TAR EMILIA ROMAGNA, BOLOGNA, SEZ. I -
sentenza 5 novembre 2003 n. 2330
Pres. PERRICONE, Est. CALDERONI; L.A. (avv.ti PAOLO DONATI
, ALESSANDRA LONGIARDI, RICCARDO PINZA) c. MINISTERO DELL'INTERNO, QUESTURA
DI FORLI’-CESENA (avv. Stato ZITO)
Stranieri – espulsione – revoca – diniego – per violazione del divieto di reingresso senza speciale autorizzazione ministeriale – legittimita’
La violazione, da parte dello straniero espulso, del divieto di reingresso senza speciale autorizzazione ministeriale e’ causa assolutamente ostativa alla regolarizzazione e alla revoca dell’espulsione (nel caso di specie e’ stata ritenuta irrilevante la circostanza della non avvenuta esecuzione coattiva dell’espulsione).
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del decreto Cat. 18.A/Imm. ne/2003 di rigetto della domanda di rinnovo del presso di soggiorno;
Ritenuto che il ricorso può essere immediatamente
definito alla stregua dell’orientamento assunto in materia da questo Tribunale
(cfr. decisione 19 settembre 2003, n. 1572), secondo cui:
I. L’art. 1. comma 8, lett. a) del D.L. 195/2002 configura la violazione, da
parte dello straniero espulso, del divieto di reingresso senza speciale autorizzazione
ministeriale, come causa assolutamente ostativa alla regolarizzazione e alla
revoca dell’espulsione (e tale è anche il motivo del rigetto addotto nell’impugnato
decreto questorile);
II. È irrilevante la circostanza che sia contestata (di nuovo, come nella specie)
la circostanza dell’avvenuta esecuzione coattiva dell’espulsione, essendo il
provvedimento negativo reso vincolato dalla violazione del divieto di reingresso;
III. Il corretto comportamento dello straniero dopo l’ultimo rientro in Italia
potrebbe essere apprezzato soltanto nell’ambito di una valutazione di opportunità,
che è, viceversa, preclusa dal carattere vincolante delle disposizioni sopra
richiamate;
Considerato che il suddetto, recente orientamento,
da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi, priva di rilievo così le risultanze
dell’incombente istruttorio precedentemente disposto dalla Sezione (Ord. 24.7.2003,
n. 490) e volto ad accertare l‘avvenuto accompagnamento coattivo o meno dello
straniero alla frontiera; come le argomentazioni difensive del ricorrente, contenute
tanto nel ricorso introduttivo, quanto nella successiva memoria 8 ottobre 2003
e facenti leva:
- in fatto, sulla sua esecuzione spontanea dell’ordine di espulsione;
- in diritto, sulla tesi che entrambe le fattispecie ostative indicate dal citato
art. 1, comma 8 lett. a) presupporrebbero l’espulsione con accompagnamento;
Ravvisata, altresì, la non condivisibilità delle ulteriori censure dedotte dal ricorrente sotto il profilo della mancanza di espressa qualificazione dell’atto impugnato come di “revoca” del permesso di soggiorno già rilasciato, in quanto la figura della c.d. “revoca implicita” (riconducibile, cioè alla natura sostanziale di un atto contenente una manifestazione di volontà di segno opposto a quella risultante da altro, precedente atto) è ammessa dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, con rispettivo riferimento tanto al diritto processuale (C. Cass. Sez. Trib. 30 ottobre 2002, n. 15326); quanto ai poteri dell’Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 1997, n. 1418);
Ritenuto, infine, quanto alle spese di lite, di disporne l’integrale compensazione tra le parti, in ragione dell’anteriorità della proposizione del ricorso rispetto alla pubblicazione della pronuncia cui si è fatto riferimento ai fini della decisione della causa.