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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, sentenza 8 settembre 2003 n. 5024
Pres. Frascione, rel. Fera
Bruno Conti (Avv. Gian Luigi Falchi)
c. Comune di Cagliari (Avv.ti Federico Melis e Genziana Farci) e nei confronti Comitato circoscrizionale di controllo sugli atti degli enti locali e della Regione Sardegna n.c..

1 - Pubblico impiego – rapporto a tempo determinato – conversione in rapporto a tempo indeterminato ex lege 230/1962 – divieto di legge (art. 5 del decreto legge 702/ 1978 convertito in L. 299/1980) – conseguenze – dichiarazione di nullità del rapporto ed applicazione dell’articolo 2126 del codice civile per il solo diritto alla retribuzione.

1 - Negli enti locali, la disciplina in tema di conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro originariamente instaurati a tempo determinato (art. 2 della L.230/1962, non puo’ trovare applicazione, perche’l’articolo 5 del decreto legge 702 del 1978 (convertito in L. 299/1980) delinea un sistema che fa perno sul principio costituzionale (art. 97 Cost.) sulle assunzioni di nuovo personale solo per pubblico concorso o per prova pubblica selettiva. Il sistema, è rafforzato da un'ulteriore disposizione in base alla quale i provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli di diritto e danno luogo a responsabilità degli amministratori ed anche dei segretari e dei ragionieri che abbiano firmato mandati di pagamento non coperti da atti validi: in conseguenza, il sistema non necessita di essere integrato con l'apporto di istituti esterni e non consente deroghe al principio di fondo secondo il quale lo status pubblico dipendente si acquista e si modifica solo sulla base di procedimenti amministrativi conformi alle leggi che disciplinano specificamente la materia. (Nel caso di specie, il ricorrente vantava un’attivita’ di addetto all’ufficio strampa presso un comune e il giudice di primo grado, con la sentenza confermata, dopo aver accertato l'esistenza di indici rivelatori dell’esistenza di un rapporto di pubblico impiego a termine, ha tuttavia dichiarato la nullità del rapporto,ex art. 5 D.L. 702/1978, conv. in L. 299/ 1980,limitandosi ad applicare l'articolo 2126 del codice civile, che circoscrive gli effetti delle prestazioni lavorative di fatto effettuate al solo diritto alla retribuzione).

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Nota di commento
Sull’inapplicabilita’ al pubblico impiego del principio enucleabile dall'art. 2, l. 18 aprile 1962 n. 230 in tema di conversione automatica del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, T.A.R. Lazio, sez. III, 27 novembre 2002, n. 10742. In conseguenza, l'obbligo di trasformazione del rapporto di lavoro, sancito in presenza di specifiche condizioni dall'art. 2, l. 18 aprile 1962 n. 230 ed applicabile in via generale al rapporto di impiego privato, può essere applicato al pubblico impiego solo se la p.a. ne venga legittimata da apposita fonte normativa che ne recepisca il principio nell'ambito e nei limiti connessi all'esercizio della potestà organizzatoria della p.a. (T.A.R. Toscana, sez. III, 10 ottobre 2002, n. 2411).
Nemmeno ai rapporti di lavoro presso pubbliche amministrazioni, anche ad ordinamento autonomo, instaurati a termine, ai sensi della l. 29 dicembre 1988 n. 554, art. 7, prorogati ai sensi della l. 26 novembre 1992 n. 460 (recante conversione in d.l. 20 marzo 1992 n. 237), è applicabile la disciplina della l. 18 aprile 1962 n. 230, la quale si applica invece ai rapporti a termine delle amministrazioni pubbliche soltanto in mancanza di speciale normativa (per una fattispecie relativa alla richiesta di conversione a tempo indeterminato di un rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato dall'interessato con una Usl in sostituzione di una dipendente collocata in maternità, vedi Consiglio Stato, sez. III, 29 settembre 1998, n. 103). I rapporti di lavoro predetti non sono, pertanto, convertibili a tempo indeterminato (Consiglio Stato, sez. VI, 4 luglio 2000, n. 3662; Id., sez. V, 23 gennaio 1998, n. 90), vertendosi in tema di nullita’ (Id., sez. V, 3 febbraio 2000, n. 586). Sull’esclusione della valutabilita’ ai fini dell’immissione in ruolo di un periodo di lavoro di un socio di cooperativa convenzionata con la p.a., si veda T.A.R.A Lazio, sez. II, 23 aprile 1996, n. 697.

 

 

FATTO

Il signor Bruno Conti ha prestato la sua attività, in qualità di addetto all'ufficio stampa, presso il Comune di Cagliari dal 24 aprile 1989 fino al 9 agosto 1991, data nella quale, a seguito dell'annullamento da parte dell'organo di controllo della deliberazione n. 2735 del 26 giugno 1991, con la quale la giunta municipale aveva ulteriormente prorogato il rapporto, l'amministrazione lo ha invitato a cessare l'attività.
Davanti al Tar per la Sardegna, il signor Conti ha chiesto l'annullamento della lettera di licenziamento ed il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato, a far tempo dalla 24 aprile 1989, con conseguente condanna del comune alla reintegrazione nel posto di lavoro ed alla corresponsione del trattamento normativo ed economico riconosciuto dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per i giornalisti (il tutto per gli anni 1989, 1990 e 1991). Il Tar, dopo aver accertato l'esistenza degli indici rivelatori della esistenza di un rapporto di pubblico impiego, ancorché a termine, ha tuttavia dichiarato la nullità del rapporto, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito nella legge 7 luglio 1980, n. 299. Per cui, si è limitato ad applicare l'articolo 2126 del codice civile, che circoscrive gli effetti delle prestazioni lavorative effettuate al solo diritto alla retribuzione, ed ha quindi condannato l'amministrazione comunale al pagamento della differenza economica tra i compensi erogati ed il trattamento economico e previdenziale previsto dal contratto nazionale di lavoro dei giornalisti.
Il signor Conti appella la sentenza, nella parte in cui il giudice di primo grado ha negato "il riconoscimento di un rapporto di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato".
Sostiene l'appellante che l'articolo 5 del decreto legge n. 702 del 1978 non impedisce l'applicazione dell’articolo 2 della legge 18 aprile 1962, n. 230, che dispone la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a termine stipulato con una pubblica amministrazione. Infatti, la norma riguarderebbe esclusivamente il rapporto di pubblico impiego di ruolo e non anche la costituzione di un rapporto di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato.
L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'accoglimento degli altri capi di domanda proposti con il ricorso di primo grado. Resiste all’appello l'amministrazione comunale di Cagliari, la quale sostiene che la sentenza appellata non meriti alcuna delle censure prospettate dalla controparte e conclude per il rigetto dell’appello.

DIRITTO

L’appello proposto dal signor Bruno Conti è infondato.
L'appellante contesta la sentenza, specificata in rubrica, nella parte in cui il Tar della Sardegna, dopo aver accertato l'esistenza degli indici rivelatori dell’esistenza di un rapporto di pubblico impiego a termine, ha tuttavia dichiarato la nullità del rapporto, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito nella legge 7 luglio 1980, n. 299, e, di conseguenza, si è limitato ad applicare l'articolo 2126 del codice civile, che circoscrive gli effetti delle prestazioni lavorative di fatto effettuate al solo diritto alla retribuzione. Secondo l’appellante, l'articolo 5 del decreto legge n. 702 del 1978 non impedirebbe l'applicazione dell’articolo 2 della legge 18 aprile 1962, n. 230, che dispone la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a termine stipulato con una pubblica amministrazione, in quanto la norma riguarderebbe esclusivamente il rapporto di pubblico impiego di ruolo e non anche la costituzione di un rapporto di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato.
L'assunto è inesatto.
Il richiamato articolo 5 del decreto legge 702 del 1978 delinea, dal comma XII in poi, un sistema, che fa perno sul principio costituzionale di cui all'articolo 97 e comma terzo della Costituzione, stabilendo che, negli enti locali, " le assunzioni di nuovo personale dovranno avvenire solo per pubblico concorso o per prova pubblica selettiva che è consentita per il solo personale salariato e ausiliario." Il rigore della norma e mitigato da taluni ipotesi nelle quali è consentito all'ente di avvalersi di prestazioni lavorative a tempo parziale o di durata limitata nel corso dell'anno, e da una disposizione di carattere generale secondo la quale " si potrà procedere soltanto ad assunzioni di personale straordinario, per eccezionali sopravvenute esigenze, personale che comunque non potrà essere tenuto in servizio per un periodo di tempo, anche discontinuo, complessivamente superiore a 90 giorni nell'anno solare, al compimento del quale il rapporto di lavoro è risolto di diritto."
Il sistema, infine, è rafforzato da un'ulteriore disposizione in base alla quale "i provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli di diritto e danno luogo a responsabilità degli amministratori ed anche dei segretari e dei ragionieri che abbiano firmato mandati di pagamento non coperti da atti validi."
Come si vede, si tratta di un sistema compiuto che non necessita di essere integrato con l'apporto di istituti esterni e che non consente deroghe al principio di fondo secondo il quale lo status pubblico dipendente si acquista e si modifica solo sulla base di procedimenti amministrativi conformi alle leggi che disciplinano specificamente la materia.
Ciò basta quindi per affermare che, nel caso degli enti locali, la disciplina in tema di conversione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro originariamente instaurati a tempo determinato, di cui all’articolo 2 della legge 18 aprile 1962, n. 230, non possa trovare alcun margine di applicazione.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.
Appare tuttavia equo compensare, tra le parti, le spese del grado.

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