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n. 11-2003 - © copyright.

T.A.R. LOMBARDIA, SEZ. III - Sentenza 16 ottobre 2003, n. 4806
Pres. Riggio, Est. Sestini; Monziani Umberto (avv.to Ezio Perego) c. Ministero delle Finanze (Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano)

1) Professioni e mestieri – consulenza in materia fiscale - incompatibilita’ con lo status di componente di commissioni tributarie – in caso di compilazione di dichiarazioni dei redditi – sussistenza

2) Professioni e mestieri – consulenza in materia fiscale - incompatibilita’ con lo status di componente di commissioni tributarie – invito a far cessare la situazione di incompatibilita’ – necessita’

1) In tema di incompatibilita’ di giudici tributari (e di requisiti di terzietà ed imparzialità), e’ necessario valutare ciascun caso, al fine di stabilire se la concreta attività espletata possa generare una sovrapposizione incompatibile (nel caso di specie si e’ ritenuto che assuma rilievo non il numero delle dichiarazioni dei redditi compilate dal soggetto ritenuto incompatibile, bensi’ il carattere professionale e non occasionale di tale attività).

2) La decadenza dall’incarico di giudice tributario per incompatibilita’ deve essere preceduta dalla fissazione di un termine entro cui l’interessato puo’ evitare la decadenza rimuovendo la situazione di incompatibilità.

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2) Sul principio di necessaria contestazione dell’incompatibilita’: T.A.R. Abruzzo Pescara, 20 febbraio 2003, n. 296

 

 

per l’annullamento

del provvedimento del Ministro delle Finanze in data 13 settembre 2000, comunicato all’interessato il 19 dicembre 2000, di decadenza dalla carica di componente della Commissione tributaria provinciale di Como, con tutti gli atti connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore, alla pubblica udienza del 26 giugno 2003, il Primo Referendario Raffaello Sestini;
Uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente contesta il decreto del Ministro delle Finanze che ha concluso il procedimento per l’accertamento della sua situazione di incompatibilità in relazione alla avvenuta compilazione di talune dichiarazioni dei redditi.
L’impugnato provvedimento di decadenza dall’ufficio di giudice tributario segue quello già deliberato in data 16.5.2000 dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 545/1992, come riformato dalla legge n. 449/1997, gravato con separato ricorso (R.G. n. 3273/2000) e sospeso, in sede cautelare, da questo Tribunale in data 6.10.2000 con ordinanza n. 3273/2000.
Vengono dedotti i vizi di illegittimità derivata, in relazione ai motivi di impugnazione della precedente delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria; di violazione di legge con riguardo alla mancata previa diffida a rimuovere la propria situazione di incompatibilità, in contrasto con la delibera dello stesso Consiglio di Presidenza n. 17/1998 che aveva previsto la possibilità di evitare la decadenza rimovendo la situazione di incompatibilità; di violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 542/1992 e degli artt. 46, 47 e 49 del regolamento approvato con D.P.R. n. 645/1994, nonché di eccesso di potere per travisamento ed erronea rappresentazione dei presupposti di fatti e di diritto, erronea motivazione e contraddittorietà manifesta.
L’assunto del ricorrente è che l’attività svolta, inerente la compilazione delle dichiarazioni dei redditi, sia meramente esecutiva e quindi non rientri in senso stretto nella nozione di consulenza tributaria, che implica invece una possibilità di scelta fra comportamenti diversi, distinta ed ulteriore rispetto alla semplice indicazione delle disposizioni che disciplinano la compilazione della dichiarazione dei redditi, così come del resto è già stato statuito, si afferma, dalla sentenza di questa stessa Sezione n. 4654/2000.
In secondo luogo l’istante sostiene che la propria attività, riguardando tre sole dichiarazioni dei redditi e non implicando alcuna organizzazione professionale, non avrebbe rivestito i caratteri di abitualità e continuatività necessari a concretare un’attività di consulenza (anche laddove ritenuta tale) non meramente occasionale.
Tutto ciò si risolverebbe in una carenza di istruttoria, in una motivazione contraddittoria e perplessa, in un travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, nonché nella violazione dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 545/1992 e successive modifiche.
La questione della esatta delimitazione dei casi di incompatibilità all’esercizio dell’ufficio di giudice tributario, dopo la riforma normativa che ne ha ampliato l’ambito, è stata più volte sottoposta a questo Tribunale, che ha, fra l’altro, anche ribadito, come esattamente evidenziato dal ricorrente, la non configurabilità, nel nostro Ordinamento, di una attività di consulenza implicante valutazioni e indicazioni incompatibili con la funzione giurisdizionale, in caso di svolgimento di funzioni meramente esecutive ed ausiliarie, ad esempio di sussidio nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
A giudizio del Collegio deve peraltro restare ben ferma la consapevolezza della necessità di valutare ciascun caso di specie, al fine di stabilire se, alla luce della vigente disciplina, la concreta attività di volta in volta espletata possa configurare una situazione di incompatibilità, indipendentemente da una astratta nozione di consulenza in senso stretto, in considerazione della indebita sovrapposizione fra più attività almeno potenzialmente riferite ai medesimi soggetti, una attività di natura intellettuale e professionale (pur se ritenuta di natura prevalentemente esecutiva) comunque di ausilio in favore degli interessati in materia tributaria, ed una attività di verifica giurisdizionale estesa alla medesima materia, rivolta ai medesimi soggetti ed al medesimo oggetto e quindi incompatibile, a fronte di un precedente comportamento professionale del giudice qualificabile, come visto, di consulenza almeno in senso funzionale, idoneo a far venire meno i requisiti di terzietà ed imparzialità.
Secondo la linea di ragionamento qui adottata, assume rilievo non il numero delle dichiarazioni dei redditi compilate, bensì il carattere professionale e non occasionale di tale attività, ovvero la sussistenza di uno o più rapporti contrattuali aventi ad oggetto la regolare ed abituale tenuta e consultazione della documentazione di rilevanza tributaria dei medesimi soggetti, ai fini della formulazione di proposte di soluzione delle questioni via via emergenti e della conseguente elaborazione delle loro dichiarazioni dei redditi o di altri atti di natura similare.
La astratta configurabilità di una generale, anche se soltanto potenziale, sovrapposizione di ruoli nei confronti dei medesimi soggetti risulta quindi decisiva, indipendentemente dall’effettivo verificarsi di possibili ma imprevedibili ed episodiche situazioni, che possono invece motivare l’attivazione degli istituti, invocati dal ricorrente, dell’astensione e della ricusazione. Infatti, a giudizio del Collegio la mera ragionevole prevedibilità di una tale sovrapposizione risulta ugualmente idonea a far venire meno i predetti requisiti di terzietà ed imparzialità nel comune sentire dei cittadini, risultando quindi altrettanto idonea a generare una situazione di incompatibilità.
In accordo con le precedenti argomentazioni, l’impugnato provvedimento sembra essere stato adottato a seguito di una adeguata valutazione e secondo una idonea seppur sintetica istruttoria.
Risulta così accertata, nei termini che precedono, la non fondatezza delle indicate censure di violazione di legge, difetto di motivazione ed eccesso di potere in relazione all’affermato mancato accertamento di una effettiva situazione di incompatibilità.
Deve ora essere esaminata l’ulteriore censura, di carattere procedimentale, concernente la mancata previa fissazione, prima da parte del Consiglio di Presidenza e poi da parte dell’Amministrazione ministeriale, di un termine entro cui il ricorrente potesse evitare la decadenza rimuovendo la situazione di incompatibilità.
Al riguardo, questo Tribunale, in relazione a giudizi vertenti sulla medesima materia sottoposti al proprio esame, ha già avuto modo di considerare che la formulazione delle disposizioni di riferimento, non sembra in realtà escludere la possibilità per l’interessato di regolarizzare, a seguito di diffida, la propria situazione, al fine di evitare la sanzione della decadenza.
L’ art. 8 del d.lgs. n. 545/1992 e successive modifiche ed integrazioni sancisce infatti l’incompatibilità (tra gli altri) per coloro i quali “in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, esercitano la consulenza tributaria, ovvero l'assistenza o la rappresentanza di contribuenti nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario”. Precisa, però, che la situazione di incompatibilità colpisce tali soggetti “finché permangono in attività di servizio o nell'esercizio delle rispettive funzioni o attività professionali”, legando l’effetto della decadenza al permanere dell’attività professionale incompatibile mentre, al contrario, una volta comminata la decadenza non sembra possibile l’automatica reimmissione nell’ufficio al venir meno della fattispecie preclusiva, limitando il comma 4 tale possibilità ai casi di sospensione riferiti ad altre tipologie di incompatibilità.
L’Amministrazione finanziaria non pare quindi potersi esimere dal concedere una tale possibilità agli interessati, in accordo con la disciplina delle incompatibilità riferite in generale ai pubblici impiegati, con il criterio di ragionevolezza e proporzionalità che deve guidare ogni intervento autoritativo nei confronti dei diritti di libertà e con il generale principio di leale partecipazione e di diritto alla difesa che deve caratterizzare i procedimenti amministrativi aventi natura contenziosa, fatte naturalmente salve diverse, ma adeguatamente motivate, determinazioni in caso di reiterazione delle incompatibilità o di urgenza derivante da una concreta situazione di incompatibilità in atto.
In relazione allo specifico profilo ora evidenziato, deve essere condivisa la dedotta censura di illegittimità dell’impugnato provvedimento di decadenza dall’ufficio di giudice tributario, in relazione ai vizi di violazione delle norme di legge sopra richiamate e di eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto, che si ripercuotono anche nel vizio di carenza di istruttoria e di motivazione.
Le predette considerazioni esimono il Collegio dall’approfondire le ulteriori censure di illegittimità derivata dedotte dal ricorrente avverso l’impugnato provvedimento di decadenza.
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto, limitatamente alla censura concernente la mancata previa diffida a rimuovere la situazione di incompatibilità entro il breve termine assegnato e salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti in causa.

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