TAR LOMBARDIA, SEZ. BRESCIA - ordinanza
presidenziale 10 marzo 2003 n. 189
Pres. Mariuzzo; SOCIETA’ DAC S.p.A. (Avv.ti Arturo Braga, Carlo Braga
e Caterina Braga) contro AZIENDA OSPEDALIERA “SPEDALI CIVILI” di BRESCIA (Avv.ti
Giovanni Esposito e Dario Meini), PELLEGRINI S.p.A. (Avv.ti Massimiliano Brugnoletti,
Luca Pellicelli e Paola Vilardi)
Contratti – gara – aggiudicazione – impugnazione – carenza di documentazione sulle scelte delal commissione – impossibilita’ per il ricorrente di prospettare vizi di legittimita’ – tutela cautelare effettiva - neessita’ – conseguenze – divieto di stipulare il contratto fino alla esibizione dei documenti.
In una gara per fornitura pasti ad un ospedale, mancando i documenti in base ai quali il soggetto secondo classificatosi possa prospettare motivi di illegittimita’, il Presidente del TAR puo’ inibire al legale rappresentante dell’ente di stipulare il contratto sino a quando l’ente non abbia rilasciato la richiesta documentazione di gara.
per l'accoglimento
della domanda avanzata ai sensi degli artt.
669 ter e quaterdecies c.p.c. volta ad inibire alla resistente Azienda ospedaliera
la stipula con la Soc. Pellegrini S.p.A. del contratto di fornitura di pasti
per la durata di 36 mesi a seguito dell’aggiudicazione provvisoria pronunciata
il 7.3.2003 in esito a gara d’appalto
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della resistente Azienda ospedaliera
e della società controinteressata;
Rilevato:
che con il suddetto ricorso, depositato il 10 marzo 2003, l’istante ha richiesto
che sia inibito all’Azienda “Spedali Civili” di Brescia di sottoscrivere il
contratto d’appalto in epigrafe;
che la gara d’appalto in questione è stata indetta con bando inviato all’Ufficio
Pubblicazioni ufficiali della CEE il 28.3.2002;
che la stessa ha ad oggetto la fornitura globale di generi alimentari (general
contract) per la durata di 36 mesi e che è stato indicato un importo presunto
a base d’asta di € 9.000.000, oltre ad I.V.A.;
che la procedura prevede l’aggiudicazione mediante pubblico incanto ad offerte
segrete come previsto dal R.D. 23.5.1924, n. 827 e dal D.lgs. 24.7.1992, n.
358;
che la deducente ha richiesto di partecipare alla gara ed ha successivamente
presentato la propria offerta;
che in data 7.3.2003 la commissione di gara ha proceduto in seduta pubblica
all’apertura delle buste delle offerte ed ha aggiudicato la gara alla Soc. Pellegrini
S.p.A.;
che l’offerta economica presentata dall’esponente è risultata pari ad € 8.137.840,25,
mentre quella della Soc. Pellegrini è stata di € 8.827.225,74;
che peraltro la Commissione attribuiva a quest’ultima punti 96,095 e all’istante
punti 94,705;
che per conseguenza la gara è stata provvisoriamente aggiudicata alla Soc. Pellegrini
S.p.A., mentre la Soc. DAC S.p.A. si è graduata al secondo posto;
che il rappresentante di quest’ultima, presente alla detta seduta pubblica,
richiedeva al Presidente della commissione di conoscere immediatamente il dettaglio
del punteggio attribuito in applicazione dei criteri stabiliti dagli artt. da
3.1 a 3.10 del capitolato di gara;
che detta richiesta sarebbe stata pubblicamente respinta e che, in relazione
a ciò, lo stesso rappresentante richiedeva il rilascio della copia del verbale
della seduta, nonché quelle dei precedenti verbali della commissione;
che anche la suddetta richiesta sarebbe stata pubblicamente disattesa; che il
successivo 8.3.2003 l’istante ha presentato formale richiesta di rilascio della
suddetta documentazione ai sensi di quanto previsto dalla L. 7.8.1990, n. 241;
che la ricorrente ha in quella sede allegato di non essere tuttora in possesso
della richiesta documentazione e di non poter conseguentemente vagliare la legittimità
delle operazioni di gara e, in particolare, della valutazione delle offerte
compiuta dalla commissione;
che la deducente ha allegato la sussistenza dei presupposti dell’estrema gravità
e dell’urgenza, sottolineando che, ben prima della scadenza del termine di 30
giorni previsto dall’art. 25 della L. 7.8.1990, n. 241 per il rilascio dei richiesti
verbali, potrebbe sopravvenire l’aggiudicazione definitiva a favore della Soc.
Pellegrini S.p.A., nonché la susseguente sottoscrizione del contratto d’appalto;
che detto evento precluderebbe in via definitiva la possibilità di conseguire
la reintegrazione in forma specifica in caso di esito vittorioso del futuro
ricorso di merito, posto che la Corte di Cassazione ha escluso con costante
indirizzo giurisprudenziale che i vizi delle procedure di conferimento degli
appalti pubblici possano ex se rilevare direttamente sul rapporto contrattuale
successivamente costituitosi fra l’Amministrazione e l’impresa aggiudicataria;
Visto, altresì, il decreto 10.3.2003, n. 189,
con cui è stata accolta inaudita altera parte l’istanza avanzata dalla ricorrente
ed è stato fatto provvisoriamente divieto al Direttore Generale degli “Spedali
Civili” di Brescia di dar corso medio tempore alla sottoscrizione del contratto
definitivo d’appalto con la soc. Pellegrini S.p.A.;
che con lo stesso decreto è stata fatta espressa riserva di rinvio pregiudiziale
alla Corte di Giustizia ex art. 234 del Trattato CEE della questione della compatibilità
del sistema di tutela cautelare accordabile nel processo amministrativo nazionale
con la disciplina introdotta dalla direttiva 21.12.1989, n. 665 dopo la novella
introdotta dalla L. 21.7.2000, n. 205;
che nel corso dell’udienza in data 18.3.2003 contestualmente fissata con il
medesimo decreto per l’audizione delle parti il difensore dell’Azienda ospedaliera
ha manifestato la disponibilità di quest’ultima di rilasciare sollecitamente
alla ricorrente copia di tutta la documentazione di gara, richiedendo che il
difensore della stessa s’impegni a compierne l’esame nel termine non superiore
a dieci giorni dalla data di effettiva consegna;
che a richiesta di tutti i difensori delle parti è stato richiesto, previo assenso
del difensore della ricorrente alla suddetta richiesta, un breve rinvio per
acquisire la definitiva risposta da parte di questi in ordine all’eventuale
proposizione dell’impugnazione avverso l’aggiudicazione provvisoria della gara
alla soc. Pellegrini;
Ritenuto:
che l’art. 2, 1° comma lett. a) della direttiva generale ricorsi 21.12.1989,
n 89/665/CEE fa obbligo a tutti gli Stati membri di garantire che l’Autorità
nazionale investita delle relative controversie possa adottare “con la massima
sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare
la violazione denunziata ed impedire che altri danni siano causati agli interessi
coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o far sospendere la
procedura di aggiudicazione di un appalto o l’esecuzione di qualsiasi decisione
presa dall’ente aggiudicatore”;
che la Corte di Giustizia con sentenza 19.9.1996 resa nella causa C-236/95,
Commissione delle Comunità Europee contro la Repubblica Ellenica, ha statuito
che “Affinché la direttiva del Consiglio n. 89/665/CEE del 21.12.1989 sia correttamente
attuata l’ordinamento interno deve consentire all’autorità nazionale investita
delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici
di fornitura e di lavori di adottare qualsiasi provvedimento provvisorio, indipendentemente
dalla contemporanea pendenza di un giudizio per l’annullamento della decisione
dell’amministrazione aggiudicatrice”;
che l’art. 21 della L. 6.12.191, n. 1034, così come novellato dalla L. 21.7.2000,
n. 205 non consente, tuttavia, alcun intervento cautelare prima della formale
introduzione dell’impugnazione rivolta avverso le operazioni di gara denunciate
come illegittime; che detta disposizione è stata giudicata costituzionalmente
legittima dalla Corte costituzionale con ordinanza 10.5.2002, n. 179;
che in detta occasione la Corte ha osservato “che il legislatore, nella sua
discrezionalità – con il solo limite della non manifesta irragionevolezza o
non palese arbitrarietà, può adottare norme processuali differenziate tra i
diversi tipi di giurisdizione e di riti procedimentali, non essendo tenuto,
sul piano costituzionale, ad osservare regole uniformi rispetto al processo
civile, proprio per le ragioni che possono giustificare la pluralità di giurisdizioni,
le diversità processuali e le differenze delle tipologie dei riti speciali”;
che la Corte ha, inoltre, affermato “che nel processo amministrativo la tempestività
e la effettività della tutela anche cautelare sono ormai completamente assicurate
– per i profili prospettati – dal complesso delle disposizioni processuali,
che prevedono:
a) la massima semplicità e flessibilità del mezzo introduttivo dei giudizi amministrativi,
anche attraverso il meccanismo dei motivi aggiunti e l’impugnazione di atti
sopravvenuti o conosciuti dopo la proposizione del ricorso;
b) la possibilità di abbreviazione dei termini, anche ai fini dell’instaurazione
del contraddittorio;
c) la non tassatività dei mezzi per l’effettuazione delle notifiche dell’atto
introduttivo, compresi quelli in tempo reale in via telematica o telefax;
d) una ampiezza del contenuto delle misure cautelari, più idonee secondo le
circostanze – ad assioicurare interinalmente gli effetti della decisione del
ricorso;
e) l’emanabilità, in caso di estrema gravità ed urgenza di misure cautelari
interinali, con decreto del Presidente del Tribunale amministrativo regionale
o della Sezione, con efficacia fino alla pronuncia collegiale;
f) la possibilità, anche in sede di camera di consiglio per l’esame della domanda
cautelare, di definire il giudizio nel merito con decisioni in forma semplificata;
g) la possibilità di dichiarare i ricorsi urgenti (cosiddetta istanza di prelazione)
anche di ufficio”; che la Corte ha conclusivamente affermato: “che il sistema
di tutela cautelare provvisoria, previsto per la giustizia amministrativa, consente
l’immediata pronuncia interinale del Presidente del tribunale amministrativo
regionale o della sezione cui il ricorso è assegnato, su richiesta del ricorrente
contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle
controparti (anche con utilizzazione di nuovi mezzi di notifica in tempo reale),
presupponendosi solo l’esistenza di un ricorso giurisdizionale anche contestuale
(integrabile successivamente attraverso motivi aggiunti), comunque depositato,
ed anche se non sia completato con la prova di tutte le notifiche, come è confermato
indirettamente dalla espressa previsione di decreto motivato, anche in contraddittorio
non completo”;
Considerato:
che la vicenda all’esame si caratterizza peraltro peculiarmente per il fatto
che, sino a quando l’Azienda “Spedali Civili” non avrà rilasciato la documentazione
di gara, non è ipotizzabile alcuna possibile impugnazione, in difetto di ogni
riscontro da parte della ricorrente della legittimità delle operazioni di gara
poste in essere da parte della Commissione;
che appare, altresì, rilevante ai fini del decidere la concorrente circostanza
che, nel corso della decorrenza del termine di 30 giorni previsto per il rilascio
della stessa documentazione, possa sopravenire la stipula del contratto con
irreversibile preclusione di ogni ipotizzabile reintegrazione in forma specifica,
residuando al ricorrente, se del caso vittorioso in base all’offerta presentata,
il solo risarcimento per equivalente;
che il richiamato art. 2, 1° comma della direttiva generale ricorsi 665/1989
CEE pare all’opposto privilegiare ogni possibile intervento del Giudice volto
ad ovviare ad ogni violazione che sia stata commessa in sede di gara, sì che
l’aggiudicazione definitiva possa legittimamente intervenire a favore dell’offerta
più vantaggiosa per la stazione appaltante;
che in detta fase l’art. 21 della richiamata L. 6.12.1971, n. 1034 integra conseguentemente
una preclusione a che detto intervento provvisorio sia accordato ante causam
e che si configura conseguentemente il potere – dovere del giudice nazionale
di far prevalere, sulla legge interna contrastante, una norma del trattato o
derivata che abbia effetti diretti sull’ordinamento italiano;
che non rileva al riguardo la possibilità che la società ricorrente possa successivamente
conseguire dalla stazione appaltante un risarcimento del danno, posto che detta
ipotesi non costituisce un’alternativa reale alla tutela cautelare, posto che
l’esigenza di un tempestivo intervento di quest’ultima è rappresentata dall’insufficienza
della riparazione in danaro rispetto all’utilità della futura sentenza;
che le norme del diritto comunitario provviste di efficacia diretta “devono
esplicare la pienezza dei loro effetti, in modo uniforme in tutti gli Stati
membri, a partire dalla data della loro entrata in vigore e per tutta la durata
della loro validità (cfr. sentenze 9.3.1978, Simmenthal in causa 106/77; 10.7.1989,
Ariete, in causa 811/79);
che in base all’art. 10 del Trattato (ex art. 5) “Gli Stati membri adottato
tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione
degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti
delle istituzioni della Comunità, il che significa che, se le modalità di tutela
dei diritti attribuiti ai singoli da norme comunitarie restano quelli predisposti
dagli ordinamenti interni, le stesse non possano essere meno favorevoli di quelle
relative ad analoghe azioni a tutela di diritti fondati su norme nazionali e
non siano comunque tali da rendere praticamente impossibile o seriamente aggravare
l’esercizio di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (cfr.
sentenze 16.12.1976, Rewe Zentralfinaz/Landwirtschaftskammer, in causa 33/76;
12.6.1980, Express Dairy Foods, in causa 130/79; 9.12.1983, San Giorgio, in
causa 199/82; 21.9.1989, Commissione/Grecia, in causa 68/88); che la deroga
introdotta dall’art. 2 della direttiva 21.12.1989, n. 665 al principio dell’autonomia
sul piano procedimentale e processuale degli ordinamenti nazionali pare esprimere
l’essenziale esigenza che tutti gli operatori economici all’interno del mercato
unico possano fidare su strumenti di tutela, ivi compresa quella cautelare,
che siano uniformi quanto al potere – dovere del giudice d’intervenire sull’insorta
controversia, posto che le divergenze tra le discipline processuali nazionali
possono nuocere all’applicazione del diritto comunitario (cfr. sentenza 21.2.1991,
Zuckerfabrik, in cause riunite 143/88 e 92/89);
che per quanto suesposto il richiamato decreto ha disapplicato, come stabilito
dalla Corte di Giustizia nella sentenza 19.6.1990 in causa C-213/89, l’art.
21 della L. 6.12.1971, n.1034, come novellato dalla L. 21.7.2000, n. 205;
che in materia la Corte di giustizia si è già pronunciata con sentenza 19.9.1996,
Commissione contro Repubblica Ellenica, in causa 236/95, affermando che l’art.
2 della richiamata direttiva va interpretato nel senso che gli Stati membri
sono tenuti ad attribuire agli organi giurisdizionali competenti la facoltà
di adottare in sede cautelare, indipendentemente da ogni azione previa, qualsiasi
provvedimento provvisorio, compresi quelli intesi a sospendere o a far sospendere
la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto;
che la Corte costituzionale italiana ha, tuttavia, posto in luce la rilevante
modifica al sistema di tutela cautelare in sede processuale; che in ogni caso
la questione va rinviata in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia con separata
ordinanza ex art. 234 del Trattato CEE per accertare se il sistema di tutela
cautelare come quello recentemente novellato nell’ordinamento nazionale sia
compatibile con il tasso di effettività della tutela giurisdizionale, che deve
essere garantito da ogni Giudice all’interno del territorio dell’Unione;
P.Q.M.
in accoglimento in via provvisoria del ricorso fa divieto al Direttore generale dell’Azienda ospedaliera “Spedali Civili” di Brescia di dar corso medio tempore alla sottoscrizione del contratto definitivo d’appalto con la Soc. Pellegrini S.p.A.;
fissa
ai sensi dell’art. 669 sexies, 2° comma c.p.c. l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé per il giorno 18.3.2003, ore 9, assegnando all’istante il termine di 3 giorni per la notificazione del presente ricorso all’Azienda resistente, nonché alla Soc. Pellegrini S.p.A.;
manda
alla Segreteria di dare comunicazione del presente decreto alle parti. Brescia, 10 marzo 2003