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  1. – Responsabilità amministrativo-contabile – “Compensatio obliqua” con vantaggi ad altra amministrazione – Art.1, co.1-bis l. n.20 del 1994 – Danno erariale – Presupposto – Natura pubblica del soggetto avvantaggiato – Società a partecipazione pubblica maggioritaria non concessionaria e non in house – Non riconducibile a nozione di P.A. – Fattispecie (Fondo Investimenti per la Valorizzazione di Cassa Depositi e Prestiti s.p.a.) – Esclusa la compensatio.
  2. – Ente pubblico – Nozione e individuazione – In assenza di dato normativo attributivo della qualifica – Elementi valutabili: a) genetico; b) organizzativo; c) dell’attività; d) dello scopo – Cassa Depositi e Prestiti s.p.a. e suo Fondo investimenti per la valorizzazione – Esclusione della natura di ente pubblico – Ai fini giuscontabili per responsabilità amministrativa o per “compensatio obliqua” – Ragioni – Settoriale attribuzione della qualifica di “organismo di diritto pubblico” – Del medesimo soggetto CDP s.p.a. – Ma solo ai fini delle gare e contratti – Sussiste.

  1. – In caso di “compensatio obliqua” con i vantaggi percepiti da altra amministrazione ex art.1, co.1-bis l. n.20 del 1994 il danno erariale patito da una P.A. può essere escluso purchè abbia natura pubblica il soggetto avvantaggiato: tale natura va esclusa per una società a partecipazione pubblica solo maggioritaria, non concessionaria, né in house (fattispecie relativa ad acquisto di immobile di una ASL, a prezzo asseritamente sottostimato, da parte del Fondo Investimenti per la Valorizzazione di Cassa Depositi e Prestiti s.p.a.).
  2. Qualora manchi un dato normativo testuale che attribuisca ad un soggetto la qualifica di ente pubblico, occorre far ricorso agli elementi che tradizionalmente vengono in rilievo nell’elaborazione della nozione di ente pubblico e che valorizzano i seguenti momenti: a) genetico; b) organizzativo; c) dell’attività; d) dello scopo. Va dunque esclusa, sulla base di tali parametri, la natura di ente pubblico in capo alla Cassa Depositi e Prestiti s.p.a. ed al relativo al Fondo Investimenti per la Valorizzazione ai fini del giudizio contabile per responsabilità amministrativa o per “compensatio obliqua”, sebbene la medesima CDP s.p.a. sia soggetto qualificabile settorialmente come “organismo di diritto pubblico” ai fini del rispetto della normativa sull’evidenza pubblica.

Pres – Est.Tenore


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA LOMBARDIA

composta dai Magistrati:

Vito TENORE                                              Presidente  rel.

Massimo CHIRIELEISON                           Giudice

Gabriele VINCIGUERRA                            Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, ad istanza della Procura Regionale, iscritto al numero 29901 del registro di segreteria, nei confronti di:

WALTER BERGAMASCHI (C.F. BRGWTR64L17F205T), nato a Milano il 17 luglio 1964 e residente in Segrate (MI), via Trento n. 43, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paola Balzarini (C.F. BLZPLA72M68L682Y; p.e.c. avvpaolabalzarini@varese.pecavvocati.it), Andrea Mascetti (C.F. MSCNDR71M10L682Z, p.e.c. andrea.mascetti@milano.pecavvocati.it) e Nicolò Filippo Boscarini (C.F. BSCNLF90T28F205U; p.e.c. nicolo.filippo.boscarini@milano.pecavvocati.it), ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Milano, Piazzale Cadorna n. 2, nonché presso la casella di posta elettronica certificata dell’avv. Paola Balzarini (avvpaolabalzarini@varese.pecavvocati.it), in forza di procura speciale alle liti in atti (fax 02.87287786 pec: andrea.mascetti@milano.pecavvocati.it);

GUIDO BONOMELLI (C.F. BNMGDU67L30B157N), nato a Brescia il 30/07/1967 e residente in Castel Mella (BS) via Macina n. 3, rappresentato e difeso, come da delega in atti, dall’Avv. Pio G. Rinaldi, con studio in Milano, Corso Italia n. 68 ed ivi elettivamente domiciliato e domicilio digitale PEC: piogiuseppe.rinaldi@cert.ordineavvocatimilano.it;

GIACOMO WALTER LOCATELLI (CF LCTGMW51R18H910I), nato a San Giovanni Bianco (BG) il 18/10/1951 ed ivi residente in via Briolo Fuori n. 27, rappresentato e difeso, come da mandato in atti, dall’avv. Vittoria Luciano (LCNVTR66A41F537M) e con lei elettivamente domiciliato ai fini del presente giudizio presso lo Studio Legale Avolio e Associati in Milano, Viale Gian Galeazzo n. 16, PEC vittoria.luciano@milano.pecavvocati.it, fax 02.89409956.

ASCOLTATA, nell’odierna udienza del 29.9.2021 la relazione del Magistrato designato prof. Vito Tenore e uditi gli interventi del Pubblico Ministero nella persona del Sost. Procuratore Generale dr. Gaetano Milano e degli avv. Balzarini, Boscarini, Rinaldi e Luciano per le parti convenute;

viste le leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e 20 dicembre 1996, n. 639.

FATTO

  1. Con atto di citazione del 5.11.2021 la Procura Regionale, dopo aver archiviato in sede istruttoria la posizione dell’invitato a dedurre Massimo Garavaglia, Assessore pro-tempore all’Economia, crescita e semplificazione della Regione Lombardia, conveniva innanzi a questa Sezione Giacomo Walter Locatelli, Direttore Generale pro-temporedell’A.S.L. di Milano, Guido Bonomelli, Vice direttore generale Infrastrutture Lombarde S.p.A. (IL s.p.a.) e Walter Bergamaschi, Direttore generale Welfare pro-tempore della Regione Lombardia, esponendo quanto segue:
  2. che, a seguito di notitia damni rappresentata da un articolo del Corriere della Sera del 10 agosto 2016 “Lo strano caso del palazzo Asl ceduto a 25 milioni, comprato a 38”, la Procura contabile aveva intrapreso, tramite la Guardia di Finanza, indagini sulla dismissione di due immobili di proprietà dell’ASL Milano – oggi, ATS Città Metropolitana di Milano -, rispettivamente siti in Corso Italia 19, denominato “Palazzo Beretta” (edificio storico, alienato a società finanziaria della Cassa Depositi e Prestiti, di seguito C.D.P.) ed in Via Sassi 4;
  3. che da tali indagini era emerso l’interesse della ASL Milano, sin dal 2011, ad alienare detti immobili per trasferirsi in altra sede, continuando ad occuparli a titolo di locazione fino al termine dei lavori della nuova destinazione;
  4. che in data 19/12/2014, con nota n. 4004/14 (all. 8 alla relazione G.d.F. n.112645 doc. Procura) la C.D.P. (in nome e per conto del proprio “Fondo Investimenti per la Valorizzazione”) aveva trasmesso alla A.S.L. MILANO, c.a. dott. Walter Locatelli e per conoscenza al dott. Guido Bonomelli per Infrastrutture Lombarde S.p.A., la propria offerta di acquisto degli immobili in argomento per un importo complessivo di €. 30.000.000,00 e che nella stessa data Infrastrutture Lombarde p.a. aveva trasmesso alla ASL la relazione tecnica con l’attestazione di congruità della somma offerta da Cassa Depositi e Prestiti, per l’importo di €. 25.000.000,00, per l’immobile di Corso Italia, 19, rilevando che il prezzo di acquisto proposto era superiore -in misura significativa- al valore in precedenza stimato dall’Agenzia delle Entrate (pari a €. 20.245.000,00) sulla base di un incarico conferito all’Agenzia da Infrastrutture Lombarde s.p.a. (in persona di Guido Bonomelli) a cui la ASL era rimasta estranea e che tale differenza economica di segno positivo garantiva la possibilità per l’ASL di sostenere i costi di utilizzazione dello stesso immobile in vendita, fino al trasferimento degli uffici nella nuova sede (allegato 9 relazione G.d.F. n. 112645 doc. Procura);
  5. che il 24/12/2014, con deliberazione n. 1768 (allegato 11 relazione G.d.F. n. 112645 doc. Procura), il D.G. della ASL, dott. Walter Locatelli, aveva disposto l’alienazione degli immobili di Corso Italia e Via Sassi per l’importocomplessivo di €. 30.000.000,00 (suddiviso in €. 25.0000,00 per l’immobile di Corso Italia ed in €. 5.000.000,00 per l’immobile di Via Sassi), perfezionata poi con contratto notarile registrato al n. 80580 rep. (rogito notarile n. 21262) in data 30/12/2014, prevedendo la contestuale decorrenza di un contratto di locazione tra l’ASL -parte alienante (in persona del DG Locatelli)- e la CDP Investimenti (“Fondo Investimenti per la Valorizzazione”) -parte acquirente- per garantire la permanenza della sede aziendale della ASL nel plesso immobiliare di Corso Italia 19, nelle more della riallocazione e del trasferimento delle attività aziendali in altra sede;
  6. che le parti avevano poi sottoscritto, in ottemperanza ad una lettera di intenti coeva alla alienazione suddetta, un contratto di locazione (allegato 18 relazione G.d.F. prot. n. 112645) per la durata di anni 6 con un canone annuo crescente stabilito in €. 000.000,00 (oltre I.V.A.) per ciascuno dei primi due anni, in €. 1.500.000,00 (oltre I.V.A.) per il terzo anno ed in €. 2.000.000,00 (oltre I.V.A.) per i successivi;
  7. che, dopo sei giorni dalla stipula del contratto di locazione (all. 18 relazione G.d.F. prot. n. 112645), la Cassa Depositi e Prestiti (C.D.P.) aveva stipulato un contratto preliminare di compravendita dell’immobile di Corso Italia 19 per la cessione da C.D.P. a Beni Stabili s.p.a. I.I.Q del bene per l’importo di €.38.000.000,00 e che il contratto definitivo di vendita si era perfezionato il 13/11/2015 (atto repertorio n. 535 rogito 309, all. 22 relazione G.d.F. 112645), con l’inserimento della clausola negoziale di sub-ingresso di Beni Stabili S.p.A. a C.D.P. nel suddetto contratto di locazione stipulato con la ASL con effetto dalla data del 13 novembre 2015, con onere della subentrante Beni Stabili S.p.A. di procedere alla richiesta del pagamento dei canoni nei confronti della ASL per il periodo di tempo successivo alla data del 13 novembre 2015;
  8. che tale alienazione dell’immobile ASL alla CDP (rectius al Fondo Investimenti per la Valorizzazione gestito da CDPI SGR), non preceduta da procedura ad evidenza pubblica, aveva portato ad una vendita con prezzo più basso rispetto a quello ottenibile all’esito di gara, soprattutto in vista di un cambio di destinazione d’uso e che l’importo di stima quantificato dall’Agenzia delle Entrate (in persona dell’ing. Musumeci) su incarico di Infrastrutture Lombarde s.p.a. (IL) in circa 20 milioni di euro indicati sopra sub c), rappresentava una mera base d’asta e considerava nella stima che la diversa destinazione d’uso (80% destinazione ricettiva; 20% residenziale), poi non realizzatasi, sarebbe intervenuta solo dopo 36 mesi di occupazione a titolo gratuito dell’immobile di Corso Italia da parte della ASL, circostanza quest’ultima indicata da IL s.p.a. (ing. Bonomelli) all’Agenzia delle Entrate, ma non veritiera, essendo poi intervenuta una locazione onerosa;
  9. che tale prezzo di alienazione era altresì incongruo non tenendo conto dei lavori di manutenzione medio-tempore effettuati dall’amministrazione ASL (tinteggiatura dei corridoi e rifacimento pavimentazione vinilica dal piano ammezzato al piano quarto; opere edili archivio piano interrato, sostituzione caldaia e rimozione serbatoio gasolio, rifacimento guaina terrazzo piano terzo, rimozione tettoia amianto ultimo piano, rifacimento servizi igienici piano ammezzato);
  10. che, in sintesi, la ASL aveva dismesso un pregiato complesso immobiliare situato in una zona centrale del capoluogo lombardo, assumendo come prezzo di vendita una perizia di stima che si basava dichiaratamente su presupposti (gara pubblica, mutamento di destinazione da uffici a residenza e attività ricettiva, utilizzo gratuito da parte dell’amministrazione per almeno tre anni del cespite alienato) che non erano stati soddisfatti e l’acquirente CDP aveva potuto usufruire della stima del valore “calmierata” per via delle suddette condizioni, realizzando, inoltre, un ingente introito per via della locazione dell’immobile da parte della Asl dal 2015 e sino a tutto settembre 2020;
  11. che al momento della alienazione dell’immobile di Corso Italia 19, intervenuta nel 2015, con sua contestuale locazione onerosa a favore della ASL,quest’ultima non aveva ancora una destinazione immobiliare certa, come esplicato dalla Procura alle pp.17-21 della citazione (ove si evidenziano le cangianti scelte sul punto), con conseguente sottoscrizione di un rischioso pluriennale contratto di locazione stante la rilevanza dei canoni di  pagati sino a settembre 2020, data di trasferimento nella nuova sede;
  12. che tale condotta aveva arrecato alle casse pubbliche un rilevante danno erariale, pari a 069.467,73 euro, rappresentato da due voci: k.1) la prima, quantificabile in euro 13.000.000,00, pari alla differenza tra il valore di vendita dalla ASL alla CDP per l’importo di euro 25.000.000 ed il valore di rivendita da CDP a Beni Stabili s.p.a. per euro 38.000.000 del medesimo bene immobile nel breve lasso temporale indicato sub f; k.2) la seconda componente di danno era ravvisabile nel costo dei canoni di locazione, assolutamente evitabili, pari a complessivi euro 9.069.467,73, oltre IVA, pagati dalla ASL (ora ATS) per la locazione di Corso Italia 19-Palazzo Beretta, a decorrere dalla stipulazione del dicembre 2014 e sino alla liberazione avvenuta a settembre 2020;
  13. che tale danno erariale era ascrivibile, a titolo di dolo o colpa grave, ai convenuti: Guido BONOMELLI, Vice direttore generale Infrastrutture Lombarde S.p.A. (IL spa) che aveva svolto un ruolo di coordinamento della stima iniziale dell’immobile fatta dalla Agenzia delle Entrate e delle operazioni con CDP che avevano condotto alla vendita e alla conclusione della locazione, orientando sia la vendita che la locazione; Giacomo Walter LOCATELLI, Direttore generale pro-tempore dell’A.S.L. di Milano, che aveva adottato tutti gli atti, indicati alle pp.27-28 della citazione, necessari alla conclusione della vendita e della locazione pur non avendo certezza sulla nuova sede ove trasferire la ASL e pur nella consapevolezza, in ordine alla stima fatta dalla Agenzia delle Entrate, che nessuno dei relativi presupposti (gara pubblica, cambio di destinazione del bene, comodato nelle more del trasferimento degli uffici) risultasse soddisfatto; Walter BERGAMASCHI, che aveva autorizzato con decreto n. 12695 del 24/12/2014 (all. 7 relazione G.d.F. 112645) l’alienazione dell’immobile di Corso Italia 19 e di altro immobile della ASL, nonostante le molteplici difficoltà procedimentali per l’inserimento del bene nel patrimonio disponibile e gli oneri attuali e potenziali derivanti dalla vendita e pur avendo precisa contezza non solo delle condizioni della relazione di stima (allegata alla richiesta di autorizzazione alla vendita), ma anche della necessità di una locazione del bene alienando;
  14. che le deduzioni fatte pervenire in riscontro al notificato invito adedurre non erano risultate idonee a superare la prospettazione accusatoria in quanto:
  • alcun vantaggio era stato conseguito da altra PA dalla contestata operazione, non potendosi ipotizzare una c.d. compensatio obliqua a favore della CDP, in quanto soggetto privato, e stante la autonomia e separazione di bilancio tra ASL alienante e CDP acquirente (C.conti, sez.riun., n.24/2020/QM);
  • la scelta discrezionale di alienare era ben sindacabile da questa Corte in quanto palesemente irragionevole;
  • il pagamento dei canoni di locazione sarebbe stato evitato con una più attenta previa programmazione della sede certa ove trasferire tempestivamente la ASL essendoci, al momento della vendita con contestuale locazione, mere sedi ipotetiche da cantierare;
  • l’archiviazione intervenuta in sede penale sui fatti de quibus aveva solo escluso un dolo intenzionale dei convenuti, ma non un gravemente colposo, “maldestro” e “superficiale” comportamento, ben valutabile in questa sede.

           Ciò premesso, la attrice Procura chiedeva la condanna in solido per dolo (o in via gradata pro-quota in caso di colpa grave) dei convenuti per il danno erariale arrecato all’A.T.S. Città Metropolitana di Milano, pari ad euro 22.069.467,73, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

  1. Si costituiva Walter Bergamaschi, difeso dagli avv.Mascetti e Boscarini, eccependo quanto segue:
  2. che alcun danno erariale era configurabile, avendo l’Esperto indipendente Scenari Immobiliari, incaricato da CDPI SGR di stimare l’immobile, valutato il prezzo di mercato in Euro 25.000.000 nel dicembre 2014 e nel giugno 2015 e la rivendita di Palazzo Beretta da parte di CDPI SGR alla Beni Stabili SpA era avvenuta “in blocco”, all’interno di un pacchetto comprendente più assets, per il prezzo di Euro 68.000.000 circa, onde plusvalenze e minusvalenze non erano rappresentative del valore dei singoli beni, ma erano mosse da logiche di ottimizzazione della gestione patrimoniale da parte dell’unico acquirente;
  3. che la scelta di alienare l’immobile di Corso Italia 19, rientrante nel patrimonio “indisponibile per funzione” dell’ente (come ampiamente chiarito dalla difesa nel ricostruire la complessa qualificazione del bene e della sua alienabilità ex art.828, co.2, c.c. al privato CDP attraverso l’abile accorgimento amministrativo e notarile del mantenimento della destinazione d’uso in via temporanea attraverso locazione triennale, fino al trasferimento della sede dell’A.S.L. che avrebbe consentito la declassificazione a bene disponibile della vecchia sede), e di trasferire l’Azienda sanitaria in altra sede, si era manifestata, a seguito di studi intervenuti tra ASL ed IL spa, più ragionevole ed economica della ristrutturazione dello stesso, comunque inadeguato alle esigenze dell’utenza e che l’alienazione era necessaria per acquisire disponibilità economiche per reperire altra sede;
  4. che in base al chiaro art. 5, comma 2 del D.Lgs. n. 502/1992, le scelte dispositive sui propri immobili, ivi compresa la determinazione del prezzo di vendita, competevano alla ASL proprietaria (titolare di “autonomia imprenditoriale” di diritto privato ex 3, comma 1-bis, D.Lgs. n. 502/1992) e l’autorizzazione regionale ivi prevista aveva solo lo scopo di assicurare che il patrimonio delle aziende non venisse “distratto” dalla funzionalizzazione al perseguimento dello scopo istituzionale cui le medesime aziende sono preposte;
  5. che, pertanto, l’alienazione dell’immobile dalla ASL a CDP (rectius al Fondo Investimenti per la Valorizzazione gestito da CDPI SGR) era stata autorizzata dalla Regione Lombardia, su impulso della DG Salute guidata dal Bergamaschi (autorizzazione preventiva DG Salute n. 12695 del 24 dicembre 2014), tenuto conto sia, giuridicamente, della predetta permanenza in destinazione d’uso derivante da locazione triennale alla ASL stessa, sia della prospettata celere trasferibilità nel triennio della ASL presso l’ex Ospedale Paolo Pini di Milano (oggetto di studio di fattibilità da parte di IL s.p.a., poi saltata, ma attendibile all’epoca dell’autorizzazione regionale, a fronte anche di valide altre alternative di sede), sia della congruità del prezzo (25.000.000 euro) alla luce della stima fatta dalla Agenzia delle Entrate (20.245.000 euro) nel giugno 2013, allegata all’istanza di cessione del 16 dicembre 2014 e della relazione tecnica fatta da IL s.p.a. (doc.9 e 10 difesa), prezzo che consentiva di far fronte anche a tre anni di locazione da parte della ASL; tali circostanze escludevano qualsiasi responsabilità del Bergamaschi;
  6. che, secondo detta relazione tecnica di IL s.p.a., il quadro normativo vigente all’epoca dei fatti (art. 11-quinquies,L. n. 203/2005, D.L. n. 133/2013 e D.L. n. 133/2014) autorizzava CDP (su mandato del MEF, soggetto quotista, e con la supervisione dell’Agenzia del Demanio) ad acquisire in modo diretto immobili degli enti territoriali e delle altre pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, tra cui le aziende sanitarie;
  7. che, dopo la propria autorizzazione preventiva DG Salute n. 12695 del 24 dicembre 2014, il Bergamaschi era da considerare estraneo alle successive scelte gestionali della ASL (poi ATS Città Metropolitana di Milano) di mutare la programmata sede di allocazione, la prima verso la sede di via Jenner (ex complesso ospedaliero Bassi), poi, nel 2017, verso le sedi di Via Conca del Naviglio n. 45 e di C.so Italia n. 52 (ipotesi cui Regione Lombardia aderiva con d.g.r. 5966 del 12.12.2016 a cui il Bergamaschi era estraneo), con conseguente protrazione della locazione in Corso Italia sino al 3.11.2020 (doc.11);
  8. che il trasferimento degli uffici dell’A.S.L. nella nuova sede era avvenuto a settembre 2020 e da quella data era cessato il pagamento del canone di locazione per l’immobile di C.so Italia 19 a seguito della consegna alla proprietà il 25 settembre 2020 dell’immobile (v. informativa di ATS in doc. 21);
  9. che i tempi impiegati (3 anni e mezzo) per il trasferimento nel 2020 presso la sede definitiva individuata nel 2017 dalla ATS erano comunque stati congrui, tenuto conto della complessità dei lavori e della pandemia Covid intervenuta e dunque erano ben comparabili con i tre anni inizialmente prospettati dalla ASL per ottenere autorizzazione preventiva DG Salute n. 12695 del 24 dicembre 2014 a firma del Bergamaschi;
  10. che la “Relazione tecnica – congruità valore di cessione Corso Italia, 19” redatta da IL s.p.a. e allegata all’istanza di alienazione, attestava la congruità e l’opportunità della cessione a CDP SGR anche in considerazione di un mercato immobiliare stagnante e del progressivo deperimento degli edifici con il trascorrere di ogni annualità, il che si sarebbe ripercosso sul valore del bene o comunque avrebbe implicato rilevanti manutenzioni complicate dal fatto che l’immobile era utilizzato;
  11. che alcuna contestazione era movibile al Bergamaschi sull’intervenuta locazione quinquennale in luogo di un comodato gratuito, non imponibile a CDP né dalla Regione né dall’alienante ASL;
  12. che, in ordine alla contestata gara per alienare l’immobile de quo, la facoltà per le aziende sanitarie di ricorrere alla trattativa privata per la dismissione del patrimonio pubblico, con la finalità di risanare la finanza pubblica, era lecita in quanto prevista e autorizzata dal legislatore  con il D.L. n. 133/2014 che, all’art. 20, comma 4-quater,  aveva esteso a tutte le P.A. la possibilità di alienare il proprio patrimonio immobiliare ai sensi dell’art. 11-quinquies del D.L. n. 203/2005, “con facoltà di ricorrere allo strumento della trattativa privata” ed il comma 1 rinvia all’art. 7 del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, conv. dalla L. 21 febbraio 2003 n. 27, che contempla di norma la trattativa privata: ergo era stata effettuata una scelta conforme a legge e insindacabile nel merito;
  13. che le dichiarazioni rese il 16.9.2020 dall’ing.Musumeci dell’Agenzia delle Entrate al PM contabile circa la determinazione a favore di IL s.p.a. del valore immobiliare in 20.245.000 euro quale mera base d’asta, non solo erano inammissibili ex67, co.7, c.g.c. con conseguente nullità della citazione (in quanto violative del divieto di svolgere attività istruttoria, successivamente alla notifica dell’invito a dedurre, se non nei limiti degli accertamenti degli elementi di fatto emersi dalle controdeduzioni dell’interessato, inipotizzabili a fronte di perizia di stima dell’Agenzia già disponibile prima dell’invito a dedurre), ma soprattutto non trovavano riscontro nella perizia di stima formulata per iscritto (ed alla quale il Bergamaschi era totalmente estraneo) e che, comunque, l’intervenuta trattativa privata aveva consentito all’A.S.L. di vendere a un prezzo (25 milioni) ben superiore al valore stimato dall’Agenzia delle Entrate (20 milioni), con un rialzo, rispetto alla potenziale base d’asta, difficilmente conseguibile nell’ambito di un pubblico incanto, sovente connotato invece da ribassi di base d’asta o aste deserte, come documentalmente provato per casi analoghi (doc.27 difesa);
  14. che, parimenti, le dichiarazioni rese il 16.9.2020 dall’ing. Musumeci dell’Agenzia delle Entrate al PM contabile sulla propria stima fondata sul successivo comodato gratuito triennale a favore della ASL, vero e proprio novum della citazione (pertanto nulla) rispetto all’invito a dedurre, non trovavano riscontro nella stima scritta (circostanza che escludeva ogni responsabilità del Bergamaschi in sede autorizzatoria) e si prestavano a letture diverse, avendo il Musumeci ricevuto un invito a dedurre dalla Procura per la predetta sottostima immobiliare, circostanza che lo aveva forse indotto ad un atteggiamento difensivo teso a scaricare su altri le responsabilità per la vendita de qua; in ogni caso, la presenza di un comodato gratuito avrebbe inciso in peius, in sede di gara (auspicata dalla Procura) sulla base d’asta e sul prezzo finale e, comunque, la DG Salute regionale era stata rassicurata dalle attestazioni dell’A.S.L. di Milano e di IL s.p.a., che davano atto della piena “copertura” del costo dei canoni per il triennio necessario al trasferimento attraverso il prezzo pagato da CDPI; in ogni caso, la Procura non aveva mai contestato nell’invito a dedurre la stipula di un comodato gratuito in luogo di locazione onerosa, doglianza emersa solo in sede di citazione;
  15. che, inoltre, le dichiarazioni rese il 16.9.2020 dall’ing. Musumeci dell’Agenzia delle Entrate al PM contabile sulla propria stima fondata su una successiva destinazione da uffici a residenza e attività ricettiva, afferivano ad una circostanza estranea alle proprie competenze regionali;
  16. che la alienazione alla finanziaria di CDP s.p.a. era necessaria per ottenere una provvista utile ad acquistare o realizzare altro immobile e la stessa era necessariamente connessa ad una locazione del medesimo immobile in attesa dei fisiologici tempi del trasferimento in altra sede, poi dilatatisi sino alla opzione allocativa definitiva del 2017 per scelte della ASL-ATP non ascrivibili al Bergamaschi, che aveva anzi pungolato la chiusura dell’iter di trasferimento in nuova sede con nota prot. 3015.0026982 del 23 settembre 2015 (doc. 15) e nota a IL s.p.a. 1 dicembre 2015 (doc. 24);
  17. che, in ogni caso, alcun danno erariale era ipotizzabile a fronte di un vantaggio percepito da CDP, soggetto sostanzialmente pubblico (c.d. compensatio obliqua);
  18. che non vi era stata alcuna sottostima da parte della Agenzia delle Entrate, ma semmai una sovrastima nella vendita da CDP a Beni Stabili s.p.a., in quanto nel dicembre 2014 il valore di mercato dell’immobile pari a Euro 25.000.000,00 risultava attestato anche dalla perizia di stima del 17 dicembre 2014 commissionata da CDPI SGR, prima dell’acquisto dell’immobile di C.so Italia n. 19, all’Esperto indipendente Scenari Immobiliari, “con l’obiettivo di determinare il più probabile valore di mercato alla data del 31 dicembre 2014” di Palazzo Beretta (doc. 26 difesa) che seguiva al giudizio di congruità espresso da Scenari Immobiliari il 12 dicembre 2014 rispetto ai prezzi di acquisto dei beni di un portafoglio immobiliare sottoposto da CDPI SGR, tra cui l’immobile di C.so Italia n. 19 al prezzo di 25 milioni (doc. 27);
  19. che il prezzo pagato da Beni stabili s.p.a. al Fondo di CDP s.p.a. andava inoltre inserito nell’ambito di una più vasta operazione economica in quanto dalle dichiarazioni rese dal Dott. Sangiorgio, all’epoca dei fatti Direttore Generale di CDPI SGR (doc. 28 difesa), emergeva che l’operazione di acquisto di Palazzo Beretta in realtà riguardava un portafoglio comprendente più immobili, essendo stata formulata da Beni Stabili SpA un’offerta unitaria per un pacchetto di sei edifici e, in tale contesto, plusvalenze e minusvalenze dei singoli immobili tenevano conto di profili fiscali e di destinazioni d’uso;
  20. che parimenti inconfigurabile era la seconda voce di danno da pagamenti di canone locazione, in quanto la relazione tecnica di IL s.p.a. allegata alla istanza di cessione trasmessa alla Regione Lombardia dava conto della convenienza economica complessiva dell’operazione e rassicurava circa la congruità del prezzo di vendita pattuito (Euro 25.000.000), sufficiente a coprire i costi di locazione per tre anni (Euro 1.000.000 per i primi due anni ed Euro 1.500.000 per il terzo anno), periodo di tempo massimo stimato dalla stessa IL s.p.a per il trasferimento della sede dell’A.S.L. e con possibile danno erariale eventualmente riferibile solo ai canoni successivi al triennio ipotizzato per il trasferimento, di cui comunque il Dott. Bergamaschi non potrebbe rispondere avendo lasciato l’incarico di DG Salute di Regione Lombardia dal 1° maggio 2016, perdendo così ogni possibilità di concretamente intervenire in termini sollecitatori;
  21. che la locazione in luogo del comodato, di cui alle doglianze della Procura, nasceva dal fatto, come dichiarato dal dott. Sangiorgio della CDP in sede di audizione (doc. 28), che il comodato gratuito veniva riconosciuto da CDP SGR per prassi per un massimo di 1 anno e con la finalità di consentire l’allontanamento dell’amministrazione occupante. Poiché nella fattispecie il periodo di occupazione si sarebbe protratto, si era optato per una occupazione onerosa di più lunga durata (con diritto di recesso esercitabile in ogni momento), ma a canone inferiore a quello di mercato per i primi due anni, per poi aumentare progressivamente fino a valori di mercato;
  22. che, in base ad una valutazione ex ante, alcun dolo o colpa grave era ipotizzabile nella condotta del Bergamaschi.

Tutto ciò premesso, la difesa del Bergamaschi chiedeva preliminarmente una statuizione di nullità della citazione per violazione degli artt. 67 e 87 c.g.c.; nel merito, chiedeva il rigetto della domanda o, in via gradata, una più equa rideterminazione del quantum ascrivibile al convenuto.

  1. 3. Si costituiva Guido Bonomelli, Vice Direttore Generale di Infrastrutture Lombarde S.p.A. all’epoca dei fatti, difeso dall’avv.Rinaldi, eccependo quanto segue:
  2. che, preliminarmente, alcun danno erariale era configurabile a fronte di introiti (per vendita e poi per locazione), e dunque di una utilitas, percepita da soggetto riconducibile alla nozione di Pubblica Amministrazione, quale la CDP s.p.a.: si sarebbe così configurata la c.d. compensatio obliqua di cui all’art.1, co.1-bis n.20 del 1994;
  3. che la citazione era nulla, ex  87 e 90 comma 3 C.G.C., nella parte in cui la cennata contestazione -non presente nell’invito a dedurre- realizzava una mutatio libelliattraverso una riqualificazione della causa petendi estendendola a situazioni giuridiche (il mutamento di destinazione da uffici a residenza e attività ricettiva e il comodato gratuito dell’immobile per tre anni) non prospettate nell’invito  a dedurre, al pari delle dichiarazioni postume dell’ing. Musumeci dell’Agenzia delle Entrate sul prezzo determinato come mera base d’asta;
  4. che in data il 19/12/2014 IL spa aveva espresso la propria valutazione di congruità della vendita de quatrasmettendo la propria relazione alla A.S.L. ed osservando che “il prezzo offerto, scaturito da valutazioni affidate ad Esperti Indipendenti, che si attesta a 25.000.000 Euro” “è superiore al valore di 20.245.000 Euro determinato dalla Perizia di Agenzia delle Entrate del 14/06/2013” e con riguardo alla “condizione del mercato immobiliare” che “il mercato immobiliare è stagnante da molte annualità” (doc. 31). La Relazione di stima dell’immobile di Corso Italia n. 19 era infatti attendibile in quanto redatta dall’esperto indipendente Scenari Immobiliari  su commissione di CDP Investimenti SGR comprensivi peraltro di due annualità di canoni di locazione del valore di 1.000.000,00 di Euro (doc. 36 difesa); l’andamento del mercato immobiliare della città di Milano che dal 2007 in avanti aveva inoltre ricevuto una brusca battuta d’arresto accentuandosi nel biennio 2012-2014;  e comunque non era ascrivibile al venditore (e al Bonomelli) la circostanza che la successiva ri-vendita dell’immobile di Corso Italia 19 era stata compiuta da C.D.P. Investimenti S.p.A.  a Beni Stabili s.p.a. ad un prezzo superiore che, in ogni caso, si inseriva, come chiarito in audizione dal dr Sangiorgio di CDP,  in una vendita “in blocco” di diversi immobili (che includeva 2 immobili appartenenti alla CDP Immobiliare S.r.l. e 4 immobili appartenenti al FIV tra cui l’immobile di Corso Italia n. 19) all’interno della quale, per politiche di efficientamento del gruppo acquirente, le attribuzioni di valore di ciascun immobile erano state determinate da un’ottimizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze che sono state poi diversamente ripartite tra le società facenti parte del gruppo acquirente;
  5. che la stima fatta dalla Agenzia delle Entrate era parimenti attendibile in quanto il funzionario redattore della perizia (ing. Musumeci) aveva evidenziato, in ordine al valore del bene trasformato sulla base del mix funzionale ipotizzato da studi fatti da IL s.p.a. tramite esperti immobiliari (80% destinazione ricettiva / 20% destinazione residenziale) che “il valore di trasformazione, come procedimento estimativo, è fondato sul fatto che il bene da stimare sia suscettibile di essere trasformato in un bene apprezzato dal mercato, rientrante cioè fra gli immobili per i quali vi è vivacità degli scambi e disponibilità di dati di compravendita comparabili” concludendo che “dall’analisi di mercato svolta si riscontrano l’esistenza di un mercato immobiliare per la tipologia residenziale sufficientemente dinamico e omogeneo” (doc. 20, difesa p. 42 e cfr. pp. 15 e 41); inoltre non era vero, come sostenuto dalla Procura, che il valore indicato nella perizia del 2013 era pacificamente volto ad individuare un prezzo da porre a base d’asta in quanto, nei casi nei quali procede alla relazione di stima di un immobile da alienare a mezzo di asta pubblica, l’Agenzia delle Entrate si premura sempre di menzionare tale circostanza nella perizia, precisando il valore del bene con riguardo all’attualità e tenendo conto nella sua determinazione anche dell’utile del promotore e ciò appariva desumibile anche da un semplice raffronto tra la perizia dell’immobile di C.so Italia 19 e quella coeva redatta per l’ex Ospedale Sant’Anna di Como ove si affermava testualmente che la stima era per una base d’asta (doc. 61 difesa);
  6. che l’alienazione de quo a trattativa privata da parte della ASL era consentita dall’ art. 11 quinquiesdel D.L. n. 203/2005, esteso alle ASL dalla legge 11 novembre 2014 n. 164 che aveva convertito con modificazioni il D.L. 12 settembre 2014 n. 133;
  7. che il ricorso all’asta pubblica non avrebbe comunque fornito alcuna garanzia di risultato migliore in merito alla vendita del singolo immobile di Corso Italia, potendo l’asta andare deserta in un contesto di mercato immobiliare non certamente ottimale e non assimilabile a quello attuale;
  8. che in data 1/12/2014 IL s.p.a. aveva redatto  un reportin cui prospettava diverse ipotesi perseguibili prendendo in considerazione quattro possibili scenari riconnessi alla permanenza degli uffici dell’A.S.L. nell’immobile sito in C.so Italia 19 oppure al trasferimento della sede presso l’ex Ospedale P. Pini; o presso il Niguarda (Padiglione Carati); o presso Piazza Frattini, lasciando poi le relative valutazioni di merito sulla scelta della sede e sulle relative modalità di gestione in capo all’ente proprietario degli immobili ASL;
  9. che il Bonomelli aveva avuto un mero ruolo di supporto e di coordinamento tecnico nella vendita di cui è causa, in conformità alle competenze assegnate ad IL s.p.a., interessando i vertici di ASL, Regione Lombardia e notaio rogante e rimettendo le valutazioni di merito agli enti preposti, come desumibile da un esame della corrispondenza intercorsa e dalla mail del 15/10/2014 (doc. 29 difesa);
  10. che, comunque, al Bonomelli non era  ascrivibile il danno contestato, in quanto la scelta di procedere all’acquisto o alla vendita di un’immobile non spettava ad IL s.p.a., ma a Regione Lombardia e alle Aziende Sanitarie proprietarie degli immobili nonché all’Agenzia del Demanio, provvedendo IL s.p.a. -in forza delle specifiche competenze assegnate dallo Statuto- alla “valorizzazione, alla gestione, all’alienazione e alla manutenzione del patrimonio immobiliare regionale” e degli altri enti pubblici del sistema regionale allargato (SIREG) “nel rispetto dei requisiti e delle finalità proprie dei beni pubblici, nonché degli indirizzi strategici di Regione Lombardia” compiendo “tutte le attività necessarie o utili per il conseguimento degli scopi sociali, fra cui operazioni immobiliari, mobiliari, industriali, commerciali e finanziarie” e fornendo a Regione Lombardia e agli enti SIREG il supporto tecnico necessario per l’espletamento di tali compiti (l’art. 3, co,1, lett. b e lett. c e co. 5 dello Statuto di IL s.p.a., doc. 8 difesa);
  11. che il Bonomelli non aveva avuto interessi personali alla vendita de qua, né premi di produttività ad essa connessi;
  12. che la destinazione da dare all’immobile di Corso Italia 19 (da uffici a destinazione ricettiva per l’80% e destinazione residenziale per il 20%), che la Procura riteneva essere stata indicata da IL s.p.a. all’ing. Musumeci dell’Agenzia Entrate ai fini della (poi sottostimata) valutazione del valore dell’immobile de quo, era stato determinata in modo oggettivo ed alla luce dell’andamento di mercato dopo un a attenta stima con operatori tecnici, legali ed esperti sunteggiata a pagg.53-54 della comparsa;
  13. che il Bonomelli non aveva curato la parallela locazione alla ASL dell’immobile alienato, né la sua durata, né i lavori concernenti la nuova sede di destinazione;
  14. che difettava comunque l’elemento psicologico: in primo luogo difettava il dolo inteso come volontà del danno ipotizzato, in quanto l’art. 21 del d.l. n. 76/2020 convertito nella l. n. 120/2020, aveva aggiunto all’art. 1, co.1 della l. n. 20/1994 l’inciso “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”, recependo così l’orientamento giurisprudenziale dominante, attraverso interpretazione autentica, che riconduce il dolo erariale a quello penalistico, richiedendo, per la sua sussistenza, non solo la consapevolezza e volontà di violare un obbligo giuridico, ma anche la volontà e coscienza di cagionare un danno alla P.A.; in secondo luogo, difettava anche la colpa grave per assenza di macroscopica negligenza, o di “comportamento inferiore allo standardminimo professionale” tale da rendere prevedibile o probabile il verificarsi di un evento dannoso.

Tutto ciò premesso, la difesa del Bonomelli, previa declaratoria di nullità della citazione per discrasia tra i fatti contestati nell’invito a dedurre e quelli oggetto della citazione, nel merito chiedeva il rigetto della domanda per assenza di danno, stante il vantaggio obliquo ottenuto da Cassa Depositi e prestiti (in nome e per conto del “Fondo Investimenti per la Valorizzazione”) e, comunque, in assenza di colpa grave. In via gradata, chiedeva una più equa rideterminazione del quantum ascritto al Bonomelli, valutando i vantaggi tratti dalla ASL di Milano dal supporto tecnico fornito dal convenuto.

  1. Si costituiva infine Giacomo Walter Locatelli, Direttore Generale pro-tempore dell’A.S.L. di Milano all’epoca dei fatti, difeso dall’avv.Luciano, eccependo quanto segue:
  2. che la citazione era nulla per discrasia con l’invito a dedurre, ove non risultavano contestati i criteri asseritamente presupposti, nella prospettazione accusatoria, dall’ing. Musumeci dell’Agenzia delle Entrate (valore come base d’asta; comodato in luogo di locazione; destinazione dell’edificio ricettiva/residenziale) per i quali la valutazione della intervenuta vendita dell’immobile di Corso Italia 19 era da considerare sottostimata;
  3. che la scelta di alienare a trattativa privata sulla base di normativa legittimante, in luogo di gara, rappresentava scelta gestionale insindacabile nel merito, potendo un’asta risultare anche deserta;
  4. che la valutazione del valore dell’immobile di Corso Italia 19 fatta dalla Agenzia delle Entrate (circa 20 milioni di euro) e da Scenari immobiliari per CDP (che aveva stimato in 25milioni con destinazione uffici) era veritiera ed attendibile e che il prezzo della vendita era stato superiore a tale stima della Agenzia, rassicurando così il DG Locatelli, mentre il ricavato della successiva ri-vendita dell’immobile di Corso Italia 19 da C.D.P. Investimenti S.p.A. a Beni Stabili s.p.a. era apparentemente più elevato in quanto si inseriva in una vendita “in blocco” di diversi immobili all’interno della quale, per politiche di efficientamento del gruppo acquirente, le attribuzioni di valore di ciascun immobile erano state determinate da un’ottimizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze che erano state poi diversamente ripartite tra le società facenti parte del gruppo acquirente;
  5. che i canoni della connessa locazione erano congrui e dovuti in attesa del trasferimento in altra sede, non essendo pretendibile un comodato gratuito come invocato dalla Procura;
  6. che la scelta della sede di via Jenner ex ospedale Bassi era avvenuta rapidamente, dopo soli 7 mesi dalla vendita di Corso Italia 19, ovvero con dGR 24.7.2015, e che quindi non si era innanzi a scelta avventata o superficiale;
  7. che il trasferimento nella sede definitiva della ASL era avvenuta nei programmati 3 anni e che la permanenza locatizia da dicembre 2014 sino a settembre 2020 nella prima sede non era ascrivibile al Locatelli che, alla data di cessazione dall’incarico, aveva tracciato il solco per il corretto trasferimento della sede;
  8. che il danno supposto da 13.000.000 di euro per la differenza tra i prezzi di vendita e rivendita dell’immobile de quo era meramente ipotetico e presunto, non essendo affatto certo che, all’esito di gara, la ASL di Milano avrebbe aggiudicato il bene a tale importo;
  9. che, in ogni caso, alcun danno era configurabile per le casse pubbliche, avendo introitato le somme contestate dalla Procura il Fondo della CDP s.p.a., che ha natura di pubblica amministrazione, con conseguente applicazione del principio della compensatio obliqua di cui all’art.1, co.1-bis, n.20 del 1994;
  10. che alcun danno da pagamento di canoni di locazione era ipotizzabile, essendo il pagamento doveroso per la ASL a fronte della fruizione del bene in attesa di trasloco; in ogni caso al Locatelli era ascrivibile il solo eventuale danno sino alla scadenza del suo mandato, essendo i ratei successivi ascrivibili al subentrato vertice;
  11. che difettava, nelle condotte contestate, sia il dolo che la colpa grave in capo al Locatelli al momento della stipula della vendita, avendo la ASL alienato ad un prezzo più elevato (25 milioni di euro) di quello stimato dalla Agenzia delle Entrate (20 milioni di euro circa) e non essendo prevedibile una rivenditasuccessiva a prezzo assai più rilevante.

Ciò premesso, la difesa chiedeva il rigetto della pretesa attorea o, in via gradata, una più equa ascrizione al Locatelli del danno contestato.

  1. All’udienza dibattimentale del 29.9.2021, udita la relazione del Magistrato designato, prof.Vito Tenore, le parti costituite sviluppavano i propri argomenti. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. La questione sottoposta al Collegio riguarda i riflessi giuscontabili, in punto di danno erariale, della condotta illecita ascritta ai convenuti con riferimento ad una alienazione, ritenuta diseconomica, dei locali della ASL di Milano (oggi ATP metropolitana) di Corso Italia 19 (Palazzo Beretta) alla Cassa Depositi e prestiti (in nome e per conto del partecipato “Fondo Investimenti per la Valorizzazione”) al prezzo di 25.000.000 di euro, immobile rivenduto dopo pochi giorni dall’acquirente a Beni Stabili s.p.a. al maggior prezzo di 38.000.000 di euro. La natura diseconomica (pari a 13.000.000 di euro, corrispondente alla differenza tra i due prezzi suddetti) è desunta dalla Procura sia dalla asserita sottostima del bene rialienato a prezzo ben più elevato (sottostima desunta dalla Procura da 3 fattori presuppostidalla Agenzia delle Entrate in sede di stima e poi pretermessi in sede di vendita: prezzo di alienazione che doveva invece essere mera base d’asta; destinazione degli immobili da uso ufficio ad uso ricettivo e residenziale; permanenza nel temporaneo uso da parte della ASL dell’immobile  a titolo di comodato gratuito), sia dalla contestuale stipula di oneroso contratto di locazione, durato oltre 5 anni, in luogo di una asserita percorribile stipula di un comodato gratuito, e comunque connotato da rilevanti canoni di locazione (pari a complessivi euro 9.069.467,73, oltre IVA, configuranti la seconda voce di danno contestata) che sarebbero stati evitabili qualora l’operazione immobiliare fosse stata concepita in conformità a una più ragionevole programmazione economica, fondata sulla contestuale e immediata individuazione della nuova sede dell’A.S.L. in coincidenza temporale con la cessione dell’immobile di C.so Italia n. 19.
  2. Va in primo luogo respinta l’eccezione di nullità della citazione prospettata dalla difesa del Bergamaschi e del Bonomelli per asserita violazione degli artt. 67 e 87 c.g.c., in quanto la Procura non avrebbe mai contestato nell’invito a dedurre la stipula di un comodato gratuito in luogo di locazione onerosa (la difesa del Bonomelli si duole anche della contestazione attorea circa il mutamento di destinazione da uffici a residenza e attività ricettiva, mai prospettato in invito a dedurre), doglianza emersa solo in sede di citazione.

E’ agevole replicare a tali eccezioni difensive che, secondo pacifici indirizzi giurisprudenziali (C.conti, sez.riun., n.7/1998/QM; id., sez.riun., n.14/1998/QM; id., sez. Campania, 24.1.2018 n.37; id., sez.Emilia Romagna, 29.6.2017 n.150; id., sez.I app., 12.5.2017 n.170) anteriori e successivi al d.lgs. n.174 del 2016, ed oggi in base all’art.87 c.g.c. (che àncora la nullità ad una discrasia sugli “elementi essenziali del fatto”), alcuna nullità per violazione del contraddittorio si configura quando i fatti storici e la qualificazione giuridica degli stessi restano i medesimi nell’invito e nella citazione, senza che la Procura, tra l’altro, abbia fatto ulteriori accertamenti istruttori dopo l’invito: nella specie la Procura, fermo restando l’iniziale ipotizzato danno da sottostima dell’immobile alienato indicato in invito a dedurre, ha solo indicato criteri di determinazione del medesimo danno in citazione.

Parimenti, per il danno da pagamento di canoni di locazione da parte della ASL già contestato nell’invito a dedurre (v.pag.25, 27-28 invito), la Procura ha solo indicato in citazione uno dei possibili parametri per quantificare tale danno, ovvero il raffronto con analoghe alienazioni connotate da contestuale permanenza del cedente nei locali per alcuni anni (rectius uno solo, v. infra) a titolo di comodato gratuito in luogo di locazione onerosa. Tra l’altro, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa, la Procura anche in invito a dedurre (pagg.10 e 31) ha censurato il medesimo utilizzo della locazione onerosa in luogo del comodato gratuito.

Analoghe considerazioni valgono per l’asserita illegittimità-nullità nella citazione attorea della novella contestazione relativa al mutamento di destinazione dalla prevalutata “residenza e attività ricettiva” alla realizzata “uffici”, contestazione mai prospettata in invito a dedurre secondo le difese: trattasi, ad avviso del Collegio, di mero criterio logico-argomentativo usato dalla Procura per dimostrare la medesima sottostima del valore del bene già chiaramente contestata, come causa petendi, nell’invito a dedurre.

 In ogni caso, su ambo le specifiche e legittime (e mai mutate) prospettazioni accusatorie attoree, le difese hanno comunque pienamente sviluppato i propri argomenti, con conseguente assoluto rispetto del contraddittorio e rigetto dell’eccezione formulata sul punto.

  1. Sempre preliminarmente, quale assorbente questione di merito, va respinta l’eccezione formulata dalle difese dei convenuti circa la inconfigurabilità di un danno erariale a fronte di una utilitas comunque percepita (introito del prezzo di vendita e dei canoni di locazione) da soggetto pubblico, ovvero CDP s.p.a. (rectius dal “Fondo Investimenti per la Valorizzazione” partecipato dalla holding CDP), e dunque di un “vantaggio obliquo” conseguito da altra amministrazione ex1, co.1-bis, l. n.20 del 1994.

E’ agevole replicare a tale eccezione che questa Corte è ben consapevole che, sia la parte pubblica che le difese dei convenuti, in molti contenziosi sono solite qualificare, in modo cangiante e quasi camaleontico, talune strutture societarie partecipate dalla P.A. talvolta in chiave pubblicistica, talvolta in chiave privatistica a seconda dello scopo processuale da raggiungere: radicare (o escludere) la giurisdizione contabile su amministratori o dipendenti di tali società oppure, come nella specie ed invertendosi nei ruoli, per ipotizzare o escludere un vantaggio in capo ad altra amministrazione pubblica ex art.1, co.1-bis, l. n.20 del 1994, con conseguente configurabilità o meno di un danno erariale a seconda della cangiante natura del soggetto “avvantaggiato”, frutto di speculari ricostruzioni dogmatiche.

Ritiene il Collegio, per coerenza ermeneutica e logica, che vada invece seguito un criterio qualificatorio uniforme ed oggettivo e che dunque i parametri, di conio giurisprudenziale (sulla scorta dei referenti normativi), per definire una società a partecipazione pubblica come soggetto equiparabile ad una P.A., debbano essere i medesimi sia per radicare (o escludere) la giurisdizione contabile, sia per valutare nel merito se, a monte e prioritariamente, via sia stata nel caso di specie una c.d. compensatio obliqua a favore della CDP (e della di lei finanziaria), ove qualificabile come soggetto pubblico, idonea ad escludere in radice l’ipotizzato danno erariale da esborso eccessivo da parte della alienante (e poi conduttrice) ASL di Milano.

            Premesso che la Corte dei conti è giudice dei danni arrecati alla Pubblica Amministrazione, come è noto, le sezioni unite della Cassazione (v. id., 19 dicembre 2009, n.26806, id., 15 gennaio 2010, n. 519; id.,  sez. un., 15 gennaio 2010, n. 519; id., sez. un., 23 febbraio 2010, n. 4309; Id., sez. un., 12 luglio 2010 n. 16286; Id., sez. un., 5 luglio 2011, n. 14655; id., sez. un., n. 14655, n. 14957 e n. 20941 del 2011; id., sez. un., 1 febbraio 2012, n. 1419 e id., sez. un., 9 marzo 2012, n. 3692), nel segnare una brusca interruzione nel progressivo ampliamento giurisprudenziale (delineato dalle stesse sezioni unite) e normativo della giurisdizione contabile, hanno statuito che va esclusa la giurisdizione della Corte dei conti, dovendosi affermare la giurisdizione del giudice ordinario, nel caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, atteso che tali società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico. La scelta della PA di acquisire partecipazioni in società private implica, infatti, il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta.

  Un parziale revirement del sopra sunteggiato orientamento restrittivo del giudice del riparto, oltre che per le società partecipate concessionarie di pubblici servizi, è stato inaugurato con la sentenza delle sezioni unite 25novembre 2013, n. 26283 (e più di recente ribadito da Cass., sez. un. 1 dicembre 2016, n. 24591), in relazione aidanni cagionati da amministratori di società in house. Difatti, le sezioni unite sono pervenute ad affermare che laCorte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura contabile quando tale azione siadiretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società inhouse, così dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cuiesclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente infavore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto  assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.

   Tale tipologia societaria in house non pare in grado di collocarsi come un’entità posta al di fuori dell’entepubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. Il velo che normalmente nasconde il sociodietro la società è dunque squarciato: la distinzione tra socio (pubblico) e società (in house) non si realizza più intermini di alterità soggettiva.

            Adattando tali ormai pacifiche coordinate ermeneutiche al caso di specie, pare evidente che le difese dei convenuti non abbiano fornito prova della riconducibilità di CDP, e a maggior ragione del relativo autonomo e distinto Fondo privato “Fondo Investimenti per la Valorizzazione”, alla nozione di ente pubblico o di società in house o di società concessionaria legata da rapporto di servizio ad enti pubblici quotisti o terzi.

            Ma le conclusioni a cui si è giunti, ancorate al parallelismo ermeneutico tra la portata soggettiva dell’art.1, co.1-bis, l. n.20 del 1994 e la giurisprudenza consolidata in ordine ai limiti soggettivi della giurisdizione contabile, traggono ulteriore conferma da una analisi sistemica della nozione di ente pubblico (e dunque di “altra amministrazione” di cui al predetto art.1, co1-bis cit.) operata sul piano generale dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

            Difatti gli elementi che tradizionalmente vengono in rilievo nell’elaborazione della nozione di ente pubblico attengono ai seguenti momenti: a) genetico; b) organizzativo; c) dell’attività; d) dello scopo.

            Orbene, CDP s.p.a., e a maggior ragione il suo partecipato e distinto Fondo privato “Fondo Investimenti per la Valorizzazione”, non evidenziano la necessaria co-presenza di tali elementi.

            Sul piano genetico, la legge 20.3.1975 n.70 dispone che “nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”: orbene né CDP s.p.a. né il Fondo suddetto sono stati istituiti come enti pubblici da una legge. La Cassazione ha avuto modo di sottolineare come questa norma sancisca, con estrema chiarezza, il principio secondo cui l’esistenza di un ente pubblico dipende dall’espresso conferimento di tale qualifica da parte del legislatore, statale o regionale: in altri termini, perché un soggetto possa essere qualificato come pubblico, non si può prescindere da una base legislativa che sottoponga quel soggetto ad un regime pubblicistico (Cass., sez.un., 19 aprile 2021 n.10244; Cass., sez.un., 27 ottobre 1995, n. 11179; Cass., sez.un.m 24 febbraio 1998, n. 1987, e Cass., sez.un., 9 marzo 2000, n. 2677), nella specie mancante.

Ed anche l’art.1, co.2, del d.lgs. n.165 del 2001 non annovera la CDP s.p.a. (né le sue partecipate) nell’elenco tassativo delle “pubbliche amministrazioni” ivi menzionate. Sul piano formale e genetico dunque nessun elemento depone per la tesi prospettata dalle difese.

            Sul piano organizzativo, da una agevole lettura della strutturazione di tali due soggetti privati desumibile da fonti aperte e pubbliche, pare evidente la loro notevolissima divergenza dai modelli organizzativi di un qualsiasi ente pubblico, la rilevante autarchia che li connota, né va trascurata la articolazione di CDP s.p.a. quale holding di un gruppo societario, modulo organizzativo non riscontrabile in tradizionali enti pubblici: il gruppo vede società quotate, società non quotate, fondi di investimento, Società di gestione del risparmio SGR, schema notoriamente non rinvenibile in enti pubblici.

            Sul piano poi dell’attività, pare evidente come l’attività di CDP s.p.a. e del Fondo segua regole privatistiche-societarie e non già pubblicistiche-procedimentali connotate da attribuzione di poteri pubblici.

La difesa del Bonomelli, pur nell’ambito di una apprezzabile e robusta ricostruzione sistemica della natura della CDP quale holding di partecipazioni in ben 11 società quotate e delle funzioni anche pubblicistiche espletate, ha chiarito che “CDP Investimenti SGR”, che gestisce il “FIV comparto Extra”, è una società di gestione del risparmio detenuta da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e costituita per iniziativa di quest’ultima e che  il “Fondo Investimenti per la Valorizzazione – Comparto Extra” ha la dichiarata finalità di acquisire e valorizzare patrimoni immobili di Enti pubblici e società da questi ultimi controllate anche indirettamente ed è titolare di un proprio patrimonio le cui quote sono interamente detenute da Cassa Depositi e Prestiti e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Tali dati, ad avviso del Collegio, si palesano però “neutri” in ordine alla qualificazione come ente pubblico di tale società, non certo in house né concessionaria e che comunque, dato omesso dalla difesa, ha un capitale sociale facente capo, per il 20% circa, a soggetti privati (fondazioni bancarie e azioni proprie) che, pur configurandosi come enti tipici del cosiddetto Terzo settore, cioè enti non lucrativi con connotazione non imprenditoriale pur potendo conservare una certa vocazione economica (ma sempre nell’ambito degli scopi non lucrativi), operano in regime giuridico privatistico e possono così assumere la struttura di “fondazioni grant-making” (erogare denaro ad organizzazioni non profit che operano nei sei settori individuati), oppure possono scegliere quella di “fondazioni operative”, svolgendo direttamente attività d’impresa nei suddetti settori, attività strumentale al raggiungimento dello scopo di utilità sociale.

 Infine, sul piano dello scopo,  rilevanza alcuna, a fronte del dato ontologico privatistico societario (non in house,né concessionario), assumono le pur innegabili e rilevanti funzioni (anche) pubblicistiche svolte dalla CDP s.p.a. e società partecipate: difatti molti soggetti privati svolgono funzioni anche pubblicistiche (o servizi pubblici) senza snaturare la loro natura divenendo Pubblica Amministrazione (si pensi alle funzioni pubblicistiche svolte da banche, notai, federazioni sportive,  concessionari, enti aggiudicatori nei settori speciali,  s.o.a.,  contraente generale etc.).

Oggi è ormai pacifico che il soggetto privato esercente funzione pubblica non acquisti una personalità giuridica pubblica e la circostanza che tali soggetti svolgano l’attività imprenditorialmente o in qualità di professionisti, non toglie alla stessa la rilevanza pubblica e di diritto pubblico datale in forza di legge. La CDP, banca nazionale di promozione, e la relativa Finanziaria, restano soggetti geneticamente privati sebbene funzionalmente pubblici per taluni atti e finalità.

In ogni caso, tale unico elemento “pubblicistico” rappresentato dal fine perseguito da CDP s.p.a. anche tramite le sue partecipate (pur non in via esclusiva), risulterebbe isolato ed insufficiente, in assenza dei predetti concorrenti elementi caratterizzante la nozione di pubblica amministrazione (o ente pubblico).

Infine, elemento decisivo per escludere la natura pubblicistica è il difetto dei poteri di imperio (Cass., n. 3017/1984), mancanti nella specie.

Né può darsi peso, ai fini giuscontabili della compensatio obliqua di cui all’art.1, co.1-bis, l. n.20 del 1994 invocata dalle difese, alla settoriale qualifica di ente pubblico che la normativa nazionale, e soprattutto comunitaria, attribuisce, quale modello speciale, ad alcuni soggetti privati che operano negli ambiti più vari: il riferimento è all’ambito applicativo delle norme sulla concorrenza per il mercato in materia di gare e contratti pubblici che prescinde dalla veste formale dell’ente nel coniare la nozione di “organismo di diritto pubblico” cui fa riferimento la difesa del Bonomelli citando Cons.St., sez.V, 7.2.2020 n.964 e n.965, che si interessano però, esclusivamente, della qualificazione come organismo di diritto pubblico di una partecipata di CDP s.p.a. (CDP Investimenti SGR s.p.a.) ai soli fini della giurisdizione amministrativa (e non ordinaria)  a vagliare profili afferenti una gara ad evidenza pubblica (tra l’altro, tale sentenza evidenzia una difesa di CDP Investimenti SGR s.p.a. affidata ad avvocati del libero foro e non già all’Avvocatura dello Stato, come di regola accade per gli enti pubblici). E’ infatti incontestato, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, che questa sottoposizione non riguarda l’intera vita dell’ente, ma solo alcuni segmenti della sua attività, ossia quelli strettamente legati all’affidamento dei contratti.

Ed analoghe considerazioni valgono per la vasta portata applicativa dei precetti della normativa anticorruzione (l n.190 del 2012) o sull’accesso agli atti amministrativi (artt.22 segg. l. n.241 del 1990), che hanno una più ampia, ma solo e soltanto ai propri settoriali fini, portata applicativa soggettiva,  non risultando dunque di per sè decisivi ai fini qualificatori come “ente pubblico”  dei destinatari delle proprie specifiche regole. Ma trattasi, si ripete, di nozioni che restano settorialmente definite e, come tali, tassative ed inoperanti ai fini di cui è causa.

Sul piano sistemico, sia la giurisprudenza di legittimità (Cass., sez.un., 19 aprile 2021 n.10244), sia la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3043; Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660), fanno propria una nozione di pubblica amministrazione non più «statica» e «formale», bensì «dinamica» e «funzionale» (a «geometrie variabili»), nel senso che il concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato. Ciò implica che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblica a certi fini non ne comporta l’automatica e integrale sottoposizione alla disciplina prevista in generale per la pubblica amministrazione: «al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione “funzionale” e “cangiante” di ente pubblico. Si ammette senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica» (Cons. Stato, n. 3043/2016, cit.).

            In perfetta sintonia con pacifici indirizzi di legittimità, ritiene dunque questa Corte, a fronte della settorialità della nozione di “organismo di diritto pubblico” ai soli fini della doverosità del rispetto delle regole dell’evidenza pubblica (Cass., sez.un., 19 aprile 2021 n.10244; id., sez.un., 28 marzo 2019, n. 8673) per la CDP s.p.a., che nessun elemento depone per la sua generalizzata riconducibilità (e a maggior ragione per il suo Fondo acquirente dell’immobile) alla nozione di ente pubblico, per cui alcuna compensatio obliqua è in conclusione ipotizzabile in assenza di vantaggi percepiti da una “altra amministrazione” e l’eccezione va dunque respinta.

  1. Venendo ai restanti profili di merito, va preliminarmente chiarito, in ordine alla ipotesi accusatoria della attrice Procura e per una corretta interpretazione dei fatti e dei relativi riflessi giuridici in punto di danno erariale, che:
  2. non necessariamente una violazione procedurale, nella specie l’alienazione privatistica dell’immobile di Corso Italia 19 in luogo di una gara pubblica, si traduce in un danno erariale, dovendo la parte attrice dimostrare, con argomenti logici e comparazioni con analoghe cessioni in aree e per immobili similari e nel medesimo arco temporale, che una compravendita fondata su prezzi di mercato stimati da istituti immobiliari specializzati sia più diseconomica di una aggiudicazione all’esito di gara, tra l’altro in periodo di stasi del mercato immobiliare milanese. E’ dunque la Procura che ha l’onere di dimostrare che quella intervenuta sia, in altre parole, una scelta discrezionale altamente diseconomica per il minor introito ottenuto a seguito di vendita privata.

Nella specie tale prova non viene tuttavia assolutamente fornita da parte attrice.

Né può ritenersi che la compravendita civilistica fosse normativamente vietata: anzi le difese dei convenuti hanno adeguatamente comprovato che la strada privatistica era normativamente percorribile in quanto le c.d. vendite straordinarie sono consentite e disciplinate dall’art. 11 quinquies del D.L. n. 203/2005, il quale abilita l’Agenzia del Demanio, di concerto con le amministrazioni (di cui all’art. 1 comma 2 del d.lgs. n. 165/01) titolari dei beni, a procedere alla vendita di beni immobili ad uso non prevalentemente abitativo, appartenenti al patrimonio dello Stato e delle Regioni previa autorizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e secondo le modalità di cui all’articolo 7 del D.L. n. 282/2002 (v. l’art. 11 quinquies del D.L. n. 203/2005 e l’art. 9 bis della LR Lombardia n. 36/1994 e cfr. l’art. 7 del D.L. n. 282/200); trattasi, dunque, di scelta di merito (compravendita in luogo di gara) ragionevole, ma sindacabile da questa Corte (contrariamente da quanto eccepito dalla difesa del Locatelli) solo ove il prezzo di vendita risulti palesemente incongruo, tema di seguito analizzato;

  1. il fatto che un bene (mobile o immobile) alienato da soggetto pubblico o privato ad un terzo ad un prezzo venga poi dall’acquirente rivenduto dopo poche ore, giorni o mesi ad un nuovo acquirente spuntando un prezzo anche ben superiore a quello del previo acquisto, è un dato fisiologico, ordinario e dunque giuridicamente neutro, come tale non probante, in sé, di nulla se non accompagnato da ulteriori elementi probatori o indizi di diseconomicità del prezzo inizialmente introitato (dalla alienante ASL). Ogni homo oeconomicus tende infatti a curare i propri interessi individuali cercando, di regola, di guadagnare in qualsiasi operazione economica compia, così come ha fatto CDP s.p.a. tramite la sua finanziaria, in ottemperanza alla sua mission istituzionale;
  2. la scelta di alienare un proprio immobile da parte di un ente pubblico (ma lo stesso vale per venditori privati)può legittimamente comportare che lo stesso immobile venga ancora utilizzato, per un congruo termine e per le motivazioni più varie (nella specie sia per l’esigenza giuridica di non mutare la destinazione pubblica per consentire la vendita privata, come desumibile da mail dell’avv. Vivone riportata a pagg. 29/30/31 relazione G.d.F. prot. n. 112645, sia per l’esigenza pratica di organizzare il complesso trasferimento di uomini e beni in altra sede della ASL) da parte dell’alienante a titolo oneroso (locazione) o gratuito (comodato gratuito), secondo scelte non normate da leggi, regolamenti o prassi, ma dettate dalla forza contrattuale delle parti, dalle capacità di negoziazione, dal prezzo più o meno elevato pattuito nel primigenio contratto di vendita, dal grado di appetibilità del bene sul mercato (per successive vendite  o locazioni da parte del neo acquirente) e, non da ultimo, dai timori nel neo-proprietario di un non pronto rilascio da parte dell’alienante-occupante a titolo oneroso o gratuito (condizione quest’ultima che potrebbe indurre ad unpiù abulico e lento abbandono dell’immobile) del bene acquistato. Tale ultima scelta, riconducibile al collegamento negoziale (compravendita a cui accede una locazione o un comodato), esprime una scelta discrezionale delle parti, non normata dalla legge che non impone affatto, né potrebbe farlo, una fruizione gratuita da parte dell’alienante come pretenderebbe, senza alcuna ragionevole spiegazione, parte attrice;
  3. la mancata destinazione dell’immobile alienato alla finanziaria di CDP ad uso residenziale/abitativo rispetto all’iniziale uso ufficio, sebbene valutata in tutte le stime in atti, ivi compresa quella dell’Agenzia delle Entrate contestata dalla Procura come non attendibile, non può essere ex post considerata da parte attrice come circostanza foriera di danno erariale da sottostima iniziale del bene. E ciò sia perchè, ex ante, la stima dell’Agenzia teneva conto di un ben studiato e possibile (giuridicamente ed urbanisticamente) mutamento di destinazione d’uso ricettivo/residenziale dell’immobile di Corso Italia 19 di cui non si poteva non tener conto, sia perché la scelta di mutare poi la destinazione ad uffici non è ascrivibile ai convenuti e alle rispettive amministrazioni, né all’Agenzia delle Entrate, ma agli acquirenti del bene succedutisi nel tempo. A ciò aggiungasi che non vi è prova in atti che nel Centro di Milano una destinazione ad uffici sia meno redditizia di una destinazione ricettivo/residenziale.
  4. Alla luce di tali quattro basilari premesse, la questione di fatto e di diritto sottoposta a questo Collegio, al netto dei tanti e diversificati argomenti difensivi, ivi compresi quelli incidentalmente sviluppati dai convenuti su profili collaterali e giuridicamente subordinati, si incentra allora su un diverso e centrale doppio aspetto, ovvero:
  • se, in base alle risultanze in atti, riconosciuta la piena alienabilità con compravendita privata dell’immobile e in assenza di una benché minima prova (comparativa con analoghe vendite; di stima immobiliare di edifici pubblici analoghi oggetto di gara e aggiudicati a valori più elevati, etc.) da parte della Procura circa un possibile minor prezzo spuntabile a seguito di una alternativa gara pubblica, il valore di mercato stimato dalla Agenzia delle Entrate, attraverso l’ing.Musumeci, pari a €. 245.000,00, sia stato incongruo e, come tale, foriero di danno erariale in occasione della originaria alienazione de qua al Fondo di CDP, pur avvenuta ad euro 25.000,00, importo che poteva, secondo parte attrice, essere superiore alla luce del più elevato importo della rivendita fatta da CDP a Beni Stabili s.p.a.;
  • se il costo sopportato da ASL di Milano per la locazione quinquennale (da CDP e poi da Beni Stabili s.p.a.) dal 2014 al 2020 dell’immobile alienato a CDP sia comunque un danno erariale per la criticata onerosità della stessa (oltre che per la durata) da parte della Procura, che ritiene più ragionevole un comodato gratuito.

Su tali due centrali quesiti la Sezione ritiene quanto segue.

  1. Circa la asserita incongruità del prezzo di stima dell’immobile da parte della Agenzia delle Entrate, osserva il Collegio come la Procura non abbia assolutamente offerto valutazioni differenti da parte di operatori pubblici o privati, fondando le proprie doglianze su presunzioni prive di riscontro, mentre le difese hanno comprovato che la Relazione di stima dell’immobile di Corso Italia n. 19, che è stata redatta dall’esperto indipendente Scenari Immobiliari a seguito di apposita due diligencesu commissione di CDP Investimenti SGR “con l’obiettivo di determinare il più probabile valore di mercato alla data del 31 dicembre 2014 dell’immobile localizzato a Milano in Corso Italia 19, sede ASL di Milano” ai fini dell’acquisizione da parte del FIV comparto Extra di CDP (doc. 36 Bonomelli), riconosce all’immobile un valore di 25.000.000,00 euro, superiore a quello della Agenzia delle Entrate (20.245.000,00 euro), valore che è altresì confermato dal “Giudizio di congruità sull’acquisto di un portafoglio di immobili in gestione all’Agenzia del Demanio e di proprietà di enti territoriali. – Fondo Immobiliare FIV Multicomparto” espresso da Scenari Immobiliari nel dicembre 2014 (doc. 40 difesa Bonomelli). Tale stima dimostra, contrariamente a quanto ritenuto dalla Procura e come ben rimarcato dalle difese Bonomelli e Locatelli, che anche mantenendo la destinazione ad uso uffici (diverso dall’uso ricettivo-residenziale inizialmente ipotizzato, ma trattasi, si ribadisce, di evenienza non imputabile ai convenuti, ma ai proprietari del bene), il valore dell’immobile non sarebbe stato difforme da quello del prezzo di vendita. In ogni caso, come già sopra rimarcato, la valutazione ex ante dell’Agenzia fatta prima della vendita non poteva essere difforme rebus sic stantibus, non potendo la Agenzia stessa o gli attuali convenuti, al momento della valutazione, profetizzare futuri mutamenti (o mancati mutamenti) di destinazione d’uso da parte della parte privata proprietaria. Infine, come detto, non vi è dimostrazione alcuna in atti, anche a voler seguire il ragionamento attoreo, che una destinazione ad uso ufficio sia, nel centro di Milano, meno redditizia di un uso ricettivo/residenziale, e di incidere così sul valore di un immobile stimato dalla Agenzia delle Entrate.

Va poi rimarcato che anche le condizioni riportate nel “Giudizio di Congruità sulla cessione dell’immobile di Corso Italia 19 del Fondo FIV Comparto Extra” predisposto da Scenari Immobiliari nell’Agosto 2015 e allegato alla delibera del C.d.A. di C.D.P. Investimenti SGR del 29 settembre 2015 con cui è stata deliberata l’approvazione della vendita del cennato immobile in favore di Beni Stabili S.p.A. S.I.I.Q. (v. docc. 52 – 55 difesa Bonomelli) confermano come valore di mercato l’importo di Euro 24.600.000,00.

Sul piano della inconcogruità di tale prezzo di 25.000.000 di euro rispetto alla rivendita da CDP Investimenti SGR del 29 settembre 2015 a favore di Beni Stabili S.p.A. al prezzo di 38.000.000,00 di euro, la Procura non ha inoltre replicato al rilevante argomento delle difese secondo cui la successiva ri-vendita dell’immobile di Corso Italia, come chiarito in audizione dal dr. Sangiorgio di C.D.P., è stata compiuta da C.D.P. Investimenti SGR attraverso una vendita “in blocco” di diversi immobili (che includeva 2 immobili appartenenti alla C.D.P. Immobiliare S.r.l. e 4 immobili appartenenti al FIV tra cui l’immobile di Corso Italia n. 19) all’interno della quale, per politiche di efficientamento del gruppo acquirente, le attribuzioni di valore di ciascun immobile erano state determinate da un’ottimizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze diversamente ripartite tra le società facenti parte del gruppo acquirente: trattasi di argomento difensivo rilevante e rispondente a logiche immobiliari, contabili e fiscali comuni e sul quale la parte attrice non ha fornito ipotesi ricostruttive alternative.

Sul punto, come rettamente rimarcato dalle difese, potrebbe inoltre specularmente ritenersi che sia stato eccessivo il prezzo di rivendita da C.D.P. Investimenti SGR a Beni Stabili s.p.a. rispetto a parametri di mercato o dettato dalle predette ragioni fiscali e contabili: ma sul punto la Procura non ha dato idonei riscontri.

Che, inoltre,  tale prezzo, determinato tra l’altro in momento economicamente non felice per il mercato immobiliare Milanese (v. stime in doc.20 e 36 difesa Bonomelli), fosse migliorabile per l’alienante ASL attraverso una gara, risulta, come sopra già rimarcato, una affermazione priva di prova anche indiziaria. Tale danno, come ben colto da tutte le difese, resta meramente ipotetico e presunto, non essendo affatto certo che all’esito della gara cui fa riferimento la Procura la ASL di Milano avrebbe aggiudicato il bene all’ importo di 38.000.000 di euro (introitato dal Fondo di CDP alienando a Beni Stabili).

Da ultimo, che la stima dell’Agenzia delle Entrate avesse tenuto conto, per una più bassa valutazione di mercato, di una fruizione per alcuni anni dell’immobile  a titolo di comodato gratuito (poi non fruito) da parte della ASL, non solo non risulta dal testo della stima stessa (anomalmente solo in sede di escussione 16.9.2020 da parte della Procura  del valutatore ing.Musumeci la circostanza emerge, ma in contrasto con la forma scritta dell’atto valutativo del medesimo funzionario, la quale notoriamente fa fede per le attestazioni della P.A.), ma in ogni caso la stima suddetta è coerente con altre coeve stime e comunque, in sede di vendita, ha portato, come detto, ad un introito ben superiore, così escludendo l’ipotizzata “sottostima” dell’ipotesi accusatoria attorea.

In conclusione, non vi è prova in atti di una incongrua valutazione dell’immobile di Corso Italia 19 per la sua vendita, né prova di un certo miglior esito di una ipotetica gara per l’aggiudicazione del bene e, dunque, non vi è prova di un danno erariale sul punto.

  1. Venendo al secondo quesito posto al punto 5., osserva il Collegio come la scelta della ASL di alienare l’immobile restandovi all’interno a titolo locativo in attesa del trasferimento in nuova sede, seppur dettata dall’esigenza giuridica di non mutare la destinazione pubblica per consentire normativamente la vendita privata, non appare comunque irragionevole, in quanto può ritenersi pacifico tra le parti, in assenza anche di obiezioni della parte pubblica, che il prezzo introitato dalla ASL rappresentava la necessaria provvista per il successivo acquisto di idonea nuova sede e che tale “migrazione” avrebbe richiesto fisiologici tempi legati a lavori di adattamento strutturali, pratiche amministrative di varia natura. Come si è sopra chiarito, la pretesa di parte attrice di fruizione gratuita (comodato) da parte della ASL dell’immobile alienato non trova fondamento né sul piano normativo, né delle prassi di mercato ed anzi il pagamento di un canone locativo rappresenta, per il proprietario-acquirente-locatore, una garanzia di pronto rilascio (per poi successivamente utilizzare o alienare il bene) e nel contempo configura, per l’alienante-conduttore, un pungolo a “non perdere tempo” nel trasferirsi in altra sede, sollecitando i soggetti coinvolti nei lavori e nelle pratiche amministrative per la sede di destinazione, sotto la scure della rilevante spesa locativa sopportata, coinvolgente denari pubblici.

Che la CDP s.p.a. (e sua finanziaria) concedesse saltuariamente gli immobili alienati in comodato gratuito (tra l’altro per un solo anno) a taluni alienanti prima del rilascio definitivo del bene, rappresenta non già la “regola”, come prospetta parte attrice, ma una occasionale cortesia istituzionale o una saltuaria libera scelta contrattuale (dettata dai motivi sopra illustrati al punto 4., lett.c della motivazione) tesa  ad agevolare l’alienante e, tra l’altro, tale occasionale concessione non era affatto gratuita anche in caso di comodato, come documenta la difesa Bonomelli alle pp. 58 ss. della comparsa, in quanto in casi di analoghe vendite (l’alienazione G.B. Grassi Sant’Anna di Como richiamata dalla Procura) l’alienante, pur restando un solo anno (e non oltre 5, come nel caso in esame) in comodato gratuito, si accollava “tutte le spese di gestione e di manutenzione dell’immobile” comprensive della manutenzione del giardino-bosco (doc. 45, p. 16 e doc.60 difesa). Inoltre, scaduto il comodato gratuito annuale, venivano in tali distinti casi imposte rilevanti penali al comodatario “gratuito” (v. escussione DG di CDP s.p.a. Sangiorgio in atti).

Se, dunque, nel ben diverso caso in esame la permanenza della ASL era già ex ante ipotizzata di durata almeno triennale (poi divenuta ultraquinquennale, ma estensibile oltre i 6 anni), è evidente che l’acquirente CDP s.p.a. (e la sua finanziaria partecipata), che non è notoriamente un benefattore ma un investitore che deve statutariamente valorizzare le risorse pubbliche investite nel proprio capitale sociale, non poteva concedere a  titolo di comodato gratuito il bene per un tetto di 6 anni (fissati nella locazione e ridottisi ad oltre 5) come invece “preteso” dalla Procura.

Non può dunque affatto ritenersi illogica tale spesa locativa sostenuta dalla ASL di Milano, ma necessaria in attesa del materiale trasloco, ovviamente nei limiti della ragionevolezza. Ma tali limiti di ragionevolezza, nel caso di specie, appaiono tuttavia ampiamente e clamorosamente superati, avendo la ASL raggiunto oltre  5 anni di permanenza locativa onerosa nella vecchia sede, sopportando un costo complessivo di euro 9.069.467,73 oltre IVA, che la Procura qualifica integralmente come danno erariale.

Ed è questo, ad avviso del Collegio, il punto centrale della diseconomica vicenda.

Principi di elementare ragionevolezza, di doverosa programmazione delle macroscelte gestionali e logistiche, di buon andamento della P.A., di correttezza e rapidità dell’azione pubblica da parte dei dirigenti apicali coinvolti nella alienazione de qua, reclutati e ben retribuiti per pluriennali comprovate e rilevanti capacità manageriali, avrebbero infatti dovuto indurre il direttore generale della ASL di Milano ad addivenire alla vendita della sede di Corso Italia 19 (o ad una gara pubblica, ove la suddetta normativa sulle alienazioni private per le ASL ponesse concitati limiti temporali incompatibili con un più meditato trasferimento in altra sede, da perfezionare in tempi ragionevoli) solo dopo aver acclarato, con rigorosa meticolosità, analisi del territorio e dovuti studi preliminari, la sede certa di destinazione, presso la quale erano sicuramente da espletare lavori di adattamento, ma sicuramente non di durata pari ad oltre anni 5, tempo eccessivo persino per edificare ex novo una nuova sede espropriando terreni privati e, a maggior ragione per riadattare un edificio preesistente.

La scelta che questa Corte reputa dunque irragionevole e foriera di danno erariale non è dunque né la avvenuta alienazione privatistica (ben possibile ex lege) in luogo di gara pubblica, né il pagamento di un prezzo di vendita alla finanziaria di CDP s.p.a. asseritamente sottostimato (ma di cui non vi è prova alcuna in atti, che evidenziano invece la congruità del prezzo), né il pagamento di canoni locativi in luogo di comodato gratuito (non “pretendibile” dalla ASL dalla proprietaria finanziaria di CDP), ma va individuata nella irragionevole protrazione della suddetta locazione onerosa per oltre 5 anni, in spregio di principi di ragionevole e lucida programmazione gestionale di un mutamento di sede e di conseguente oculata spesa di denari pubblici.

Persino un soggetto esterno ai fatti, ovvero il notaio incaricato del rogito di vendita, con  e-mail del 15 dicembre 2014 (v. richiamo integrale pag. 28/29 della relazione G.d.F. prot. n. 112645), nel comunicare con il dott. Bonomelli, evidenziava l’anomalia della assenza, al momento della vendita, di una scelta certa della definitiva destinazione allocativa della ASL alienante, scrivendo: “..Poiché vi è già un’indicazione di 3 sedi possibili (sarebbe forse stato meglio che ci fosse già la determinazione di una sola sede)….”. Ma anche tale monito di soggetto “terzo” ed esperto di diritto non è stato ascoltato.

La cronistoria dei progressivi ripensamenti sulla sede di destinazione della ASL di Milano, effettuata dalla Procura e confermata dalle difese, prima di giungere alle definitive sedi di Via Conca del Naviglio n. 45 e di C.so Italia n. 52, dimostra, prima, dopo e soprattutto al momento del rogito notarile di vendita e contestuale locazione del medesimo immobile, una evidente incapacità dei soggetti coinvolti nell’avere una doverosa visione lucida e sistematica del da farsi, frutto di approssimazione manageriale, di carenze istruttorie, di cattivo coordinamento con organi amministrativi, tecnici e politici, i quali dovevano indurre i vertici della ASL, autori principali della poco meditata scelta, ad una iniziale ponderata e corretta individuazione della “giusta sede” per il trasferimento e ad accompagnare poi la scelta con ausili sul piano tecnico, legale e amministrativo.

Come desumibile da una complessa ricostruzione dei fatti, frutto delle non sempre coincidenti memorie di accusa e difese, inizialmente l’ASL, in base a convenzione con IL s.p.a., affidò a quest’ultima un primo studio di pre-fattibilità, redatto ad agosto 2012, che individuava l’ex ospedale Paolo Pini di via Ippocrate n. 45 quale possibile localizzazione della nuova sede dell’ASL; un secondo documento redatto da IL s.p.a. nel dicembre 2014 (allegato 3 al doc. 2 parte 1 fascicolo Procura), esclusa la convenienza di permanere nello stabile di Corso Italia,  esaminava invece ben tre ipotesi alternative con relativi costi: a– il trasferimento della sede negli spazi dell’ex ospedale Paolo Pini e la ristrutturazione dell’immobile di Corso Italia n. 52, b– il trasferimento presso il padiglione Carati all’Ospedale Niguarda e la ristrutturazione dell’immobile di Corso Italia 52, c– il trasferimento presso un edificio in Piazza Frattini e la ristrutturazione dell’immobile di Corso Italia n. 52, oltre ad una possibile nuova costruzione in Piazza Frattini.

Tuttavia, dopo il rogito notarile del 30.12.2014, nel corso del 2015 l’ipotesi di allestire la sede aziendale nell’ex ospedale Paolo Pini (per ragioni di carattere esclusivamente politico consistite nel dissenso del Vicesindaco di Milano, secondo la difesa del Locatelli), fu abbandonata, così come le due alternative del Padiglione “Carati” e del complesso edilizio di Piazzale Frattini. Ma nell’aprile 2015 fu ufficializzata ai funzionari della DG Sanità della Regione la possibilità di allocare la nuova sede dell’ASL nell’ex ospedale Bassi di Viale Jenner n. 44 poi abbandonata dal nuovo DG della ASL dr Bosio, per poi giungere alle sedi di Via Conca del Naviglio n. 45 e di C.so Italia n. 52 (ipotesi cui Regione Lombardia aderiva con d.g.r. 5966 del 12.12.2016).

Alla luce di tale  sintetica ma sinusoidale cronistoria dei fatti, a fronte di scelte di destinazione della sede ASL ancora non definite alla data del rogito del 2014, come riconosciuto dalle stesse difese dei convenuti, la vicenda in esame è qualificabile come una manualistica ipotesi di pluriennale gravissima sciatteria gestionale e di incapacità gestionale foriera di danno erariale, ma il punto focale è dato, si ripete, dalla mancanza di una sede alternativa certa sull’an e oggetto di un razionale studio su quomodo al momento, davvero centrale ai fini del giudizio,  del rogito notarile.

Del resto, lo stesso principale autore di questa mala gestio, Walter Locatelli, tramite la sua difesa (v.p.14 comparsa) riconosce testualmente e lealmente che “che la locazione si sia protratta sino all’ottobre 2020 è fatto, sicuramente patologico”, pur soggiungendo, ma erroneamente, che “ma non ragionevolmente prevedibile al momento in cui è stata valutata  la convenienza dell’operazione immobiliare ed oltretutto non imputabile al dr.Locatelli che alla data  di cessazione dell’incarico (31/12/2015) aveva già tracciato il solco per il sollecito sviluppo  delle attività di allestimento della nuova sede”.

Lo stesso aggiunge nelle sue difese (pp.19 segg.) che la scelta definitiva dell’ex ospedale Bassi in via Jenner era avvenuta dopo solo 7 mesi dal rogito del 2014, ovvero con d.GR 24.7.2015, così confermando che l’alienazione era avvenuta quando non era certa la sede definitiva e i relativi lavori non erano stati programmati (con progetto definitivo ed esecutivo) ex ante per consentire un passaggio di sede più rapido (degli oltre 5 anni utilizzati) e quindi meno oneroso in punto di costi di locazione.

 E’ infatti agevole osservare che sottoscrivere, da Direttore Generale, una vendita nel 2014 con contestuale locazione, della sede aziendale quando non era assolutamente certa la nuova destinazione rappresenta, invece, scelta altamente irragionevole, non essendo prevedibile né l’an né il quando del trasferimento. Tale alienazione “al buio”, a prescindere dai successivi sviluppi connotati da incertezze, indecisioni e dunque da evidente incapacità di individuare una sede, è stata dunque la causa esclusiva del danno qui accertato ed è stata posta in essere quando il Locatelli era pienamente nell’esercizio delle sue funzioni di Direttore Generale.

  1. Venendo alla quantificazione di tale danno, poichè dalla ricostruzione di parte pubblica confermata dalle difese, la locazione ha avuto una durata da dicembre 2014 a settembre 2020 con pagamento di complessivi euro 9.069.467,73, considerato che i tempi ragionevoli per un ordinario cambio di sede (quale che essa fosse) per la complessa struttura aziendale erano quantificabili, dagli studi di fattibilità in atti condivisi dalle parti (e sulla base di raffronti con analoghi casi: si veda l’ospedale di Garbagnate Milanese, realizzato in 3 anni e richiamato dalla difesa Locatelli, oltre agli ospedali di Bergamo, Como, Legano, Niguarda e Vimercate), in tre anni, e che l’importo fissato per i primi tre anni è conforme a parametri di mercato come da stime in atti (v. stima Agenzia Entrate 31.7.2015 in atti che attesta la congruità del canone annuo nell’importo più elevato di €. 1.620.000,00) e dunque non si presta a censure, deve ritenersi danno erariale il solo importo delle somme pagate dalla ASL-ATS alla proprietà (prima CDP s.p.a, poi Beni Stabili s.p.a) dal quarto anno in poi (v. l’allegato 18 della Procura -relazione G.d.F. prot. n. 112645-, che evidenzia come per la locazione della durata di anni 6 con canone annuo crescente, era stato stabilito un importo di €. 1.000.000,00 oltre I.V.A. per ciascuno dei primi due anni, di €. 1.500.000,00 oltre I.V.A. per il terzo anno e di €. 2.000.000,00 oltre I.V.A. per i successivi).

Del resto, che un triennio fosse per tutte e tre le amministrazioni dei convenuti evocati in giudizio il congruo periodo per la gestione di un trasferimento di sede, è confermato dalla differenza economica di segno positivo tra prezzo di vendita dell’immobile al Fondo di CDP s.p.a. (25.000.000 euro) e la stima fatta da Infrastrutture Lombarde s.p.a. (20.245.000 euro) che, a detta sia della ricostruzione attorea sia di quella delle difese, avrebbe  garantito la possibilità per l’ASL di sostenere i costi di utilizzazione dello stesso immobile in vendita, fino al trasferimento degli uffici nella nuova sede (v. allegato 9 relazione G.d.F. n. 112645 doc. Procura). Tale differenziale compre, appunto, circa tre anni di locazione.

            Il danno qui accertato, calcolabile scomputando dall’importo complessivo di euro 9.069.467,73 pagati dalla ASL-ATS ai locatori i legittimi canoni dei primi tre anni (pari ad euro 3.500.000: 1.000.000+1.000.000+1.500.00), va dunque quantificato in euro 5.569.467,73 netti (l’IVA versata al fisco non è considerabile, in quanto vantaggio percepito dall’amministrazione fiscale cfr., ex pluribus, C.conti sez. Lombardia, 3.2.2020 n.11), oltre accessori infraprecisati.

  1. In ordine alla ascrizione causale e psicologica del suddetto danno, ritiene il Collegio in via prioritaria causalmente corresponsabile il DG della ASL di Milano dr. Locatelli, che in primo luogo ebbe a chiedere la autorizzazione a vendere l’immobile di Corso Italia 19 alla Regione pur in assenza di una nuova sede definitiva già individuata ed oggetto di progetto, almeno preliminare, di adeguamento indefettibile per un celere trasferimento. Ma soprattutto, a fronte di tale situazione ancora fluida ed incerta, il 24/12/2014, con deliberazione n. 1768 (allegato 11 relazione G.d.F. n. 112645 in CD Procura), il D.G. della ASL, ebbe a disporre l’alienazione degli immobili di Corso Italia e Via Sassi per l’importo complessivo di €. 30.000.000,00 (suddiviso in €. 25.000.000,00 per l’immobile di Corso Italia ed in €. 5.000.000,00 per l’immobile di Via Sassi), perfezionata poi con contratto notarile registrato al n. 80580 rep. (rogito notarile n. 21262) in data 30/12/2014, prevedendo la contestuale decorrenza di un contratto di locazione firmato il 29.7.2015 sempre dal Locatelli (allegato 18 relazione G.d.F. prot. n. 112645) tra l’ASL -parte alienante (in persona dello stesso DG Locatelli)- e la CDP Investimenti (“Fondo Investimenti per la Valorizzazione”) -parte acquirente- per garantire la permanenza della sede aziendale della ASL nel plesso immobiliare di Corso Italia 19, nelle more della riallocazione e del trasferimento delle attività aziendali in altra sede.

Centrale rilevanza causale assume anche il ruolo del convenuto Bergamaschi, Direttore generale Welfare pro-tempore della Regione Lombardia, soggetto istituzionalmente condizionante la vendita e avente visione sistemica degli immobili del Comparto Regione-Sanità, che ebbe ad autorizzare con decreto n. 12695 del 24/12/2014 (all. 7 relazione G.d.F. 112645) l’alienazione dell’immobile di Corso Italia 19 e di altro immobile della ASL, e che nessun rilievo ebbe a muovere ad una vendita con contestuale locazione pur in assenza di una nuova sede definitiva già individuata ed oggetto di progetto, almeno preliminare, di adeguamento indefettibile per un celere trasferimento.  I meri e tardivi pungoli del Bergamaschi ad IL spa e alla ASL per la chiusura dell’iter di trasferimento nella nuova sede intervenuti con nota prot. 3015.0026982 del 23 settembre 2015 (doc. 15 difesa Bergamaschi) e con nota 1 dicembre 2015 (doc. 24 difesa Bergamaschi) sono mera conferma di una inadeguata iniziale valutazione, ascrivibile anche al Bergamaschi, della complessità del trasferimento a fronte di sede problematica individuata in via Jenner.

Va invece esclusa ogni responsabilità del convenuto Bonomelli, Vice direttore generale Infrastrutture Lombarde S.p.A. (IL spa) a cui viene dalla Procura contestato il solo svolgimento di un ruolo di coordinamento della stima iniziale dell’immobile fatta dalla Agenzia delle Entrate e delle operazioni con CDP che avevano condotto alla vendita e alla conclusione della locazione. Tale ruolo non ha avuto, sul piano causale, impatto alcuno sul punto nodale del giudizio, ovvero sulla (infelice) tempistica della scelta della ASL e della Regione di vendere l’immobile in assenza di sede alternativa certa, essendosi limitato ad un compito di stima e di supporto tecnico che non incide sulla improvvida scelta gestionale sopra descritta, ascrivibile al Locatelli ed al Bergamaschi in rappresentanza dei due soli enti a cui era attribuita la potestà di disporre dell’immobile di Corso Italia 19.

Tale condotta non è connotata da dolo, nè nella sua interpretazione come dolo contrattuale  (da inadempimento volontario dell’obbligazione contrattuale), nè nella sua lettura in chiave penalistica (come coscienza e volontà non solo della condotta, ma anche dell’evento doloso) che il recente art.21, co.1, d.l. n.76 del 2020 conv.to in l. n.120/2020 (prorogato al 30.6.2023 dall’art. 51, co. 1, lett. h), del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, c.d. decreto Semplificazioni-bis) ha recepito (con portata non interpretativa o processuale, ma sostanziale e, dunque, non retroattiva, secondo prevalente giurisprudenza: C.conti, sez.II app., 16.3.2021 n.95; id., sez.I app., 2.9.2020 n.234; id., sez.I app., 16.11.2020 n.317; id., sez.I app., 12.10.2020 n.263; id., sez.Lombardia, 6.10.2020 n.152; id., sez.Liguria, 5.10.2020 n.68). Ritiene infatti il Collegio che la condotta dei due convenuti sia connotata da colpa grave per clamoroso contrasto con canoni di ragionevolezza, logica, diligenza, buon andamento della P.A. e di totale assenza di valutazione di dati fattuali evidenti a chiunque, ovvero che al momento della alienazione del 2014 non esisteva ancora una sede alternativa ben definita per la ASL di Milano per la quale erano da effettuare accurate valutazioni preliminari di fattibilità economica e logistica.

Tale gravemente colposa condotta commissiva porta ad ascrivere in misura paritetica, ovvero al 50% (corrispondente ad euro 2.784.733,80 ciascuno, salvo potere riduttivo infraprecisato), la responsabilità ai convenuti Locatelli e Bergamaschi, senza alcun contributo concausale del Bonomelli o del DG succeduto al Locatelli nella ASL-ATS, come invocato dalla difesa del Locatelli (ma analoga eccezione “temporale” risulta formulata dalla difesa del Bergamaschi per il periodo successivo alla cessazione del proprio incarico nel 2016), in quanto il danno da pagamento di pluriennali canoni di locazione (anche dopo la cessazione dall’incarico del Locatelli e del Bergamaschi) è da ascrivere solo e soltanto alla iniziale scelta di addivenire a vendita senza avere una sede alternativa al momento del rogito, in cui ambo i convenuti erano pienamente in servizio: i canoni locativi pagati per oltre 5 anni sono mera conseguenza economica della scarsa programmazione ascrivibile al solo Locatelli ed al Bergamaschi e non ai loro successori nelle relative funzioni istituzionali.

            Il predetto importo di euro 5.569.467,73 netti, da addebitare al 50% in parti eguali ai due condannati, non è suscettibile  di scomputo di quote-parti ascrivibili a terzi non evocati, ma solo di un moderato potere riduttivo dell’addebito, tenendo conto che le scelte claudicati dei due convenuti sono frutto anche di una evidente colpa di apparato, frutto di disorganizzazione, scarso coordinamento con organi tecnici e politici, istruttorie mal gestite da un punto di vista tecnico, organizzativo ed amministrativo riconducibili a politici e collaboratori degli evocati in giudizio qui condannati, vertici di strutture complesse e pluripersonali. Ciò porta ad una più equa ascrizione degli importi del danno erariale accertato in euro 1.400.000,00 ciascuno ai due convenuti, somma ad oggi già rivalutata, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo.

            Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q. M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, definitivamente pronunciando, ogni altra pretesa respinta, CONDANNA WALTER BERGAMASCHI (C.F. BRGWTR64L17F205T), nato a Milano il 17 luglio 1964 e GIACOMO WALTER LOCATELLI (CF LCTGMW51R18H910I), nato a San Giovanni Bianco (BG) il 18/10/1951

al pagamento a favore della ATS Città Metropolitana di Milano della somma di euro 1.400.000,00 ciascuno ad oggi già rivalutata, oltre interessi legali sulla somma così rivalutata dal deposito al saldo effettivo. Condanna i due convenuti al pagamento delle spese del giudizio sostenute che vengono liquidate in complessivi euro

ASSOLVE  GUIDO BONOMELLI (C.F. BNMGDU67L30B157N), nato a Brescia il 30/07/1967 e pone a carico ex art.31, d.lgs. n.174 del 2016 di Infrastrutture Lombarde s.p.a. il pagamento delle spese e onorari di lite dallo stesso sostenute, che si quantificano in complessivi euro 4.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 29.9.2021.

                                                                         Il Presidente relatore                                                                                                     Vito Tenore

                                                                        Firmato digitalmente