TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III - Sentenza 18 novembre 1999 n. 3702 - Pres. ed Est. Mariuzzo - S.I.R.E. S.p.A. (Avv.ti Pellegrino) c. Comunità Montana della Valchiavenna (Avv. Bucello) e CO.GE. Costruzioni Generali S.p.A. (Avv.ti Michiara e Resca).
Contratti della P.A. - Gara - Cauzione - Prestazione mediante fideiussione rilasciata da società di intermediazione finanziaria - Ammissibilità.
Contratti della P.A. - Bando - Approvato nella vigenza della L. 11.2.1994, n. 109 - Clausole che fanno rinvio alla successiva L. Merloni ter (L. 18.11.1998, n. 415) - Inapplicabilità - Applicabilità della disciplina vigente al momento dell’approvazione del bando.
Giurisdizione e competenza - Appalti di oo.pp. - Controversia concernete l’esclusione da una gara - Domanda tendente non solo all’annullamento dell’esclusione ma anche all’accertamento della congruenza dell’offerta - Ammissibilità.
Deve ritenersi, ai sensi dell’art. 106 del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con D.Lgs. 1.9.1993, n. 385, che le società di intermediazione possono svolgere attività finanziaria, rientrando in tale attività il rilascio di garanzie e, in particolare, di fideiussioni (1). In sede di ammissione ad una gara per il conferimento di pubblici appalti, ai sensi dell’art. 30 della L. 11.2.1994, n. 109, è quindi valida una cauzione prestata mediante fideiussione rilasciata da un intermediario finanziario (nella specie, una S.I.M.) e non da una banca o da una società assicuratrice.
Nel caso in cui un bando di gara sia stato approvato nella vigenza della L. 11.2.1994, n. 109, il bando stesso non può fare riferimento ad una disciplina legislativa diversa da quella allora vigente ed in particolare alla diversa disciplina introdotta dalla L. 18.11.1998, n. 415. In particolare, per ciò che concerne la cauzione, la disciplina prevista da quest’ultima legge recepita nel bando in via negoziale, deve ritenersi sostituita ope legis la disciplina dell’art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109, nel testo alla prima anteriormente vigente (2).
E’ ammissibile, nel caso di ricorso avverso un provvedimento di esclusione da una gara per il conferimento di un pubblico appalto, la domanda non solo tendente all’annullamento in sede giurisdizionale della disposta esclusione nei sensi di cui all’art. 45, 1° comma del R.D. 26.5.1924, n. 1054, ma tendente anche a conseguire l’accertamento della spettanza dell’appalto; di fronte a siffatta azione, che ben potrebbe essere definita, pur nel silenzio del Legislatore, come una vera e propria azione di adempimento, quale è presente in altri ordinamenti europei, viene conseguentemente attivato il dovere del Giudice amministrativo di dar corso al richiesto accertamento dell’esistenza di un obbligo di fare della P.A. e di un correlativo diritto della ricorrente all’espletamento di siffatta attività amministrativa nella contermine sede della giurisdizione esclusiva.
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(1) T.A.R. Lombardia-Brescia, sent. 8 luglio 1999, n. 610; 15 maggio 1999, n. 409.
(2) T.A.R. Lombardia Sez. III, 18.7.1998, n. 1912; 23.9.1997, n. 1552; 2.4.1997, n. 354; 2.7.1996, n. 909;18.1.1995, n. 64; 26.5.1994, n. 375.
Anno1999
Reg.Sent. n. 3702
R.G. n. 1022/99
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1022/1999 proposto da
IMPRESA S.I.R.E. S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giovanni e Gianluigi Pellegrino ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Maria Cristina Faranda in Milano, Via Premuda, 14
contro
la Comunità Montana della Valchiavenna, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Bucello ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, Via Borgonuovo, 12
e nei confronti
della CO.GE. Costruzioni Generali S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Michiara e Paolo Resca ed elettivamente domiciliata presso il secondo di essi in Milano, Via S. Tecla, 5
per l’annullamento
del provvedimento di esclusione della ricorrente dall’asta pubblica indetta dalla Comunità Montana della Valchiavenna per l’appalto dei lavori di ristrutturazione dell’ex convento dei Cappuccini in Chiavenna, nonché della successiva aggiudicazione a favore della Soc. CO.GE
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della resistente Comunità e della società controinteressata, nonché il ricorso incidentale proposto da quest’ultima;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 29.10.1999, il relatore dott. Francesco Mariuzzo;
Uditi, altresì, i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 12.3.1999, tempestivamente depositato, la Società S.I.R.E. ha impugnato l’esclusione dall’asta pubblica indetta con delibera 9.12.1998, n. 405 dalla Comunità Montana della Valchiavenna per lavori di ristrutturazione dell’ex convento dei Cappuccini per un importo a base d’asta di L. 3.142.764.481, lamentandone la illegittimità: 1) per violazione di legge e per eccesso di potere, oltre che per violazione della circolare del Ministero dei LL.PP. 22.12.1998, n. 2100/UE, poiché il bando di gara, adottato e pubblicato nell’anteriore vigenza della L. 11.2.1994, n. 109, avrebbe prescritto per la partecipazione alla gara la documentazione della sola cauzione provvisoria di cui all’art. 30, 1° comma della stessa legge e non già l’impegno a stipulare quella definitiva, introdotto dalla successiva L. 18.11.1998, 415; 2) per violazione del bando di gara, che non avrebbe sotto alcun profilo richiamato la indicata legge, entrata in vigore il 19.12.1998; 3) per eccesso di potere sotto distinti profili, non avendo la commissione privilegiato una lettura della dubbia dizione del bando tale da favorire la più ampia partecipazione delle imprese; 4) per illegittimità derivata, in quanto la successiva aggiudicazione sarebbe viziata dalle denunciate illegittimità della disposta esclusione. Al riguardo precisa la ricorrente che la propria offerta, regolarmente presentata e allo stato custodita agli atti dell’Amministrazione, avrebbe conseguito l’aggiudicazione ove non fosse stata arbitrariamente esclusa dalla gara, in quanto sarebbe la più vantaggiosa dal punto di vista economico nel quadro del pubblico incanto al massimo ribasso bandito dalla Comunità Montana.
Sia quest’ultima sia la Soc. CO.GE si sono costituite in giudizio, resistendo all’introdotto ricorso in rito e nel merito.
Con memoria notificata in data 29.3.1999 la Soc. CO.GE ha, inoltre, proposto ricorso incidentale, denunciando la irregolarità della fideiussione prodotta in gara dalla Soc. Sire, in quanto rilasciata da un intermediario finanziario e non da una banca o da una società assicuratrice.
In occasione della Camera di consiglio dell’8.4.1999 la Sezione accoglieva motivatamente la proposta domanda incidentale, successivamente confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza della Sez. V 28.7.1999, n. 1900.
Con ulteriori memorie depositate nell’imminenza dell’udienza e nel corso della discussione orale le parti hanno argomentatamente insistito nelle rispettive conclusioni.
All’udienza del 29.10.1999 la causa è stata trattenuta a sentenza dal Collegio.
DIRITTO
1- Reputa il Collegio di dover definire in via preliminare il problema sollevato con il proposto ricorso incidentale, il cui eventuale accoglimento precluderebbe, infatti, ogni ulteriore esame del ricorso principale.
Secondo quanto esposto dalla soc. CO.GE l’art. 30 della L. 11.2.1994, n. 109 prevede che l’offerta sia accompagnata da una cauzione pari al 2% dell’importo dei lavori, da prestare anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa; il fatto che la fideiussione debba essere rilasciata dalle indicate emittenti corrisponderebbe all’avvertita esigenza che la garanzia sia seria ed affidabile. Il che, peraltro, non ricorrerebbe per quella prodotta dalla soc. Sire, essendo stata rilasciata da parte di una società di intermediazione finanziaria (SIM), che sarebbe autorizzata solo allo svolgimento di attività finanziarie, tra le quali non rientrerebbe il rilascio di siffatte garanzie.
Detto ordine di idee non è fondato, pur dovendosi riconoscere che la giurisprudenza in materia non appare ancora consolidata.
Al riguardo può anzitutto osservarsi che, in base alle norme e modalità del pubblico incanto allegate al bando di gara, risulta testualmente prescritta la produzione della "ricevuta di avvenuto deposito della cauzione provvisoria dall’ammontare fissato nel bando, pari a L. 62.855.000, che potrà essere costituita mediante fideiussione rilasciata da istituto autorizzato avente i requisiti previsti dalla L. 109/94 art. 30, comma 1".
In detta previsione, che definisce compiutamente l’onere posto a carico delle imprese partecipanti, figura dunque una contraddizione fra il chiaro ed omnicomprensivo riferimento ad un istituto autorizzato ed il richiamo ai requisiti della garanzia, che alla stregua dell’art. 30 deve essere rilasciata invece da un istituto bancario o assicurativo.
Per questo aspetto non può, pertanto, condividersi l’affermazione della ricorrente in ordine alla sufficienza della indicata norma del bando per dimostrare la possibilità di produrre una diversa fideiussione, rilasciata da un istituto autorizzato, ma non coincidente con una banca o un’assicurazione.
Sotto un più sostanziale profilo va gradatamente sottolineato che, alla stregua della sentenza 18.2.1999, n. 448 della Sez. I del T.A.R. Campania, richiamata nei propri scritti difensivi dalla controinteressata, la nozione di attività bancaria sarebbe rimasta sostanzialmente immutata anche con il nuovo T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con D.Lgs. 1.9.1993, n. 385, per cui, non essendo gli intermediari finanziari autorizzati alla raccolta del risparmio tra il pubblico, resterebbe interdetta la possibilità da parte degli stessi di erogare garanzie e, in particolare, fideiussioni relativamente a crediti della pubblica Amministrazione. Il che troverebbe, poi, formale avallo proprio nell’art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109.
Il Collegio tuttavia, pur prendendo atto di una disciplina normativa di non agevole decifrazione, è di diverso avviso e si associa incondizionatamente a quanto già in proposito precisato dalla Sezione di Brescia di questo T.A.R. (sent. 8.7.1999, n. 610; 15.5.1999, n. 409).
Prendendo, infatti, le mosse dall’art. 106 del citato D. Lgs. va posto in adeguata evidenza che il suo 1° comma prescrive espressamente che l’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessioni di finanziamenti sotto qualsiasi forma, nonché di prestazione di servizi a pagamento è riservato ad intermediari finanziari iscritti in apposito elenco tenuto dal Ministero del Tesoro, che si avvale dell’U.I.C..
Al successivo 2° comma si precisa, poi, che gli stessi intermediari possono svolgere esclusivamente attività finanziaria, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. Infine, al 3° comma si indicano le condizioni cui la detta iscrizione è subordinata.
A fronte del chiaro tenore della norma il problema da risolvere non attiene tanto al fatto se le società di intermediazione possano svolgere o meno attività finanziaria, il che è invero espressamente consentito dalla legge, ma se rientri in tale attività il rilascio di garanzie e, in particolare, di fideiussioni.
Al detto interrogativo va data risposta positiva, dovendosi considerare sia il fatto che l’art. 106 abilita le società iscritte all’apposito albo alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, nel che va necessariamente ricompresa la prestazione di garanzie con possibilità di futuro finanziamento, sia la diversa circostanza che la riserva apposta per la diversa attività ben contraddistingue il contiguo settore della raccolta del risparmio, che resta prerogativa degli istituti bancari, rispetto al mero svolgimento di attività finanziaria.
Quanto al fatto, poi, che l’art. 1 della L. 10.6.1982, n. 348, avente ad oggetto la costituzione di cauzioni con polizze fideiussorie a garanzie di obbligazioni verso lo Stato ed altri enti pubblici, rinvii a tal fine al R.D. 12.3.1936, n. 375 e dunque alle aziende abilitate allo svolgimento di attività creditizia, ciò non pare equivalere ad un rinvio di tipo ricettizio per l’assorbente considerazione che, nel quadro del nuovo sistema bancario di cui al citato D.Lgs. figura la distinzione tra la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito. Nessuna particolare preclusione di ordine normativo si costituisce per conseguenza per l’interprete nel riconoscere che detta ultima attività può essere indifferenziatamente svolta sia da istituti bancari sia da assicurazioni sia, infine, da intermediari finanziari che siano debitamente autorizzati ed inseriti nel relativo elenco, come ricorre pacificamente nel caso dell’Istituto finanziario Mediterraneo che vi figura iscritto al n. 58.
Infine, avvalorano la indicata lettura sia il fatto che in altro D.M. dello stesso Ministro del Tesoro si autorizzino espressamente gli intermediari finanziari al rilascio di fideiussioni con riferimento ai fondi di rotazione in materia comunitaria sia il rilievo che, diversamente da quanto allegato dalla controinteressata, l’apprestato sistema di iscrizione nell’albo tenuto presso l’A.I.C. integra una formale ed idonea garanzia di affidabilità delle relative operazioni finanziarie.
In definitiva, se anche l’art. 30 si riferisce alle sole garanzie bancarie ed assicurative, lo stesso non è in grado di escludere che un’analoga attività possa essere svolta da altri soggetti a ciò debitamente autorizzati.
L’interpretazione suggerita dalla controinteressata va dunque respinta, dovendosi affermare che essa verrebbe a porsi in diretto contrasto non solo con la suesposta interpretazione, ma, altresì, con il generale principio di non aggravamento del procedimento amministrativo, di cui all’art.1°, 2° comma della L. 7.8.1990, n. 241, che interdice l’adozione di misure non strettamente correlate con il fine da perseguire, coincidente nella specie con la più vasta partecipazione delle imprese alla gara.
Identica contraddizione verrebbe, infine, a profilarsi in applicazione del generalissimo principio di proporzionalità che, seppure di genesi comunitaria, informa in realtà anche l’ordinamento nazionale, inibendo all’Autorità amministrativa di introdurre nei propri procedimenti misure non coincidenti con quelle più miti rispetto allo scopo da raggiungere: anche in presenza, infatti, di un ponderato vaglio di astratta necessità ed idoneità della misura discrezionalmente prescelta quest’ultima deve restare costantemente proporzionata al scopo per non divenire mero esercizio di incontrollabile arbitrio: il che all’evidenza ricorrerebbe nell’ipotesi che fosse esclusa la legittima fruizione di una fideiussione, avente nell’ordinamento nazionale lo stesso giuridico effetto di quelle rilasciate da una banca o da un’assicurazione.
Il ricorso incidentale deve essere, quindi, respinto.
2- Passando all’esame dei motivi del ricorso principale la prima questione da definire, cui sono connesse un’eccezione di inammissibilità del ricorso e le successive conclusioni di merito, attiene alla esatta ricostruzione della disciplina stabilita per lo svolgimento della gara, rispetto alla quale alla tesi della ricorrente, che afferma che troverebbe applicazione la previgente disciplina dell’art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109, si contrappone l’opposta ricostruzione della resistente e della controinteressata, che allegano la incondizionata applicabilità della novella introdotta dalla L. 18.11.1998, n. 415, entrata in vigore il 19.12.1998.
Sotto questo profilo la deducente Sire ricorda che, in sede di appello promosso contro l’ordinanza emessa dalla Sezione, la Sez. V ebbe preliminarmente a disporre una puntuale istruttoria, volta a verificare i termini in fatto della vicenda, accertando che la prima pubblicazione del bando di gara è avvenuta in data 17.12.1998 e dunque in data anteriore all’entrata in vigore della L. 18.11.1998, n. 415, e che, inoltre, le norme stabilite per lo svolgimento dell’asta pubblica richiamano soltanto la L. 11.2.1994, n. 109 e prescrivono esclusivamente la certificazione relativa alla cauzione provvisoria.
Secondo l’avviso della Comunità Montana quanto illustrato nell’atto introduttivo sarebbe destituito di giuridico fondamento, posto che il bando di gara è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28.12.1998, sul B.U.R. della Regione Lombardia e sul F.A.L. della provincia di Sondrio il 23.12.1998, in data successiva, cioè, all’entrata in vigore della cosiddetta L. Merloni ter; inoltre, fra le varie prescrizioni, sono state previste nel testo così pubblicato la presentazione di un certificato di avvenuto deposito della cauzione provvisoria, sostituibile mediante fideiussione con impegno del fideiussore a rilasciare garanzia definitiva, nonché la precisazione che l’aggiudicazione sarebbe intervenuta anche in presenza di una sola offerta valida.
Per conseguenza, seppure resti non spiegabile anche da parte della Comunità Montana la circostanza che la ricorrente è entrata in possesso di una copia del bando contenente la sola previsione della cauzione provvisoria ai sensi per gli effetti di cui al previgente art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109, essa afferma che la pubblicazione di un diverso testo del bando nella vigenza della L. 18.11.1998, n. 415 escluderebbe ogni possibile soggettivo affidamento dell’istante con la conclusione che l’omessa tempestiva impugnazione di esso renderebbe il proposto ricorso inammissibile.
In proposito osserva il Collegio che, sotto un primo punto di vista, il bando di gara è stato approvato dalla Comunità Montana nella vigenza della L. 11.2.1994, n. 109, per cui, per questa sola circostanza, non pare legittimo che abbia introdotto una disciplina legislativa diversa da quella in allora vigente. Il fatto, poi, che la prima pubblicazione abbia avuto luogo in data 17.12.1998 induce a ritenere che il testo originariamente predisposto dovesse necessariamente far riferimento alla normativa anteriormente vigente, il che renderebbe tra l’altro ragione, ancorchè in via non esaustiva, del perché l’Amministrazione abbia diffuso testi difformi dello stesso bando di gara. Per tale ultimo aspetto non è dato, infatti, pervenire ad altra ragionevole conclusione, tenuto conto che il bando prodotto in giudizio in versione diversa da quella attestata in data 21.6.1999 dal Presidente della Comunità Montana non può che essere stato rilasciato a tutte le imprese interessate da parte degli uffici amministrativi della stessa Comunità; dal che, poi, è derivato l’altrettanto singolare epilogo dell’esclusione per l’identica ragione formale di 11 imprese su 12 concorrenti, con finale aggiudicazione all’unica di esse che aveva corredato la propria offerta con l’impegno del fideiussore a presentare la cauzione definitiva.
In tale quadro procedimentale il Collegio deve fare dunque applicazione della propria consolidata giurisprudenza, affermando che alla indicata prescrizione introdotta dalla L. 18.11.1998, n. 415 ed inserita nel bando in via negoziale dalla Comunità Montana si sostituisce ope legis la disciplina dell’art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109 nel testo alla prima anteriormente vigente (T.A.R. Lombardia Sez. III 18.7.1998, n. 1912; 23.9.1997, n. 1552; 2.4.1997, n. 354; 2.7.1996, n. 909;18.1.1995, n. 64; 26.5.1994, n. 375).
L’indicata interpretazione è rafforzata, peraltro, da un secondo e diverso ordine di argomentazioni. Se si passa, infatti, a considerare la normativa di gara nelle singole prescrizioni che sono qui in contestazione occorre rilevare che, nella originaria versione del bando, figura la menzione del certificato di avvenuto deposito della cauzione provvisoria mediante fideiussione di L. 62.855.000 ex art. 30, 1° comma della L. n. 109 del 1994; nel secondo e difforme testo del bando è prescritta, invece, la produzione da parte delle imprese partecipanti del "certificato di avvenuto deposito della cauzione provvisoria mediante fideiussione con impegno del fideiussore a rilasciare garanzia definitiva (art. 30, 1° comma L. 109/94) di L. 62.855.000.
In proposito appaiono al Collegio evidenti quanto meno due incongruità, il che farebbe tra l’altro ipotizzare un intervento per così dire redazionale sul bando successivamente alla sua prima formulazione, consistenti, da una parte, nel collegamento in tal modo disposto alla cauzione definitiva, e non più a quella provvisoria, dell'importo di L. 62.855.000, corrispondente peraltro a quest’ultima e, dall’altra, nell’omessa indicazione della durata pari a 180 giorni della fideiussione provvisoria, nonché della rinuncia alla preventiva escussione del debitore principale e della immediata operatività di essa entro 15 giorni a semplice richiesta del creditore: dette prescrizioni risultano, infatti, introdotte dall’art. 30, comma 2 bis della L. 11.2.1994, n. 109 novellata e, pertanto, se fosse vero che la Comunità Montana ha sempre considerato le nuove disposizioni di legge, anziché quelle previgenti, l’omissione resterebbe del tutto inspiegabile.
Alle svolte argomentazioni deve soggiungersi che, come persuasivamente rileva la difesa della ricorrente, le norme e modalità del pubblico incanto per asta pubblica richiedevano sotto la voce "A" esclusivamente la presentazione del certificato di avvenuto deposito della cauzione provvisoria: tale ulteriore e decisivo elemento avvalora, a parere del Collegio, la conclusione che: 1) il testo del bando nella sua originaria dizione fosse perfettamente corrispondente alla indicata previsione delle norme fissate per l’ammissione delle imprese all’asta pubblica; 2) che vi sia stato presumibilmente un intervento successivo, come lasciano intendere non solo le due versioni del bando, ma il fatto che l’emenda apportata a quest’ultimo è stata incongrua e, per quanto ulteriormente appare, anche incompleta; 3) che, infine, non resti comunque agevolmente superabile in via interpretativa la difformità fra la prescrizione inerente all’impegno del fideiussore al rilascio di garanzia definitiva, presente nel nuovo testo del bando, e la sua assenza alla lettera "A" delle norme pertinenti lo svolgimento dell’asta pubblica.
Da ultimo non sembra priva di significato la ulteriore circostanza, già più sopra ricordata, che ben 11 imprese partecipanti, fatta esclusione per la sola controinteressata, sono state escluse dalla gara, avendo la commissione preposta ritenuto che la documentazione presentata fosse similmente irregolare: il che dimostra, tuttavia, che, ben al di là di ogni ragionevole dubbio, l’originario testo del bando aveva avuto larga diffusione ad opera degli uffici della Comunità e che il fatto ha direttamente inciso non solo sull’affidamento delle imprese partecipanti, ma anche sull’effettivo confronto fra le varie offerte, nel che risiede lo stesso interesse pubblico a conseguire l’offerta migliore al prezzo più vantaggioso.
Di fronte ad un problema di diritto intertemporale, qual è quello all’esame, è, quindi, avviso del Collegio che, in accoglimento dell’introdotto ricorso, la resistente Comunità non potesse dare anticipata applicazione alla L. 18.11.1998, n. 415 alla data di prima pubblicazione del bando all’albo pretorio il 17.12.1998; che l’indicazione della ulteriore prescrizione pertinente la cauzione definitiva, siccome priva di ogni base legislativa, dovesse essere considerata tamquam non esset e sostituita imperativamente dalla norma legislativa in allora vigente (art. 30, 1° comma della L. 11.2.1994, n. 109) e che, infine, alcun effetto sanante abbia apportato alla vicenda la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, sul B.U.R.L. e sul F.A.L. della provincia di Sondrio in data successiva all’entrata in vigore della L. 18.11.1998, n. 415. Alla commissione aggiudicatrice competeva dunque il potere-dovere di ammettere alla gara la società Sire al fine di verificare la regolarità e l’eventuale maggiore convenienza della sua offerta.
Per questo aspetto resta da dire che un diverso atteggiamento da parte della commissione aggiudicatrice avrebbe potuto rappresentare concorrente espressione di un’ unitaria e razionale lettura dell’avviso di gara alla stregua delle norme legislative da esso temporalmente applicabili ed anche di quel consolidato orientamento giurisprudenziale, più volte sottolineato dal Consiglio di Stato, oltre che dai T.A.R., che di fronte a disposizioni oggettivamente incongrue, privilegia il favore per una maggiore partecipazione delle imprese alla gara.
Per quanto suesposto la sollevata eccezione di inammissibilità per l’omessa tempestiva impugnativa del bando deve essere disattesa, poiché la lamentata incisione non derivava in via immediata da una delle sue prescrizioni, ma esclusivamente dalla lettura illegittima fattane dalla commissione.
3- Resta, infine, da mettere in adeguata evidenza che la domanda in questa sede proposta nella sede generale di legittimità del giudice amministrativo non si presta ad essere ridotta al solo effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale della disposta esclusione nei sensi di cui all’art. 45, 1° comma del R.D. 26.5.1924, n. 1054, ma che essa si propone di conseguire, come palesemente traspare dalla quarta censura introdotta, l’accertamento della spettanza dell’appalto alla ricorrente; e ciò per il tramite dell’affermazione che l’offerta della Soc. Sire sarebbe inferiore a quella della controinteressata, ovviamente ai soli fini che possano essere raggiunti dopo l’intervenuta stipulazione del contratto tra la Comunità Montana e la Soc. CO.GE e l’apertura del relativo cantiere in data 18.3.1999, in data anteriore, cioè, all’emissione dell’ordinanza di sospensione 8.4.1999, n. 973, successivamente confermata dal Consiglio di Stato.
La pretesa qui concorrentemente avanzata ben può essere qualificata come espressione processuale di un allegato diritto all’aggiudicazione, fondato sulla lettura della fattispecie astratta prefigurata dal quadro legislativo rettamente applicabile, nonché dai termini in fatto dell’offerta presentata: di fronte a siffatta azione, che ben potrebbe essere definita, pur nel silenzio del Legislatore, come una vera e propria azione di adempimento, quale è presente in altri ordinamenti europei, viene conseguentemente attivato il dovere del Collegio di dar corso al richiesto accertamento dell’esistenza di un obbligo di fare della resistente Comunità e di un correlativo diritto della ricorrente all’espletamento di siffatta attività amministrativa nella contermine sede della giurisdizione esclusiva.
In coerenza, infatti, con un risalente orientamento della Sezione la ricognizione della vicenda non consente di catalogare la posizione soggettiva della deducente come di mero interesse legittimo, attingendo essa base e ragione in una fattispecie sostanziale nella quale resta a priori esclusa ogni mediazione discrezionale: in concreto si tratta solo di accertare, fermo restando il vincolo della disciplina applicabile, quale sia il prezzo della prestazione offerta dalla Sire e se, in definitiva, lo stesso sia inferiore a quello offerto dalla controinteressata: nel che si concreta pienamente l’interesse pubblico perseguito attraverso l’indetta gara (cfr. T.A.R. Lombardia Sez. III 2.9.1995, n. 1094; 28.3.1997, n. 351; 1.7.1999, n. 2584; 22.7.1999, n. 2847).
Consegue, tuttavia, dalle svolte considerazioni che, in difetto di ogni istanza di acquisizione in giudizio della stessa offerta per la diretta verifica del prezzo ivi esposto, resta in questa sede accertato il solo obbligo dell’Amministrazione di procedere in tal senso nel contraddittorio delle parti al fine di stabilire se, e ciò occorrendo anche ai soli fini virtuali, l’aggiudicazione competesse o meno alla ricorrente, in luogo che alla controinteressata.
In relazione alle svolte considerazioni il ricorso deve essere accolto.
Le spese, i diritti e gli onorari di difesa seguono la soccombenza e possono essere determinate, in mancanza di presentazione della relativa nota di parte, in complessive L. 45.000.000 (quarantacinque milioni), ivi compresa la fase di appello davanti al Consiglio di Stato, oltre ad accessori di legge ed ai diritti ed alle spese successive ed occorrende, che possono restare a carico in via solidale tra di loro ed in ragione di L. 22.500.000 ciascuna della Comunità Montana della Valchiavenna e della Soc. CO.GE Costruzioni Generali S.p.A.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez.III – in accoglimento del ricorso in epigrafe:
1) respinge il ricorso incidentale proposto dalla soc. CO.GE;
2) accerta l’obbligo della commissione di gara di ammettere all’asta pubblica indetta dalla Comunità Montana della Valchiavenna per la ristrutturazione dell’ex convento dei Cappuccini in Chiavenna l’offerta della soc. Sire, nonché di porla a raffronto con quella della società CO.GE. e, per l’effetto, annulla l’esclusione della ricorrente dalla stessa gara;
3) condanna la Comunità Montana e la soc. CO.GE, in via solidale tra di loro, a corrispondere, in ragione della metà ciascuna, la complessiva somma di L. 45.000.000 (quarantacinque milioni) alla soc. Sire a titolo di spese, diritti ed onorari di difesa, oltre agli oneri di legge ed alle spese ed ai diritti occorrendi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, il 29.10.1999, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori:
Francesco Mariuzzo -Presidente
Raffaello Sestini - Giudice
Carlo Deodato - Giudice
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL. 18.11.1999.