CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 3 ottobre
2003 n. 5742
Pres. Frascione, Rel.Branca; Rita Le Donne (avv. Antonio Funari)
c. Regione Lazio e USL RI/1. Conferma TAR Lazio, Sezione prima bis, 19 aprile
1995 n. 674
1 - Pubblico impiego – costituzione del rapporto - accertamento – in presenza di norma su inquadramento che esclude la valutazione di periodi pregressi – esclusione.
1 - Qualora una norma di sanatoria (nella specie, nella sanita’ ex art. 3 della legge n. 207/1985) escluda che l’inquadramento in ruolo avvenga con valutazione dell’anzianità pregressa, e’ altersi’ precluso l’accertamento giudiziale delle caratterisitiche del rapporto precedente (con subordinazione). Tale accertamento e’ precluso anche se tende ad un risultato ai soli fini degli effetti retributivi o previdenziali, cioe’ a quegli effetti che, ai sensi dell’art. 2126 c.c., conseguono a un rapporto di impiego anche se illegittimamente instaurato
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Breve commento
La vicenda del medico ricorrente, che beneficia di una sanatoria ma perde l’anzianita’
pregressa, anteriore al periodo sanato, si comprende meglio leggendo la decisione
V, 3 ottobre 2003 n. 5743, riportata in precedenza. In sostanza, il medico si
deve accontentare della sanatoria, perche’ beneficia gia’ di una eccezione al
principio generale dell’assunzione mediante pubblico concorso. Dinanzi a tale
vantaggio, il generale principio della valutabilità del rapporto di impiego
di fatto ai fini retributivi in applicazione dell’art. 2126 cc., diventa recessivo.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto
il ricorso proposto dalla dr. Rita Le Donne, in quadrata in ruolo con qualifica
di assistente medico presso la USL RI 1 ai sensi dell’art. 3 della legge n.
207 del 1985, al fine di ottenere il riconoscimento come rapporto di impiego
pubblico di fatto del servizio prestato tra il giugno 1981 e la data di inquadramento
in ruolo, e conseguente condanna dell’Amministrazione a corrisponderle le differenze
retributive, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria, e provvedendo
altresì all’assolvimento per lo stesso periodo degli oneri previdenziali.
Avverso la decisione la dr. Le Donne ha proposto appello, invocando a proprio
favore talune pronunce del giudice amministrativo.
La Azienda non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 17 giugno 2003 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appellante, assistente medico assunta in ruolo
a norma dell’art. 3 della legge n. 270 del 1985, in quanto titolare di rapporto
di natura convenzionale con la USL fin dal 1981, chiede l’accertamento che il
rapporto intrattenuto con l’ente, prima dell’applicazione della sanatoria, aveva
le caratteristiche di un rapporto di pubblico impiego di fatto, ai fini del
riconoscimento del diritto alle eventuali differenze retributive e alla regolarizzazione
della posizione previdenziale, secondo il noto indirizzo della giurisprudenza
amministrativa in tema di applicabilità dell’art. 2126 cc. e 38 cost..
L’appellante allega come il giudice amministrativo abbia più volte riconosciuto
che l’art. 3 della legge n. 207, nel prescrivere che l’inquadramento in ruolo
avvenga senza valutazione dell’anzianità pregressa sia preclusiva di una decorrenza
retroattiva dell’inquadramento in ruolo, ma non impedisca di accertare giudizialmente
che il rapporto precedente avesse le caratteristiche della subordinazione, ai
soli fini degli effetti retributivi o previdenziali, che, ai sensi dell’art.
2126 c.c., conseguono a un rapporto di impiego anche se illegittimamente instaurato
(Cons. St., Sez. V, n. 595 del 1996).
Osserva tuttavia il Collegio che tale orientamento non è univoco e che una considerazione
complessiva del quadro normativo imponga di seguire una soluzione sfavorevole
all’accoglimento della pretesa in esame.
E’ stato infatti più volte affermato, in tema di inquadramento ai sensi dell’art.
3 cit., che è possibile in sede di giurisdizione esclusiva l’accertamento di
un pregresso rapporto di pubblico impiego, anche indipendentemente dalla tempestiva
impugnazione degli atti che configuravano il rapporto come libero-professionale;
peraltro tale accertamento è stato ritenuto irrilevante ai fini concreti perché
l’esistenza di detto rapporto non può integrare il presupposto della attività
svolta in un posto di organico, e quindi far da esso conseguire l’inquadramento
ai sensi dell’art. 1 della legge n. 207. Nei casi come quello ipotizzato, quindi,
non può trovare applicazione altra norma che l’art. 3, con conseguente efficacia
ex nunc dell’inquadramento in ruolo della ricorrente (Sez. V, 13 giugno 1998
n. 824; 10 aprile 2000 n. 2061; 18 ottobre 2000, n. 5575; 23 luglio 2002 n.
4016).
Al fondo dell’avviso appena richiamato sta l’esatta percezione che l’art. 3
della legge regola una ipotesi di assunzione in sanatoria che si differenzia
da quella di cui al precedente art. 1 per la circostanza che il dipendente interessato
non ricopriva un posto vacante in pianta organica. Secondo la normativa in esame
tale motivo di distinzione delle due ipotesi ha comportato il riconoscimento
della retroattività del rapporto, nel caso dell’art. 1 e nella esclusione della
retroattività nel caso dell’art. 3.
L’esigenza sottesa alla disciplina in esame va individuata nella necessità di
impedire che un inquadramento in ruolo straordinario, che contraddice in via
eccezionale al principio dell’assunzione mediante pubblico concorso, anche in
deroga alle esigenze risultanti dalle piante organiche, attribuisca un peso
giuridico all’interno dell’instaurando rapporto di ruolo, in termini retributivi
e di carriera, anche alla fase convenzionale del rapporto, che rimane ontologicamente
non comparabile, ad avviso del legislatore, sia ai rapporti di impiego regolarmente
instaurati sia a quelli, pur precari, ma sorti per la copertura di vacanze di
organico.
In tale ottica, che è imposta da una puntuale previsione di legge, il generale
principio della valutabilità del rapporto di impiego di fatto ai fini retributivi
in applicazione dell’art. 2126 cc., non può che risultare recessivo, perché
si risolverebbe, negli effetti concreti, sul piano previdenziale e sul piano
retributivo, alla sostanziale retroattività del rapporto vietata dalla norma
in esame.
Né, d’altra parte, l’odierna appellante ha svolto alcuna contestazione avverso
l’inquadramento a norma dell’art. 3 della legge n. 207, sostenendo che la sua
posizione di servizio le avrebbe dato titolo per l’inquadramento a norma dell’art.
1 della stessa legge. La doglianza dedotta, come precisata nella memoria 4 giugno
2003, ha riguardato la pretesa alle differenze retributive e gli oneri previdenziali
per il periodo anteriore alla immissione in ruolo ai sensi dell’art. 3 della
legge.
In conclusione l’appello deve essere respinto.
Nulla per le spese.