TAR LOMBARDIA, MILANO, SEZ. III - sentenza
1 ottobre 2003, n. 4491
Pres. Riggio, Est. Giordano; Pietro FRIGERIO in qualità di
titolare dell’esercizio pubblico denominato “Bar Frigerio” (avv. Maria Bernardetta
Tolu) c. QUESTORE DELLA PROVINCIA DI COMO, MINISTERO DEGLI INTERNI (Aavvocatura
distrettuale dello Stato).
1 – Sicurezza pubblica – sospensione licenza di pubblico esercizio - grave pericolo per la pubblica incolumità – competenza del Questore
2 – Sicurezza pubblica - sospensione licenza di pubblico esercizio - grave pericolo per la pubblica incolumità – finalità cautelari – motivazione – limiti – legittimita’
3 - Sicurezza pubblica - sospensione licenza di pubblico esercizio - grave pericolo per la pubblica incolumità – colpa del soggetto terzo inciso dal provvedimento – necessita’ – esclusione
1 – I provvedimenti assunti per motivi di ordine e sicurezza pubblica sono di esclusiva competenza del Questore dal momento che, anche a seguito del trasferimento dei compiti di polizia amministrativa alle Regioni, il potere repressivo volto alla prevenzione di situazioni suscettibili di arrecare un grave pregiudizio alla pubblica incolumità rimane affidato alla competenza statale.
2 - I provvedimenti assunti per motivi di ordine e sicurezza pubblica hanno finalità cautelare: è pertanto sufficiente la motivazione che dia conto della sussistenza dei presupposti che, a giudizio dell’organo preposto alla tutela dell’ordine pubblico, configurino la situazione di pericolo da evitare.
3 – Di fronte alla necessità di evitare, in radice, possibili fonti di pericolo per la pubblica sicurezza, è del tutto irrilevante la mancanza di colpa del soggetto che pure viene direttamente inciso dal provvedimento (nel caso di specie, il gestore di un bar abitualmente frequentato da malviventi). Appare quindi conforme ai principi dell’ordinamento che, nei casi previsti, possano sacrificarsi anche interessi di persone incolpevoli, destinati a recedere dinanzi ad esigenze di tutela di beni di valore primario, quali la quiete e la sicurezza pubblica, il cui pregiudizio può compromettere l’ordinato svolgimento della vita della comunità.
FATTO E DIRITTO
1) Il ricorrente, titolare della licenza per l’esercizio pubblico di tipo “B” denominato “Bar Frigerio” sito in Como via Borgovico 101, sostiene che, a seguito di un esposto presentato da un gruppo di residenti nella zona, il proprio esercizio è stato sottoposto a controlli dalla Squadra amministrativa della Polizia di Stato, in esito ai quali il Questore di Como ha adottato il provvedimento di sospensione della licenza per quindici giorni.
2) Con il ricorso l’interessato ha chiesto l’annullamento del decreto sopra menzionato. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, controdeducendo.
3) Con il primo motivo il ricorrente denuncia
l’incompetenza dell’autorità che ha adottato il provvedimento. Sostiene l’interessato
che, a seguito del trasferimento di attribuzioni disposto con l’art.19 del D.P.R.
n.616/77, i poteri autorizzatori in materia di licenza di pubblica sicurezza
competono al Sindaco e non più al Questore, con la conseguenza che la sospensione
della licenza, anche per motivi attinenti all’ordine pubblico, deve essere pronunciata
dall’autorità comunale.
La censura è destituita di fondamento.
Al riguardo il Collegio osserva che il provvedimento contestato è stato emanato
in applicazione dell’art.100 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (T.U.L.P.S.), ai sensi
del quale “Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la
licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini,
o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque,
costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il
buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che
hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata”.
Dal tenore della norma – che non risulta essere stata abrogata dalla normativa
successiva - emerge chiaramente che, oltre i casi indicati dalla legge (nella
fattispecie il riferimento è all’art. 19 D.P.R. n. 616/77), per ragioni di ordine
e sicurezza pubblica il Questore è competente ad adottare provvedimenti di sospensione
della licenza.
Proprio questo è avvenuto nel caso di specie, poiché nel decreto di sospensione,
richiamato espressamente l’art.100 R.D. n. 773/1931, si legge che – sulla base
di controlli eseguiti il 29 settembre 1998 e il 1° ottobre 1998– è emerso che
l’esercizio pubblico di cui trattasi costituiva ritrovo abituale di pregiudicati
per gravi reati e di soggetti dediti all’uso di sostanze stupefacenti.
In proposito la giurisprudenza ha più volte precisato che i provvedimenti assunti
per motivi di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica sono di
esclusiva pertinenza del Questore, dal momento che i poteri di cui all’art.
100 del R.D. n. 773 del 1931 non rientrano tra i compiti di polizia amministrativa
trasferiti alle Regioni dal D.P.R. n. 616 del 1977 (cfr. CdS V, 24 novembre
1992 n. 1376).
Anche in vigenza del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 che, in attuazione del principio
di sussidiarietà, ha trasferito agli enti locali i compiti di polizia amministrativa,
è stato osservato che, quando vengano in rilievo esigenze di ordine e sicurezza
pubblici, il potere repressivo rimane comunque affidato alla competenza statale
(cfr. T.A.R. Lazio Latina, 22 marzo 2002, n. 344).
Peraltro, l’art.19 comma 4 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 è stato dichiarato costituzionalmente
illegittimo, per contrasto con gli art.5 e 128 Cost., nella parte in cui non
limita i poteri d’intervento dell’autorità statale ed il loro effetto vincolante
ai soli casi in cui si debbano fronteggiare esigenze di pubblica sicurezza (cfr.
Corte cost. 27 marzo 1987 n.77).
In proposito la Corte ha chiarito che, a seguito del trasferimento disposto
dal decreto, le funzioni di pubblica sicurezza restano distinte per oggetto
e finalità da quelle di polizia amministrativa, devolute alla competenza comunale;
ciò in quanto, pur afferendo entrambe le funzioni alla generale nozione di amministrazione
di polizia, le prime si collegano a situazioni suscettibili d’arrecare un grave
pregiudizio alla pubblica incolumità, così traducendosi nell’esercizio di poteri
riservati dalla legge agli organi statali ed attuabili di regola mercé atti
contingibili ed urgenti e tali da coinvolgere un numero molto vasto di destinatari,
mentre le seconde costituiscono diretta emanazione delle competenze del comune
in tema di rilascio di atti abilitativi ai privati e sono strumentali al rispetto
dei limiti caso per caso imposti ai singoli operatori. Da qui la conseguenza
che all’Autorità statale residua un ambito d’intervento, per quanto eccezionale,
comunque coincidente con i casi nei quali emergono effettive esigenze di pubblica
sicurezza (cfr. CdS. V, 24 ottobre 2000, n. 5698).
Alla luce delle considerazioni che precedono appare, quindi, infondata la censura
formulata dal ricorrente circa l’ambito applicativo dell’art.19 D.P.R. 616/77,
poiché il decreto impugnato è espressione dei poteri di pubblica sicurezza ed
è stato assunto in applicazione dell’art.100 R.D. n. 773/1931.
4) Con la seconda censura il ricorrente sostiene
che l’autorità di P.S. si è determinata all’adozione della misura non per fronteggiare
un reale pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, mai messi
a repentaglio dalla presenza dei clienti nel locale, ma per “accontentare gli
abitanti del Borgovico” che, con il loro esposto, avevano denunciato lo stato
di degrado della zona e il disturbo alla quiete notturna derivante dal vociare
degli avventori.
L’infondatezza della censura è resa manifesta dal tenore del provvedimento impugnato.
In esso si evidenzia che, a seguito di accessi eseguiti dagli agenti di Polizia,
“all’interno del locale sono stati identificati frequentatori con precedenti
penali per rapina, furto, associazione a delinquere, ricettazione, detenzione
e spaccio di sostanze stupefacenti e tossicodipendenti”.
L’attività di controllo della polizia amministrativa ha quindi confermato i
timori manifestati nell’esposto presentato dagli abitanti della zona circa la
particolare aggregazione di soggetti pregiudicati nei locali dell’esercizio
pubblico.
In tale quadro, la presenza di una fonte di turbamento per l’ordine pubblico
o per la sicurezza dei cittadini giustifica il provvedimento adottato dal Questore,
che risponde all’esclusiva finalità di attuare misure di prevenzione in relazione
alla possibilità di pericoli che possano minacciare i beni tutelati dalla legislazione
di pubblica sicurezza.
La sospensione della licenza è stata quindi disposta a protezione di interessi
generali e non al fine limitato di assicurare il diritto al riposo dei residenti
della zona.
5) Da ultimo si deduce l’illogicità e l’incongruenza
della motivazione, in quanto dall’occasionale presenza nei locali dell’esercizio
di alcuni pregiudicati o tossicodipendenti non sarebbe dato inferire il persistere
di un’abitudine aggregativa di pregiudicati, né una situazione di pericolo per
l’ordine pubblico.
Anche questa censura è infondata.
Ai sensi dell’art.100, primo comma, del T.U.L.P.S., richiamato dall’art.9 l.n.
287/91, il Questore può disporre la sospensione della licenza di un esercizio
pubblico che costituisca ritrovo abituale di persone pregiudicate o pericolose
o che rappresenti comunque pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei
cittadini.
Ai fini della legittimità della misura, che ha finalità cautelari, è sufficiente
che la motivazione dia conto della sussistenza dei presupposti che, a giudizio
dell’organo preposto alla tutela dell’ordine pubblico, configurino la situazione
di pericolo da prevenire.
Il provvedimento impugnato risponde a tali requisiti, in quanto richiama gli
esiti dei controlli eseguiti presso l’esercizio, dai quali -in entrambe le occasioni-
è emersa la presenza abituale di avventori con numerosi precedenti penali.
Il che è sufficiente a giustificare l’adozione del decreto, tenuto conto della
circostanza che l’esercizio, per la tipologia dei suoi frequentatori, presenta
situazioni idonee a determinare allarme sociale e comunque a costituire motivo
di turbamento al normale svolgimento della vita collettiva.
Quanto al rilievo secondo cui il gestore dell’esercizio pubblico ha l’obbligo
di fornire le somministrazioni richieste dagli avventori e non potrebbe, quindi,
considerarsi responsabile della loro permanenza nell’esercizio, il Collegio
osserva che, ai fini dell’applicazione della misura della sospensione della
licenza di pubblico esercizio, prevista dall’art.100 T.U.L.P.S., è sufficiente
il solo pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume
o per la sicurezza dei cittadini, restando irrilevante l’assenza di responsabilità
del titolare della gestione dell’esercizio, dovendo prevalere invece la finalità
dissuasiva della frequentazione malavitosa, indotta dalla temporanea chiusura
dell’esercizio stesso.
Di fronte alla necessità di evitare, in radice, possibili fonti di pericolo,
è del tutto irrilevante la mancanza di colpa del soggetto, che pure viene direttamente
inciso dal provvedimento, e appare del tutto conforme ai principi dell’ordinamento
che - nei casi previsti - possano sacrificarsi anche interessi di persone incolpevoli.
Come già rilevato, la misura riveste infatti carattere cautelare e non ha finalità
punitive della condotta del gestore, i cui interessi sono destinati a recedere
di fronte ad esigenze di tutela di beni di valore primario, quali la quiete
e la sicurezza pubblica, il cui pregiudizio può compromettere l’ordinato svolgimento
della vita della comunità.
6) In conclusione, il ricorso è infondato in
tutti i suoi profili e deve essere respinto.
Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle
spese tra le parti.