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n. 10-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. .V - decisione 21 ottobre 2003 n. 6537
Pres. Quaranta, Est. Buonvino; MAGLIOZZI Iola Giuseppina e MAGLIOZZI Rinalda (avv. Francesco DI CIOLLO) c. Comune di SPERLONGA (avv. Corrado DE SIMONE).

1 - Silenzio della p.a. – formazione di silenzio rifiuto – diffida notificata – necessita’.

1 - Il silenzio-rifiuto si forma con la procedura dell’art.25 T.U. 10 gennaio 1957, n°3; pertanto, dopo l’infruttuosa scadenza di sessanta giorni dall’inizio d’ufficio del procedimento o dall’istanza del privato, ovvero entro il termine più lungo fissato dai regolamenti attuativi dell’art. 2, legge n°241 del 1990, occorre notificare a mezzo ufficiale giudiziario atto di diffida, concedendo un termine non inferiore a trenta giorni affinché l’amministrazione provveda. Si potra’ poi impugnare il silenzio nel termine decadenziale di sessanta giorni, decorrente dalla scadenza assegnata con la diffida (nel caso di specie si e’ ritenuto inammissibile il ricorso avverso un silenzio serbato da un Comune su una diffida a procedere all’annullamento d’ufficio di atti relativi ad una pista ciclabile, per carenza di notifica di diffida a provvedere).

 

 

FATTO

1) - Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza con cui il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalle odierne appellanti per la declaratoria della illegittimità del silenzio serbato dal Comune sulla diffida notificatagli il 9 settembre 2002.
2) - Per le appellanti la sentenza sarebbe erronea avendo il TAR erroneamente aderito alla tesi svolta dalla difesa del Comune di Sperlonga, giustificandone il silenzio e omettendo di sanzionarlo come colposo e ciò in contrasto con i principi sanciti nella decisione dell’A.P. n. 1/2002; inoltre, non poteva essere invocato, nella specie, il disposto di cui all’art. 25 del TU n. 3/1957 in merito alle modalità di formazione del silenzio inadempimento, a ciò ostando la disciplina di cui alla legge n. 205/2000.
3) - Si è costituito in giudizio il Comune appellato, insistendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.

DIRITTO

1) - Con atto notificato il 9 settembre 2002 le odierne appellanti diffidavano il Comune di Sperlonga “a ripristinare immediatamente la legalità violata mediante l’annullamento d’ufficio di tutti gli atti, ove adottati, a seguito dei quali è stato possibile mutare la destinazione d’uso dell’area a parcheggio pari a 61 mq. in pista ciclabile, nonché di tutti gli atti, ove adottati, che hanno consentito di realizzare una pista ciclabile difforme da quanto stabilito nel progetto esecutivo ……in modo da realizzare una strada carrabile abusiva, priva di banchina, di marciapiede e di accessi carrabili al lotto edificatorio di proprietà delle istanti……; sollecitano altresì l’immediata eliminazione degli attraversamenti carrabili della pista ciclabile in modo da eliminare pericolo per la pubblica e privata incolumità…….; nel contempo chiedono copia dei seguenti atti” (di cui segue l’elenco).
Nel silenzio serbato dal Comune, veniva proposto, dalle interessate, ricorso ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 1034/1971 per vedere dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione e nominare, all’occorrenza, un commissario ad acta.
Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso sia in quanto sostanzialmente rivolto alla rimozione di atti amministrativi neppure individuati, sia in quanto, comunque, non preceduto dalla diffida di cui all’art. 25 del T.U. n. 3/1957.
Per le appellanti la sentenza sarebbe erronea in quanto il TAR avrebbe dovuto limitarsi a constatare l’inadempimento da parte del Comune, invitandolo a provvedere e, in mancanza, a nominare un commissario ad acta perché provvedesse in suo luogo; inoltre, non sarebbe stata applicabile, nel nuovo regime introdotto dalla legge n. 205/2000, la disciplina di cui al citato art. 25.

2) - L’appello è infondato.
Non solo i primi giudici hanno correttamente posto in evidenza il fatto che taluno degli adempimenti precisati nella detta diffida reiterava, in effetti, una precedente richiesta avanzata dalle stesse interessate, sulla quale il Comune si era pronunciato negativamente con provvedimento del 30 agosto 2002 che non è stato fatto oggetto di impugnazione (sicché correttamente, per tale parte, è stata ritenuta l’inammissibilità del ricorso, non potendo, con lo strumento del silenzio inadempimento, proporsi iniziative atte ad eliminare dal mondo giuridico provvedimenti non altrimenti né tempestivamente impugnati), nonché il fatto che con la predetta diffida del 9 settembre 2002 era avanzata una richiesta di rimozione di determinazioni amministrative neppure precisate (donde la genericità della richiesta stessa); ma anche che il procedimento del silenzio di cui all’art. 21 bis della legge n. 1034/1971 non può essere utilizzato per ottenere la rimozione di determinazioni amministrative che, una volta individuate, debbono essere specificamente e puntualmente fatte oggetto di gravame, altrimenti potendosi sempre eludere, da parte dei soggetti interessati, l’operatività dei termini di decadenza per la proposizione dei ricorsi.

3) - Del pari correttamente il TAR ha ritenuto inammissibile il ricorso, non essendo stata la detta diffida preceduta da alcuna specifica e preliminare richiesta di adozione, da parte della P.A., delle determinazioni richieste solo con l’atto di diffida medesimo.
Con decisione dalla quale non vi è ragione di discostarsi (25 febbraio 2003, n. 1027) la Sezione ha ritenuto, invero, che, pur nell’attuale assetto del procedimento volto alla declaratoria di illegittimità del silenzio-rifiuto, è sempre indispensabile l'attivazione della procedura di cui all’art. 25, primo comma, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3; pertanto l’interessato, dopo l’infruttuosa scadenza del termine di sessanta giorni dall’inizio d’ufficio del procedimento (che in tal caso tiene luogo dell’istanza del privato) ovvero di quello più lungo fissato dai regolamenti attuativi dell’art. 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990, deve notificare a mezzo ufficiale giudiziario apposito atto di diffida e messa in mora, concedendo un termine non inferiore a trenta giorni affinché l’amministrazione provveda, per poi impugnare il silenzio, innanzi al giudice amministrativo, nel termine decadenziale di sessanta giorni, decorrente dallo scadere del termine assegnato con la diffida (cfr., anche Sez. VI, 11 giugno 2002, n. 3256).
Nella specie deve osservarsi che il predetto atto di diffida non risulta preceduto dalla notificazione di alcuna altra richiesta a provvedere nei sensi solo in detta missiva precisati; con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, l’originario ricorso è da ritenere inammissibile per omessa osservanza delle disposizioni che disciplinano la procedura per la formazione del silenzio-rifiuto.

4) - Quanto, poi, alla richiesta di produzione di documenti amministrativi anch’essa formulata nella diffida del 9 settembre 2002, il TAR ha pure dichiarato l’inammissibilità del ricorso, non essendo stata attivata, a tal fine, la procedura di cui all’art. 25 della legge n. 241/1990.
Sul punto difetta ogni censura da parte delle interessate, che si limitano, inammissibilmente (non avendo svolto, in proposito, alcuna specifica doglianza volta a censurare il capo della sentenza recante tale puntuale pronuncia di inammissibilità) a reiterare, nella parte conclusiva dell’appello, la richiesta di produzione documentale.

5) – Circa la condanna, infine, delle originarie ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, si tratta di pronuncia pienamente corretta, facendo seguito alla soccombenza dalle stesse deducenti patita in quella sede.

6) - Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

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