CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - decisione
12 dicembre 2003 n. 8198
Pres. Quaranta, Est. Cerreto, Comune di Frattamaggiore
(Avv. S. A. Violante) c. Crispino (Avv. P. Tesauro). Conferma T.A.R. Napoli,
sez. II, n. 1156 del 28.4.1999
1) Edilizia ed urbanistica – piano regolatore – delibera provinciale di approvazione - annullamento – conseguenze – annullamento anche della delibera comunale di adozione
2) Edilizia ed urbanistica – piano regolatore – vincoli di inedificabilita’ – in caso di annullamento del PRG – nuova delibera che ripropone i vincoli di PRG – illegittimita’ – nuova adozione del PRG – legittimita'
3) Attivita’ amministrativa – principi di tipicita’ degli atti amministrativi – necessitia’ che l’atto corrisponda ad uno schema e ad un procedimento – fattispecie in tema di pianificazione urbanistica
1)Qualora il giudice amministrativo annulli la delibera della provincia che approvi un PRG comunale, viene meno anche la delibera comunale di adozione del piano e rivive la precedente disciplina urbanistica. Cio’ accade quando l’annullamento giurisdizionale della approvazione provinciale non si limiti a statuire l’illegittimità delle modifiche apportate d’ufficio dalla Provincia (nel qual caso evidentemente vi sarebbe un annullamento parziale, con salvezza del provvedimento approvativo senza le prescrizioni aggiuntive ritenute illegittime), ma la sentenza ritenga che la determinazione adottata dalla Provincia evidenzi un sostanziale giudizio sfavorevole del piano adottato.
2)Qualora venga meno l’approvazione della Provincia ad un PRG, il Comune non ha il potere di adottare una nuova delibera al solo scopo di confermare, sino alla definitiva programmazione urbanistica del territorio, le destinazioni di interesse pubblico già inserite nel piano regolatore adottato ed annullato dal TAR. Il Comune potrebbe semmai adottare, tenendo conto del vincolo nascente dal giudicato, un nuovo piano regolatore.
3) In materia urbanistica (come in ogni altro settore disciplinato dal diritto pubblico) occorre tener presente il principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi, in base al quale la PA. non può adottare uno strumento urbanistico che non corrisponda ad uno schema già predeterminato dalla specifica normativa non solo nel suo iter procedurale, ma anche con riguardo all’oggetto ed al contenuto.
FATTO
Con l’appello in epigrafe, il comune di Frattamaggiore ha fatto presente che il sig. Crispino aveva chiesto in data 13.3.1997 al Comune una concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato per civili abitazioni; che il Comune con provvedimento n. 11172 del 7.7.1997 gli aveva negato detta concessione in quanto l’intervento era in contrasto con le prescrizioni urbanistiche vigenti, confermate da ultimo con delibera n. 105 del 14.11.1995; che l’interessato proponeva ricorso al TAR avverso il provvedimento di diniego e la delibera n. 105/95; che il TAR con la sentenza in epigrafe accoglieva tale ricorso, ritenendo che con la precedente sentenza TAR n. 305/95 fosse stato annullato in toto il P.R.G. adottato con delibera comunale n. 334 del 21.12.1984 ed approvato con deliberazione provinciale n .4295 del 13.12.1989 con conseguente riviviscenza del piano di fabbricazione risalente al 1956.
Ha dedotto che detta sentenza era erronea ed
ingiusta per le seguenti ragioni:
-la precedente sentenza del TAR n. 305/1995 si era limitata ad annullare il
provvedimento di approvazione provinciale per vizi propri, per cui era insuscettibile
di estensione alle prescrizioni urbanistiche adottate dal consiglio comunale
nel 1984;
-al momento dell’emanazione del provvedimento sindacale di diniego, la disciplina
non poteva che essere rinvenuta nella delibera di adozione del P.R.G. n. 334/1984,
che destinava le aree in contestazione ad attrezzature di carattere collettivo
e di interesse generale;
-il TAR non aveva perciò tenuto conto della duplice valenza effettuale della
delibera di adozione di un P.R.G.;
-a seguito dell’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo, l’Amministrazione
aveva la facoltà di rinnovare in tutto od in parte il procedimento, con il solo
limite del rispetto della regula juris quale enucleabile dalla pronuncia giurisdizionale
di caducazione;
-nella specie l’inerzia dell’Amministrazione provinciale, a seguito della sentenza
TAR n. 305/1995, consentiva di desumere che vi era stata l’approvazione per
silentium del piano regolatore adottato per effetto del combinato disposto di
cui all’art. 8 L. n. 1150/1942 ed art. 5 L.R.C. n. 14/1982;
-in ogni caso, pur ritenendosi che fosse comunque onere del comune di trasmettere
lo strumento urbanistico del 1984, tale adempimento era stato adempiuto con
la trasmissione della delibera n. 105/1995, ricevuta dalle amministrazioni competenti
il 27.3.1997;
-pur ritenendosi che la delibera n. 105/95 fosse il risultato di una nuova ed
autonoma valutazione, comunque essa doveva considerarsi come conferma, in parte
qua, della delibera di adozione del piano regolatore, essendo stata sottoposta
alle garanzie procedimentali prescritte dalla L. n. 1150/42 e L.R.C. n. 14/1982,
per cui essa doveva ritenersi immediatamente lesiva ;
-il Comune infine con delibera n. 4 del 16.1.1999 aveva adottato un nuovo piano
regolatore, con conferma della destinazione dell’area in questione e conseguente
improcedibilità del ricorso originario, aspetto che non era stato rilevato dal
TAR.
Costituitosi in giudizio, il sig. Crispino ha
richiesto il rigetto dell’appello, riproducendo anche le due censure non esaminate
dal TAR.
Entrambe le parti hanno presentato memoria conclusiva.
In particolare, il Comune ha evidenziato l’improcedibilità del ricorso originario
in quanto medio tempore l’Amministrazione provinciale aveva approvato con decreto
n. 884 del 7.11.2001 il nuovo piano regolatore, adottato dall’amministrazione
comunale in data 16.1.1999, con il rigetto delle osservazioni proposte dal Crispino
con deliberazione C.C. n. 17 del 15.3.2000 e con deliberazioni C.P. n. 12 del
14.2.2001 e n. 53 del 9.7.20011. Tanto più che l’interessato aveva proposto
altro ricorso al TAR Campania avverso l’approvazione del nuovo piano regolatore
ed il rigetto delle sue osservazioni, che era stato respinto con la sentenza
n. 8283 del 2003.
Alla pubblica udienza del 21.10.2003, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Con sentenza T.A.R. Campania, sez. II, n.
1156 del 28.4.1999 è stato accolto il ricorso proposto da Crispino Nicola avverso
il avverso il provvedimento n. 11172/97 del comune di Frattamaggiore di diniego
della concessione edilizia richiesta e la delibera n. 105/95 di riproposizione
dei vincoli previsti dal PRG per la salvaguardia delle aree destinate ad opere
pubbliche o di interesse pubblico.
Avverso detta sentenza ha proposto appello il Comune.
2. L’appello è infondato.
2.1. Priva di pregio è l’eccezione di improcedibilità
del ricorso originario sollevata dal Comune.
Tale carenza sopravvenuta di interesse sarebbe dovuta al fatto che medio tempore
l’Amministrazione provinciale aveva approvato con decreto n. 884 del 7.11.2001
il nuovo piano regolatore, adottato dall’amministrazione comunale in data 16.1.1999,
con il rigetto delle osservazioni proposte dal Crispino con deliberazione C.C.
n. 17 del 15.3.2000 e con deliberazioni C.P. n. 12 del 14.2.2001 e n. 53 del
9.7.20011. Tanto più che l’interessato aveva proposto altro ricorso al TAR Campania
avverso l’approvazione del nuovo piano regolatore ed il rigetto delle sue osservazioni,
che era stato respinto con la sentenza n. 8283 del 2003.
Al riguardo si osserva che le circostanze evidenziate non possono comunque condurre
ad una pronuncia di improcedibilità per il semplice fatto che quanto statuito
dall’invocata sentenza TAR Campania n. 8283/2003 (decisa nella camera di consiglio
del 21.5.2003) non risulta allo stato passato in giudicato, essendo tuttora
pendente per lo meno il termine annuale per appellarla in mancanza di intervenuta
notifica della sentenza di 1° grado presso il procuratore costituito (aspetto
di cui il Comune non fa cenno). 2.2. Nel merito la decisione del TAR merita
conferma.
2.2.1. Contrariamente a quanto sostenuto dal
Comune, l’annullamento giurisdizionale (TAR Campania n. 305/1995) della delibera
provinciale del 1989 di approvazione del piano regolatore generale adottato
dal Comune nel 1984 aveva travolto nella specie anche la delibera di adozione
del piano.
Occorre considerare che nella specie l’annullamento giurisdizionale del provvedimento
di approvazione provinciale non si era limitato a statuire l’illegittimità delle
modifiche apportate d’ufficio dalla Provincia (nel qual caso evidentemente vi
sarebbe stato un annullamento parziale con salvezza del provvedimento approvativo
senza le prescrizioni aggiuntive ritenute illegittime : V. la decione di questo
Consiglio n. 2592 del 15.5.2002) ma ha ritenuto che la determinazione adottata
dalla Provincia evidenziava un sostanziale giudizio sfavorevole del piano adottato.
Con la conseguenza che l’annullamento dell’approvazione provinciale veniva a
caducare anche la delibera comunale di adozione del piano, con reviviscenza
della precedente disciplina urbanistica. 2.2.2. Inoltre, come correttamente
rilevato dal TAR, in materia urbanistica (come del resto in ogni altro settore
disciplinato dal diritto pubblico) occorre tener presente il principio di nominatività
e tipicità degli atti amministrativi, in base al quale la PA. non può adottare
uno strumento urbanistico che non corrisponda ad uno schema già predeterminato
dalla specifica normativa non solo nel suo iter procedurale, ma anche con riguardo
all’oggetto ed al contenuto (V. la decisione di questo Consiglio Sez. IV n.
525 del del 28.7.1982).
Per cui, non essendo previsto dalla relativa normativa un provvedimento del
genere, il Comune non aveva il potere di adottare la delibera n. 105/1995 al
solo scopo di confermare, sino alla definitiva programmazione urbanistica del
territorio, le destinazioni di interesse pubblico già inserite nel piano regolatore
adottato nel 1984 ed annullato dal TAR con la sentenza n. 305/1995. Avrebbe
potuto semmai adottare, tenendo conto del vincolo nascente dal giudicato, un
nuovo piano regolatore secondo l’iter procedurale prescritto, come poi del resto
ha fatto con la delibera del 16.1.1999.
Ne discende anche che l’interessato non aveva un onere di impugnare autonomamente
e tempestivamente detta delibera n. 105/1995 in quanto non idonea a ledere la
sua posizione soggettiva fino a quando non è intervenuto poi il concreto provvedimento
di diniego, regolarmente impugnato.
2.2.3. Prive di pregio sono infine le deduzioni
dell’appellante in ordine ad una presunta formazione del silenzio assenso rispetto
sia alla delibera di adozione del piano regolatore comunale del 1984 sia alla
delibera n. 105/95.
Invero, la delibera di adozione di piano regolatore del 1984 era stata travolta
dall’annullamento dell’approvazione provinciale operato dalla sentenza del TAR
n. 305/1995, per cui su di essa non poteva intervenire alcun silenzio assenso
per inerzia dell’Amministrazione provinciale.
La trasmissione poi alla Provincia della delibera n. 105/1995, intervenuta peraltro
con notevole ritardo e precisamente il 27.3.1997, non poteva comportare l’invocato
silenzio assenso, previsto dall’art.5 L.R.C. 20.3.1982 n. 14 esclusivamente
per i piani regolatori generali non esaminati dalla Provincia entro un anno,
atteso che l’atto trasmesso non poteva qualificarsi un piano regolatore generale
per mancanza di una disciplina della totalità del territorio comunale, limitandosi
solo ad una mera reiterazione di vincoli di inedificabilità.
3. Per quanto considerato, l’appello deve essere
rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado
di giudizio.