T.A.R. PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 15 luglio 1999, n. 470 – Pres. Montini – Est. Massari - Ellena ed altri c. Comune di Farigliano.
Giustizia amministrativa - Termine per l’impugnazione – Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione d’urgenza – Riduzione dei termini ex art.19 D. L. n. 67 del 1997 – Applicabilità.
Giustizia amministrativa - Errore scusabile – Presupposti – Circostanze soggettive – Irrilevanza.
Giustizia amministrativa - Termine per l’impugnazione – Riduzione dei termini ex art. 19 D.L. n.67 del 1997 – Contrasto con artt. 3, 24, 103, 113 e 125 Cost. – Non è manifestamente fondato.
La disposizione contenuta nell’art.19 del d.l. n.67/97, relativa alla riduzione dei termini processuali nei giudizi concernenti le materie ivi indicate, va riferita non solo ai termini processuali propriamente detti, ma anche a quelli per la proposizione del ricorso e per il suo deposito presso il giudice adito, dovendosi ritenere che l’espressione "termini processuali" sia riferibile tanto ai termini per esercitare i poteri sostanziali di proposizione dell’azione giurisdizionale, quanto a quelli più propriamente attinenti all’ iter del giudizio effettivamente instaurato.
L’istituto dell’errore scusabile può trovare applicazione solo di fronte ad una situazione normativa obiettivamente inconoscibile e confusa, ovvero a situazioni riconducibili ad un comportamento fuorviante dell’amministrazione e non già quando l’errore sia stato determinato da una soggettiva percezione dell’interessato.
E' manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 del D.L. n. 67 del 1997 sollevata sotto il profilo della vulnerazione del diritto di difesa, in riferimento agli artt.3, 24, 103, 113 e 125 della Cost., in quanto la riduzione dei termini processuali alla metà, come prevede la norma, corrisponde ad un’esigenza particolare di celerità dei giudizi e non appare affatto irragionevole .
Omissis.-
DIRITTO
Con il ricorso in esame vengono impugnati gli atti, in epigrafe specificati, con i quali il Comune di Farigliano ha disposto l’occupazione d’urgenza dei terreni, di proprietà dei ricorrenti, oggetto dei lavori di ricostruzione degli impianti sportivi comunali, in precedenza distrutti o danneggiati per effetto dello straripamento del fiume Tanaro, verificatosi nell’autunno del 1994.
Avuto riguardo all’espressa eccezione formulata dall’Amministrazione resistente, deve preliminarmente esaminarsi la questione di ricevibilità del ricorso.
Si osserva in proposito che il decreto d’occupazione d’urgenza impugnato è stato notificato ai ricorrenti, rispettivamente, il 18 agosto a Ellena Gianfranco, il 3 agosto a Ferrero Teresa e il 15 settembre 1998 a Ferrero Maria.
Di contro, il gravame risulta notificato al Comune di Farigliano in data 3 novembre 1998 e, quindi, oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 19 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67 convertito dalla l. 23 maggio 1997 n. 135.
Dispone infatti la norma appena citata che, nei giudizi aventi ad oggetto "provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi comprese le procedure di occupazione ed espropriazione delle aree ad esse destinate", tutti i termini processuali sono ridotti della metà.
Con una memoria depositata prima dell’udienza di trattazione i ricorrenti contestano siffatta interpretazione, ritenendo che l’espressione utilizzata dal legislatore debba intendersi riferita, in via esclusiva, ai termini processuali in senso stretto, ossia quelli successivi alla costituzione del rapporto processuale che si realizzerebbe solo con il deposito del gravame.
Ne conseguirebbe, secondo la prospettazione di parte, peraltro suffragata da talune pronunce giurisprudenziali (TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 14 gennaio 1998 n. 3; TAR Puglia, Bari, sez. II, 9 gennaio 1998 n. 1; TAR Toscana, sez. II, 23 marzo 1998 n. 263), che nei confronti del termine per la proposizione del ricorso non opererebbe il dimezzamento introdotto dalla norma sopra indicata.
L’assunto non può essere condiviso.
Secondo l’interpretazione ormai prevalente e fatta propria anche dal Giudice d’appello, la disposizione contenuta nell’art. 19 del d.l. n. 67/97, relativa alla riduzione dei termini processuali nei giudizi concernenti le materie ivi indicate, va riferita non solo ai termini processuali propriamente detti, ma anche a quelli per la proposizione del ricorso e per il suo deposito presso il giudice adito, dovendosi ritenere che l’espressione "termini processuali" sia riferibile tanto ai termini per esercitare i poteri sostanziali di proposizione dell’azione giurisdizionale, quanto a quelli più propriamente attinenti all’iter del giudizio effettivamente instaurato (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 1999 n. 153; id. 29 gennaio 1999 n. 96; TAR Piemonte, sez. I, 9 aprile 1998 n. 249; TAR Lazio, sez. II, 25 maggio 1998 n. 995).
Domandano in subordine i ricorrenti che, in ogni caso, il ricorso sia considerato tempestivo, dovendosi ritenere che i medesimi siano incorsi in errore scusabile, attesa l’incertezza sull’obiettiva portata della disposizione in parola e sulla sua interpretazione e, in via ulteriormente subordinata, sollevano l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 19 del d.l. n.67/97, sotto il profilo della vulnerazione del diritto di difesa che esso realizzerebbe, in relazione agli artt. 3, 24, 103, 113 e 125 della Costituzione (cfr. TRGA Trentino Alto Adige, Trento, ord. 11 febbraio 1998, n. 2).
Entrambe le domande vanno disattese.
Quanto alla scusabilità dell’errore, il Collegio non ritiene, infatti, che, a distanza di oltre un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge di cui si discute, possa ancora ritenersi che la questione presenti quei caratteri di novità che legittimerebbero l’accoglimento della tesi di parte.
In altri termini, l’istituto in parola può trovare applicazione solo di fronte ad una situazione normativa obiettivamente inconoscibile o confusa, ovvero a situazioni riconducibili ad un comportamento fuorviante dell’amministrazione, nella specie insussistenti, e non già quando l’errore sia stato determinato da una soggettiva percezione dell’interessato (Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 1996 n. 56; id. sez. IV, 20 aprile 1993, n. 436).
In relazione alla pretesa illegittimità costituzionale della norma in esame poi, occorre osservare che la riduzione dei termini nella subiecta materia corrisponde ad un’esigenza particolare di celerità dei giudizi e sotto tale riguardo non appare affatto irragionevole, soddisfacendo un interesse generale del quale non vi è motivo di dubitare.
Per quanto poi riguarda l’affermata esiguità del termine per la proposizione dell’azione è sufficiente rilevare che già in altre fattispecie la Corte costituzionale ha negato che, quando sia presente un’adeguata e ragionevole esigenza di celerità nella definizione della questione, non può di per sé ritenersi l’illegittimità delle norme che imprimano una particolare accelerazione al processo stesso (Corte cost. 15 novembre 1985, n. 284).
Per le considerazioni esposte, il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato irricevibile.
In relazione alla natura della controversia sussistono sufficienti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione – dichiara irricevibile il ricorso in epigrafe indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
– Omissis.