CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza
18 dicembre 2003, n. 8341
Pres. Frascione, Est. Corradino; Dimiccoli Francesco, Centaro
Antonio e Vania Ignazio (Avv.ti Mario Criscuoli e Mario Sanino) c. L’Azienda
Unità Sanitaria Locale BA/2 (Avv. Luigi Paccione). Conferma T.A.R. Puglia, Bari,
sez. I, 2 febbraio 2000 n. 412.
Atto amministrativo – Procedura di avvio a norma della legge 241/1990 – Necessita’ - Limiti
E’ legittimo un atto di annullamento
in autotutela di una nomina a vigile sanitario, disposto da un’amministrazione
per contrasto con norme di divieto di nuove assunzioni. In ipotesi del genere
non trovano applicazione gli artt. 7, 8 e 10 della L. 241/1990 perche’:
a) l'obbligo per l’amministrazione di dare comunicazione agli interessati dell'avvio
del procedimento è in funzione dell'esigenza di consentire la partecipazione
del privato all'attività procedimentalizzata della stessa amministrazione, in
duplice chiave collaborativa e difensiva, e quindi sussiste nei soli procedimenti
ex officio e per quelli in cui il destinatario non abbia avuto in altro modo
conoscenza dell'agere amministrativo, sicché tale obbligo procedimentale sussiste
nelle sole ipotesi in cui l'interessato ignori l'esistenza del procedimento
stesso;
b) tale obbligo di dare notizia dell'avvio del procedimento può essere validamente
ottemperato con qualsiasi meccanismo che assicuri il raggiungimento dello scopo
di consentire all'interessato la chiara percezione dell'avvio della nuova fase
procedimentale;
c) l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento vale solo per i casi
in cui un apporto endoprocedimentale del privato rivesta effettivo e concreto
rilievo ai fini dell'adozione della determinazione conclusiva. In conseguenza
non vi e’ violazione della legge 241/1990 qualora, pur trattandosi di annullamento
d’ufficio di una precedente nomina, non sia configurabile alcun ipotizzabile
margine di utilità, per l'azione amministrativa, rinveniente dall'apporto endoprocedimentale
dei destinatari dell’atto.
FATTO
Con la gravata sentenza il TAR della Puglia,
previa riunione, ha rigettato il ricorso (iscritto al nr. 1730/1999 R.G.) proposto
dai Signori Dimiccoli Francesco, Centaro Antonio, Spinazzola Domenico e Vania
Ignazio, avverso la delibera del Direttore generale dell’Azienda Unità Sanitaria
Locale BA/2 di annullamento in autotutela delle precedenti delibere di assunzione
degli odierni appellanti, mentre ha dichiarato improcedibile il ricorso (iscritto
al nr. 170/1998 R.G.) avverso la delibera del Direttore generale dell’Azienda
Unità Sanitaria Locale BA/2 con il quale veniva indetta nuova procedura concorsuale
per la copertura di 5 posti di "operatore professionale collab. di 1^ categoria
– vigile sanitario
La sentenza è stata appellata dai Signori Dimiccoli Francesco, Centaro Antonio
e Vania Ignazio che contrastano le argomentazioni del TAR Puglia.
L’Azienda Unità Sanitaria Locale BA/2 si è costituita per resistere all’appello.
Alla pubblica udienza del 1 luglio 2003, il ricorso veniva trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare occorre esaminare alcuni motivi di appello incidentale avanzati dall’odierna appellata, in quanto afferenti a questioni pregiudiziali.
2. Con motivo di appello incidentale, l’Azienda
Unità Sanitaria Locale BA/2 sostiene che, in riforma della sentenza gravata,
deve essere dichiarata l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice
adito, del ricorso di primo grado (iscritto al nr. 1730/1999 R.G.) in favore
della giurisdizione ordinaria, secondo le previsioni racchiuse nei D.L.vi nn.
29/1993, 80/1998. Il motivo è infondato.
Ai sensi dell'art. 68 del d.lg. 3 febbraio 1993, n. 29 (nel testo sostituito
dall'art. 29 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 ed ulteriormente modificato dall' art.
18 d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387; si veda, ora, l'art. 63 del d.lg. 30 marzo
2001 n. 165), sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del
lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni, incluse le controversie concernenti l'assunzione
al lavoro e il conferimento o la revoca di incarichi dirigenziali, ancorchè
vengano in questione atti amministrativi presupposti, mentre rientrano nella
giurisdizione del giudice amministrativo soltanto le controversie in materia
di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Per effetto delle disposizioni citate vanno ricomprese nella giurisdizione del
giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di
lavoro, dalla sua instaurazione fino all'estinzione, compresa ogni sezione o
fase intermedia, relativa a qualsiasi vicenda modificativa, mentre la riserva
in via residuale alla giurisdizione amministrativa concerne esclusivamente le
procedure concorsuali strumentali alla costituzione di un rapporto di lavoro
con la pubblica amministrazione. Nella materia del pubblico impiego "privatizzato",
invero, occorre distinguere, ai fini del riparto della giurisdizione, tra controversie
relative ai rapporti di lavoro in atto (attribuite all’Autorità giurisdizionale
ordinaria), e controversie relative all'attività amministrativa finalizzata
all'instaurazione dei rapporti stessi (devolute all’Autorità giurisdizionale
amministrativa). Dal richiamato art. 68 comma 1 d.lg. n. 29 del 1993 è possibile
ricavare il principio secondo cui, ai fini del riparto della giurisdizione,
il legislatore ha inteso abbandonare il criterio fondato sulla natura della
posizione soggettiva fatta valere dall'interessato, per abbracciare un criterio
ratione materiae; ciò non solo in virtù dell'onnicomprensiva dizione usata dal
legislatore, ma anche perchè in tale settore appare arduo distinguere tra posizioni
di diritto soggettivo e interesse legittimo per introdurre, in via interpretativa,
il criterio tradizionale di riparto della giurisdizione. Detto diversamente,
il criterio di riparto della giurisdizione è dato, nella questione in esame,
dalla nascita del rapporto rispetto al quale la stipula del relativo contratto
assume valore costitutivo. Tutto ciò che è a monte del rapporto e del contratto
di lavoro appartiene, invece, alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Il legislatore ha in tal modo (coerentemente alle analoghe previsioni di giurisdizione
per blocchi di materia operate dalle coeve disposizioni degli art. 33, 34 e
35 d.lg. n. 80 del 1998), inteso evidenziare la distinzione tra aspetto organizzativo
(caratterizzato dall'esplicazione di poteri autoritativi della pubblica amministrazione,
a fronte dei quali sono configurabili posizioni di interesse legittimo) ed aspetto
gestionale del rapporto di lavoro (in cui la relazione intercorrente tra le
parti è di reciproca parità). Detto indirizzo interpretativo è corroborato dalla
nuova formulazione dell'art. 36 d.lg. n. 29 del 1993 ("l'assunzione nelle amministrazioni
pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro") e dal disegno complessivo
sotteso alla cd. privatizzazione del rapporto di pubblico impiego: la costituzione
del rapporto di lavoro non avviene, cioè, nè con la richiesta di partecipazione
al concorso nè all'esito della procedura selettiva, bensì tramite la sottoscrizione
di apposito contratto individuale. Risulta pertanto corretto il decisum del
giudice di prime cure che, in assenza di costituzione del rapporto di lavoro,
ha ritenuto la propria giurisdizione.
3. Deve essere parimenti disattesa l’eccezione
di inammissibilità per difetto di interesse, dei ricorsi di primo grado, riuniti
e decisi con la sentenza gravata, eccezione riproposta in appello dall’Azienda
appellata. Sostiene l’Azienda, che il provvedimento di nomina degli odierni
appellanti a vigile sanitario, poi oggetto del provvedimento di autotutela impugnato
in primo grado, era sottoposto a condizione sospensiva, condizione data dalla
approvazione del medesimo provvedimento da parte del Co.re.co di Bari. Ne deriva,
secondo l’appellata, che nessun interesse può riconoscersi in capo agli odierni
appellanti, in ordine all’annullamento di un precedente atto inefficace o ineseguibile,
sul rilievo che i ricorrenti in primo grado non sarebbero tempestivamente insorti
avverso gli atti di nomina in parte qua.
Il motivo è infondato.
L’annullamento dell’atto tutorio negativo (sentenze TAR Puglia nn. 744 e 745/1998)
ha implicato, secondo la giurisprudenza consolidata, l’effetto di rendere esecutivi
gli atti di nomina degli odierni appellanti, sin dalla emanazione degli atti
medesimi. Tale principio, peraltro, risulta confermato dall’operato dell’amministrazione
che ha provveduto all’annullamento d’ufficio delle deliberazioni, id est alla
rimozione ex tunc di atti che avevano medio tempore prodotto i loro effetti.
4. Deve, a questo punto, essere esaminato il primo motivo di
ricorso in appello proposto dai Signori Dimiccoli Francesco, Centaro Antonio
e Vania Ignazio. Secondo gli odierni appellanti il provvedimento di annullamento
d’ufficio della nomina risulta viziato dalla violazione degli artt. 7,8 e 10
della L. 241/1990, nonché da eccesso di potere.
Il motivo è infondato.
Invero risulta che il Direttore dell’Azienda, nell’adottare
l’atto di autotutela, richiamò le norme che vietavano le nuove
assunzioni, norme la cui violazione rendevano illegittimo l’atto annullato.
Inoltre, anche la censura di difetto di motivazione mossa dagli odierni appellanti
avverso il predetto atto di secondo grado non merita accoglimento.
Deve essere osservato che la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo,
come messo in luce dalla prevalente giurisprudenza, è finalizzata a consentire
al cittadino la ricostruzione dell’iter logico – giuridico attraverso
cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un atto, al
fine di controllare il corretto esercizio del potere, onde far valere, eventualmente,
le proprie ragioni nelle opportune sedi. La stessa giurisprudenza ha chiarito
che non è possibile definire uno schema rigido, fisso ed immutabile adottando
il quale può dirsi assolto da parte dell’Amministrazione l’onere
della motivazione; la profondità del discorso giustificativo, infatti,
varia in ragione del variare degli effetti dell’atto, dei suoi destinatari,
dell’incidenza dell’interesse pubblico perseguito sugli interessi
privati et similia. Tuttavia, ciò che si richiede perché l’atto
sia posto al riparo da censure concernenti la parte motiva, è che siano
palesate le ragioni giustificatrici della decisione racchiusa nel provvedimento
impugnato, non potendo la motivazione esaurirsi in mere enunciazioni generiche.
Orbene, con riferimento alla vicenda in esame, dal tenore del provvedimento
gravato sono inferibili le ragioni giustificatrici della decisione.
Risulta, altresì, che l’Amministrazione effettuò la comparazione
degli interessi in gioco, ritenendo prevalente quello pubblico rispetto a quello
degli aspiranti.
6. Con il terzo motivo di ricorso gli appellanti
deducono la violazione dell’art. 1 L.n. 662/1996, nonché eccesso di potere per
erronea motivazione, erronea presupposizione, violazione di circolari. Gli appellanti
sostengono, in particolare, che la disciplina del cd. blocco delle assunzioni
non risulta applicabile al loro caso.
Il motivo è infondato.
Come rilevato dal giudice di prime cure, gli atti di nomina (poi oggetto di
annullamento in autotutela) furono adottati durante la vigenza di un cd. blocco
delle assunzioni; la deroga per il comparto sanitario, deroga recata dall’art.
1 L.n. 662/1996, non risulta applicabile al caso in esame, in quanto, in aderenza
al principio tempus regit actum, non può riconoscersi alcun effetto precettivo
ad una legge successiva rispetto ad una vicenda sostanzialmente conclusasi sotto
la previgente disciplina (Cons. Stato, Sez.IV, 03/03/2000, n. 1126); le condizioni
di legittimità dell'atto amministrativo, infatti, vanno riscontrate alla luce
della situazione di fatto e di diritto esistenti al momento della sua emanazione,
con irrilevanza dello jus superveniens.
7. Infine, deve essere confermata la pronuncia gravata laddove
dichiara improcedibile il ricorso di primo grado iscritto al nr. 170/1998 R.G.,
atteso che, non venendo meno il provvedimento di annullamento dell’atto
di nomina, nessun interesse è riscontrabile in capo agli appellanti in
ordine alla demolizione degli atti impugnati con tale ricorso.
Sul punto, in via di appello incidentale, l’Azienda appellata ha chiesto
che la pronuncia gravata, nella parte in esame, venga riformata, dichiarando
l’inammissibilità del prefato ricorso per omessa notifica dello
stesso all’Assessorato regionale. Invero, con il predetto ricorso, veniva
gravata, unitamente all’atto di indizione del nuovo concorso, anche la
circolare assessoriale n. 3/1997. Risulta, pertanto, che gli odierni appellanti
ritennero (esercitando, secondo la prevalente giurisprudenza, una facoltà)
di impugnare unitamente all’atto di indizione del nuovo concorso, la circolare
recante vincolanti indirizzi applicativi circa la copertura di posti nelle piante
organiche della AA.UU.SS.LL. pugliesi. Detto ricorso, non è tecnicamente
definibile come ricorso cumulativo; invero <<nel processo amministrativo,
in assenza di una espressa disciplina dell'istituto della connessione, il principio
secondo il quale il ricorso giurisdizionale deve essere diretto contro un solo
atto oppure contro atti diversi, ma tra loro collegati, si fonda sulla necessità
di evitare la confusione tra controversie del tutto diverse, il che si verifica
quando in un solo giudizio confluiscono atti che promanano da Autorità
differenti, che difettino di ogni collegamento e che attengano a rapporti sostanziali
diversi; peraltro, la sussistenza di casi di specie connessi, quale presupposto
per la proponibilità del ricorso cumulativo, deve essere assunta in termini
di ragionevolezza o di giustizia sostanziale, senza quindi formalismi privi
di fondamento logico e comunque di per sè idonei a giustificare una maggiore
gravosità degli oneri procedurali posti a carico di chi vuole tutelarsi
contro atti della pubblica Autorità ritenuti non legittimi (Cons. Stato,
Sez. IV, 01/09/1998, n. 1139). Orbene, in considerazione della insussistenza
di oggettiva connessione fra i due atti, alla luce dell’assenza di onere
d’impugnazione della circolare assessoriale, il ricorso può ritenersi
rivolto avverso il solo atto principale (id est: bando di concorso), così
venendo meno l’onere di notifica all’Autorità emanante la
circolare n. 3/1997.
Ciò considerato l’appello principale e l’appello incidentale
devono essere rigettati.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.