TAR Abruzzo – Pescara – sentenza 22 maggio 2003 n. 536
Pres. Catoni, Rel. Eliantonio;
L.P. (avv. Tommaso Marchese) c. Ministero dell’Economia e delle Finanze (Avv.
Stato Lucci)
Pubblico impiego – trasferimento – domanda - diniego - onere di motivazione – esigenza di non disgregare la famiglia – valutabilita’
Va annullato un diniego di trasferimento di militare (Guardia di Finanza) che ometta di valutare che la domanda di trasferimento era presentata allo specifico fine di superare dei gravissimi problemi di carattere familiare, quali l’incrinarsi dei rapporti con il coniuge, che non aveva esplicitamente escluso l’avvio di una separazione legale. Pur rientrando nel genus degli ordini, i trasferimenti non sono a priori sottratti alla disciplina generale dettata dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, mentre il militare ha diritto ad un trattamento di vita dignitoso, che si traduce nell’obbligo per l’Amministrazione di evitare di disgregare la famiglia senza una valida ragione: quindi, gli atti di trasferimento incidenti sul sistema di vita familiare del militare debbono essere sorretti da una valida giustificazione “oggettiva”, tale da non farlo apparire come una ingiustificata punizione e/o frutto di un arbitrio.(1)
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La sentenza approfitta di una smagliatura della motivazione del provvedimento impugnato (che nega un trasferimento escludendo esigenze di natura assistenziale, confondendole con quelle di famiglia) per porre l’accento sulla rilevanza dei problemi personali di chi chiede di cambiare sede di lavoro, specialmente se militare. Il TAR si sofferma cosi’ sulla rilevanza del potenziale dissesto della famiglia e sugli effetti dell’incrinarsi dei rapporti con il coniuge, quale elemento da poter porre alla base di una istanza di trasferimento. Il quadro in cui tale argomento si inserisce e’ tuttavia piu’ vasto: rifacendosi alla sentenza 204/2003 dello stesso TAR (Pres. Catoni, el. Nazzaro), emerge un’innovativa diversa portata dell’ onere di motivazione nelle procedure di trasferimento di militari, cosi’ di seguito riassumibile.
1 – Il trasferimento di ufficio nell’ordinamento
militare: per gli appartenenti ad un corpo di polizia ad ordinamento militare,
tale trasferimento (art. 2 L. 331 del 14.11.2000), rientra nel “genus” degli
ordini, in quanto precetti imperativi tipici della disciplina militare (C.S.,
IV, n. 1235/15.7.1999; Tar Lazio, sez. II, n. 5016/31.5.2002), attengono ad
una semplice modalità di svolgimento del servizio, e gli stessi, quindi, sarebbero
sottratti alla disciplina generale dettata dalla L. 7.8.1990 n. 241 (C.S., IV,
n. 1677/20.3.2001 e n. 3693/21.5.2002). L’Amministrazione, quindi, non sarebbe
tenuta a dare contezza delle ragioni che presiedono al trasferimento di un militare
da una sede di servizio ad altra, in quanto atto ampiamente discrezionale, rispetto
al quale non sarebbe possibile riconoscere al militare alcuna posizione soggettiva
giuridicamente tutelabile, come è, invece, per il dipendente civile, né sussisterebbe
un onere di motivazione delle esigenze che giustificano il provvedimento (C.S.,
IV, n. 33/21.1.1997).
L’ordinamento militare ha un “corpus” di disposizioni specifiche, particolarmente
sul piano della disciplina, intesa come osservanza consapevole delle norme del
proprio “status”, in relazione ai compiti istituzionali, che rappresenta una
regola fondamentale per i cittadini alle armi (C.Cost. n. 113/22.4.1997); ciò,
peraltro, non significa che detto ordinamento sia sottratto all’osservanza dei
principi di “democrazia amministrativa”, specie se non si ravvisino ragioni
particolari e valide, che ne giustifichino la deroga.
La Costituzione, infatti,
ha superato la concezione istituzionalistica dell’ordinamento militare, che
è stato ricondotto nell’ambito di quello generale dello Stato, cui deve uniformarsi
(C.Cost. n. 278/23.7.1987, n. 332/24.7.2000 e n. 445/12.11.2002); per tale motivo
anche gli atti ampiamente discrezionali sono sindacabili sotto il profilo della
ragionevolezza (C.S., IV, n. 3647/3.7.2000) e dell’effettiva sussistenza del
presupposto (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 14/1999).
Dalle norme della L. 241/1990 vanno desunti i “principi generali” valevoli per
l’intero ordinamento giuridico (art. 29), senza eccezioni per l’ordinamento
delle Forze armate che “si informa allo spirito democratico della Repubblica”
(art. 52 Cost.) e, quindi, anche ai principi della “democrazia amministrativa”.
Formule generali e astratte tipo “esigenze di servizio”, possono avere una loro
validità e funzione in particolari circostanze, in cui l’ordine pubblico e la
sicurezza nazionale assumono carattere assorbente, ma quando si è in presenza
di atti organizzatori, collegati a vicende o fatti personali di un dipendente,
esse assumono un valore ermetico e possono rappresentare una forma di eccesso
di potere sul piano della logicità e del giusto trattamento.
2 – In particolare, l’onere di motivazione.
Dare sempre per scontate le “ineludibili esigenze di organizzazione, coesione
interna e massima operatività delle forze armate”, pecca di astrattezza, perché
se bisogna operare una “comparazione con la cura concreta dell’interesse pubblico
perseguito ed il sacrificio imposto alla sfera giuridica del privato”, anche
gli “ordini”, incidenti in modo repentino e perentorio nella vita del militare,
devono far comprendere la necessità - ad esempio – dell’ allontanamento dal
nucleo familiare, anche per non lasciare adito a sospetti di “altri fini”. Il
cittadino in armi - come sottolinea TAR Pescara, 204/2003, cit. - non è affatto
un declassato, ma deve vedere tutelati i diritti fondamentali della persona
anche in presenza di atti che potrebbero apparire marginali sul piano generale,
perché attinenti alle sole modalità di prestazione del servizio.
L’equo bilanciamento dei valori costituzionali non può essere limitato solo
ad ipotesi tassative o a quelle più eclatanti, quali le discriminazioni ideologiche
(C.S., IV, n. 2641/8.5.2000), perché, se c’è la possibilità del sindacato di
legittimità sulla scelta operata, per valutarne la proporzionalità e ragionevolezza,
non si comprende, sul piano della logica, come analogo esame non possa valere
anche per altre fattispecie, dove l’interessato ritiene di aver subito un’ingiustizia,
resa ancora più non accettabile dal comportamento ermetico dell’Amministrazione.
3 – Gli ordini di trasferimento di militari.
L’ordine impartito dall’amministrazione militare non puo’ dirsi sottratto “a
priori” ai principi della L. 241/1990, sul presupposto che l’ordinamento militare
è di tipo gerarchico e, perciò, sottratto alle regole della buona amministrazione;
gli stessi, infatti, vanno valutati caso per caso, secondo la loro incidenza
e funzione. In via generale, al militare non spetta uno “ius in officio” nella
scelta della sede di servizio, ma ciò, in relazione alle circostanze reali ed
ai fatti personali, non esclude una partecipazione, almeno informativa, dell’interessato
al procedimento. La valutazione, invero, deve essere spostata sul piano della
sufficienza della motivazione e giustificazione, nonchè sulla necessità o meno
dell’avviso nella procedura del trasferimento d’autorità, che è quasi sempre
una determinazione repentina a forma libera, per ragioni di celerità.
L’art. 23 del D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, circa gli “ordini”, dice che essi
vanno emanati in conformità e nei casi previsti dalla legge e devono essere
formulati con chiarezza in modo che non possa nascere dubbio od esitazione in
chi li riceve; il che significa “legalità” e “comprensione” degli stessi, non
solo sul piano letterale; la norma, invero, va collegata al successivo art.
28, che riconosce ai militari i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini,
anche se, per i fini previsti dalle norme di principio sulla disciplina militare,
sono imposti limitazioni e particolari doveri, quali ad esempio nel diritto
di sciopero, di associarsi con carattere sindacale, aderire ad altre associazioni
sindacali, la subordinazione della costituzione di associazioni o circoli fra
militari al preventivo assenso del Ministro della difesa. L’art. 1 della L.
15.9.1986 n. 214 definisce il militare come “il cittadino” che fa parte delle
Forze armate volontariamente o in adempimento degli obblighi stabiliti dalla
legge sulla leva, cui spettano tutti i diritti costituzionali, ivi compreso
il rispetto, da parte della P.A., delle regole di buona amministrazione ed imparzialità
(art. 97 Cost.). Il militare ha accettato di essere soggetto ad una particolare
disciplina, a doveri e responsabilità, nonché a limitazioni nell'esercizio di
taluni diritti previste dalla Costituzione, definite dalla legge e riportate
nel regolamento, ma tale “supremazia speciale” dell’Amministrazione deve estrinsecarsi
secondo i canoni di ragionevolezza.
La L. 11 luglio 1978, n. 382 è esplicita nell’assicurare che l'osservanza di
particolari doveri deve avvenire “nell'ambito dei principi costituzionali” e
che lo Stato, a tale fine, avrebbe predisposto misure effettive, volte a tutelare
e promuovere lo sviluppo della personalità dei militari, nonché ad assicurare
loro un dignitoso trattamento di vita. Il militare che ha un proprio nucleo
familiare ha, quindi, diritto ad un trattamento di vita dignitoso, che si traduce
nell’evitare di disgregare la famiglia senza una valida ragione. Cio’ significa
che un ordine, incidente sul sistema di vita familiare, dovrà essere accettato
ma non a scapito di una giustificazione oggettiva.
4 – Il trasferimento d’autorita’ ed i motivi
di famiglia. In ipotesi di trasferimento d’autorità vi e’ un ordine da adempiere
(Tar Lazio, sez. II, n. 5016/31.5.2002) che puo’ essere basato su ragioni di
opportunità (Tar Liguria sez. I, n. 664/13.6.2002), ma il ragionamento cambia
in ipotesi di diniego su di una successiva istanza di trasferimento a domanda:
tale diniego rappresenta un normale atto negativo, lesivo delle aspettative
del dipendente, cui bisogna dare una risposta valutando le ragioni prospettate,
particolarmente in presenza di pareri favorevoli da parte del comando di appartenenza.
Cio’ soprattutto se norme interne disciplinano il trasferimento a domanda come
possibilità ordinaria (ad esempio dopo tre anni di permanenza minima in una
sede). Se esiste una procedura per la presentazione delle istanze, con predisposizione,
a fini di oggettività, di “schede punteggi” e di una graduatoria per determinare
i trasferimenti, se ne puo’ dedurre un particolare rilievo delle “situazioni
personali e familiari”.
Tra le situazioni “eccezionali”, infatti, rientra il ricongiungimento a familiari
con patologie più o meno gravi, se non assistibili in modo alternativo a quello
della presenza dell’interessato, per le quali sia stata allegata la documentazione
rilasciata da strutture sanitarie pubbliche e manchino concrete possibilità
alternative (Tar Lazio, sez. II, n. 4589/22.5.2002). Quindi, se il trasferimento
d’autorità puo’ essere configurato come un ordine, rinvenendo le esigenze di
servizio nella situazione locale, ciononostante rimane un onere di motivazione,
qualora l’interessato documenti la eccezionalità della propria situazione familiare.
(Poli53)
per l’annullamento della determinazione 23 gennaio 2003, n. 21177, con la quale il Comandante in Seconda del Comando Generale della Guardia di Finanza ha respinto l’istanza di trasferimento al Comando Regionale Marche presentata dal ricorrente; nonchè di ogni altro provvedimento prodromico, consequenziale e, comunque, connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore alla camera di consiglio dell’8 maggio 2003 il consigliere Michele Eliantonio;
Uditi l’avv. Tommaso Marchese per la parte ricorrente e l’avv. dello Stato Massimo Lucci per l’Amministrazione resistente;
Considerato che il ricorso è manifestamente fondato e può essere deciso in forma semplificata, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, così come modificato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000, n. 205;
Considerato che alle parti è stata comunicata la possibilità di definire il giudizio ai sensi di tale art. 26 e che queste non hanno espresso in merito rilievi o riserve;
Ritenuto quanto esposto nel ricorso;
Premesso che con l’atto impugnato il Comando Generale della Guardia di Finanza, cui era stata presentata dal ricorrente richiesta di trasferimento “a carattere eccezionale” dal Comando Regionale Abruzzo al Comando Regionale Marche, ha respinto tale istanza sulla base delle seguenti testuali considerazioni: “le motivazioni addotte a sostegno della richiesta, in assenza di accertate esigenze di natura assistenziale, non configurano i presupposti dell’eccezionalità per la concessione del richiesto provvedimento” e “ritenute in esito alla ponderazione dei confliggenti interessi contemperati ai fini della decisione prevalenti le esigenze di servizio”;
Premesso, pertanto, che l’impugnato diniego di trasferimento parte nella sostanza dall’erroneo presupposto che il trasferimento fosse stato richiesto esclusivamente per “esigenze di natura assistenziale”;
Premesso, altresì, che la parte ricorrente con il ricorso in esame è insorta avverso tale atto, lamentandosi, tra l’altro, del fatto che la domanda di trasferimento era stata presentata allo specifico fine di superare dei gravissimi problemi di carattere familiare, in ragione della lontananza del nucleo familiare, che avevano “incrinato” i rapporti specie con la moglie, che non aveva esplicitamente escluso “l’avvio di una separazione legale”;
Rilevato che questo Tribunale con la sentenza 23 gennaio 2003, n. 204, pronunciandosi in ordine ad atti di trasferimento di un appartenente ad un corpo di polizia ad ordinamento militare, ha recentemente già avuto modo di affermare che tali atti, pur rientrando nel genus degli ordini, in quanto precetti imperativi tipici della disciplina militare, non sono a priori sottratti alla disciplina generale dettata dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, e che tali atti non sono, pertanto, sottratti all’osservanza dei principi di “democrazia amministrativa”, atteso che la Costituzione repubblicana ha oggi superato la concezione istituzionalistica dell’ordinamento militare, che è stato ricondotto nell’ambito di quello generale dello Stato, cui deve uniformarsi - base al disposto dell’art. 52 della Costituzione - l’ordinamento delle Forze armate che “si informa allo spirito democratico della Repubblica”; per cui anche tali atti, pur ampiamente discrezionali, ove ricorrano particolari circostanze, sono sindacabili dal giudice amministrativo anche sotto il profilo della ragionevolezza (Corte Cost. 23 luglio 1987 n. 278, 24 luglio 200 n. 332 e 12 novembre 2002 n. 445);
Rilevato, inoltre, che con tale sentenza questo Tribunale ha già precisato che il militare ha diritto ad un trattamento di vita dignitoso, che si traduce nell’obbligo per l’Amministrazione di evitare di disgregare la famiglia senza una valida ragione; per cui, gli atti di trasferimento incidenti sul sistema di vita familiare del militare debbono essere sorretti da una valida giustificazione “oggettiva”, tale da non farlo apparire come una ingiustificata punizione e/o frutto di un arbitrio;
Rilevato, infine, che anche gli atti di diniego di un richiesto trasferimento debbono essere sorretti da una adeguata motivazione che deve prendere analiticamente in esame le specifiche ragioni evidenziate dall’interessato;
Considerato che nel caso di specie, pur avendo l’interessato prospettato, nel chiedere il trasferimento “a carattere eccezionale”, la particolarità della propria situazione familiare e pur essendosi sul punto acquisiti i pareri favorevoli del Comando regionale Abruzzo, del Comando Provinciale di Pescara, del Comando di Compagnia di Pescara e del Comando di Brigata di Popoli, l’impugnato provvedimento di diniego è motivato esclusivamente in ragione della mancanza di esigenze “di natura assistenziale”, oltre ad utilizzare generiche frasi di stile che fanno riferimento ad una effettuata “ponderazione dei confliggenti interessi” ed alle “prevalenti esigenze di servizio”;
Ritenuto, in definitiva, che il ricorso in parola – così come proposto – deve essere accolto apparendo fondati i denunciati vizi di eccesso di potere per errore sui presupposti, per travisamento dei fatti e per difetto di motivazione in quanto l’Amministrazione nel respingere la richiesta presentata non ha effettuato un compiuto esame delle particolari ragioni di carattere familiare evidenziate dall’interessato, che avevano avuto, peraltro, un positivo riscontro nei pareri acquisiti agli atti;
Ritenuto, in definitiva, che l’atto impugnato deve essere annullato, restando però salvi i successivi provvedimenti dell’Amministrazione, da assumere sulla base di una più articolata motivazione che tenga adeguatamente conto sia delle ragioni evidenziate dall’interessate nella domanda di trasferimento, che di tutti gli atti del procedimento;
Ritenuto, per concludere, che sussistano giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra la parte delle spese e degli onorari di giudizio;
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo,
Sezione staccata di Pescara, accoglie il ricorso specificato in epigrafe e,
per l’effetto, annulla l’impugnata determinazione 23 gennaio 2003, n. 21177,
del Comandante in Seconda del Comando Generale della Guardia di Finanza; restando
salvi gli ulteriori e meglio motivati provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio dell’8 maggio 2003.
Pubblicata mediante deposito il 22.05.2003