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T.A.R. MOLISE – Sentenza 20 luglio 1999 n. 432

Lavori pubblici - Società di ingegneria - Partecipazione a gare pubbliche - Disciplina prevista dall'art. 17, comma 4 della legge 109/94 - Soglia di compenso professionale pari a lire 200.000 Ecu - Contrasto con le norme comunitarie - Disapplicazione - Va disposta 

Il disposto di cui all'art. 17 comma 4 della legge 109/94 (come modificato dalla L. 415/98), che ha fissato la soglia di compenso professionale pari a 200.000 Ecu per la partecipazione a gare di società d'ingegneria, appare in contrasto con gli artt. 58, 59 e 60 del Trattato di Maastricht, nonché con gli artt. 49 e 12 del Trattato di Amsterdam, incidendo pregiudizialmente su fattori inerenti alla libera concorrenza e all'esercizio delle libere professioni. 

Tale norma va quindi disapplicata in considerazione della prevalenza da accordare alla normativa comunitaria e va conseguentemente dichiarato illegittimo un bando di gara nella parte in cui non ammette le società d'ingegneria a partecipare a gare d'importo inferiore a 200.000 Ecu (1).

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(1) V. sul punto anche T.A.R. LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III – Ordinanza 16 luglio 1999 n. 2430.

 

 

FATTO

La ricorrente società d'ingegneria Studio Speri, ha chiesto l'annullamento del bando di gara dell'Erim, Ente Risorse Idriche Molise, relativo alla progettazione della ristrutturazione e adeguamento dell'Acquedotto di Montorio e di Larino, nella parte in cui esclude le società d'ingegneria in attuazione dell'art. 17, comma 4 della legge 109/94 (come modificato dalla L. 415/98), che ha fissato la soglia di compenso professionale pari a lire 200.000 Ecu, per l'ammissibilità delle società d'ingegneria alle gare.

A sostegno del gravame sono dedotte le seguenti censure:

1) Art. 17, comma 4 della legge 109/94, come modificato dalla legge 415/98. Violazione di legge. Violazione degli artt. 58, 59 e 60 del Trattato di Maastricht (48, 49, 50 Trattato di Amsterdam). Violazione dell'art. 6 del Trattato di Maastricht (art. 12 Trattato di Amsterdam).

2) Art. 17, comma 4 della legge 109/94, come modificato dalla legge 415/98. Violazione dei principi fondamentali elaborati dalla Corte di giustizia di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza.

3) Art. 17. comma 6 della legge 109/94, come modificato dall'articolo 6, comma 2 della legge, 415/98. Violazione di legge. Violazione dell'articolo 60 in combinato con l'articolo 58 del Trattato di Maastricht (artt. 50 e 48 trattato di Amsterdam).

Si è costituita resistente l'intimata amministrazione deducendo l'inammissibilità e, in subordine, l'infondatezza del gravame.

E invero, quanto al merito, l'esclusione delle società d'ingegneria dalla gara de qua, discenderebbe direttamente da disposizione legislativa, non derogabile da parte dell'amministrazione procedente, e non si porrebbe in contrasto con alcuna norma comunitaria, essendo perciò pienamente operativa nel caso di specie.

Peraltro, il costrutto del bando impugnato sarebbe da ritenersi formalmente e sostanzialmente corretto, anche in base al rilievo che la restrizione censurata dal ricorrente, riguarderebbe un servizio (redazione di progetto), da eseguirsi nell'ambito dello Stato italiano e per conto di un Ente italiano parimenti, non risulterebbe alcun elemento discriminatorio basato sugli artt. 6, 58 e 59 del Trattato ora citato.

La controversia, inoltre, essendo rivolta sostanzialmente nei confronti di una disposizione di legge e solo, indirettamente del bando di gara, comporterebbe la devoluzione alla Corte di giustizia europea di ogni giudizio circa la conformità della norma interna rispetto all'ordinamento comunitarie.Tanto precisato nel merito, la resistente ha formulato perplessità circa l'ammissibilità del ricorso, particolarmente per il motivo che non sussiste alcun provvedimento di esclusione della ricorrente dalla gara, per il che l'odierno gravame non sarebbe assistito dal presupposto di una lesione personale e attuale.

DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che, contrariamente a quanto asserito dall'amministrazione resistente, il ricorso è sicuramente ammissibile, configurandosi in atti, e a carico della ricorrente che ha proposto tempestiva domanda di ammissione alla gara un pregiudizio avente carattere di attualità, considerato che il bando impugnato non contempla l'ammissibilità delle società d'ingegneria, il che configura un'indiscutibile lesione, diretta e attuale, senza che occorra attendere alcun atto formale di esclusione dell'interessata da parte dell'amministrazione.

Parimenti infondata è l'eccezione della resistente circa la necessità di una devoluzione della controversia in atti, invece che al giudice nazionale, alla Corte di giustizia europea, non potendosi altrimenti pervenire alla caducazione della disposizione ritenuta dal ricorrente illegittimamente discriminatoria.

L'assunto non può trovare accoglimento. Posto infatti che, a parametro di legittimità della normativa nazionale si pongono, pariteticamente disposizioni e principi comunitari (v. Corte Cost. n. 113/85), l'ipotesi di un conflitto tra norme interne e comunitarie, ammette la devoluzione della materia al giudice nazionale che, in caso di positivo riscontro del contrasto, ha obbligo di disapplicazione di leggi interne, senza che nel caso possa ingenerarsi alcuna confusione, né con l'azione d'inadempimento, né con l'azione d'interpretazione pregiudiziale ex art. 177 del Trattato (sentenza Corte di giustizia 22/6/1989, in causa 103/88 e 19/6/1990 in causa 213/89).

Ciò posto, si deve rilevare che la materia che viene in decisione rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice adito e, che, pertanto, sotto ogni possibile profilo è ammissibile la pronunzia di questo tribunale (v. Cass. S.u. 64/99).

Si verte infatti in tema di applicazione del disposto dell'art. 33 Dlgs 31/3/1998 n. 80, anche considerato l'art. 2 della direttiva 89/665 che, per quanto di competenza, definisce i poteri giurisdizionali che devono sussistere negli Stati, per la completezza degli assetti di tutela.

Situazione questa specificamente avvalorata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (v. per tutte, sent. 29.6.90 e 17/9/97 in causa 54/96, e particolarmente della Corte di cassazione S.U. 17/9/98 n. 3744), con puntualizzazione di principio in termini.

E’ poi da respingere l'eccezione relativa al rilievo che la norma di, cui trattasi, troverebbe ragione di operatività, in base al fatto che la prestazione progettuale venga a essere eseguita nello Stato destinatario della stessa e per conto di un Ente italiano.

Trattasi della c.d. discriminazione alla rovescia, che è da ritenersi inoperante sulla base del Trattato di Maastricht, che ha esteso l'inderogabilità del diritto comunitario anche nelle situazioni giuridiche strettamente attinenti all’interno degli Stati, senza riguardo, perciò, al luogo di stabilimento degli interessati e alla loro nazionalità (Corte di giustizia S. 30/5/1989 in causa 33/88 e 25555/4/1996 in C. 87/94).

Tanto premesso, il Collegio ritiene che il ricorso in atti sia fondato e debba essere accolto.

E invero, il regime concernente la determinazione, in una norma nazionale, di un a soglia minima di compensi professionali per l'ammissione di società di ingegneria a gare di progettazione, appare in contrasto con il disposto degli artt. 58, 59 e 60 del Trattato, nonché degli artt. 49 e 12 del Trattato di Amsterdam, incidendo pregiudizialmente su fattori inerenti alla libera concorrenza e all'esercizio delle libere professioni.

Tale contrasto comporta la sicura prevalenza della normativa comunitaria rispetto a quella nazionale avente carattere discriminatorio, sussistendo evidente conflitto fra i principi fissati dalle norme testé richiamate e la disposizione di legge in esame (v. sent. Corte cost. 113/1985 cit.).

Si consideri al riguardo che già in base alla formulazione della disposizione dell'art. 17 comma 4 L. 109/94, appare evidente una ratio legis non compatibile con il sistema derivante dal Trattato in riferimento alle norme citate.

L'articolo in parola, dispone infatti che: "le società di cui al comma 1, lettera f), singole ovvero raggruppate ai sensi del comma 1 lettera g), possono essere affidatarie d'incarichi di progettazione nel caso in cui i corrispettivi siano stimati d'importo pari o superiore a 200.000 Ecu, salvo i casi di speciale complessità e che richiedono una specifica organizzazione".

La disposizione in oggetto, non trova alcun antecedente nella normativa comunitaria ed è perciò priva di alcun supporto in tal senso.

I relativi effetti pratici incidono sulla potenzialità economica dei soggetti contemplati, escludendoli arbitrariamente, da talune committenze progettuali, senza alcuna enunciazione di ragione giustificativa e senza che possa pervenirsi, in via interpretativa, alla ricostruzione della ratio legis, anche considerato che il costrutto finisce con l'incidere pregiudizievolmente sulla necessaria pariteticità tra persone fisiche e persone giuridiche (v. direttiva 92/50 Cee; art. 58 Trattato).

Trattasi, pertanto, di un'enunciazione apodittica che non configura alcun profilo di legittimo inserimento nella normativa, considerato che la materia è soggetta a forti limitazioni di carattere comunitario.

Da essa infatti deriva una penalizzazione di rilevante entità a carico di soggetti nei cui confronti, di contro, i principi tanto economici che giuridici, conferiscono piena idoneità a operare su mercato, senza possibilità d'introdurre limiti alla libera prestazione di servizi.

Peraltro, dal tenore testuale della norma, si evince che il legislatore nazionale, aggravando la già evidente incompatibilità della norma con il principio di libera concorrenza, ha inteso introdurre una disposizione di carattere palesemente protezionistico, che pone, a proprio presupposto, il fatto che solo i committenti di lavori di maggiore complessità, riferita o intrinsecamente a fattori tecnici ovvero a parametri di compenso professionale elevato (indice quest'ultimo, indirettamente concludente, per la ricorrenza in atto, di progettazione complessa), possano avvalersi di ogni sorta di supporto progettuale tecnico professionale, ivi comprese le c.d. società d'ingegneria, mentre per le progettazioni più semplici e/o, di minimo importo di compenso, debba istituirsi un'area di riserva per entità organizzative considerate di minore entità, ovvero, per singoli professionisti.

E pertanto evidente che si sia concepita e realizzata una normativa di sicuro favore, per le posizioni individuali di progettisti, ovvero di forme di aggregazione professionale diverse dalle società d'ingegneria, che, peraltro, vengono nel contesto normativo in esame, ammesse alle gare anche sotto la soglia dei 200.000 Ecu, sol che sussista una complessità di studio progettuale, che la legge in esame, sembrerebbe non ritenere appropriato per le sole espressioni più tradizionale della professione del settore.

Questa trasparente ratio, pertanto, non solo concreta una dequalificazione professionale, sostanzialmente attenuando nei confronti del singolo professionista o dell'associazione professionale, l'attitudine indiscriminata a opere progettuali "complesse" ma comporta, proprio per il presupposto che irrazionalmente adotta, una violazione, sotto ulteriore e indiretto profilo, dei principi della concorrenza, già altrimenti compromessi, in quanto riserva ai committenti di opere progettuali minori, referenti professionali cui la norma assegna un incongruo livello minimale di capacità e che tuttavia a essi committenti impone, in regime di esclusiva, determinando, a loro carico, una pregiudiziale inerente alla qualità stessa del servizio reso.

Ne deriva che, oltre alla violazione di principi e norme di rango superiore, il legislatore nazionale, con la discriminazione in atto, incide sulla stessa configurazione dei profili professionali, quasi introducendo una differenziazione di livelli di capacità tecnica, cui finisce per collegare un istituzionale abbassamento del livello qualitativo del servizio, suddistinto, in opere di maggior o minore livelli di apprezzamento, con incidenza sulla resa complessiva del servizio in relazione alle progettazioni d'importo minimo.

Non deve infatti trascurarsi il rilievo che l'attività intellettuale necessaria all'elaborazione progettuale, di qualsiasi genere e livello di compenso, configura un dato che prescinde da fattori di organizzazione e che, pertanto, non può introdursi alcuna differenziazione tra i, servizi resi da singolo professionista o forme aggregative professionali e società d'ingegneria, avuto riguardo all'istituzionale equivalenza delle prestazioni rispettive, a pena di una inammissibile discriminazione.

Ciò che è tanto più evidente, se si ipotizza un ideale raffronto con altri campi di espressione professionale, quali ad esempio, le scienze mediche o le professioni forensi. In tali settori sarebbe invero, ancor più difficilmente comprensibile una corrispondente determinazione legislativa che avesse a escludere determinate forme aggregative dall'esercizio, di talune attività professionali, in base a un criterio di minima soglia di compenso e ciò onde favorire altre strutture professionali di minore complessità, perciò ritenute meno efficienti e conseguentemente tutelate attraverso ambiti riservati, senza riguardo al danno potenziale cui può risultare esposto l'utente del servizio stesso.

Sotto tutti i profili dunque, della tutela della concorrenza e del rispetto del paritetico esercizio della professione da parte di tutti i titolari della funzione, singoli o comunque associati, la norma di cui all'articolo 17, comma 4 della legge in esame, appare incompatibile con il prevalente dettato comunitario riferito agli artt. 59 e 60 del Trattato, per il ché, il criterio discriminatorio in atto, derivante dal bando impugnato, che sul richiamato articolo 17 comma 4 cit., si fonda, non può essere ritenuto promuovibile.

Ne deriva che, non trovando possibile applicazione, al caso concreto, il disposto dell'articolo 17 comma cit., per il suo intrinseco contrasto con l'apparato normativo comunitario, il bando impugnato non possa essere ritenuto operante, non ricomprendendo nella gara le società d'ingegneria che invece devono ritenersi istituzionalmente ammesse.

Così pervenuti alla declaratoria di contrasto tra l'art. 17, comma 4 cit. e le norme e i principi comunitari, anche in attuazione della riferita giurisprudenza della Corte Costituzionale, deve concludersi per la necessità di disapplicazione della norma nazionale e conseguentemente per l'ammissione del ricorrente Studio Spera, alla gara per cui è causa, con correlativa soppressione del disposto del bando di gara che, per quanto indirettamente, si pone come discriminatorio nei confronti delle società d'ingegneria.

Ciò, non senza rilevare che, di massima, la soglia del compenso professionale, riferito nella norma in esame, in quanto rapportato alle tariffe professionali, si appalesa incongrua nei confronti delle società d'ingegneria, considerato che il vincolo di tariffa è di dubbia applicazione per tali soggetti, in ragione del loro profilo giuridico, in quanto presuppone un'iscrizione negli Albi professionali la cui accessibilità non sembra estensibile al soggetto societario in questione, in quanto società di capitale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Molise definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto, disapplicando il disposto di cui all'art. 17 comma 4 della legge 109/94 per il suo contrasto con le norme e i principi indicati in parte motiva, dichiara illegittimo il bando di gara impugnato nella parte in cui non ammette le società d'ingegneria, in attuazione del suddetto disposto legislativo.

Dichiara conseguentemente il diritto della ricorrente a partecipare alla gara stessa, per la quale sussiste formale domanda di ammissione, ove non sussistano peculiari ragioni ostative, di regolarità o tempestività della stessa. Compensa integralmente le spese di giudizio tra le reparti, sussistendo giusti motivi.

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