TAR LAZIO, SEZ. III – sentenza
24 febbraio 2004 n. 1698
Pres., Cossu; Est., Dell’Utri
Casa di Cura San Raffaele Pisana, Casa di Cura San Raffaele Velletri, Casa di
Cura San Raffaele Cassino, Casa di Cura San Raffaele Nomentano c/ Regione Lazio
1. Nel giudizio avente ad oggetto l’inerzia della P.A. non può avere ingresso la condanna dell’Amministrazione alla conclusione del procedimento, in quanto i caratteri del procedimento di cui all’art. 21 bis l. n. 1034/71 (brevità dei termini e snellezza delle forme) non consentono al giudice un sindacato estendibile ai contenuti sostanziali, dovendo questo limitarsi ad accertare se il silenzio sia o meno illegittimo ed imponendo, in caso di accoglimento, un termine per provvedere.
2. Dinanzi ad un’istanza di un soggetto titolare di una situazione differenziata, intesa ad ottenere un provvedimento espresso riguardante l’accertamento di un obbligo relativo al rapporto intercorrente tra le parti, il silenzio della P.A. è illegittimo, soprattutto quando il provvedimento richiesto costituisca il completamento di un procedimento dichiarativo iniziato d’ufficio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL LAZIO - SEZIONE III
composto dai signori Luigi Cossu PRESIDENTE - Vito Carella COMPONENTE - Angelica Dell'Utri COMPONENTE, relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 9540/03 Reg. Gen., proposto da
Casa di Cura SAN RAFFAELE PISANA, gestita dalla San Raffaele s.r.l.; Casa di Cura SAN RAFFAELE VELLETRI, gestita dalla Hospital Appia s.r.l.; Casa di Cura SAN RAFFAELE CASSINO, gestita dalla Sipa s.r.l.; Casa di Cura SAN RAFFAELE NOMENTANO, gestita dalla Villa Patrizia s.r.l., tutte rappresentate e difese dall’Avv. Michele Damiani ed elettivamente domiciliate presso il medesimo in Roma, via Mordini n. 14;
CONTRO
la Regione Lazio, in persona del Presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall’Avv. Marina Rizzitelli ed elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via Zanardelli n. 20;
per l'annullamento
del silenzio serbato dell’Amministrazione intimata sull’atto di
diffida e messa in mora per la conclusione del procedimento dichiarativo del
rapporto giuridico corrente tra le parti;
nonché per la condanna
dell’indicata Amministrazione a concludere il suddetto procedimento con
provvedimento espresso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2004, relatore il consigliere Angelica
Dell'Utri, uditi per le parti gli Avv.ti Damiani e Donvito, quest’ultimo
in sostituzione dell’Avv. Rizzitelli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
Con ricorso ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, notificato il 23 settembre 2003, le Case di Cura indicate in epigrafe hanno esposto che su ricorso di terzi il giudice amministrativo annullava le deliberazioni della Giunta regionale di approvazione del piano tariffario relativo al triennio 1996-1998 per la remunerazione delle prestazioni di ricovero rese dalle case di cura private accreditate, ed in particolare le deliberazioni 29 dicembre 1995 n. 1130, 20 maggio 1997 n. 2910, n. 6556/1997, n. 1467/1998, nonché 24 marzo 1998 n. 971; la Regione avviava d’ufficio un procedimento amministrativo dichiarativo, al fine di accertare la sussistenza dell’obbligo di dare esecuzione alle suddette sentenze erga omnes, ovvero nei confronti delle sole case di cura ricorrenti, chiedendo ed acquisendo apposito parere al Consiglio di Stato ed autorizzando, altresì, con DGR 28 novembre 2001 n. 1790 le A.USL a stipulare transazioni con le interessate. Rappresentato che tale provvedimento non può considerarsi conclusivo del procedimento, sia perché avente destinatari diversi, sia perché atto conclusivo di un diverso procedimento (o subprocedimento), hanno ancora esposto di aver notificato in data 22 luglio 2003 apposito atto di significazione e diffida per l’adozione di provvedimento conclusivo espresso. Ciò posto, hanno impugnato il silenzio serbato dalla Regione al riguardo, deducendo:
La Regione Lazio si è
costituita in giudizio ed ha svolto controdeduzioni.
Ciò posto, in primo luogo va rilevato che la domanda concernente la condanna
dell’Amministrazione alla conclusione del procedimento non può
avere ingresso nel presente giudizio, avente ad oggetto l’inerzia della
Regione. Ed in relazione a tale oggetto la cognizione del giudice amministrativo
deve ritenersi limitata dall’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971 n.
1034 (introdotto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000 n. 205) alla sola
inattività della p.a..
Tanto perché tale norma prevede un procedimento, caratterizzato dalla
brevità dei termini e dalla snellezza delle formalità, volto ad
imporre all’amministrazione inadempiente l’esercizio della potestà
amministrativa di cui è titolare, senza però che nella stessa
norma si rinvenga alcun elemento che consenta al medesimo giudice di estendere
il proprio sindacato ai contenuti sostanziali della potestà non esercitata.
In altri termini, il giudizio di cui al cit. art. 21 bis è diretto ad
accertare se il silenzio violi l’obbligo dell’amministrazione di
adottare un provvedimento esplicito sull’istanza del privato; pertanto
il giudice adìto deve accertare se il silenzio sia o meno illegittimo
imponendo, in caso di accoglimento, un termine per provvedere, ma non può
spingersi a sostituire l’amministrazione nella valutazione della fondatezza
di detta istanza (cfr. Cons. St., Ap. 9 gennaio 2002 n. 1).
Dunque, la trattazione della controversia va circoscritta alla domanda concernente
il silenzio; domanda che il Collegio ritiene meritevole di accoglimento.
Ed invero, è innegabile che, nel quadro della normativa sopra indicata,
in linea generale deve essere affermata la sussistenza dell’obbligo della
Regione di corrispondere ad un’istanza di una casa di cura privata accreditata
– titolare, quindi, di una situazione differenziata – intesa ad
ottenere un provvedimento espresso in materia di tariffe delle prestazioni sanitarie
assistenziali ospedaliere da lei effettuate, perciò riguardante il rapporto
di accreditamento col servizio sanitario nazionale e regionale, intercorrente
tra le parti.
Né, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa di parte resistente,
la mancata risposta della Regione può ritenersi giustificata dall’esito
negativo dei giudizi di merito instaurati dalla parte attualmente ricorrente,
ed in particolare quello avverso la deliberazione GR n. 971/78 dichiarato inammissibile
per omessa impugnazione della presupposta deliberazione GR n. 1130/95, nonché
dal fatto che alla stessa parte non spetti l’actio iudicati. Difatti le
suddette circostanze non eliminano il dovere dell’Amministrazione –
sussistente, in ragione dell’evidenziata situazione differenziata del
richiedente, indipendentemente dall’eventuale infondatezza della relativa
pretesa sostanziale - di far seguito all’accennata istanza, avente oltretutto
ad oggetto non l’esecuzione del giudicato, ma – come detto –
il completamento del procedimento iniziato d’ufficio, volto ad accertare
la sussistenza o meno dell’obbligo di dare attuazione erga omnes alle
sentenze favorevoli rese su ricorsi di altri soggetti, ovvero nei soli confronti
delle case di cura ricorrenti.
Di conseguenza, in assenza di riscontro e ricorrendo i presupposti di rito,
deve ritenersi formato un illegittimo silenzio-rifiuto il quale, quindi, dev’essere
annullato in accoglimento, per quanto di ragione, dell’esaminato ricorso.
Inoltre, come previsto dal ripetuto art. 21 bis, va ordinato all’Amministrazione
di provvedere sulla suindicata istanza nel termine di trenta giorni dalla comunicazione
o notificazione della presente sentenza, con l’avvertenza che, in caso
di inadempimento e su richiesta di parte, sarà nominato un commissario
in funzione sostitutoria.
Come di regola, le spese vanno poste a carico della parte soccombente e sono
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio, Sezione III, accoglie per quanto di ragione il ricorso in epigrafe e,
per l’effetto, annullato l’impugnato silenzio-rifiuto, ordina alla
Regione Lazio di provvedere sull’istanza di cui trattasi nel termine indicato
in motivazione.
Condanna detta Regione al pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese
di causa che liquida in complessivi Euro 1.000 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 gennaio 2004.
Luigi Cossu PRESIDENTE
Angelica Dell'Utri ESTENSORE