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n. 11-2003 - © copyright.

T.A.R. LAZIO, SEZ. III, sentenza 10 ottobre 2003 n. 8242
Pres. COSSU, Est. CARELLA; T. L. (avv. Paggi) c. Università degli studi di Roma La Sapienza (Avv.ra gen. Stato).

1 – Pubblico impiego - insegnante universitario - Ricercatore - Concorso - Diniego di nomina del vincitore - Per difficoltà finanziarie - Legittimità.

2 - Concorso - Nomina vincitori - Diniego - Per sopravvenute cause ostative - Legittimità - Criterio.

1 - E’ legittimo il provvedimento con il quale un ateneo statale non assume il vincitore di un concorso a ricercatore, trovandosi in difficoltà finanziarie e constatato il superamento del rapporto tra spese fisse per il personale di ruolo ed i trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario.

2 – E’ legittimo il blocco dell’assunzione di candidati risultati vincitori in una prova concorsuale e l’annullamento della procedura di reclutamento, qualora nelle more della procedura stessa intervengano circostanze impeditive di natura normativa, organizzativa o anche solo finanziaria. La posizione giuridica soggettiva degli interessati alla nomina non e’ di diritto soggettivo, bensì interesse legittimo, e l’assunzione di vincitori di concorsi pubblici esprime potestà organizzatoria, sicche’ appartiene alla discrezionalità amministrativa determinare il momento più opportuno per l’inserimento di un vincitore di un pubblico concorso (o di un idoneo) tra il personale in attività di servizio.

 

DIRITTO

1. - Si controverte di mancata immissione in servizio di vincitore a concorso universitario di ricercatore, alla cui nomina il Rettore dell'Università di Roma "La Sapienza" non ha dato seguito in ragione della difficile situazione finanziaria dell'Università stessa e con riguardo ai limiti di spesa per personale imposti dall'art. 51, comma 4, della legge 27.12.1997, n. 449.
Il Consiglio di Amministrazione dell'Università aveva infatti - dapprima - stabilito nella seduta del 23.7.2002, nel deliberare il quadro programmatorio del fabbisogno del personale nel rispetto delle compatibilità economiche definite, di congelare la situazione del personale docente, e - successivamente - nella seduta dell'1.10.2002, in prosecuzione dell'analisi in questione, ha disposto di procedere (nello specifico) esclusivamente "all'assunzione in servizio a far tempo dal 1.11. 2002 degli idonei vincitori delle procedure di valutazione comparative bandite da La Sapienza per la copertura di posti docenti e per trasferimento, ad oggi già concluse e per le quali è stata effettuata la chiamata dei docenti da parte della facoltà, secondo le allegate tabelle...", e relativamente al 2003 "l'assunzione in servizio dei vincitori idonei delle procedure concorsuali in itinere, bandite da La Sapienza, già previste nel quadro programmatorio 2002/2003 e all'utilizzo delle unità di conto residue dei budget di facoltà, secondo le quantità e la distribuzione per facoltà, comunicata alle facoltà all'1.1.2002, sia per operazioni di assunzione in servizio di idonei in procedure concorsuali bandite da altri atenei, che per l'emanazione di nuovi bandi di concorsi de La Sapienza, secondo le decisioni da assumere in una seduta successiva".
Le censure relative al ricorso introduttivo - con cui parte deducente lamenta in generale la mancata nomina e si duole per essere stata coinvolta nel blocco delle assunzioni, atteso che il concorso espletato è assistito da apposite risorse finanziarie (c.d. budget) - possono essere trattate unitariamente.

2. - Come risulta dal ricorso, parte deducente sostiene che la mancata immissione in servizio di essa ricorrente, e degli altri docenti in posizione analoga alla sua, non può in alcun modo essere giustificata né con difficoltà finanziarie né con il presunto superamento del limite del 90% dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario delle Università.
Viene così in rilievo l'art. 51, comma 4, L. 27.12.1997 n. 449.
Sulla norma predetta, che fa da sfondo nell'impugnativa in esame, deve quindi prioritariamente incentrarsi per ragioni logico-giuridiche l'attenzione del giudice adito, prima di affrontare gli argomenti di merito relativi alla legittimità dei provvedimenti denunziati.
Con l'art. 24 L. 23.12.1998 n. 448, è stato stabilito che a decorrere dall'1.1.1998 gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di alcune categorie di pubblici impiegati non contrattualizzati, come, appunto, i docenti e i ricercatori universitari, debbano essere adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici impiegati contrattualizzati, secondo la percentuale stabilita con apposito D.P.C.M.
L'art. 51, comma 4, della L. 27.12.1997, n. 449, prescrive invece che "le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università statali non possono eccedere il 90 per cento dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario... Le università nelle quali la spesa per il personale di ruolo abbia ecceduto... il predetto limite possono effettuare assunzioni di personale di ruolo il cui costo non superi, su base annua, il 35 per cento delle risorse finanziarie che si rendano disponibili per le cessazioni dal ruolo dell'anno di riferimento.
Tale disposizione... rimane operativa sino a che la spesa per il personale di ruolo ecceda il limite previsto dal presente comma".
E' evidente come tra queste due norme non vi è alcuna antinomia o interferenza per la loro diversità teleologica: l'una, regolante l'adeguamento del trattamento economico anche del personale docente e ricercatore delle Università; l'altra, prevedente tetti complessivi di spesa che le Università non debbono superare per costi fissi e obbligatori per il personale di ruolo, senza distinzioni ed esclusioni di sorta per adeguamenti stipendiali e quant'altro.
Orbene, proprio in attuazione del principio costituzionale di buona amministrazione (art. 97) nel rispetto del concorrente principio giuscontabilistico di copertura finanziaria (art. 81), l'Università era ed è tenuta a portare in equilibrio la situazione di bilancio, le cui manovre sono, da un canto non contrastanti, e, dall'altro, non conferenti rispetto al conclamato principio di autonomia universitaria (art. 33): né può essere trascurato che si verte in materia di contenimento della spesa pubblica, al cui obiettivo di stabilità interna sono tenute anche le Università in quanto non avulse dal sistema ordinamentale pubblico.
Correttamente, dunque, l'Università La Sapienza, come da verbale del 23.7.2002, constatato il superamento del limite del 90%, ha tenuto conto anche degli adeguamenti stipendiali derivati dalla applicazione dell'art. 24 legge n. 448/1998 e giustamente non ha estrapolato, dalle spese per il personale docente, il dato della effettiva incidenza, su tale spesa, degli aumenti stipendiali del personale docente stabiliti con il D.P.C.M. 28.5.2001 (adeguamento del trattamento economico dall'1.1.2001, con aumento del 2,60%) e dal D.P.C.M. 17.5.2002 (adeguamento del trattamento economico dall'1.1.2002, con aumento del 4,31%), a nulla rilevando, ai fini dell'applicazione dell'art. 51/449 in discorso, le differenti cause e le circostanze diverse che abbiano potuto portare al superamento del tetto di spesa fissato legislativamente.
Questi profili di doglianza vanno quindi respinti.

3. - Parte ricorrente, come da epigrafe del ricorso e deduzioni al riguardo svolte, reclama il diritto a prendere servizio nel nuovo ruolo, assumendo dovuto il provvedimento di nomina da parte del Rettore, la qual nomina non poteva essere incisa da successivi provvedimenti sfavorevoli.
La tesi non può essere seguita con riguardo al quadro normativo prima esposto ed in considerazione che, in materia di assunzione all'impiego, gli interessati non vantano un diritto soggettivo alla nomina, ma solo interesse legittimo.
Infatti, l'assunzione di vincitori di concorsi pubblici rientra nella potestà organizzatoria della Pubblica Amministrazione sicché, quando nelle more del completamento della procedura concorsuale vengono in essere circostanze preclusive dell'assunzione stessa, sia di natura normativa (come un blocco generalizzato), sia di natura organizzativa (riordino degli organici connesso, ad esempio, a diminuite esigenze operative di talune strutture) o anche solo finanziaria (difetti di copertura), l'Amministrazione ben può paralizzare l'assunzione o anche annullare la procedura di reclutamento (cfr. Cons. St., V, 19 marzo 2001, n. 1632; TAR Lazio II, 2 maggio 1994, n. 547): ed, invero, appartiene alla più ampia discrezionalità amministrativa la determinazione del momento più opportuno per l'inserimento di un vincitore di pubblico concorso (o di idoneo) tra il personale in attività di servizio (cfr. Cons. St., V, 23 aprile 1998, n. 465).
Tanto premesso in punto di azione ammissibile (di sola legittimità), necessita anche sottolineare come, sul piano dell'interesse sostanziale vantato e a prescindere dagli aspetti di carattere retributivo e di carriera, parte ricorrente, proprio per essere già stato dichiarato vincitore quale ricercatore dalla Università "La Sapienza" e non potendo perciò partecipare a concorsi di altre Università, collega il danno alla mancata presa di servizio. Ebbene, in proposito si deve subito rilevare che la circostanza lamentata non corrisponde a realtà, atteso che l'intervenuta vittoria nel concorso si è ormai radicata, mentre allo stato è soltanto temporaneamente slittato il momento di inserimento nel ruolo dei ricercatori.
Nella specie è incontrovertibile che il bilancio dell'Università La Sapienza ha superato il previsto rapporto del 90% (nello specifico intorno al 95%) tra spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo e i trasferimenti statali a valere sul fondo per il finanziamento ordinario (F.F.O).
Inoltre, per la finalità del riequilibrio in questione, neppure può essere condivisa l'operata scissione tra Amministrazione centrale e i vari organismi decentrati di spesa (Facoltà - Dipartimenti) che, sotto tale angolatura, costituiscono semplici articolazioni organizzative con vari livelli operativi e gestionali dell'unica ed inscindibile realtà giuridica (l'Università), con l'effetto che il limite del 90% è riferibile alle partite fisse e ricorrenti del personale, quale si riscontra dal relativo conto annuale, a prescindere dalla sua collocazione nelle varie strutture operative dell'Ateneo: invero, dal punto di vista giuscontabilistico, il bilancio è unico e le relative risultanze, nonché il rispetto di parametri normativamente imposti , non possono che riguardare l'andamento amministrativo-contabile dell'Ente nel suo complesso, secondo i principi di bilancio strutturato per competenza e cassa.
Neanche può assumere rilevanza alcuna la dichiarata disponibilità del necessario "budget": in effetti, l'utilizzazione dello strumento budgetario attiene ad un mera tecnica gestionale endogena a meri fini di ripartizione delle risorse tra le varie strutture operative (centri di spesa) individuate dall'autonomo Regolamento universitario e, quindi, si risolve unicamente in una assegnazione previsionale che soggiace ugualmente ai vincoli di bilancio.
Anche questi profili meritano dunque di essere disattesi.

4. - Parte reclamante, inoltre, sostiene che il Consiglio di Amministrazione, nell'adottare i provvedimenti del 23.7.2002 e 1.10.2002, ha illegittimamente esercitato una competenza che non gli spettava e che spetta soltanto alle Facoltà con la richiesta di messa a concorso in base ai budget acquisiti.
La censura va respinta nei sensi prospettati perché il C.d.A., salvo quanto si dirà in appresso, non ha invaso le prerogative delle facoltà in ordine alla valutazione delle esigenze didattiche delle singole strutture (valutazione che è stata semmai pretermessa) ed alla conseguente individuazione dei ricercatori da nominare, ma si è limitato ad indicare i criteri in base ai quali applicare il blocco delle assunzioni dal C.d.A. stesso disposto per far fronte alla accertata necessità di contenimento delle spese fisse, come da vincoli di legge, e, dunque, nell'ambito delle proprie attribuzioni di programmazione, indirizzo e controllo della gestione finanziaria dell'Ateneo.
Ed invero, pur nella specificità del singolo Statuto e Regolamento di Ateneo, al Consiglio di Amministrazione spettano il governo amministrativo e la gestione economica e patrimoniale dell'Università (art. 6, 3° comma, R.D. 31 agosto 1933 n. 1592) nonché di provvedere sugli stanziamenti per spese di personale e di materiale (art. 15 del Regolamento di cui a R.D. 6 aprile 1924 n. 674): del resto, poiché come nella specie il bilancio di previsione e il rendiconto consuntivo vengono deliberati dal C.d.A., non si possono neppure negare il connesso onere e responsabilità di assicurare il rispetto dell'equilibrio finanziario del bilancio (art. 7, commi da 7 a 9, legge 9 maggio 1989 n. 168).

5. - Parte ricorrente, infine, lamenta che l'Università, senza presupposto alcuno e congrua motivazione, ha omesso di comparare in modo appropriato tutti gli interessi in gioco per decidere secondo l'interesse pubblico ritenuto prevalente.
Vengono così in rilievo i criteri adottati dal Consiglio di Amministrazione per stabilire, in relazione alle risorse finanziarie disponibili, le prese di servizio a decorrere dall'1.10.2002 (idonei vincitori delle procedure di valutazione comparativa bandite da La Sapienza per la copertura di posti docenti e per trasferimento, ad oggi già concluse e per le quali è stata effettuata la chiamata dei docenti da parte delle Facoltà; chiamata dei docenti per chiara fama).
Le surriferite lagnanze sono meritevoli di accoglimento.
Se diverse sono le situazioni a raffronto tra docenti chiamati da concorso e docenti per chiara fama, e tali da escludere una dedotta disparità di trattamento, altrettanto non si può sostenere con riguardo alla distinzione tra chiamati interni ed esterni.
E' vero che la procedura concorsuale a posti di docenti e ricercatori, come da bando richiesto dalle Facoltà, (art. 5, comma e ss., D.P.R. n. 117/2000), è scandita da tempi rigorosi ma qui non sono in discussione siffatti adempimenti, che costituiscono ormai fatti storici, bensì la soprassessoria e il differimento per ragioni di contenimento della spesa che evidentemente - essendo movente esterno - devono valere per tutti i soggetti coinvolti nella manovra di contenimento.
Il Consiglio di Amministrazione, nel fare esclusivamente perno su fattori contingenti (elemento interno o chi è stato più lesto sul piano temporale) ha finito per prescindere da ogni priorità didattica e scientifica che presiede alle esigenze delle Facoltà, come da normativa sopra riportata, e che, per logica coerenza onde assicurare il buon andamento degli insegnamenti, andavano interpellate sulle antecedenze dei reclutamenti possibili in relazione alle risorse messe a disposizione Facoltà per Facoltà.
Si potrebbe obiettare che l'esigenza conclamata trova presupposto e coincidenza nella messa a concorso del posto da parte dell'Università "La Sapienza", e che vi è una rilevanza differente tra docente e ricercatore: al riguardo può essere sufficiente osservare che l'azione amministrativa deve giungere al suo scopo pratico-funzionale, nella specie rappresentato legalmente dalle esigenze didattico scientifiche della singola Facoltà, che ha richiesto il bando per gli uni e per gli altri, mentre la scelta del C.d.A. può sortire l'effetto di privilegiare in concreto talune Facoltà rispetto ad altre, con soddisfacimento di bisogni temporaneamente superflui o rimasti inappagati, non in relazione ad esigenze didattico scientifiche, ma con riguardo solo al diverso strumento o tipologia di reclutamento coinvolto.
Il mancato apprezzamento delle circostanze surriferite ed omesso coinvolgimento della singola Facoltà mette plasticamente in rilievo la deficienza motivazionale e istruttoria della determinazione gravata.

6. - Nei sensi sopra esposti il ricorso va quindi accolto, con l'annullamento in parte qua degli atti censurati per difetto di istruttoria e di motivazione.
I profili di censura non esaminati restano assorbiti.
Le spese di lite possono essere tuttavia equamente compensate tra le parti.

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