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n. 9-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 29 settembre 2003 n. 5512
Pres. Quaranta Rel. Deodato; S.M. (in proprio), c. Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia (Avv. Vincenzo Avorio), R.N. ed altri. Conferma TAR Lombardia, Sez. I, n.1146/03 in data 5.5.2003.

1 - Atto amministrativo – diritto di accesso – diniego – impugnazione – giudicato sfavorevole - nuova istanza di acceso – preclusione da giudicato

1 - Qualora vi sia identità di domande avanzate ex lege 241/1990, una delle quali oggetto di giudicato sfavorevole divenuto irrevocabile (fondata sull’allegazione dei medesimi fattori ostativi, con eguali prospettazioni difensive e stessi argomenti di diritto), risulta impedito l’esame del merito del ricorso, per avvenuta consumazione dell’azione e per la preclusione, rilevabile d’ufficio, derivante dal giudicato formatosi su identici gravami. (Nella specie si discuteva dell’accesso a cartelle cliniche ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in una causa civile di impugnazione di riconoscimento naturale).

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Nota di commento
(1) Il giudicato sostanziale di cui all'art. 2909 c.c., in quanto riflesso di quello formale previsto dagli artt. 324 e 325 c.p.c., fa stato a ogni effetto tra le parti per l'accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso e si forma su tutto ciò che costituì oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto, che rappresentino le premesse necessarie e il fondamento logico giuridico della pronuncia.
Esso, quindi, dispiega la sua autorità non solo nell'ambito della controversia e delle ragioni fatte valere dalle parti (cosiddetto giudicato esplicito) ma anche in riferimento agli accertamenti che necessariamente si ricollegano in modo inscindibile con la decisione di cui sono il presupposto (cosiddetto giudicato implicito), così da coprire tutto quello che costituisce il fondamento logico della pronuncia.
Invero poiché nel nostro ordinamento vige il principio della normale rilevabilità d'ufficio delle eccezioni, derivando la necessità dell'istanza di parte solo da una specifica previsione normativa, l'eccezione di giudicato esterno, in difetto di previsione, è rilevabile anche d'ufficio, al pari di quello interno.
Ne consegue che il giudice è tenuto a pronunciare su tale eccezione anche in sede di legittimità qualora il giudicato risulti da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, d'ufficio, se sul punto non vi sia stata pronuncia, o a seguito di impugnazione, se sul punto medesimo il giudice si sia pronunciato.
Peraltro il giudice - attesa l'identità di disciplina tra giudicato interno e giudicato esterno - è tenuto ad accertare l'esistenza e la portata di tale giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo e alla diretta valutazione e interpretazione degli atti processuali mediante indagini e accertamenti anche in fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. S.U. 25.5.2001 n. 226; Cass. Sez. Lav. 23.1.2002 n.235). Ne consegue che l'accertamento su un punto di fatto o di diritto costituente la premessa necessaria della decisione divenuta definitiva, quando sia comune ad una causa introdotta posteriormente, preclude il riesame della questione, anche se il giudizio successivo abbia finalità diverse da quelle del primo, ove i due giudizi abbiano identici elementi costitutivi dell'azione (soggetti, "causa petendi" e "petitum") secondo i contenuti delle pronunce poste a confronto ai fini della sussistenza del giudicato che, pur se interpretati all'uopo dal giudice di merito con congrua motivazione, vanno, tuttavia, controllati in sede di legittimità, al pari del giudicato interno, nella esatta sussistenza dei presupposti giuridici (v. Cass. Sezioni Unite 14 giugno 1995 n. 6689) SS.UU. 226-01).
Questi principi vanno coniugati con gli orientamenti specifici in tema di legge 241/1990: si e’ infatti ritenuto che il diritto di accesso ai documenti amministrativi si configura come un diritto soggettivo all'informazione, per cui le eventuali determinazioni negative, anche se divenute inoppugnabili per decorso del termine di cui all'art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241, non fanno venir meno, sul piano sostanziale, la posizione giuridica dell'interessato all'accesso, potendo questi rinnovare l'istanza e riattivare così la tutela giurisdizionale; pertanto, la decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto di diniego dell'accesso non preclude il nuovo esercizio del diritto all'informazione da parte del titolare e l'eventuale impugnativa della nuova pronuncia di diniego emessa dall'amministrazione.(T.A.R. Abruzzo Pescara, 24 marzo 1999, n. 327 Ragiusan 2000, f. 192, 36; Consiglio Stato, sez. IV, 22 gennaio 1999, n. 56 Foro amm. 1999, 63; Cons. Stato 1999, I, 37;T.A.R. Veneto, sez. II, 21 settembre 1998, n. 1554, T.A.R. 1998, I,4095;Consiglio Stato, sez. IV, 16 aprile 1998, n. 641; Foro amm. 1998, 1034, Cons. Stato 1998, I, 564).
Sull’accesso ai dati da parte di figlio non riconosciuto (come nel caso deciso), si veda Cons. Stato, IV, 17 giugno 2003 n. 3402 in Giust.it ed ivi ulteriori riferimenti.

 

 

Rilevato che con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso proposto dal Dr. Scala ai sensi dell’art.25 legge 7 agosto 1990, n.241 al fine di ottenere l’accesso alle cartelle cliniche di Massara Valentina e Nicolini Rosalia, la cui conoscenza veniva dichiarata necessaria ai fini dell’esercizio del diritto di difesa nella causa civile di impugnazione del riconoscimento naturale della prima da parte di Massara Massima (introdotta dal ricorrente dinanzi al Tribunale di Pavia);
Considerato che identiche azioni precedentemente svolte dal medesimo ricorrente sono state già disattese dal T.A.R. della Lombardia con due decisioni, n.1652/02 e n.3263/02 (prodotte dall’Azienda appellata), passate in giudicato (come, peraltro, confermato in udienza dal difensore dell’amministrazione);
Ritenuto che l’identità delle domande respinte con le statuizioni citate, divenute irrevocabili, e la presente risulta ricavabile dall’agevole rilievo che con tutti i ricorsi in questione è stato attivato il medesimo strumento di tutela per conseguire l’ostensione degli stessi documenti amministrativi nei confronti della medesima amministrazione sanitaria, che i diversi dinieghi autonomamente impugnati si rivelano di identico contenuto (siccome fondati sull’allegazione dei medesimi fattori ostativi), che la prospettazione difensiva posta a base dei distinti gravami si fonda sugli stessi argomenti di diritto e che anche le pronunce reiettive risultano assunte sulla base della medesima motivazione;
Rilevato che, in presenza della constatata identità dell’azione proposta in primo grado dal Dr. Scala a quelle già conosciute e disattese dal T.A.R. con le due menzionate statuizioni (rimaste inappellate), risulta impedito l’esame del merito del presente ricorso, in quanto inibito dall’avvenuta consumazione dell’azione e dalla preclusione, rilevabile d’ufficio (cfr. ex plurimis Cass. Civ., Sez. Lav., 23 gennaio 2002, n.735), derivante dal giudicato formatosi su identici gravami;
Considerato, infatti, che le citate statuizioni irrevocabili contengono un giudizio conclusivamente negativo della ostensibilità al ricorrente dei documenti oggetto della domanda di accesso, che siffatto accertamento giurisdizionale fa stato a ogni effetto tra le parti e che la sua valenza di cosa giudicata impedisce la riproposizione della medesima azione, che si rivela, pertanto inammissibile;
Ritenuto, in definitiva, che la statuizione reiettiva impugnata va confermata, seppur con la diversa formula della declaratoria dell’inammissibilità del ricorso in primo grado, e che deve, quindi, respingersi l’appello proposto dal Dr. Scala; Rilevato, nondimeno, che sussistono ragioni di equità per compensare tra le parti le spese del grado;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa le spese processuali;

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