T.A.R. PIEMONTE, SEZIONE II - Sentenza 4 febbraio 1999 n. 110 - Montini Presidente - MASSARI Estensore - Vieta Quinto e Figli s.a.s. (avv. Piovano) c. Comune di Castiglione Torinese (avv.ti Barosio e Sarzotti)
Contratti della P.A. - Giudizio abbreviato ex art. 19 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. l. 23 maggio 1997 n. 135 - Controversie circa i bandi di gara o le fasi che precedono la gara - Inapplicabilità.Contratti della P.A. - Trattativa privata - Invito di più imprese - Obbligo dell'Amministrazione di osservare le regole previste in materia di procedure concorsuali ed in particolare il principio di massima partecipazione - Sussiste.
Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Per malafede o per negligenza contrattuale - Possibilità - Per la presentazione di riserve o per un pregresso contenzioso con la stazione appaltante - Impossibilità.
Il procedimento giurisdizionale introdotto dall'art. 19 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito con modificazioni nella l. 23 maggio 1997 n. 135, per il contenzioso in materia di aggiudicazione di gare pubbliche, non si estende, a causa della sua natura speciale, alle questioni che hanno per oggetto i bandi di gara o le fasi che precedono la gara vera e propria ed il suo atto conclusivo (1).
Quando l'Amministrazione, per la scelta di un appaltatore, effettui un invito plurimo alla presentazione di offerte del quale le imprese invitate vengono poste reciprocamente a conoscenza, si ha una gara per licitazione privata e non una semplice trattativa privata, con la conseguenza che l'Amministrazione indicente è tenuta al rispetto delle regole e dei principi generali in materia di procedure concorsuali, tra i quali quello della più ampia partecipazione dei soggetti interessati, rispondendo tale favor all'interesse pubblico di assicurare un ambito più vasto di valutazione e quindi di aggiudicazione alle migliori condizioni possibili (2).
Tra le cause che possono determinare il mancato invito o l'esclusione di un imprenditore da una gara d'appalto sono da enumerare la malafede e la negligenza contrattuale per le quali sia stata eventualmente posta in essere la speciale azione di rescissione regolata dall'art. 340 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), in quanto si rinviene, in tali ipotesi, l'interesse pubblico ad evitare di intrattenere rapporti contrattuali con un soggetto precedentemente inadempiente e per il quale sussiste la ragionevole possibilità che si determini ancora detta sfavorevole evenienza. Ad analoghe conclusioni non è, invece, possibile pervenire quando il soggetto interessato, dopo la conclusione del contratto, si limiti all'apposizione di riserve o, comunque, esercitando un proprio diritto, instauri una controversia, in qualsiasi sede, con la stazione appaltante. Infatti, poiché la tutela giurisdizionale costituisce un diritto costituzionalmente garantito (artt. 24 e 113 Cost.), il suo esercizio non può essere indirettamente sanzionato dall'Amministrazione attraverso l'esclusione da una procedura selettiva ad evidenza pubblica ovvero il diniego alla richiesta di invito avanzata da un imprenditore che, in ipotesi, abbia, nel corso di un precedente rapporto contrattuale instaurato una lite con la stessa Amministrazione (3).
Illegittimamente pertanto l'amministrazione esclude da una gara d'appalto una impresa che, dopo la conclusione del contratto, si sia limitata all'apposizione di riserve o, comunque, esercitando un proprio diritto, abbia instaurato una controversia, in qualsiasi sede, con la stazione appaltante.
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(1) T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 27.10.1997, n. 850.
(2) Cons. Stato, sez. V, 20.8.1996, n. 937.
(3) Cons. Stato, sez. VI, 4.3.1998, n. 223; T.A.R. Puglia-Bari, sez. I, 21.4.1994, n. 859.
FATTO
Con contratto di appalto del 22 marzo 1993 veniva affidato alla società ricorrente il primo stralcio delle opere di costruzione del nuovo cimitero comunale.
A causa dell'insorgere di talune controversie inerenti l'esecuzione dei lavori, in data 18 aprile 1995, le parti decidevano di stipulare un atto di transazione approvato dalla Giunta comunale con delibera n. 159/95.
Con successiva deliberazione, l'Amministrazione, dopo l'approvazione dello stato finale dei lavori, decideva di agire per il recupero delle spese sostenute per la pubblicità della gara, determinando la reazione della società "Vieta Quinto & figli" che impugnava tale atto dinanzi a questo Tribunale amministrativo.
Con delibera di Giunta del 16 aprile 1997 il Comune approvava l'elenco delle imprese da invitare alla licitazione privata per la realizzazione del nuovo cimitero comunale, escludendo da tale lista l'impresa Vieta a motivo proprio del mancato rimborso delle spese in contestazione di cui sopra.
La società "Vieta Quinto & figli" ha impugnato tale atto chiedendone l'annullamento, col favore delle spese, e deducendo i seguenti motivi:
1) Illegittimità derivata. Eccesso di potere per difetto dei presupposti dell'atto amministrativo adottato.
Il provvedimento in parola sarebbe inficiato dal vizio che affliggerebbe l'atto che ne costituisce l'antecedente logico e giuridico, ossia la delibera n. 113/96 con la quale il Comune ha deciso di addossare alla ricorrente le spese relative alla pubblicità della gara precedente per l'affidamento dei lavori di costruzione del nuovo cimitero.
2) Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria e difetto dei presupposti.
La motivazione da cui è sorretto l'atto si paleserebbe contraddittoria, parendo addossare alla ricorrente un inesistente inadempimento contrattuale.
In realtà, si argomenta, se il comportamento della società Vieta avesse potuto qualificarsi come tale ben avrebbe potuto l'amministrazione procedere alla rescissione del contratto in virtù dell'art. 340 della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F), così recuperando anche l'eventuale maggior danno determinato dalla esecuzione dei lavori in questione da parte di altra impresa.
3) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta.
L'atteggiamento dell'amministrazione contravviene al principio della libertà d'accesso alle gare per licitazione privata, senza dare contezza delle motivazioni dell'esclusione.
Anzi, l'unica motivazione addotta è palesemente iniqua in quanto basata sul principio per il quale l'insorgere di una controversia tra un'amministrazione e una ditta per l'esecuzione di lavori legittimerebbe la prima ad escludere la seconda dalla partecipazione alle gare, almeno nelle procedure ristrette ad evidenza pubblica.
L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha prodotto una comparsa difensiva con quale eccepisce la tardività del ricorso, domandandone comunque la reiezione stante la sua infondatezza anche nel merito, vinte le spese di causa.
Con memoria tempestivamente depositata la ricorrente ha ulteriormente illustrato quanto dedotto nell'atto introduttivo del giudizio.
Alla pubblica udienza del 3 febbraio 1999 i procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive tesi ed il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
Deve innanzitutto essere esaminata l'eccezione di irricevibilità del ricorso formulata dal Comune resistente.
L'eccezione va disattesa.
Lo speciale procedimento giurisdizionale introdotto dall'art. 19 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito con modificazioni nella l. 23 maggio 1997 n. 135, per il contenzioso in materia di aggiudicazione di gare pubbliche, non si estende, a causa della sua natura speciale, alle questioni che hanno per oggetto i bandi di gara o le fasi che precedono la gara vera e propria ed il suo atto conclusivo (T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 27.10.1997, n. 850).
Ne consegue che anche il dimezzamento dei termini per l'instaurazione del processo, attese le conseguenze particolarmente gravose che ne sortirebbero in capo all'interessato non può trovare applicazione, in forza dell'interpretazione rigorosa sopra prospettata, se non nelle fattispecie letteralmente indicate dalla norma in parola con esclusione, quindi, dei casi, come quello all'esame del collegio, in cui la controversia abbia ad oggetto atti che precedono quello di aggiudicazione della gara, nel presupposto che solo per tali provvedimenti si pongano quelle esigenze di celerità e certezza che costituiscono la ratio della legge menzionata.
Nel merito il ricorso è fondato.
In particolare merita accoglimento il terzo motivo di gravame con il quale viene denunciata l'illegittimità della sofferta esclusione sotto il profilo della vulnerazione del principio della libertà d'impresa e della contraddittorietà del comportamento dell'Amministrazione.
Quando l'Amministrazione, per la scelta di un appaltatore, effettui un invito plurimo alla presentazione di offerte del quale le imprese invitate vengono poste reciprocamente a conoscenza, si ha una gara per licitazione privata e non una semplice trattativa privata, con la conseguenza che l'Amministrazione indicente è tenuta al rispetto delle regole e dei principi generali in materia di procedure concorsuali (Cons. Stato, sez. V, 20.8.1996, n. 937).
Tra i principi suddetti deve annoverarsi, per costante giurisprudenza, quello per il quale nelle procedure ad evidenza pubblica per la selezione del contraente privato deve essere consentita la più ampia partecipazione dei soggetti interessati, rispondendo tale favor all'interesse pubblico di assicurare un ambito più vasto di valutazione e quindi di aggiudicazione alle migliori condizioni possibili (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 1.2.1995, n. 160; id., sez. VI, 3.9.1990, n. 789).
Tra le cause che possono determinare il mancato invito o l'esclusione di un imprenditore da una gara d'appalto sono state enumerate la malafede e la negligenza contrattuale per le quali sia stata eventualmente posta in essere la speciale azione di rescissione regolata dall'art. 340 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), in quanto si rinviene, in tali ipotesi, l'interesse pubblico ad evitare di intrattenere rapporti contrattuali con un soggetto precedentemente inadempiente e per il quale sussiste la ragionevole possibilità che si determini ancora detta sfavorevole evenienza.
Ad analoghe conclusioni non è, invece, possibile pervenire quando il soggetto interessato, dopo la conclusione del contratto, si limiti all'apposizione di riserve o, comunque, esercitando un proprio diritto, instauri una controversia, in qualsiasi sede, con la stazione appaltante.
Infatti, poiché la tutela giurisdizionale costituisce un diritto costituzionalmente garantito (artt. 24 e 113 Cost.), il suo esercizio non può essere indirettamente sanzionato dall'Amministrazione attraverso l'esclusione da una procedura selettiva ad evidenza pubblica ovvero il diniego alla richiesta di invito avanzata da un imprenditore che, in ipotesi, abbia, nel corso di un precedente rapporto contrattuale instaurato una lite con la stessa Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 4.3.1998, n. 223; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 21.4.1994, n. 859).
Il Comune di Castiglione Torinese ha motivato la propria deliberazione di escludere la ditta ricorrente dalla gara a licitazione privata per l'affidamento dei lavori di costruzione del nuovo cimitero comunale con la pendenza di una precedente controversia relativa ad uno stralcio dei medesimi lavori affidati alla soc. Vieta.
Detto comportamento, per i motivi esposti, non può essere considerato legittimo, in assenza di ulteriori circostanze, adeguatamente motivate che ne abbiano consigliato l'adozione e che, nella specie, non è dato rinvenire.
Per le ragioni che precedono, assorbiti gli altri motivi, il ricorso deve, quindi, essere accolto.
Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione fattane nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte - Sez. 2^ - accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in £. 1.500.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, in camera di consiglio, addì 3 febbraio 1999, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
- Luigi Montini - Presidente
- Italo Caso - Primo referendario
- Bernardo Massari - Referendario, estensore