CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - decisione
18 novembre 2003 n. 7318
Pres. Elefante, Rel. Marchitiello; Frola Pietro (avv.ti Claudio
Dal Piaz e Mario Contaldi) c. Comune di Montanaro (avv.ti Giorgio Santilli e
Mario Meneghini).
Edilizia ed urbanistica – sanatoria – domanda incompleta per carenza di documenti – diniego di sanatoria – legittimita’
E’ legittima la dichiarazione di improcedibilita’ per mancata presentazione di documenti nel termine di 3 mesi dalla domanda di integrazione documentale, qualora l’autore di un abuso edilizio abbia avanzato una domanda formulata in modo incompleto. Non e’ necessaria una preventiva notificazione del diniego di sanatoria in quanto l’art. 39 della L. 23/12/1994 n. 724 n. prevede tale adempimento.
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Breve commento
L’orientamento della V Sezione fornisce utili indicazioni per la procedura di
sanatoria introdotta dal Decreto Legge 2 ottobre 2003 n. 269 (art. 32): ivi
infatti e’ prevista una nuova possibilita’ di sanatoria edilizia, con (comma
32 e 35) specifica documentazione da allegare. Si ripropone quindi la problematica
delle domande non complete, per le quali l’art. 39 della L. 724/1994, modificata
dalla L. 662/1996 (art. 2 co. 37 lett. d) commina il diniego di concessione
per carenza di documentazione per improcedibilita’ della domanda tutte le volte
che manchino i documenti previsti dalla legge all’indomani di una integrazione
richiesta dal Comune
FATTO
Il Sig. Pietro Frola adiva il T.A.R. del Piemonte
chiedendo l’annullamento dell’ordinanza del 20.8.1999, n. 1731, con la quale
il responsabile dell’area tecnico-manutentiva del Comune di Montanaro gli aveva
intimato la riduzione in pristino del fabbricato di Via Perinetti, n. 11, per
opere realizzate senza concessione edilizia.
Il ricorso era diretto all’annullamento anche della nota del 14.6.1999, n. 6035,
dell’Ufficio Tecnico comunale con la quale veniva comunicato al Sig. Frola la
improcedibilità della istanza di condono da lui presentata relativamente ai
predetti abusi edilizi.
Il Comune di Montanaro si costituiva in giudizio opponendosi all’accoglimento
del ricorso.
Il T.A.R. del Piemonte, I Sezione, con la sentenza del 21.5.2002, n. 1033, respingeva
il ricorso.
Il Sig. Frola appella la sentenza chiedendone la riforma. Resiste all’appello
il Comune di Montanaro che chiede la conferma della sentenza appellata.
All’udienza dell’11.7.2003, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.
DIRITTO
Il Sig. Pietro Frola appella la sentenza del
21.5.2002, n. 1033, con la quale la 1^ Sezione del T.A.R. del Piemonte ha respinto
il suo ricorso diretto all’annullamento dell’ordinanza del 20.8.1999, n. 1731.
Con tale provvedimento, il responsabile dell’area tecnico-manutentiva del Comune
di Montanaro aveva intimato al Sig. Frola la riduzione in pristino del fabbricato
di Via Perinetti, n. 11, eliminando le opere realizzate in contrasto con la
concessione edilizia di ristrutturazione assentitagli dal Comune (consistenti
nell’aumento della volumetria del fabbricato con la chiusura con muri perimetrali
di buona parte del piano terreno, che, invece, avrebbe dovuto essere costituito
da un portico aperto; realizzazione di tettoie nel cortile non previste dalla
concessione).
La sentenza respingeva il ricorso anche per quanto riguarda la impugnativa della
nota del 14.6.1999, n. 6035, dell’Ufficio Tecnico comunale, con la quale era
stato comunicato al Sig. Frola la improcedibilità della istanza da lui presentata
per ottenere la sanatoria dei predetti abusi edilizi.
L’appello è infondato nei due motivi su cui è articolato.
Con il primo motivo, l’appellante svolge più censure.
Il Sig. Frola, innanzitutto, sostiene che l’ordinanza di riduzione in pristino
non è stata preceduta da un provvedimento di diniego della sanatoria, non potendosi
definire tale la nota del 14.6.1999, n. 6035.
E’ sufficiente esaminare il testo di tale nota per stabilire l’inconsistenza
della censura.
La nota in parola, infatti, dopo avere rilevato che la documentazione richiesta
non era completa, aggiunge: “l’istanza non potrà avere ulteriore seguito, essendo
ormai scaduti i termini prescritti di mesi tre dalla presentazione. Pertanto,
come già comunicato con la nostra nota del 14.10.1998, si ribadisce che, ai
sensi dell’art. 3, comma 37, lett. D), della legge n. 662/96 la mancata presentazione
della documentazione nei termini prescritti ha comportato la improcedibilità
della domanda per carenza di documentazione”.
Per la disposizione di legge citata nella nota in esame alla improcedibilità
della domanda è connesso automaticamente il diniego della sanatoria (“La mancata
presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi
dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal Comune comporta l’improcedibilità
della domanda e il conseguente diniego della concessione o dell’autorizzazione
in sanatoria”).
Il fatto che la nota del 14.6.1999 aggiunga, usando il verbo al futuro, che
la improcedibilità della domanda “comporterà” il diniego della sanatoria, non
rende la nota un atto endoprocedimentale, contrariamente a quanto sostenuto
con la censura in esame, in quanto, sancendo la improcedibilità della domanda,
il Comune implicitamente ma sicuramente ha negato il richiesto condono edilizio.
Ciò anche a prescindere dal fatto che la reiezione della domanda di condono
edilizio costituisce un effetto collegato direttamente dalla legge alla mancata
presentazione della necessaria documentazione nei termini da essa stabiliti
e, quindi, alla improcedibilità della domanda.
La circostanza che non sia stato adottato un provvedimento espresso di diniego,
partecipato all’interessato mediante notifica è quindi irrilevante, a parte
l’osservazione che, in base all’art. 39 della legge 23.12.1994, n. 724, che
ha modificato il procedimento relativo al condono delle violazioni edilizie
– con disposizioni applicabili ai procedimenti in corso, in quanto norme procedurali
– non prevede alcuna notificazione.
Va anche respinta la censura di incompetenza.
Secondo l’appellante, la nota del 14.6.1999, intesa come diniego di sanatoria,
non è stata adottata dal Sindaco che è l’organo competente in materia.
Si osserva che, a norma dell’art. 51, comma terzo, della legge 8.6.1990, n.
142, (oggi art. 107 del D.Lgs 18.8.2000, n. 267), la competenza ad adottare
il provvedimento de quo spetta ai dirigenti comunali e non più al Sindaco, in
quanto sono di competenza dei dirigenti comunali “tutti i compiti, compresa
l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli
organi di governo dell'ente”.
Va respinta anche la terza censura, con la quale l’appellante, premesso di avere
presentato l’istanza di sanatoria ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 della
legge n. 47 del 1985, deduce che tale legge non prevede la improcedibilità della
domanda per la mancata presentazione nei termini di documenti.
Si osserva al riguardo che l’art. 49, comma 7, della legge 27.12.1997, n. 449,
ha espressamente esteso le disposizioni relative alla mancata presentazione
dei documenti “anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi della
legge 28.2.1985, n. 47 del 1985, per cui non si è maturato il silenzio assenso
a causa di carenza di documentazione obbligatoria per legge”.
E’manifestamente infondata, infine, la questione di costituzionalità del citato
art. 49, comma 7, della legge n. 662 del 1996 prospettata dall’appellante sotto
il profilo della violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza.
Ed invero, non è affatto irrazionale che il legislatore abbia introdotto - anche
per i procedimenti ancora in corso dopo undici anni dalla entrata in vigore
della legge n. 47 del 1985 - la misura della decadenza per la mancata produzione
della documentazione richiesta dall’amministrazione nel termine di tre mesi
dalla entrata in vigore della stessa legge n. 662.
In conclusione, l’appello va respinto.
Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del
secondo grado del giudizio