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Giurisprudenza
n.10-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 1 ottobre 2003 n. 5648
Pres. Frascione, Est. Mastrandrea - Cimini (Avv.ti Bonelli e Toscano) c. Comune di Maiori (Avv. Lentini) – (annulla T.A.R. Campania - Salerno, 2 marzo 1995, n. 165).

1. Edilizia ed urbanistica – Concessione – Decadenza per mancato inizio dei lavori – Entità e dimensioni dell’intervento autorizzato – valutazione – necessità.

Il titolo edilizio (concessione od autorizzazione) decade per mancato inizio dei lavori se manca un effettivo inizio dei lavori, da valutare con specifico e puntuale riferimento all’entità ed alle dimensioni dell’intervento autorizzato (nel caso di specie, per realizzare tre serre sono stati ritenuti sufficienti i lavori di sbancamento e livellamento del terreno, nonché di scavo delle prime, necessariamente minime, fondazioni.

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Nota di commento
Serietà ed effettività dell’inizio lavori sono parametri che vanno verificati in concreto. Il Consiglio di Stato parte dal presupposto che lavori esigui possano avere un inizio esiguo, mentre sarebbe stato altrettanto logico un principio inverso, cioè a lavori semplici deve corrispondere un consistente loro inizio. La ratio della norma sulla decadenza è nell’interesse all’effettivo utilizzo del titolo abilitativo, interesse che ha maggiore consistenza nel momento finale della costruzione: del resto, usando un traslato, nella procedura ablativa i termini iniziali (delle espropriazioni e dei lavori) non hanno infatti rilievo e sono considerati sollecitatori. Più articolato è il problema probatorio, specialmente quando si contrappongono valutazioni sull’entità dei lavori effettuati e quando mancano fotografie. Sul tema della tempestività, anche se con riferimento alla diversa situazione di chi deve aver iniziato i lavori per non subire effetti preclusivi derivanti dall’entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche, si veda la costante giurisprudenza sull’insufficienza degli sbancamenti e del posizionamento di pochi plinti: per tutte: Cass. Pen. Sez. III 5 giugno 2001 n. 30833, Molina; Cons,. Stato, Sez. V, 11 ottobre 1996 n. 1227.

 

FATTO

Al sig. Cimini, titolare di un’azienda agricola per la produzione e la commercializzazione di piante esotiche e ornamentali, veniva rilasciata dal Sindaco di Maiori, in data 21 ottobre 1989, l’autorizzazione edilizia n. 77/88, abilitante all’esecuzione dei seguenti lavori: "costruzione di pertinenze agricole consistenti nella realizzazione di impianti di n. 3 serre a carattere precario e facilmente smontabili nonché lavori di manutenzione straordinaria interni al fabbricato rurale esistente".
Con provvedimento assunto il 28 luglio 1990 (impugnato in prime cure), a seguito dell’accertamento tecnico effettuato il 5 luglio 1990, il Sindaco dichiarava però decaduta la predetta autorizzazione edilizia, per non aver dato, il titolare della stessa, effettivo inizio ai lavori nel termine di mesi sei stabilito nella stessa.

2. L’intestato ricorrente agiva dunque, nell’ottobre del 1990, per l’annullamento del detto provvedimento di decadenza, proponendo apposito ricorso al TAR della Campania, Sezione di Salerno, e deducendo profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il Tribunale amministrativo adito, dopo aver concesso nel novembre 1990 l’invocata tutela cautelare, con la sentenza impugnata di cui in epigrafe respingeva il gravame, ritenendo in definitiva che gli elementi forniti dal ricorrente non fossero affatto sufficienti a contraddire quanto poteva desumersi dall’accertamento tecnico disposto dall’Amministrazione.

4. Il sig. Cimini ha dunque interposto l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, contestando tra l’altro funditus, in punto di fatto, il presupposto (mancato inizio dei lavori) che ha portato all’adozione del provvedimento contestato in primo grado.

5. L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
Le parti hanno depositato memoria.
Alla pubblica udienza del 29 aprile 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello merita accoglimento.
In data 21 ottobre 1989 il Comune di Maiori rilasciava in favore dell’odierno appellante, titolare di un’azienda agricola per la produzione e la commercializzazione di piante esotiche e ornamentali, l’autorizzazione edilizia n. 77/88, per la costruzione di pertinenze agricole, consistenti in tre serre a carattere precario, nonché per la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria interni al fabbricato rurale esistente.
Sta di fatto che, espone l’Amministrazione comunale resistente, a seguito di accertamento tecnico eseguito in data 5 luglio 1990 dal locale Comandante della Polizia municipale insieme a un professionista all’uopo incaricato si accertava, "in maniera inequivocabile", che a tale data, quando dunque erano ampiamente trascorsi i sei mesi messi a disposizione dal titolo abilitativo, non risultavano iniziati i lavori oggetto dell’autorizzazione edilizia assentita. Doveroso, dunque, si appalesava l’intervento del Sindaco di Maiori, il quale, preso atto degli esiti dell’accertamento, non poteva che adottare, nei confronti del Cimini, il contestato provvedimento di decadenza dell’autorizzazione edilizia.

2. Sollecitato a ciò dalle lamentele del ricorrente, il Collegio è chiamato a verificare se il provvedimento impugnato in prime cure si basasse effettivamente su presupposti inequivocabili. Il resoconto dell’accertamento tecnico effettuato il 5 luglio 1990, stilato il giorno successivo, dava in effetti conto, rimandando alla documentazione fotografica allegata, della realizzazione di uno scavo, seppur piccolo ed irregolare, parallelo al corso d’acqua che scorre nelle prossimità (oltre ad evidenziare il disordinato deposito di notevoli quantità di detriti di riporto, tale da far ipotizzare una discarica non autorizzata ricadente in prossimità dell’alveo torrentizio).

3. Orbene, anche se non può attribuirsi valenza decisiva alla perizia giurata prodotta in prime cure dal ricorrente e dalla quale si evincerebbe, ma trascorso un ulteriore mese dall’accertamento comunale, la realizzazione di due scavi di fondazione, concentrando invece l’attenzione, come doveroso, sui presupposti e sul corredo motivazionale del gravato provvedimento di decadenza, la trama argomentativa del reclamante, che a tempo debito (e quindi prima della scadenza del termine semestrale) si era premurato di comunicare formalmente all’Amministrazione comunale l’avvenuto inizio dei lavori, risulta nondimeno persuasiva sotto un duplice profilo: a) l’esistenza dei presupposti indispensabili per configurare un effettivo inizio dei lavori, al fine di scongiurare la decadenza dell’autorizzazione edilizia, non va valutata in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all’entità ed alle dimensioni dell’intervento edificatorio autorizzato (Cons. Stato, V, 16 novembre 1998, n. 1615); il tutto, ovviamente, in ossequio anche all’esigenza di evitare che il termine prescritto possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici. Ciò posto, non può passare in secondo piano la circostanza che nella specie trattavasi di assenso relativo ad interventi di dimensioni estremamente modeste, e perdipiù attinenti a opere di carattere precario e completamente smontabili. Non può pertanto escludersi che, a fronte di opere assentite di siffatto genere, anche i lavori di sbancamento e livellamento del terreno, nonché di scavo delle prime (necessariamente minime) fondazioni, potessero essere utilmente invocati a titolo di inizio dei lavori. Dovendosi, quindi, rapportare, in maniera specifica e puntuale, l’effettivo inizio dei lavori all’entità e alle dimensioni di interventi edificatori assentiti per di più con un titolo autorizzatorio (per i quali, nella specie, non era di certo necessario ipotizzare l’organizzazione di un vero e proprio cantiere), può concludersi, in ordine a questo punto, nel senso che la declaratoria di decadenza non era affatto conseguenza del tutto vincolata dell’incontestato accertamento tecnico espletato dagli organi comunali. I presupposti del provvedimento impugnato erano dunque, in tal senso, fallaci, non potendosi portare a supporto della determinazione contestata la sostenuta inequivocità della situazione in fatto; b) in ogni caso, è ancor più evidente come il provvedimento in origine impugnato soffrisse del fatto che non risultava essere stato portato a termine alcun accertamento in relazione ai lavori interni al fabbricato rurale, parimenti assentiti con il titolo autorizzatorio di cui si discute, ed in ordine al tempestivo inizio dei quali il ricorrente, senza subire contestazione specifica da parte dell’Amministrazione, aveva proposto efficaci elementi probatori di supporto. Sotto questo profilo, pertanto, la carenza e lacunosità del provvedimento gravato in prime cure non è, in questa sede, in alcun modo revocabile in dubbio.

4. Alla stregua, pertanto, del complesso delle considerazioni che precedono, l’appello merita accoglimento ed analogo responso va riservato al ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato. Le spese processuali, riferite ai due gradi di giudizio, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento di decadenza impugnato.
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.

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