CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, sentenza
8 settembre 2003 n. 5029
Pres. Frascione, rel.
Fera
Pasquale Marcuccetti (avv.ti Sabatino Ciprietti e Diego De Carolis)
c. Amministrazione provinciale di Teramo (avv. Antonio Norscia).
1 - Pubblico impiego – rapporto convenzionale – conversione in rapporto di pubblico impiego – elementi rivelatori – carenza – conseguenze – diniego di inquadramento e di accertamento conseguenze patrimoniali.
1 - Qualora il ricorrente, titolare di rapporto convenzionale, ipotizzi l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego desumendolo dalla circostanza che, nell'espletare proprie mansioni, fosse stato "soggetto al coordinamento del direttore" e che esistesse quindi un responsabile del coordinamento di iniziative, mentre nella realta’ era mancato un ambito organizzativo formalizzato, nella cui articolazione la parte fosse inserita e mancava altresi’ l’obbligo di rispettare un orario predeterminato e linee di attività standardizzate, consentendosi agli interessati di operare senza vincolo di esclusività, vanno respinte sia la domanda volta ad ottenere l'inquadramento nei ruoli dell'ente, sia quella volta ad ottenere l'ulteriore effetto patrimoniale. Quest’ultimo infatti esorbita dall'ambito della cognizione riservata giudice amministrativo, anche sotto il limitato aspetto dell'applicabilità dell'articolo 2126 del codice civile. (Nella specie, il rapporto convenzionale si inquadrava nelle iniziative riconducibili ad un programma di promozione turistica ed animazione finanziato con fondi comunitari ed il lavoro era stato prestato presso un centro di promozione turistica istituito da una Provincia).
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Nota di richiamo
Nella casistica relativa alla ricostruzione del rapporto di lavoro con la p.a.
occorre partire dal principio secondo il quale la domanda di accertamento della
natura di un rapporto di lavoro intercorso con l'amministrazione pubblica rientra
nella competenza del giudice amministrativo ogni volta sia accompagnata dall'indicazione
di circostanze che, in linea generale e salvo l'accertamento specifico, possono
ritenersi indici dell'esistenza di un rapporto di pubblico impiego (Consiglio
Stato Ad. plen., 5 marzo 1992, n. 5). In tale linea, si ricordano come precedenti
quello in un settore anagrafe di un ente locale, in cui il servizio era stato
svolto facendo uso esclusivo dei beni e mezzi dell'Amministrazione, nei locali
della sede centrale dell'Ente e durante l'orario di lavoro del personale limitatamente
ai giorni compresi tra il lunedì ed il venerdì per sei ore giornaliere, le prestazioni
erano correlate alle finalità istituzionali dell'Ente, sussisteva il vincolo
della subordinazione gerarchica e la predeterminazione di una retribuzione,
rapportata ad ore ed erogata con scadenza pressoché mensile (T.A.R. Marche,
8 novembre 2002, n. 1380); sono stati inoltre riconosciuti come elementi di
incontrovertibile valenza sintomatica di un rapporto continuativo tra lavoratore
ed ente locale, l'orario regolamentato, la retribuzione periodica, ancorché
inferiore a quella tabellare ed il rispetto delle disposizioni impartite dal
comune (T.A.R. Molise, 6 maggio 2002, n. 375). Gli indici rivelatori ed il comportamento
tenuto dalla p.a. datrice di lavoro devono far apparire inequivocamente la volontà
di quest'ultima di porre in essere un rapporto di pubblico impiego (Consiglio
Stato, sez. V, 18 gennaio 1996, n. 51).
Per cio’ che riguarda l’onere della prova, grava sulla parte che pretende l'accertamento
dell'esistenza di un rapporto subordinato di pubblico impiego con un ente locale
dimostrare la sussistenza dei c.d. indici rivelatori di un simile rapporto di
lavoro quali: l'osservanza di un determinato orario di servizio, l'inesistenza
di una propria organizzazione di impresa, la prestazione del proprio lavoro
alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro (T.A.R. Salerno, sez.
II, 18 febbraio 2002, n. 148). Occorre altresi’ tener presente che il potere
di direttiva o di controllo del risultato non sono estranei al lavoro autonomo,
anche se in forma meno penetrante rispetto al lavoro subordinato (Consiglio
Stato, sez. V, 22 novembre 1996, n. 1380). Qualora gli indici rivelatori di
uAn rapporto di lavoro subordinato pubblico non siano univoci o concordanti
(potendo connotare anche prestazioni di lavoro autonomo) e, più in generale,
quando v'è dubbio tra più possibili qualificazioni giuridiche del rapporto controverso,
l'interprete deve far esclusivo riferimento al dato testuale evincibile dal
contratto stipulato tra il privato e la p.a., dando prevalenza alla qualificazione
espressamente e concordemente voluta dalle parti (Consiglio Stato, sez. V, 10
marzo 1999, n. 230).
Tuttavia, occorre tener presente che qualora una p.a. abbia instaurato un rapporto
di lavoro in assenza del prescritto concorso imposto dall'art. 97 Cost., deve
escludersi che in concreto sussista un vero rapporto di pubblico impiego ed
il soggetto che assume di essere pubblico dipendente (invocando la conclusione
di un contratto da considerarsi nullo perché in frode alla legge, ovvero l'adozione
di atti di nomina o di inquadramento in violazione delle leggi che sanciscono
la nullità degli anomali atti di assunzione) non può chiedere che il giudice
amministrativo accerti l'esistenza della stabilità di un rapporto che giuridicamente
non poteva essere costituito, per cui diviene irrilevante la verifica della
sussistenza o meno dei c.d. indici rilevatori del rapporto di pubblico impiego
(T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 9 aprile 2002, n. 628; T.A.R. Lazio, sez.
I, 13 maggio 1999, n. 1038).
FATTO
Il signor Pasquale Marcuccetti, sulla base di
un rapporto convenzionale che si inquadrava nelle iniziative riconducibili ad
un programma di promozione turistica ed animazione finanziato con fondi comunitari,
ha prestato la propria attività presso il Centro di promozione turistica istituito
dalla Provincia di Teramo.
Con riferimento a tale attività lavorativa, propose davanti al Tar Abruzzo un
ricorso per ottenere l’annullamento della deliberazione 10 febbraio 1994, n.
191, con la quale la Giunta provinciale di Teramo aveva conferito al ricorrente
un ulteriore incarico di lavoro presso il Centro di promozione turistica , nella
parte in cui limitava a tre mesi tale incarico e fissava un compenso inferiore
a quello minimo previsto dal vigente C.C.N.L., senza la corresponsione del trattamento
previdenziale. Chiedeva inoltre la condanna dell'amministrazione intimata al
pagamento delle differenze retributive e previdenziali per l'attività espletata
a decorrere dal 1984 - attività che fino al 1988 sarebbe riconducibile a quella
propria dell’istruttore (VI qualifica) e dal 1988 a quella del funzionario direttivo
(VIII qualifica) - nonché la declaratoria del diritto ad essere inquadrato nei
ruoli dell’Amministrazione provinciale di Teramo.
Il Tar Abruzzo, con la sentenza specificata in rubrica, ha respinto il ricorso,
avendo ritenuto inammissibile la richiesta di declaratoria dell'obbligo dell'amministrazione
provinciale di inquadrare il ricorrente in ruolo, ed infondati di altri capi
di domanda, in quanto, a suo avviso nel caso di specie non erano emersi indici
rivelatori della esistenza di un rapporto di lavoro di tipo pubblicistico.
Il signor Pasquale Marcuccetti ha proposto quindi presente appello, sorretto
dai seguenti
Motivi di appello:
1. Difetto di istruttoria. Omesso accertamento dei fatti.
2. Carenza insufficienza delle motivazioni espresse nella sentenza.
3. Violazione di ogni norma e principio che in materia di retribuzione; dell'articolo
36 della Costituzione; dei d.p.r. n. 347, 268, 494, 333 del 1990.
L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe,
l'accoglimento dei capi di domanda prospettati in primo grado.
Resiste all’appello la provincia di Teramo, che nel merito contesta la fondatezza
delle tesi avversarie, ricordando tra l'altro che la stessa questione, con riferimento
ad altri colleghi del sig. Pasquale Marcuccetti, è già stata decisa da questa
sezione con sentenza n. 1998 del 2002, e conclude per il rigetto dell’appello.
DIRITTO
L’appello proposto dal signor Pasquale Marcuccetti
è infondato.
Occorre premettere che la questione prospettata nel presente appello è già stata
decisa dal collegio, con riferimento a ricorsi proposti da colleghi dell’odierno
appellante i quali versavano in identica situazione. In tale occasione il collegio,
riuniti ricorsi, li ha respinti sulla base di una motivazione che ha toccato
il cuore della controversia che era stata introdotta per l’annullamento del
provvedimento autoritativo, che limitava a tre mesi l’incarico di loro conferito,
e per l'accertamento del diritto ad un trattamento economico e previdenziale
corrispondente, con riferimento all'attività espletata, a quelli stabiliti dal
vigente C.C.N.L., nonché per la declaratoria del diritto ad essere inquadrati
nei ruoli dell’Amministrazione provinciale di Teramo.
La sezione, con la decisione n. 1998 del 15 aprile 2002, ha confermato la tesi
sostenuta dal primo giudice secondo il quale "per i periodi in questione non
ricorrano i tipici elementi rivelatori dell'esistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, per cui deve escludersi - in relazione di elementi probatorio agli
atti - che la parte ricorrente abbia prestato la sua attività lavorativa con
vincolo di subordinazione gerarchica, mediante l'inserimento nell’organizzazione
interna dell'ente e con il rispetto di uno specifico orario di lavoro con vincolo
di esclusività."
Ora, il collegio ritiene che, con riferimento alla fattispecie in esame, non
emergano elementi per discostarsi da tale conclusione. Infatti, l'argomentazione
svolta dall'appellante, in ultima analisi, si riduce a desumere l'esistenza
del rapporto di pubblico impiego dalla circostanza che questi nell'espletare
le sue mansioni era "soggetto al coordinamento del direttore del centro". Ma,
"il fatto che esistesse un responsabile del coordinamento di queste iniziative
non configura affatto l’esistenza di un ambito organizzativo formalizzato, nella
cui articolazione gli appellanti erano inseriti, con l’obbligo di rispettare
un orario predeterminato e linee di attività standardizzate. Anzi , da tutti
gli elementi in base ai quali ha opinato il giudice di primo grado, emerge che
non c’era un vincolo di orario specifico, le direttive erano di carattere generale
e gli interessati non operavano con vincolo di esclusività." (Consiglio di Stato,
sezione quinta, n. 1998 del 15 aprile 2002).
Ora,dall'affermazione secondo la quale il rapporto in esame non possiede i connotati
tipici del rapporto di pubblico impiego ne consegue, in via immediata e diretta,
non solo l'inapplicabilità degli istituti tipici del rapporto pubblicistico,
e quindi l’inammissibilità della domanda rivolta ad ottenere l'inquadramento
nei ruoli dell'ente, ma anche l'ulteriore effetto che gli aspetti patrimoniali
concernenti la controversia esorbitano dall'ambito della cognizione riservata
giudice amministrativo, anche sotto il limitato aspetto dell'applicabilità dell'articolo
2126 del codice civile.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.
Appare tuttavia equo compensare, tra le parti, le spese del grado