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Giurisprudenza
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TAR ABRUZZO-PESCARA - Sentenza 30 dicembre 2000 n. 863 - Pres. Catoni, Est. Nazzaro - Nieddu (Avv. Tommaso Marchese) c. Ministro della Difesa - Distretto militare di Chieti e Presidenza del Consiglio - Ufficio Nazionale per il servizio civile (Avv.ra distr. Stato) – (accoglie).

Giurisdizione e competenza – Militare e militarizzato – Obiettori di coscienza – Controversie – Rientrano nella giurisdizione amministrativa.

Militare e militarizzato – Obiettori di coscienza – Termine di 9 mesi previsto dall’art. 1, comma 5°, d.lgs. 30.12.1997 n. 504 – Applicabilità anche nei confronti di tutte le posizioni non ancora definite alla data dell'1.1.2000 – Fattispecie.

I cittadini "arruolati", perché ritenuti idonei, i quali, su loro esplicita domanda per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, sono stati chiamati a prestare il "servizio sostitutivo civile", fanno parte del personale militare, sussistendo la loro equiparazione ai militari di leva (artt. 4/6 L. 8.7.1998 n. 230); anche le controversie relative agli obiettori di coscienza, pertanto - ai sensi dell'art. 68 del D.Lgs. 3.2.1993 n. 29, quale sostituito dall'art. 29 del D.Lgs. 31.3.1998 n. 80, poi modificato dall'art. 18 del D.Lgs. 29.10.1998 n. 387 (che ha riservato alla cognizione del G.A. le controversie relative al "personale militare") - rientrano nella giurisdizione amministrativa (1).

Il diritto al congedo, per decorso dei termini di chiamata (di nove mesi complessivi) previsto dall’art. 1, comma 5°, d.lgs. 30.12.1997 n. 504 per gli obiettori di coscienza, è una "norma del procedimento" che, quale ius superveniens ed in mancanza di esplicita diversa disciplina transitoria, deve trovare immediata applicazione nei confronti di tutte le posizioni non ancora definite, ovvero dei cittadini obiettori "arruolati" che non sono stati assegnati al servizio civile alla data del 31.12.1999 (2) (alla stregua del principio nella specie il TAR Abruzzo-Pescara ha ritenuto illegittimo il provvedimento di avvio al servizio civile, atteso che il ricorrente aveva presentato domanda in data 29.12.1998, così come disposto dall'art. 4 n. 3 della L. 8.7.1998 n. 230, e, ai sensi del successivo art. 9 n. 2, la sua assegnazione doveva attuarsi entro un anno dall'accoglimento della domanda, sempre che ciò fosse possibile e si verificasse entro "il 31 dicembre 1999", data stabilita come "sbarramento finale" per tutte le posizioni in attesa da più di "9 mesi" e per le quali poteva operare il periodo complessivo fino a "18 mesi", senza superare la data del 31.12.1999; la comunicazione dell'assegnazione al servizio civile è stata recapitata all'interessato solo il data 24.3.2000, ovvero oltre i nove mesi stabiliti dalla normativa sopravvenuta).

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(1) Ha aggiunto il TAR Pescara che l'obiettore di coscienza, pur restando un "civile", ha, al pari del "militare", un rapporto di servizio "obbligatorio", cui conseguono tutti gli effetti giuridici tipici, di cui all'art. 6 L. 8.7.1998 n. 230, e, riservata (transitoriamente) al G.O. l'ipotesi di reiezione della domanda per il riconoscimento dell'obiezione di servizio e/o della decadenza da tale diritto (art. 5 n. 4-5), questi, quale personale militare, è sottoposto alla giurisdizione del G.A.

(2) Sul principio dell’applicabilità dello ius superveniens ai procedimenti non ancora conclusi v. Con. Stato, Sez. VI, 7 aprile 1999 n. 401 e TAR Abruzzo-Pescara, 11 luglio 1998 n. 494.

Ha precisato in proposito il TAR Abruzzo-Pescara, che una diversa interpretazione sarebbe contrastante con la volontà del legislatore che ubi voluit, dixit; essa, inoltre, determinerebbe delle situazioni di manifesta ingiustizia, quale, ad esempio, quella che potrebbe aversi tra chi abbia presentato la domanda il 30.12.1999, che sarebbe ancora assoggettato al termine di 18 mesi, e chi, invece, l'abbia spedita il 2.1.2000, che verrebbe a beneficiare del dies di nove mesi.

Invero, il d.lgs. 30.12.1997 n. 504, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2.2.1998 n. 26 e la sua entrata in vigore è stata dilazionata nel tempo, stabilendosi (art. 13) che le norme "entrano in vigore il 31 dicembre 1998", differendo al 1.1.2000 unicamente il dies a quo per il computo del periodo di nove mesi complessivi, previsto quale limito massimo anche per gli obiettori di coscienza, comprensivo sia della procedura per il riconoscimento di tale posizione, sia per il relativo impiego nel servizio civile (artt. 1, comma 5° e 13, comma 1°)

L'ampiezza dei termini ha, quindi, una logica ed una funzione, essendo evidente che il legislatore ha voluto consentire all'amministrazione la possibilità di definire le situazioni pendenti, che, per quanto attiene gli obiettori di coscienza, dovevano essere esaurite entro il 31.12.1999, in modo tale che dal 1.1.2000, per tutti gli "arruolati" sarebbe stato operativo il "nuovo termine unificato", mesi nove.

Si è attuato, in effetti, una forma di "azzeramento" (al 31.12.1999), senza alcuna previsione transitoria, proprio perché non si è voluto fare alcuna distinzione tra le domande presentate prima del 1.1.2000 (e non ancora definite) e quelle pervenute dopo tale data; la previsione teorica sarà stata, invero, troppo ottimistica, non essendosi tenuto conto della reale situazione circa il numero degli obiettori di coscienza, ma potrebbe anche ritenersi che tale "sbarramento" sia stato un modo per risolvere "in radice" il problema del numero delle domande ancora pendenti.

 

 

FATTO

Il ricorrente, in data 29.12.1998, ha presentato domanda di "obiezione di coscienza" (art. 2, comma 2° L. 15.12.1972 n. 772 e L. 8.7.1998 n. 230) e, in data 24.3.2000, si è visto recapitare l'avvio al servizio civile. L'atto è ritenuto illegittimo perché comunicato dopo il 31.12.1999, considerato quale termine - limite, ai sensi dell'art. 1, comma 5°, d.lgs. 504/1997.

Si deduce, pertanto, la violazione delle leggi riferite, stante la parificazione dei termini procedurali (a nove mesi), sia per la chiamata alle armi, sia per il servizio civile, a decorrere dal 1.1.2000; data questa che andrebbe necessariamente riferita non solo alle domande nuove (presentate dopo tale data), bensì anche a tutte le procedure pendenti, per evitare palesi discriminazioni e manifeste ingiustizie. Si ritiene, pertanto, maturato il diritto al congedo per il decorso dei termini di chiamata. Si conclude per l'accoglimento del gravame e spese vinte.

L'Avvocatura, nella memoria depositata (con il consenso avversario) in udienza, sostiene la legittimità del provvedimento, intervenuto entro un anno dall'atto di accoglimento della domanda di obiezione di coscienza (29.6.1999), che si sarebbe determinato per silenzio-accoglimento, trascorsi sei mesi dalla data di presentazione della stessa, avvenuta il 29.12.1998, ai sensi dell'art. 5, comma 2°, L. 8.7.1998 n. 230, dovendo trovare applicazione l'art. 21, comma 2°, L. 191/1975, quale modificato dall'art. 6 L 269/1991.

L'art. 1, comma 5° d.lgs. 30.12.1997 n. 504, invero, andrebbe limitato alle domande presentate dopo il 1.1.2000, che non postulano più alcun accertamento (entro sei mesi) delle autocertificazioni.

Si sostiene, infine, che, essendo stata la domanda accolta (per silenzio-assenso) in data 29.6.1999, la comunicazione del 24.3.2000 sarebbe intervenuta in ogni modo entro i nove mesi.

Si conclude per il rigetto del gravame e statuizione sulle spese.

DIRITTO

In punto di giurisdizione va, invero, richiamato l'art. 68 del D.Lgs. 3.2.1993 n. 29, quale sostituito dall'art. 29 del D.Lgs. 31.3.1998 n. 80, poi modificato dall'art. 18 del D.Lgs. 29.10.1998 n. 387, che ha riservato alla cognizione del G.A. le controversie relative al "personale militare".

I cittadini "arruolati", perché ritenuti idonei, i quali, su loro esplicita domanda per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, sono stati chiamati a prestare il "servizio sostitutivo civile", fanno parte del personale militare, sussistendo la loro equiparazione ai militari di leva (artt. 4/6 L. 8.7.1998 n. 230); tale servizio, infatti, rappresenta l'alternativa "non armata" del reclutamento obbligatorio.

L'obiettore di coscienza, invero, pur restando un "civile", ha, al pari del "militare", un rapporto di servizio "obbligatorio", cui conseguono tutti gli effetti giuridici tipici, di cui all'art. 6 L. 8.7.1998 n. 230, e, riservata (transitoriamente) al G.O. l'ipotesi di reiezione della domanda per il riconoscimento dell'obiezione di servizio e/o della decadenza da tale diritto (art. 5 n. 4-5), questi, quale personale militare, è sottoposto alla giurisdizione del G.A.

Nel merito della vicenda, sono prospettate due tesi: la prima ritiene l'immediata applicazione, ai fini dell'avviamento al servizio di leva e/o civile, del termine di nove mesi complessivi, a tutti i rapporti non ancora definiti alla data del 1.1.2000; la seconda vuole limitare gli effetti della nuova normativa alle domande presentate a far data dal 1.1.2000.

Il d.lgs. 30.12.1997 n. 504, invero, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2.2.1998 n. 26 e la sua entrata in vigore è stata dilazionata nel tempo, stabilendosi (art. 13) che le norme "entrano in vigore il 31 dicembre 1998", differendo al 1.1.2000 unicamente il dies a quo per il computo del periodo di nove mesi complessivi, previsto quale limito massimo anche per gli obiettori di coscienza, comprensivo sia della procedura per il riconoscimento di tale posizione, sia per il relativo impiego nel servizio civile (artt. 1, comma 5° e 13, comma 1°)

L'ampiezza dei termini ha, invero, una logica ed una funzione, essendo evidente che il legislatore ha voluto consentire all'amministrazione la possibilità di definire le situazioni pendenti, che, per quanto attiene gli obiettori di coscienza, dovevano essere esaurite entro il 31.12.1999, in modo tale che dal 1.1.2000, per tutti gli "arruolati" sarebbe stato operativo il "nuovo termine unificato", mesi nove.

Si è attuato, in effetti, una forma di "azzeramento" (al 31.12.1999), senza alcuna previsione transitoria, proprio perché non si è voluto fare alcuna distinzione tra le domande presentate prima del 1.1.2000 (e non ancora definite) e quelle pervenute dopo tale data; la previsione teorica sarà stata, invero, troppo ottimistica, non essendosi tenuto conto della reale situazione circa il numero degli obiettori di coscienza, ma potrebbe anche ritenersi che tale "sbarramento" sia stato un modo per risolvere "in radice" il problema del numero delle domande ancora pendenti.

Il diritto al congedo, per decorso dei termini di chiamata (nove mesi complessivi), è, comunque, una "norma del procedimento" che, quale ius superveniens ed in mancanza di esplicita diversa disciplina transitoria, deve trovare immediata applicazione nei confronti di tutte le posizioni non ancora definite, ovvero dei cittadini obiettori "arruolati" che non sono stati assegnati al "servizio civile", alla data del 31.12.1999; ciò, invero, è conforme ai riconosciuti principi generali (C.S., VI, n. 401/7.4.1999; Tar Pescara n. 494/11.7.1998).

Una diversa interpretazione sarebbe, infatti, contrastante con la volontà del legislatore che ubi voluit, dixit; essa, inoltre, determinerebbe delle situazioni di manifesta ingiustizia, quale ad esempio, come sottolineato dal ricorrente, quella che potrebbe aversi tra chi abbia presentato la domanda il 30.12.1999, che sarebbe ancora assoggettato al termine di 18 mesi, e chi, invece, l'abbia spedita il 2.1.2000, che verrebbe a beneficiare del dies di nove mesi.

L'operatività della piena parificazione, a far data dal 1.1.2000, tra militari di leva ed obiettori di coscienza appare confermata proprio dall'art. 4 n. 1 della L. 8.7.1998 n. 230, che, limitando l'applicazione delle disposizioni relative all'accoglimento espresso e/o tacito (entro sei mesi dalla domanda), sempre alla data del 31.12.1999, ha voluto conservare tale possibilità, in quanto il periodo di "sei mesi" era destinato ad essere assorbito dal termine più ampio di "nove mesi complessivi"; dal 1.1.2000, l'amministrazione era, quindi, tenuta a verificare l'esistenza o meno di un residuo margine di tempo, e procedere sollecitamente all'avvio per il servizio civile.

La normativa, infatti, prevede che le domande dei cittadini ammessi al servizio civile (per accoglimento esplicito e implicito) e quelle ancora sospese e/o in contestazione, devono essere trasmesse, entro 30 gg., all'Ufficio Nazionale del Servizio Civile (art. 6 DPR. 28.7.1999 n. 352; art. 9 L. 230/98), che avrebbe dovuto applicare la normativa vigente dal 1.1.2000, quale ius superveniens valevole erga omnes (Tar Napoli, 110, sent. breve n. 4492/4.12.2000); l'art. 9, comma 2°, della L. 8.7.1998 n. 230 è, invero, tassativo nello stabilire che il "termine annuale" (dall'accoglimento della domanda) è valido solo "fino al 31 dicembre 1999".

Nel caso di specie il ricorrente ha presentato domanda in data 29.12.1998, così come disposto dall'art. 4 n. 3 della L. 8.7.1998 n. 230, e, ai sensi del successivo art. 9 n. 2, la sua assegnazione doveva attuarsi entro un anno dall'accoglimento della domanda, sempre che ciò fosse possibile e si verificasse entro "il 31 dicembre 1999", data stabilita come "sbarramento finale" per tutte le posizioni in attesa da più di "9 mesi" e per le quali poteva operare il periodo complessivo fino a "18 mesi", senza superare la data del 31.12.1999; ciò non è avvenuto e la comunicazione dell'assegnazione al servizio civile è stata recapitata all'interessato solo il data 24.3.2000, ovvero oltre i nove mesi stabiliti dalla normativa sopravvenuta. Conclusivamente il gravame va accolto.

La problematicità della questione giustifica la compensazione delle spese di causa.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo per l'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara,

- accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla l'atto impugnato;

- spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 21 dicembre 2000.

-Antonio CATONI presidente

-Dino NAZZARO consigliere estensore

Depositata in Segreteria il 30 dicembre 2000.

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