CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza
1 ottobre 2003 n. 5675
Pres. Elefante, Est. Corradino - Rubino ed altri (Avv. Medina)
c. Comune di Bari (Avv.ti Lonero Baldassarra e Farnelli) (annulla T.A.R. Puglia-Bari,
sez. II, 21 gennaio 2002, n. 363).
Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Vincoli a contenuto espropriativo - Decorso del termine quinquennale - inefficacia - Obbligo di adottare una nuova disciplina urbanistica – mera attività istruttoria – insufficienza.
Il Comune è tenuto a “ritipizzare” urbanisticamente l’area sottoposta a vincolo preordinato all’espopriazione (o che comporti l’inedificabilità assoluta ex art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968 n. 1187), una volta scaduto il vincolo quinquennale. Un atto meramente istruttorio adottato dal Comune alla scadenza del quinquennio non elide l’interesse del privato a ricorrere per far dichiarare l’obbligo di provvedere a ritipizzare urbanisticamente l’area.
F A T T O
Con sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione Seconda, ha dichiarato improcedibile
per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto dagli appellanti per
far dichiarare l’obbligo del comune di Bari ad adottare gli atti di ritipizzazione
dei suoli di loro proprietà, previo annullamento dell’atto prot. n. 6690 del
14 marzo 2000 del Direttore della Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia
e del Direttore del Settore Pianificazione del Territorio. L’Amministrazione
comunale, con tale provvedimento, aveva dato riscontro alla diffida, proposta
dai sigg.ri Rubino, a procedere alla ritipizzazione, stante la intervenuta decadenza
del vincolo espropriativo per decorrenza del termine quinquennale dall’approvazione
del P.R.G.. Il giudice di primo grado ha ritenuto che "nelle more del giudizio
l’Amministrazione comunale ha compiuto concreti atti di adempimento dell’obbligo
del quale i ricorrenti hanno reclamato l’adempimento".
Avverso la predetta decisione proponevano rituale appello i soggetti in epigrafe
indicati, assumendo l’erroneità della sentenza.
Si è costituito, per resistere all’appello, il Comune di Bari. Con memorie depositate
in vista dell'udienza le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 10.6.2003 la causa è stata chiamata e trattenuta per
la decisione, come da verbale.
D I R I T T O
1. L’appello è fondato.
I sigg.ri Rubino lamentano l’erroneità della decisione di primo grado che ha
dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse
sulla base della conclusiva considerazione che "il Comune ha avviato, e sta
per concludere, l’iter procedimentale volto a rinnovare, con le modalità, le
formalità e le garanzie proprie del metodo pianificatorio, la scelta, riservata
all’Autorità locale, sulla destinazione degli anzidetti suoli".
Ciò in quanto il T.A.R. ha valutato come decisiva la produzione in giudizio,
da parte dell’Amministrazione comunale, della nota del 5 ottobre 2001 con cui
la Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia, Settore Strumenti Urbanistici,
facendo seguito alla comunicazione impugnata dagli odierni appellanti, acquisiti
i pareri favorevoli della Commissione aggiunta per l’urbanistica e della competente
Circoscrizione, ha trasmesso, per l’approvazione, alla Giunta municipale la
proposta di variante al P.R.G. recante la ritipizzazione dei suoli di proprietà
dei sigg.ri Rubino.
Il motivo è fondato.
Come affermato da un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale,
la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse postula un univoco accertamento dell’inutilità della sentenza. Tale
verifica, a sua volta, esige che la presupposta, rigorosa indagine circa l’utilità
consequenziale per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento
che la modificazione della situazione di fatto o di diritto intervenuta in corso
di causa impedisca di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche
meramente strumentale o morale alla decisione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent.
n. 3318 del 2003; Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2003, n. 632; Cons. Stato,
sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4206). Sulla base di tali rigidi parametri, occorre
rilevare che nel caso di specie l’interesse dei sigg.ri Rubino alla decisione
del ricorso da parte del T.A.R. era sicuramente sussistente.
In materia di vincoli di inedificabilità, infatti, non essendo stata abrogata,
tacitamente, dalla legge 28 gennaio 1977 n. 10, trova applicazione, in tutte
le ipotesi di vincoli di piano, la disposizione dell’art. 2, primo comma, della
legge 19 novembre 1968 n. 1187, la quale prevede che le indicazioni di Piano
Regolatore Generale che assoggettino beni determinati a vincoli preordinati
all’espopriazione o che comportino l’inedificabilità assoluta del suolo o, comunque,
privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, perdano
efficacia qualora entro cinque anni dall’approvazione del P.R.G. non siano stati
approvati i relativi piani particolareggiati ovvero non siano stati autorizzati
i piani di lottizzazione convenzionati. Ne consegue che, decorso inutilmente
il predetto termine, l’area interessata dall’atto impositivo ormai inefficace
risulta sprovvista di una regolamentazione urbanistica ed il Comune è obbligato
ad una nuova pianificazione dell’area rimasta non normata (cfr. Cons. Stato,
Ad. Pl. 2 aprile 1984, n. 7; Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 1999, n. 209;
Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6415). Nel caso di specie, il Comune
di Bari, a seguito della decadenza dei vincoli urbanistici in questione gravanti
sugli immobili di proprietà degli odierni appellanti, era quindi tenuto a provvedere
all’integrazione del P.R.G., divenuto parzialmente inoperante, potendosi reiterare
i vincoli decaduti sia attraverso una variante specifica che una variante generale,
unici strumenti che consentono all’amministrazione comunale di verificare la
persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle
zone più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della
vigente disciplina di piano e alle nuove esigenze di pubblico interesse. Da
tale obbligo il Comune non è esonerato per l’applicabilità, nei casi in questione,
della disciplina dettata dall’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977
n. 10, la quale ha natura provvisoria, e non può sostituirsi alla disciplina
che la legge affida alle responsabili valutazioni del Comune.
Nell’inerzia dell’Amministrazione comunale, che durava da moltissimi anni, i
sigg.ri Rubino hanno proposto atto di diffida per ottenere la ritipizzazione
dell’area. In riscontro alla diffida, il Comune si limitava, con l’impugnata
nota n. 6690 del 17 marzo 2000, a comunicare che era stato avviato il procedimento
mirato allo studio della ritipizzazione e, anche dopo la proposizione del ricorso
giurisdizionale, non dimostrava di avere ottemperato alla diffida dei ricorrenti,
ma soltanto di avere svolto la fase istruttoria del procedimento, con trasmissione
al Consiglio Comunale, per le successive determinazioni, della proposta di variante
al P.R.G. per la ritipizzazione dei suoli di proprietà dei sigg.ri Rubino. Al
momento della decisione del ricorso giurisdizionale, quindi, l’interesse dei
ricorrenti alla pronuncia era senz’altro sussistente, visto che nessun provvedimento
espresso, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/90, era stato adottato dal
competente organo comunale in senso satisfattivo dell’istanza dei ricorrenti,
cioè con valenza di variante di P.R.G.. Anzi, non può non rilevarsi come tuttora,
pur dopo il decorso di oltre un anno dalla pronuncia della sentenza impugnata,
il Comune di Bari non abbia ancora provveduto alla ritipizzazione dell’area.
Sulla base delle suesposte considerazioni risulta indubbia la fondatezza della
censura con cui gli appellanti deducono la violazione, da parte dell’Amministrazione
comunale, della disposizione di cui all’art. 7 l. 1150/42, in relazione all’art.
2 l. 1187/68, nel senso che la disciplina urbanistica del piano regolatore generale
deve considerare la totalità del territorio comunale, e quindi anche i suoli
rimasti privi di disciplina a seguito di sopravvenuta decadenza dei vincoli
posti sugli stessi. Va ribadito, in proposito, che l’Adunanza Plenaria di questo
Consiglio 2 aprile 1984 n. 7, si è espressa sostenendo che "poiché i Comuni
sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanistico generale che copra l’intero
territorio, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia
di talune destinazioni di piano è per sua natura provvisoria, essendo destinata
a durare fino all’obbligatoria integrazione del piano, divenuto parzialmente
inoperante. In caso di inerzia del Comune, il privato che vi abbia interesse
può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure adire in via
giurisdizionale, secondo il procedimento del silenzio-rifiuto".
2. Per quanto considerato, ed assorbito quant’altro, il ricorso in appello va accolto, va annullata la nota dell’Amministrazione comunale n. 6690 del 17 marzo 2000 e va dichiarato l’obbligo, da parte del Comune di Bari, a provvedere alla rideterminazione urbanistica dell’area su cui insistono i beni di proprietà dei sigg.ri Rubino.
3. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione V) accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, accoglie il ricorso
di primo grado, annulla l’atto impugnato e dichiara l’obbligo del Comune di
Bari a provvedere alla rideterminazione urbanistica dell’area su cui insistono
i beni di proprietà degli appellanti.
Compensa le spese di giudizio.