CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, sentenza
24 settembre 2003 n. 5442
Pres. Quaranta, Est. De Ioanna; T . (Avv. Felice Eugenio Lo
russo) c. Consorzio provinciale per la riabilitazione in Bari, e Azienda USL
BA/4 (Avv.ti Carlo Malinconico, Salvatore Catalano e Leonardo Digirolamo), Comitato
Regionale di controllo della Regione Puglia. Conferma TAR Puglia, Bari, sez.
I, n.619 del 15 ottobre 1996.
1 - Pubblico impiego – equo indennizzo - alternativita’ rispetto alla assicurazione INAIL.
1 – Per il pubblico dipendente iscritto obbligatoriamente alle forme di rendita per infortunio sul lavoro gestite dall'INAIL, l'equo indennizzo e la rendita derivante dall'iscrizione obbligatoria all'INAIL sono due modalità di tutela di una stessa fattispecie inabilitante, con oneri a carico delle pubbliche finanze. L'iscrizione obbligatoria all'INAIL esclude in radice la possibilità che lo stesso soggetto possa beneficiare dell'equo indennizzo (neppure a titolo di anticipazione sulla rendita INAIL): si realizzerebbe una duplicazione di benefici, e di oneri a carico della finanza pubblica, del tutto ingiustificato.
FATTO
1. L'appello in epigrafe chiede la riforma della sentenza del TAR Puglia - Bari,n.619 del 1996, con la quale è stato respinto il ricorso in primo grado proposto da Carla Trotta, per l'annullamento della nota n.7362 del 20 giugno 1987, con cui il Commissario del Consorzio provinciale per la riabilitazione dei neurolesi, ha respinto l'istanza per l'equo indennizzo , nonché di ogni altro atto connesso, ivi inclusa la nota del Co.Re.Co. di Bari n.25337 del 21 dicembre 1985.
2. La sig.ra Carla Trotta , essendosi vista riconosciuta l'infermità contratta per causa di servizio ( cat.8^- Tab.A, ), dall'apposita Commissione medica operante presso l'Ospedale Militare di Bari, ha chiesto al Consorzio provinciale il riconoscimento anche dell'equo indennizzo. Il Commissario del Consorzio de quo, richiamando la pronuncia negativa resa dal Co. Re. Co. , in data 21 dicembre 1985, con riferimento ad analoga fattispecie, respingeva tale richiesta, richiamando gli artt.19 del DPR n.347 del 1983, 35 della legge regionale n.16 del 13 marzo 1980 e 50 del DPR n.686 del 1957: in sostanza, il Commissario opinava nel senso che l'equo indennizzo spetta solo al personale dipendente non coperto da assicurazione obbligatoria INAILI.
3. Il giudice di primo grado ha confermato la legittimità dell'operato del Commissario dell'Ente, sottolineando che nel sistema di diritto positivo posto in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali dei pubblici dipendenti dagli artt. 50 del DPR n.686 del 1957 , 68 del DPR n.3 del 1957 e 1tt della legge n.1116 del 1962, " l'equo indennizzo e la rendita derivante dall'assicurazione obbligatoria sono due modalità di ristoro di un medesimo danno, che tuttavia sono state prefigurate disgiuntamente a carico di soggetti diversi a seconda che ne sia beneficiario o meno un dipendente iscritto all'INAIL".
4. La Trotta ha interposto appello contro la decisione di primo grado. La AUSL BA 4 resiste. La causa è stata trattenuta in decisione nella pubblica udienza del 10 dicembre 2002.
DIRITTO
1. L'appellante contesta il punto centrale dell'impianto della sentenza di primo grado: infatti, a suo avviso, l'art. 50 del DPR n.686 del 1957 non statuirebbe l'inapplicabilità dell'equo indennizzo ai casi in cui il dipendente sia già coperto da una assicurazione obbligatoria a carico della PA, ma enucleerebbe invece il criterio della deducibilità delle somme dovute a titolo di equo indennizzo da quanto già eventualmente percepito in virtù dell'operatività di una assicurazione obbligatoria. Tale criterio di deducibilità sarebbe del tutto in linea con il principio del divieto di cumulo tra i due istituti dell'equo indennizzo e dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, divieto di cumulo che l'appellante non contesta, ma si attaglierebbe perfettamente al caso della Trotta che non ha mai percepito nulla a titolo di assicurazione obbligatoria da parte dell'INAIL. Non si tratterebbe quindi di un caso di cumulo, ma più semplicemente dell'ipotesi di un dipendente al quale è stata riconosciuta la causa di servizio e che si vedrebbe privato di ogni forma di tutela assicurativa e comunque indennitaria contro le malattie contratte a causa del servizio. A giudizio dell'appellante, il Commissario dell'Ente avrebbe dovuto comunque riconoscere l'equo indennizzo , ferma restando la possibilità di ripetere in seguito le somme non dovute, nel momento in cui fosse stata corrisposta la rendita INAIL, sulla base del disposto del richiamato art.50 del DPR n.686/1957.
2. La tesi dell'appellante è priva di pregio e l'appello deve essere respinto. L' appellante è iscritta obbligatoriamente alle forme di rendita per infortunio sul lavoro gestite dall'INAIL. L'equo indennizzo e la rendita derivante dall'iscrizione obbligatoria all'INAIL sono due modalità di tutela di una stessa fattispecie inabilitante, con oneri a carico delle pubbliche finanze: esse sono state costruite storicamente attraverso due modalità organizzative e gestionali ben distinte, che operano nei confronti di soggetti diversi. L'iscrizione obbligatoria all'INAIL esclude in radice la possibilità che lo stesso soggetto possa beneficiare anche dell'equo indennizzo: si realizzerebbe una duplicazione di benefici, e di oneri a carico della finanza pubblica, del tutto ingiustificato. Gli orientamenti giurisprudenziali al riguardo sono univoci e , del resto, non vengono messi in discussione dall'appellante.
3. In questo contesto non è dato ricostruire un criterio operativo in base al quale , comunque, in attesa dell'erogazione della rendita INAIL, il responsabile di una gestione pubblica ( il Commissario del Consorzio nel nostro caso) potrebbe " anticipare" denaro pubblico, in attesa che l'INAIL proceda ad erogare la rendita di sua competenza. L'art. 50 citato, non può essere letto in questa chiave: da norma di garanzia per una corretta gestione del pubblico denaro, diverrebbe norma di azione che autorizza una sorta di anticipo " a breve", senza copertura, di benefici che verranno corrisposti da un altro ente. Si tratta , con ogni evidenza, di una interpretazione non solo contraria alla ratio della norma citata, ma idonea ad esporre il responsabile della gestione pubblica a serie conseguenze , sul piano della responsabilità amministrativa e contabile.
4. Per le ragioni svolte l'appello deve essere respinto. Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese di lite tra le parti.