Giustizia amministrativa

Articoli e note

Pietro Virga
(Ordinario di diritto amministrativo)

IL PREMIO CONTESO

Già in sede di applicazione della legge nazionale n. 81 del 1993 sulla elezione diretta del sindaco, la questione della attribuzione del premio di maggioranza (in ragione del 60% dei seggi alla lista o al gruppo di liste collegate con il sindaco) ha dato luogo a vivaci controversie.

Secondo il sistema introdotto dalla legge nazionale, vanno distinte due ipotesi e cioè quella in cui il sindaco viene eletto al primo turno e quella in cui il sindaco è eletto al secondo turno con il ballottaggio.

Quando il sindaco è eletto già al primo turno (e cioè ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti), le liste che lo appoggiano ricevono il 60% dei seggi in consiglio, ma ad una condizione che tali liste abbiano ottenuto il 50% dei voti validi più uno: se questo non accade, il sindaco potrà trovare in consiglio una maggioranza di colore diverso dal suo.

Quando il sindaco invece vince al secondo turno, le liste che lo appoggiano ottengono pure il premio, salva la eccezione che la coalizione avversaria abbia superato il 50%.

Fu subito mossa la critica al sistema, il quale paradossalmente penalizza il sindaco eletto al primo turno. Infatti, se l’aspirante sindaco trionfa al primo turno (e cioè va oltre il 50% dei consensi) e il suo schieramento non supera il 50% dei voti non è previsto alcun premio e il sindaco si troverà a capo di un consiglio comunale in mano dell’opposizione.

Allorchè l’assemblea regionale ritenne di dovere applicare il sistema ai comuni maggiori (comuni maggiori che per la Sicilia sono quelli con popolazione superiore a 10.000 abitanti, mentre per la legge nazionale sono quelli a popolazione superiore a 15.000), si è rimediato alla stortura, stabilendosi che, nel caso di sindaco eletto al primo turno, si riduce dal 50% al 40% il limite da raggiungersi dalla coalizione collegata con il sindaco.

Per la ipotesi invece del sindaco eletto con il ballottaggio, ai fini della attribuzione del premio, la legge regionale ha richiesto che "nessun’altra lista o capogruppo di liste collegate abbia già superato il 50% dei voti validi".

Non è stato però precisato dalla legge regionale se per il computo di tale 50% si debba tener conto solo degli apparentamenti del primo turno ovvero anche di quelli del secondo turno (apparentamenti che per legge possono essere diversi).

La dizione impiegata dalla legge regionale è diversa da quella nazionale perchè quest’ultima precisa che ciò deve avvenire "nel primo turno", mentre tale inciso non figura nella legge regionale.

Il Consiglio di giustizia amministrativa chiamato a interpretare il precetto della legge regionale ha ritenuto, nel parere dell’11 novembre 1997, che per l’attribuzione del premio di maggioranza nel caso di ballottaggio bisognerà tenere conto anche dei voti riportati dalle liste che al primo turno correvano da sole e che, al secondo turno, hanno deciso di apparentarsi con uno dei due candidati arrivati al ballottaggio.

Se quindi le liste che, al secondo turno, appoggiano il candidato che risulta sconfitto raccolgono il 50% dei voti non scatta nessun premio di maggioranza, con la conseguenza che i seggi in consiglio comunale saranno ripartiti col sistema proporzionale.

La tesi accolta dal Consiglio di giustizia amministrativa trova conforto nella giurisprudenza che, in sede nazionale, si è formata in ordine al problema della ripartizione dei seggi in sede di ballottaggio (problema analogo, ma non identico a quello del limite di sbarramento per la fruizione del premio).

Poichè la Corte costituzionale aveva, con sentenza del 12 settembre 1995 n. 429, ritenuto che "il tener conto delle liste anche per il conferimento dei seggi di minoranza non è costituzionalmente illegittimo", il Consiglio di Stato, con la decisione del 19 marzo 1996 n. 290, ha ritenuto che per la attribuzione dei seggi di minoranza si debba tener conto anche dei raggruppamenti compiuti nel turno successivo di ballottaggio. La motivazione che è stata data dal Consiglio di Stato è la seguente: "Le modificazioni del raggruppamento tra il primo e il secondo turno elettorale sono finalizzati non solo all’elezione del sindaco ma anche alla composizione del consiglio comunale secondo le aggregazioni, con cui le forze politiche ritengono di presentarsi al giudizio del corpo elettorale".

Si è obiettato che la tesi seguita dal Consiglio di giustizia potrebbe avere ripercussioni sfavorevoli sulla governabilità del consiglio comunale, ma vale il vecchio brocardo che adducere inconvenientem non est argutamentum solere. D’altro lato, l’adozione di una interpretazione autentica in periodo elettorale in contrasto con la costante giurisprudenza potrebbe dar luogo ad una impugnativa innanzi alla Corte costituzionale, con conseguenze gravissime, in caso di accoglimento del ricorso ai fini della validità della consultazione elettorale.