Sulla presentazione dell’istanza di fissazione udienza in materia di perenzione del giudizio.
Processo amministrativo – Istanza di fissazione – Effetti – Unitarietà giudizio – Estensione ai motivi aggiunti – Legittima
Il Collegio osserva che l’istanza di fissazione dell’udienza estende i suoi “effetti propulsivi” ai motivi aggiunti impropri proposti, nel senso cioè che, proposti motivi aggiunti impropri, il ricorrente, anche per ragioni di economia processuale legate al carattere unico e unitario del processo, non è tenuto a presentare istanze di fissazione separate e autonome per ciascuno dei motivi aggiunti predetti.
Nondimeno, in presenza di una istanza di fissazione tardiva, “ultra-biennale”, in violazione dell’art. 23, comma 1, l. n. 1034/1971, norma vigente “ratione temporis”, non si potrebbe avere un “salvataggio”, dei soli motivi aggiunti, dalla pronuncia, esiziale, di perenzione: si intende, qualora, sempre in tesi, sia trascorso meno di un biennio tra istanza di fissazione e deposito dei motivi aggiunti. Questo perché, come affermato anche da Cons. Stato, sezione sesta, ord. n. 1670/2013, la perenzione, quantunque le norme che la prevedono, così come numerose altre, facciano improprio riferimento, per tradizione, ai ricorsi, è, con tutta evidenza, una causa di estinzione del processo, non già del solo ricorso, come ora indica correttamente l’art. 35 comma 2 cpa; il ricorso per motivi aggiunti, pur avendo l’autonomia di una domanda nuova rispetto al ricorso principale quanto ai presupposti processuali, inerisce allo stesso processo, del resto secondo la sua ragion d’essere, che è quella di consentire alle parti di proporre nello stesso processo domande relative ad atti connessi; pertanto la perenzione, di cui ricorrono i presupposti (in quel caso, l’istanza di fissazione di udienza era stata presentata oltre il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso principale stabilito dall’art. 23, comma 1, l. n. 1034 del 1971 vigente ratione temporis –n. d. est.), determina l’estinzione del processo e quindi l’inefficacia anche dei ricorsi per motivi aggiunti.
La perenzione dell’intero giudizio, e non già del solo ricorso, dovuta alla presentazione della istanza di fissazione oltre il termine massimo di due anni (un anno, ex art. 71, comma 1, del c.p.a.), va dunque collegata al carattere unitario del processo, formato dal ricorso introduttivo e dai motivi aggiunti, propri e impropri, non potendo distinguersi, all’interno di un unico processo, una perenzione del ricorso originario da una perenzione dei motivi aggiunti.
Pres. R. De Nictolis; Est. M. Buricelli
REPUBBLICA ITALIANA
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1252 del 2021, proposto dal Laboratorio “Adorno S.r.l.”, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Starvaggi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 8 di Siracusa, non costituitasi in giudizio;
la Regione Siciliana – Assessorato Regionale della Salute, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria per legge in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
nei confronti
del Laboratorio Analisi Cliniche Medicai Cpl Snc, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
dell’ordinanza collegiale del TAR Sicilia -sezione staccata di Catania- sezione quarta, n. 2526/2021, resa tra le parti, di rigetto della opposizione proposta contro il decreto presidenziale di perenzione n. 585/2021 del giudizio avente a oggetto “budget definitivo 2008” e anni successivi.
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Siciliana – Assessorato Regionale della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 16 marzo 2022 il cons. Marco Buricelli;
Nessuno è presente per le parti;
Premesso in fatto e considerato in diritto quanto segue.
1. Con ricorso depositato il 26.1.2009 la struttura odierna appellante impugnava:
– il provvedimento del 29.10.2008 definito dall’AUSL n. 8 di Siracusa “contratto 2006/2008. Parte economica e budget 2008”;
– la delibera della medesima AUSL n. 2839/09, di determinazione del budget 2008 per singola struttura, non conosciuta e di cui si fa menzione nel contratto;
– ogni altro atto e/o provvedimento antecedente e/o successivo, presupposto agli atti e ai provvedimenti sopra specificati.
Si costituivano in giudizio l’Assessorato regionale della Salute e l’Asp resistente.
Il 30.11.2009 venivano depositati i primi motivi aggiunti con i quali veniva chiesto l’annullamento del provvedimento dell’AUSL n. 8, sopravvenuto e connesso, definito “Contratto di assegnazione del budget per l’anno 2009”, sottoscritto con riserva in data 16.7.2009.
L’8.9.2010 la struttura appellante depositava un secondo atto di motivi aggiunti, con cui veniva chiesto l’annullamento del provvedimento dell’AUSL, anch’esso collegato agli altri, definito “Contratto di assegnazione del budget per l’anno 2010”, sottoscritto con riserva in data 5.5.2010.
In data 29.4.2011, la ricorrente depositava l’istanza di fissazione dell’udienza per la trattazione del ricorso nel merito.
Il 13.5.2016, l’odierna appellante depositava istanza di prelievo; successivamente, istanza di fissazione dell’udienza ex art. 82 cpa in data 28.3.2018, e dichiarazione di interesse alla decisione in data 9.11.2020.
Con decreto n. 585 del 3.3.2021 la presidente della quarta sezione del Tar di Catania, Visto l’art. 23, c. 1, l. 1034/1971, applicabile ratione temporis, a norma del quale l’istanza di fissazione dell’udienza va presentata entro il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso; Ritenuta la perentorietà del citato termine; Rilevato che il ricorso è stato depositato il 26 gennaio 2009 e la domanda di fissazione dell’udienza di discussione è stata depositata il 29 aprile 2011; Ritenuta la tardività dell’istanza, sia pur tenendo conto dei periodi di sospensione feriale, dichiarava perento il ricorso.
La odierna struttura appellante si opponeva al decreto di perenzione.
2. Con l’ordinanza collegiale in epigrafe, il Tar rigettava l’opposizione, confermando la perenzione decretata in precedenza, con riferimento tanto al ricorso introduttivo, quanto ai successivi motivi aggiunti, sull’assunto che:
– quanto al ricorso introduttivo, lo stesso è stato depositato il 26.1.2009 e la domanda di fissazione dell’udienza di discussione è stata depositata il 29.4.2011, quindi oltre il termine perentorio di due anni dal deposito del ricorso, sia pure tenendo conto dei periodi di sospensione feriale (v. art. 23, comma 1, l. n. 1034/1971). Il termine biennale è spirato il 28.4.2011, giorno non festivo;
– circa i motivi aggiunti, puntualizzato che l’opposizione è diretta alla revoca del decreto di perenzione nella parte in cui dichiara perento l’intero ricorso e quindi anche i motivi aggiunti,…qualificati dalla ricorrente come “impropri” in quanto avrebbero potuto costituire oggetto di ricorso autonomo, ma che sono stati materialmente inseriti nello stesso processo, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva; il giudice di primo grado ha ritenuto che l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione, depositata come detto il 29.4.2011, pur dopo il deposito dei motivi aggiunti, fosse riferibile in via esclusiva al ricorso introduttivo, e non anche ai motivi aggiunti. L’istanza di fissazione si limita infatti a elencare solo gli atti impugnati col ricorso introduttivo, e a chiedere la fissazione dell’udienza di discussione del suddetto ricorso, senza fare riferimento alcuno ai ricorsi per motivi aggiunti, che in quanto impropri, i. e. “autonomi”, perché contenenti domande nuove (v. budget 2009 e 2010), avrebbero dovuto essere seguiti da una autonoma domanda di fissazione dell’udienza di discussione, che ad essi doveva fare espresso riferimento: dal che, la decisione di conferma della perenzione dell’intero giudizio.
3. La struttura appellante ha interposto gravame esclusivamente avverso il provvedimento sopra riassunto solo con riguardo ai motivi aggiunti, dato che per l’annualità 2008 risulta acclarata, con sentenze passate in giudicato, aventi efficacia “erga omnes”, la illegittimità dei provvedimenti con i quali l’Asp resistente ha determinato i singoli budget.
Diversamente da quanto ritenuto dal Tar con l’ordinanza collegiale gravata, laddove essa dichiara la perenzione oltre che del ricorso introduttivo anche dei successivi ricorsi per motivi aggiunti, l’appellante ritiene che gli “effetti propulsivi” della istanza in data 29.4.2011 di fissazione dell’udienza debbano intendersi estesi anche ai successivi ricorsi per motivi aggiunti, presentati, come detto, nel novembre del 2009 e nel settembre del 2010, e deduce quindi che la pronuncia di perenzione non può estendersi ai ricorsi per motivi aggiunti.
Infatti, se è pur vero che, in seno al medesimo procedimento, la ricorrente ha impugnato provvedimenti “distinti” e “ulteriori” rispetto a quelli contestati con l’atto introduttivo, non può non rilevarsi che si tratta di provvedimenti connessi gli uni con gli altri, dato che “la errata assegnazione del budget, nella annualità precedente, ha avuto delle evidenti ricadute negative nelle successive assegnazioni del tetto di spesa”. Inoltre, il giudizio “de quo” è identificato con un unico numero di registro generale, al quale fare riferimento, anche da parte delle segreterie, ai fini della declaratoria di perenzione, sì che in questo contesto ogni atto di “impulso processuale” compiuto dalla ricorrente nell’àmbito del ricorso originario deve necessariamente essere considerato riferibile all’intero giudizio, formato da ricorso e motivi aggiunti, ed è da tale atto di impulso che va fatto decorrere ogni termine di perenzione, sia per il ricorso originario e sia per i successivi motivi aggiunti.
La proposizione dei motivi aggiunti esonera la parte ricorrente, proprio nello spirito dell’economia processuale, dall’obbligo di presentare, per ciascuno dei gravami proposti, la domanda di fissazione d’udienza ex art. 81 c.p.a. , assunto avvalorato dalla ulteriore circostanza che, con comunicazione di cancelleria, è stato chiesto alla ricorrente di “dichiarare il proprio interesse alla decisione”, ma non è stata fatta alcuna distinzione tra ricorso e motivi aggiunti impropri, i quali, oltre a costituire una domanda nuova, integrano un nuovo atto di impulso processuale, dal quale deve computarsi un nuovo termine ai fini della perenzione (conf. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 7493/2021: nessuna disposizione processuale dispone che, in relazione ai motivi aggiunti, debba essere presentata una autonoma istanza di fissazione di udienza; al contrario, l’art. 71 del c.p.a. disciplina un unico adempimento e lo collega all’atto introduttivo del giudizio; i motivi aggiunti vengono chiamati alla stessa udienza del ricorso principale, poiché essi fanno parte del medesimo processo in relazione al quale sono proposti; in sostanza, l’istanza depositata per il ricorso principale estende i suoi effetti propulsivi anche ai motivi aggiunti (siano essi “propri” o “impropri”, in quanto proposti o meno avverso il medesimo atto già impugnato col ricorso principale); i precedenti richiamati dal TAR riguardano il fenomeno opposto a quello in esame, ovvero istanze di fissazione depositate tardivamente rispetto ai ricorsi principali; in questo caso, a salvaguardia del principio di effettività della tutela giurisdizionale, è stata valorizzata l’autonomia sostanziale dei motivi aggiunti c.d. impropri – aventi ad oggetto domande nuove ancorché connesse al ricorso principale – in quanto suscettibili di dare vita ad un nuovo rapporto processuale.
4. Resiste l’Assessorato regionale.
5. In prossimità dell’udienza camerale, l’appellante ha ribadito le tesi esposte e ha concluso confermando la domanda di riforma della pronuncia impugnata e di revoca del decreto presidenziale di perenzione.
6. L’appello è infondato e va respinto.
L’ordinanza impugnata va confermata, sia pure con le precisazioni che saranno svolte in motivazione, e che sostituiscono le affermazioni del Tar incompatibili con le precisazioni medesime.
Il Collegio concorda, in diritto, con l’appellante, laddove la stessa osserva che l’istanza di fissazione dell’udienza estende i suoi “effetti propulsivi” ai motivi aggiunti impropri proposti, nel senso cioè che, proposti motivi aggiunti impropri, il ricorrente, anche per ragioni di economia processuale legate al carattere unico e unitario del processo, non è tenuto a presentare istanze di fissazione separate e autonome per ciascuno dei motivi aggiunti predetti.
Nondimeno, in presenza di una istanza di fissazione tardiva, “ultra-biennale”, in violazione dell’art. 23, comma 1, l. n. 1034/1971, norma vigente “ratione temporis”, non si potrebbe avere un “salvataggio”, dei soli motivi aggiunti, dalla pronuncia, esiziale, di perenzione: si intende, qualora, sempre in tesi, sia trascorso meno di un biennio tra istanza di fissazione e deposito dei motivi aggiunti. Questo perché, come affermato anche da Cons. Stato, sezione sesta, ord. n. 1670/2013, la perenzione, quantunque le norme che la prevedono, così come numerose altre, facciano improprio riferimento, per tradizione, ai ricorsi, è, con tutta evidenza, una causa di estinzione del processo, non già del solo ricorso, come ora indica correttamente l’art. 35 comma 2 cpa; il ricorso per motivi aggiunti, pur avendo l’autonomia di una domanda nuova rispetto al ricorso principale quanto ai presupposti processuali, inerisce allo stesso processo, del resto secondo la sua ragion d’essere, che è quella di consentire alle parti di proporre nello stesso processo domande relative ad atti connessi; pertanto la perenzione, di cui ricorrono i presupposti (in quel caso, l’istanza di fissazione di udienza era stata presentata oltre il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso principale stabilito dall’art. 23, comma 1, l. n. 1034 del 1971 vigente ratione temporis –n. d. est.), determina l’estinzione del processo e quindi l’inefficacia anche dei ricorsi per motivi aggiunti.
La perenzione dell’intero giudizio, e non già del solo ricorso, dovuta alla presentazione della istanza di fissazione oltre il termine massimo di due anni (un anno, ex art. 71, comma 1, del c.p.a.), va dunque collegata al carattere unitario del processo, formato dal ricorso introduttivo e dai motivi aggiunti, propri e impropri, non potendo distinguersi, all’interno di un unico processo, una perenzione del ricorso originario da una perenzione dei motivi aggiunti.
La riferibilità della istanza di fissazione all’intero giudizio, formato da ricorso e motivi aggiunti, non implica che il biennio –ex art. 23 l. n. 1034/1971, vigente all’epoca- da far maturare per la declaratoria di perenzione, vada fatto decorrere dalle date dei depositi dei motivi aggiunti (impropri).
Osta a tale tesi la considerazione che a interrompere il maturare del termine di perenzione di un giudizio non basta un qualsivoglia atto di impulso processuale – nemmeno se si tratti dei motivi aggiunti di ricorso – , essendo sempre indispensabile l’atto specifico a ciò deputato, che è l’istanza di fissazione dell’udienza (Cons. St., III, 18.7.2013, n. 3911; Id., IV, 14.4.2020, n. 2411). E come il deposito del solo ricorso, senza istanza di fissazione, non impedisce la perenzione, così non la impedisce il deposito dei motivi aggiunti, se l’istanza di fissazione (che è unitaria) è tardiva, come nella specie.
E il richiamo della parte appellante a Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 7493/2021, non appare pertinente, poiché nel caso deciso con tale sentenza la istanza di fissazione della udienza estende sì i propri effetti propulsivi anche nei confronti dei motivi aggiunti, salvandoli dalla perenzione, sempre che però l’istanza di fissazione non sia tardiva: tardività che, invece, nel caso odierno, è innegabile.
L’appello dev’essere perciò respinto e l’ordinanza di primo grado –con il decreto presidenziale di perenzione- vanno confermati.
Nondimeno, il carattere interpretativo della questione sottoposta al Collegio costituisce ragione eccezionale per compensare integralmente tra le parti costituite le spese e i compensi del grado del giudizio. Nulla per le spese nei riguardi delle parti non costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello (r.g. n. 1252/2021).
Spese del grado del giudizio compensate tra le parti costituite.
Nulla spese nei riguardi delle parti non costituite.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 16 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere