Giustizia amministrativa

Legislazione italiana

Il Dott. Lino Bellagamba, Funzionario del Servizio Legale-Contratti dell’Amministrazione Provinciale di Ancona, già autore di "Autocertificazione e semplificazione della gara d’appalto", Milano, Giuffrè editore, 1998, ci ha inviato gli estratti di due sue pubblicazioni uscite proprio in questi giorni per ETA3 di Modena:

bulletLa nuova antimafia, dopo la circolare.
bulletLa Merloni-ter - Commento pratico alle nuove norme introdotte dalla L. 415/1998.

Da "La nuova antimafia, dopo la circolare":

"17.- Provvisoria procedibilità.

17.1.- I casi.

Le Amministrazioni procedono provvisoriamente anche senza "informazioni" quando:

1) siano decorsi n. 45 giorni dalla ricezione della richiesta da parte del Prefetto;

2) "nei casi d’urgenza" (art.11, c. 2).

In questo seconda fattispecie è da tener presente che, se pure non viene più richiesta la "somma urgenza", l’urgenza deve comunque essere comprovata da motivi concreti che devono risultare agli atti dell’Amministrazione, non essendo sufficiente un mero richiamo all’urgenza stessa.

In caso di provvisoria procedibilità:

a) le erogazioni di carattere finanziario sono corrisposte sotto condizione risolutiva, a meno che non si voglia sospenderle (art. 11, c. 4);

b) le autorizzazioni e le concessioni sono revocabili (ciò significa che l’Amministrazione non è vincolata a porre in essere l’annullamento d’ufficio o la revoca c.d. sanzionatoria, ma le residua comunque un margine di discrezionalità);

c) in materia di appalti l’Amministrazione può recedere dal contratto (anche qui con atto rientrante nella sfera della discrezionalità amministrativa in senso proprio), revocare una concessione di lavori o un’autorizzazione al subappalto, "fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite".

A prescindere dalla provvisoria procedibilità, le facoltà di revoca e di recesso sono esercitabili anche quando i tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipulazione del contratto, alla concessione di lavori, all’autorizzazione al subappalto (art. 11, c. 3).

17.2.  - Il problema della verifica della "mafiosità" sopravvenuta.

Ora, riferendosi tale ultima previsione soltanto ai "tentativi di infiltrazione mafiosa" e non anche alle "cause di decadenza, di divieto o di sospensione di cui all’art. 10 della L. 31 maggio 1965, n. 575", appena uscito il D.P.R. si sarebbe potuto desumere che per le "comunicazioni" - solo per esse però, attenzione, e non anche per le "informazioni" - la verifica "antimafia" con esito negativo avesse avuto carattere definitivo, nel senso che l’accertamento successivo di una delle "cause" stesse avrebbe precluso all’Amministrazione la facoltà di revoca o di recesso. Il principio predetto poteva sembrar confermato soprattutto dal fatto che è stato abrogato l’art. 2, c. 2-quater, del D.Lgs. 490, il quale stabiliva che "per i contratti e gli altri rapporti di durata superiore al biennio, esse [le comunicazioni] devono essere rinnovate almeno ogni diciotto mesi ".

La Circolare sembra aver dato una soluzione definitiva al problema, parificando da questo punto di vista "informazioni" e "comunicazioni" e spostando l’obbligo di attivazione del procedimento dall’Amministrazione all’impresa (con ciò vanificando, in un certo senso, l’efficacia della verifica "antimafia"). Ma andiamo per ordine, in questo delicato passaggio, e muoviamo dalla Circolare:

"L’articolo 13 del regolamento, abrogando espressamente l’articolo 2 del Dlgs n. 490 del 1994, ha soppresso anche l’obbligo di rinnovo della documentazione antimafia "almeno ogni 18 mesi", già previsto, dal comma 2-quater del predetto articolo 2, per i contratti e gli altri rapporti di durata superiore al biennio". Di questo abbiamo già detto.

A questo punto la Circolare prende in considerazione due ipotesi.

La prima - in pratica, marginale - è che la richiesta della documentazione antimafia sia stata effettuata ma il contratto o l’atto non siano stati ancora perfezionati: "Nondimeno, quando siano intervenute, dopo la richiesta della documentazione antimafia, variazioni sostanziali nell’assetto gestionale dell’impresa (escluse, comunque, le figure prive di poteri di gestione, quali i componenti del collegio sindacale), il legale rappresentante o altro soggetto dallo stesso delegato dovrà darne comunicazione all’Amministrazione competente, e dovrà essere aggiornata la documentazione antimafia prescritta (certificazione camerale, informazioni prefettizie eccetera).Anche per tali incombenti si utilizzerà il certificato camerale aggiornato."

Ben più importante la seconda ipotesi: "Se la variazione è intervenuta successivamente alla conclusione o approvazione del contratto o all’autorizzazione al sub-contratto o alla deliberazione delle concessioni o erogazioni, l’Amministrazione provvederà, senza sospendere o ritardare i procedimenti in corso, a richiedere i riscontri antimafia occorrenti. In tal caso, ove la Prefettura attesti, a seguito della richiesta, la sussistenza di una delle cause interdittive di cui all’articolo 10 della legge n. 575/1965, ovvero del tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 4 del Dlgs n. 490/1994, l’Amministrazione dovrà provvedere di conseguenza, eventualmente avvalendosi delle facoltà di revoca o di recesso di cui all’articolo 11, comma 3, del regolamento."

La conseguenza che si può trarre da questo assunto, leggendolo alla luce delle premesse svolte, è notevole.

Sembra che non sia più la singola Amministrazione a doversi tenere una banca-dati aggiornata contenente - da un lato - la lista dei "mafiosi" che la Prefettura invia in elenco cumulativo e - dall’altro - la lista dei legali rappresentanti e dei direttori tecnici delle imprese con le quali si hanno in corso contratti d’appalto. Sembrerebbe cioè non più necessario che la singola Amministrazione effettui costantemente tramite procedura informatica interna il controllo incrociato fra questi due elenchi tenuti aggiornati.

Ma, rebus sic stantibus, la verifica "antimafia" una volta effettuata dalla singola Amministrazione diventa praticamente definitiva, da rieffettuarsi soltanto nel caso che siano intervenute variazioni societarie da comunicarsi a cura dell’impresa stessa.

Ci si chiede però a questo punto: a che cosa servono gli elenchi cumulativi più spesso trasmessi in cartaceo dalle Prefetture? Delle due l’una: o questi vengono trasmessi al fine della verifica costante della "mafiosità", oppure non ha più senso che vengano trasmessi.

In realtà, il problema della verifica della "mafiosità" sopraggiunta da parte della singola Amministrazione non è ancora risolto dalla Circolare, in quanto ci si chiede come possa di fatto l’Amministrazione procedente venire a conoscenza degli "elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa (...) accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all’autorizzazione del subcontratto". Accertati ad iniziativa di chi?

Ecco allora che sembra opportuno ritornare all’impostazione di partenza, e cioè all’esigenza che il controllo incrociato fra i due elenchi tenuti aggiornati di cui s’è detto in precedenza venga effettuato proprio e solo per le "informazioni".

Ben più semplice ed efficiente sarebbe che ogni Amministrazione possa trasmettere i dati dei propri contratti al cervellone centrale di Roma e che questo comunichi immediatamente, nel caso, la "mafiosità" sopraggiunta."

Da "La Merloni-ter - Commento pratico alle nuove norme introdotte dalla L. 415/1998":

"11.Partecipazione di concorrenti CE alle gare italiane.

A conferma del processo giuridico di assimilazione dell’appalto sottosoglia a quello di valore comunitario (un concorrente di altro Paese CE deve poter partecipare anche a gare d’appalto di valore inferiore a 5 milioni di DSP), viene stabilito – ma si tratta, in realtà, della presa d’atto di un principio già vigente – che "le imprese dei Paesi appartenenti all’Unione Europea partecipano alle procedure per l’affidamento di appalti di lavori pubblici in base alla documentazione, prodotta secondo le normative vigenti nei rispettivi Paesi, del possesso di tutti i requisiti prescritti per la partecipazione delle imprese italiane alle gare" (art. 8, c. 11-bis).

Dal punto di vista pratico, il problema si pone per l’appalto fino a 1 milione di ECU. Come accertare le capacità economica e tecnica del concorrente di altro Stato CE? Che cosa richiedere al concorrente di altro Stato CE in relazione alla sola iscrizione all’A.N.C. richiesta al concorrente italiano? Nell’accavallarsi delle normative occorre ricostruire un principio.

L’art. 19, c. 4, del D.Lgs. 406/1991, prevede che "i concorrenti stabiliti in altri Stati della CE possono presentare un certificato di iscrizione negli albi e liste ufficiali del proprio Stato di residenza, con la menzione delle referenze che hanno permesso l’iscrizione nell’albo o nella lista e la relativa classifica, se esistente". In sostanza, con questo comma si reperisce per i concorrenti stranieri un analogo dell’Albo Nazionale Costruttori al fine di accertare le capacità economica e tecnica.

Il principio è confermato dal comma 3 dell’art. 1 del D.P.C.M. 55/1991: "tali imprese possono sostituire il certificato di iscrizione all’albo [A.N.C.] con le attestazioni previste dagli artt. 13 e 14 della legge 8 agosto 1977, n. 584". Tali attestazioni, nell’abrogato testo normativo, riguardavano la capacità "giuridica" (art. 13) e l’iscrizione in Registri Professionali nonché in Albi e Liste Ufficiali (art. 14).

Pertanto, per il caso che il concorrente non sia iscritto in un Albo o Lista del proprio paese - ed è quella comunque la prima possibilità da esperire -, occorrerà in bando richiedere in via residuale l’iscrizione nel Registro Professionale o la dichiarazione di esercitare la professione di imprenditore di lavori pubblici così come prevista dall’art. 19, c. 1, del cit. D.Lgs. 406."