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n. 11-2003 - © copyright.

TAR PARMA - sentenza 6 novembre 2003 n. 585
Pres. Cicciò, Rel. Giovannini, Comune di Reggio Emilia (Avv.ti Santo GNONI e Francesca GHIRRI) contro Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Stranieri – minori stranieri - rimpatrio per ricongiungimento – rapporto con i diritti del minore – valutazione delle condizioni della famiglia del minore – necessita’

Le norme che prevedono il rimpatrio assistito del minore straniero presente nel territorio nazionale e privo di assistenza intendono garantire il ricongiungimento dei minori stranieri ai familiari, ma cio’ comunque nel rispetto dei diritti garantiti al minore (nel caso di specie, per le critiche condizioni economiche e di salute della famiglia di origine in Albania, il ricongiungimento e’ stato posposto al diritto del minore a restare nello stato italiano).

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Breve commento
La sentenza e’ particolare perche’ un Comune ricorre contro l’autorita’ centrale che aveva disposto il rimpatrio del minore. Quest’ultimo, al momento del suo ingresso in Italia, era stato affidato al Comune, ente che aveva potuto verificare alcuni elementi positivi nell’atteggiamento dell’ospite. Nella famiglia di appartenenza, rimasta in Albania, vi era invece una situazione fortemente problematica: il TAR ha quindi posto il corretto ordine tra le norme del testo unico sull’immigrazione (535/1999), posponendo le esigenze di ricostituzione del nucleo familiare a causa delle minime possibilita’ vitali della famiglia. In tal modo si inserisce un elemento di valutazione particolare ai fini dell’applicazione dei provvedimenti in tema di separazione tra minori e famiglie, cioe’ l’onere di valutare la situazione delle famiglie stesse negli stati di provenienza, al fine di proteggere l’integrità delle condizioni psicologiche del minore.

 

 

FATTO

Con il ricorso n. 538 del 2001, notificato il 22/11/2001 e depositato il 4/12/2001 il Comune di Reggio Emilia chiede l’annullamento, previa sospensiva: a) del provvedimento del Comitato per i minori stranieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 25/10/2001, con il quale si dispone il rimpatrio assistito del minore N. S.; b) degli atti preordinati, connessi e consequenziali che comunque conducano al rimpatrio del predetto minore.
Dopo avere illustrato le principali circostanze di fatto afferenti la controversia in esame, parte ricorrente deduce, a sostegno dell’impugnativa, i seguenti motivi in diritto.

1) – Violazione degli artt. 1, 2, 7 e 9 del D.P.C.M. n. 535 del 9/12/1999, in relazione alle norme del testo unico sulla disciplina delle immigrazioni; Violazione della L. n. 176 del 1991 e della convenzione ivi recepita; Eccesso di potere per errore nei presupposti, difetto di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti;
Nel marzo del 2001 il minore indicato in epigrafe è giunto sul territorio italiano proveniente dall’Albania.
Egli è stato affidato ad una comunità dove ha rivelato positive doti di carattere, inserendosi pienamente sia nella struttura di accoglienza, sia nelle potenzialità di lavoro, dopo un periodo di apprendistato.
Con il provvedimento impugnato si applica in modo formale una norma D.P.C.M. n. 535 del 1999 sul rimpatrio dei minori.
L’adeguato inserimento del minore nella comunità, coniugato con le serie difficoltà soggettive (per la situazione familiare) ed oggettive (per la situazione economica del paese di provenienza) esigevano un’adeguata motivazione delle esigenze che consentono di sovrapporre ad un formale ricongiungimento familiare, il benessere del minore stesso. Infatti, nella gerarchia dei valori, il rimpatrio assistito è stato previsto per garantire il diritto all’unità familiare, ma prevedendo il caso in cui vi sia una frattura dell’unità familiare causata da situazioni esterne non volute né dalla famiglia né dal minore.
Nel caso in esame, invece, l’allontanamento del minore è avvenuto per rimediare ad una triste situazione del nucleo familiare, come risulta sia dalle dichiarazioni dell’interessato, che non acconsente al rimpatrio assistito sia dalla ricognizione effettuata dagli assistenti sociali.
In tale fattispecie, pertanto andava applicato il principio del rispetto dei diritti del minore (art. 7 comma 1 ed artt. 3, 9 e 12 della convenzione recepita con L. n. 176 del 1991).
Un più adeguato accertamento sia della situazione del minore che di quella della famiglia avrebbe generato un’attenta ponderazione dei valori in discussione, una adeguata motivazione dalla quale, dando atto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi, scaturisse uno specifico rilievo delle buone probabilità d’inserimento nel tessuto sociale e lavorativo specialmente in comparazione con le tristi prospettive della nazione di provenienza.

2) – Violazione degli artt. 1, 2, 7 e 8 della L. n. 241 del 1990; Violazione del principio del giusto procedimento; difetto di motivazione e travisamento dei fatti;
Nel provvedimento impugnato vengono confusi motivi specifici con circostanze di fatto e si elimina qualsiasi riferimento alle motivazioni che hanno indotto il minore all’allontanamento dalla famiglia nonché alle prospettive che il minore si è saputo guadagnare nel territorio di accoglienza.
Inoltre non risulta approfondita la reale situazione della famiglia, della quale si conoscono solo i dati anagrafici. Sotto l’aspetto procedurale il provvedimento è altresì viziato in quanto non indica nemmeno i termini per l’impugnazione. -

Con memoria depositata in data 10/10/2003 l’Amministrazione Comunale ricorrente ribadisce, ulteriormente ampliandole, le suesposte considerazioni, concludendo con richiesta di accoglimento del ricorso. § § § Alla pubblica udienza del 21/10/2003 la causa è stata chiamata e quindi è stata trattenuta per la decisione, come da verbale

DIRITTO

La controversia in esame attiene alla verifica della legittimità del provvedimento con il quale il Comitato per i minori stranieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto il rimpatrio assistito di un minore albanese ai sensi dell’art. 7 del D.P.C.M. 9/12/1999 n. 535.
Il Comune ricorrente, che è stato nominato tutore del suddetto minore con provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia in data 31/7/2001, sostiene, in concreto, che l’Amministrazione procedente non ha valutato approfonditamente come dovuto la reale situazione del minore e, in particolare, elementi rilevanti quali il suo inserimento nella struttura di assistenza alla quale era stato affidato, la sua concreta disponibilità al lavoro, la sua volontà di rimanere in Italia e di non acconsentire al rimpatrio assistito, la situazione di grave indigenza della famiglia e di crisi economica della nazione di origine.
Il Collegio ritiene che le predette considerazioni debbano essere condivise.
Il D.P.C.M. 9/12/1999 n. 535 – Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell’art. 33, commi 2 e 2 bis, del D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286 – agli artt. 1 e 7 prevede il rimpatrio assistito del minore straniero presente nel territorio nazionale e privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili.
Tale normativa ha inteso tutelare e garantire il ricongiungimento dei minori stranieri con i familiari che deve comunque avvenire nel rispetto, come espressamente previsto dall’art. 7 del citato decreto “dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l’integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili.”.
Da tali considerazioni consegue che, attesa anche la rilevante incidenza che il provvedimento di rimpatrio ha sui diritti del minore, l’Amministrazione procedente, prima di far luogo all’applicazione della citata disposizione, deve effettuare un’approfondita istruttoria al fine di potere valutare con la dovuta cognizione di causa l’effettiva situazione sia del minore che della sua famiglia.
Nel caso in esame, invece, non risulta che il provvedimento impugnato sia stato adottato a seguito di un’approfondita istruttoria, dato che dalla motivazione non risulta che siano stati presi in considerazione, tra gli altri, elementi di massima rilevanza quali la posizione del minore contraria al rimpatrio, il suo inserimento nella comunità che lo ha ospitato nonché le effettive condizioni economiche e di salute in cui vive la famiglia di origine in Albania.
Il provvedimento impugnato riguardo agli elementi sopra indicati reca una motivazione del tutto superficiale e generica, limitandosi esso ad affermare che “dall’indagine familiare non emergono elementi tali da non garantire la tutela dei diritti primari del minore all’interno della propria famiglia nel paese d’origine” e che è stato “sentito il minore in merito alla procedura avviata”, per cui deve ritenersi che la genericità e, quindi, l’insufficienza della motivazione sia dovuta alla mancanza di un’approfondita istruttoria.
Per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto è annullato il provvedimento impugnato.
Il Collegio ritiene, tuttavia, che sussistano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

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