esercizio del potere tariffario attribuito dagli artt.20 e 22 della l. n.
9 del 1991 al Comitato interministeriale prezzi e non al Ministero dell’industria.
3.2. Non appare neanche convincente la tesi (terzo motivo di
primo grado e secondo in appello) secondo la quale il provvedimento gravato
non avrebbe tenuto conto dell’evoluzione del quadro normativo, dal momento che
a partire dal 1° ottobre 1999 la società ricorrente, divenuta titolare della
rete di distribuzione, svolgerebbe soltanto il servizio pubblico di distribuzione
dell’elettricità, essendo divenuto un diverso soggetto acquirente della stessa.
Di qui, sempre a dire dell’appellante, il precipitato in forza del quale gli
allacciamenti richiesti ad Enel Distribuzione da produttori di energia elettrica
successivamente alla data dell’1.10.99 dovrebbero essere qualificati come destinati
al “vettoriamento”, piuttosto che alla “cessione”, con conseguente applicabilità
semmai del Titolo VIII, lettera C, punto 3, del provv. Cip n. 6/92 e dell’art.
7 della convenzione-tipo per i contratti di “vettoriamento”.
Il Collegio, facendo proprio il ragionamento svolto dai primi Giudici, osserva
che, anche a voler accedere a questa ipotesi, prescindendo cioè dalla distinzione
che l’amministrazione resistente ha operato con riguardo ai rapporti di Enel
Distribuzione con le diverse aziende produttrici (secondo l’Autorità la società
ricorrente continuerebbe e rivestire la posizione di acquirente di energia in
relazione alle aziende che non producano o non abbiano intenzione di produrre
energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili), assume decisivo rilievo
la circostanza che nella deliberazione impugnata si richiama espressamente anche
il titolo VIII, lettera C, punto 3, del provvedimento Cip n. 6/92. Detta normativa,
nell’ambito delle disposizioni per il “vettoriamento”, stabilisce che il contributo
di allacciamento consiste negli “oneri di collegamento alla rete pubblica”,
senza fare alcun riferimento alle “opere già anticipate dall’impresa fornitrice”,
e cioè alle c.d. “opere pregresse” (l’art.7 della convenzione-tipo di “vettoriamento”
rinvia, per la determinazione degli “oneri dei collegamenti”, alla disciplina
del predetto titolo VIII, sicché si tratta di disposizione che non incide sulla
tesi testé esposta).
Sintomatica appare la circostanza che la norma nel testo parli di oneri di collegamento
e non di oneri di allacciamento, laddove, in modo univoco il concetto di collegamento
evoca le sole opere che colmano la distanza tra l’impianto produttivo e la rete
preesistente.
Irrilevante appare a questo punto la circostanza che i titoli successivi al
VII non rievocano l’aggettivo “nuovi”. Detta circostanza, traguardata in forza
del concetto di collegamento e rapportata alla previsione solo aliunde recata
circa la copertura degli oneri per le opere pregresse, non appare indicativa
della comprensione di opere anche non nuove ma si appalesa quale semplice espressione
abbreviata dell’onere da determinare secondo i criteri specificati nel titolo
VII ed in questo caso però addossato in toto in capo all’utente.
Non è chi non veda, poi, come un’opera di collegamento, vista la funzione assolta,
non può che essere ex se nuova, in quanto diretta ad un collegamento con la
rete preesistente; donde l’ontologica esclusione di opere preesistenti, presupposte
ma non coincidenti con quelle dirette ad assicurare il collegamento.
Ne consegue che, anche se gli allacciamenti richiesti dovessero essere qualificati
come destinati al vettoriamento, gli oneri addebitabili ai produttori intenzionati
a collegarsi alla rete elettrica sarebbero soltanto quelli per le nuove opere
da eseguire e non anche quelli per le opere pregresse.
3.3. L’assunto dell’inapplicabilità di una voce di costo non
richiamata nella normativa specifica (provv. CIP n.6/1992) e dell’inestensibilità
analogica delle prescrizioni dettate con riferimento ad altro settore (provvedimento
CIP n.15/1993), è coerente con la considerazione di fondo per cui in un sistema
di tariffe e contribuzioni puntualmente regolamentato dall’autorità pubblica
la richiesta del rimborso di un costo nella specie relativo ad un’opera pregressa,
necessita di una base normativa e non può essere imperniato sull’estensione
analogica di una disposizione relativa a fattispecie diversa né, tanto meno,
sull’autoregolazione o autotutela da parte del gestore sottoposto a regolazione
tariffaria. La pur comprensibile aspirazione del gestore ad una congrua remunerazione
del capitale, se azionata in un settore caratterizzato dalla regola tariffaria,
non può in altri termini giustificare la trasformazione del gestore da regolato
e regolatore e, quindi, condurre alla negazione radicale della regolazione terza
in sede tariffaria.
Si deve soggiungere che il pur non dubitabile principio della remunerazione
del capitale nel campo dei servizi di pubblica utilità non necessita della remunerazione
dei costi delle opere pregresse da parte del produttore che chiede l’allacciamento,
sulla base di un’interpretazione analogica volta a far assurgere a principio
generale la regola dettata dalla citata delibera del 1993. Non si può infatti
escludere che detta remunerazione sia comunque conseguita, in via indiretta,
attraverso la percezione delle tariffe e dei contributi dovuti dall’utente per
la fruizione del servizio; tariffe e contributi fissati all’esito dell’esercizio
di una potestà autoritativa conferita dal legislatore al soggetto pubblico maggiormente
idoneo a valutare l’assetto economico-finanziario.
L’applicazione di dette coordinate ermeneutiche al caso di specie comporta il
riconoscimento della tassatività dei contributi e delle tariffe di accesso alla
rete ed esclude in radice che la richiesta di copertura degli investimenti per
la realizzazione della rete possa trovare soddisfazione con l’imposizione di
un onere di allacciamento non previsto per le opere pregresse piuttosto che
battendo la via maestra dell’esercizio del potere tariffario da parte dell’autorità
competente.
Si deve cioè convenire che, in un sistema tariffario, il principio per cui gli
utenti devono pagare anche gli investimenti infrastrutturali, logico corollario
di una gestione economica ed efficiente alla quale è improntata la normativa
comunitaria, trova la sua attuazione per il tramite dell’esercizio della potestà
tariffaria; più semplicemente, il principio è rivolto esclusivamente all’autorità
e non può essere tradotto in con concreto con l’esercizio del potere unilaterale
del gestore della rete, id est mercè lo sfruttamento della sua posizione di
forza data dalla disponibilità della rete necessaria per l’azione dei produttori
sul mercato dell’energia elettrica. Rispetto agli utenti, per converso, non
può che valere il principio più volte rammentato della tassatività del sistema
tariffario.
La pretesa alla copertura dei costi infrastrutturali, anche ove si dimostri
che un costo di adeguamento della capacità della rete sia necessario per ogni
singola richiesta di allacciamento, va quindi azionata nei confronti dell’autorità
in relazione ai provvedimenti tariffari che in ipotesi non assicurino copertura
per detta voce di costo; non certo con un’azione diretta nei confronti degli
utenti.
Il dato è stato in ogni tenuto in conto dall’Autorità, che nelle considerazioni
del provvedimento in esame, è arrivata ad asserire (con proposizioni non censurate
dalla ricorrente) che “lo sviluppo ed il potenziamento delle reti elettriche
di trasmissione e distribuzione è assicurato dal sistema vigente di prezzi,
tariffe e contributi relativi all’uso e all’accesso alle reti elettriche” (3°
alinea), affermando, subito dopo, che “i proventi derivanti dalla corresponsione
degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica
non dispiegano una significativa incidenza sul finanziamento delle predette
attività di sviluppo e potenziamento” (4° alinea).
Il Collegio di prime cure ha poi correttamente rilevato che Enel Distribuzione
non si è peritata di esternare, nella risposta alla richiesta di informazioni
avanzata dall’Autorità (ma nemmeno in sede giudiziale), le specifiche modalità
di determinazione delle somme chieste a titolo di oneri pregressi alle singole
aziende produttrici di elettricità onde dimostrare la correlazione delle stesse
con gli effettivi costi sostenuti per l’installazione e il mantenimento della
singola linea cui il produttore chiede di allacciarsi.
3.5. Deve perciò concludersi che le norme surriferite del provv. Cip n.6/92, prevedendo soltanto che Enel Distribuzione abbia diritto ad ottenere gli oneri di allacciamento per le nuove opere da realizzarsi, escludano, per converso, la possibilità di ottenere, a titolo di contributi di allacciamento, gli oneri per le opere pregresse.
4. Con l’ultimo motivo di appello la parte ricorrente ripropone
il secondo, il terzo motivo ed il quinto aggiunto svolti in prime cure e non
esaminati dal Primo giudice perché ripetitivi dei motivi portati a corredo del
ricorso originario.
La Sezione osserva invece che le argomentazioni svolte con detto motivo non
contengono un quid novi sostanziale rispetto ai motivi prima analizzati ma si
limitano ad un arricchimento delle argomentazioni innanzi sviluppate.
Segnatamente, alla luce dei rilievi prima svolti circa il differente ambito
di operatività dei provvedimenti Cip nn.6/92 e 15/93, non appare conferente
il dato, sottolineato con il secondo motivo aggiunto di primo grado, delle tipologie
di linee (ad alta, media o bassa tensione) relative ai servizi in esame. Il
dato discretivo è, infatti, rappresentato dalla circostanza che i provvedimenti
CIP 6/1992 e 15/1993 concernono rapporti con utenze diverse, mentre non assume
decisivo rilievo il tipo di linee all’uopo utilizzate.
Del pari, dalle argomentazioni prima tracciate circa il quadro normativo si
deve escludere l’esattezza del rilievo svolto con il terzo motivo aggiunto di
prime cure secondo la quale l’Autorità avrebbe assunto a fondamento della delibera
150/2001 “anche il convincimento che Enel Distribuzione possa rendersi cessionaria
dell’energia prodotta da produttori autonomi e disciplinata dal provvedimento
CIP 6/1992 e addirittura rivenderla a clienti idonei”.
Non merita positiva valutazione neanche il quinto motivo aggiunto di primo grado
teso a denunciare il deficit istruttorio e motivazionale che affliggerebbe il
provvedimento impugnato, essendo decisivo al fine di superare detti rimproveri
il dato, fin qui evidenziato alla luce delle fonti di diritto oggettivo, della
impossibilità per la ricorrente di addebitare ai produttori che richiedano l’allacciamento
gli oneri relativi alle opere pregresse.
5. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello.
Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,
respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Spese compensate.