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di Enrico Follieri

Sommario: 1. Considerazioni generali ed oggetto della relazione. – 2. Oggetto, funzione e metodo della teoria generale del diritto. – 3. Potere giuridico e diritto soggettivo. – 4. L’interesse legittimo. – 5. L’interesse legittimo negli «atti e poteri amministrativi». – 6. Conclusioni.

 

  1. Considerazioni generali ed oggetto della relazione.

Giuseppe Guarino è stato giurista, professore universitario, grande avvocato e politico.

La sua effervescente attività si è dispiegata dove Egli ha voluto, lasciando una forte impronta, manifestando e mettendo a frutto la sua non comune intelligenza.

Anche come giurista ha spaziato in diverse discipline: diritto costituzionale, teoria generale del diritto, diritto amministrativo, diritto comunitario, diritto pubblico dell’economia, con importanti studi sull’euro e sul vincolo che lega il nostro Paese all’Unione Europea[1].

Per alcuni commentatori, Giuseppe Guarino ha sempre avuto come bussola l’ordinamento costituzionale[2], è «per vocazione un costituzionalista»[3], è stato «uno degli ultimi maestri della scienza giuridica italiana che hanno coltivato la tradizione illustre… della unità della scienza del diritto pubblico, senza conoscere divisioni disciplinari tra diritto costituzionale e diritto amministrativo»[4].

In effetti, l’origine accademica di Giuseppe Guarino è di diritto costituzionale, ma è poi passato ad altre discipline e al diritto amministrativo dove ha inciso in modo rilevante sia nell’ambito universitario che con numerose pubblicazioni che vanno, tra l’altro: dall’organizzazione pubblica[5] alla considerazione dell’attualità della problematica per riformare il sistema, con titoli provocatori come “Quale amministrazione?”[6], al Dizionario amministrativo che nel 1983 si arricchisce di una corposa voce redatta dallo stesso Guarino, “Atti e poteri amministrativi” dalla pagina 101 alla pagina 355, e che può definirsi un volume sugli elementi essenziali del diritto amministrativo[7], alla disciplina delle imprese pubbliche[8].

Interessante è l’articolo sui compiti del giurista e, in particolare, dell’amministrativista[9] dove Guarino, constatata l’inefficienza della pubblica amministrazione, ne individua la causa nella formazione giurisprudenziale e dottrinale del diritto amministrativo, fondata sull’atto amministrativo nella prospettiva dei rapporti con i terzi e che solo di riflesso riguarda l’organizzazione amministrativa; invece, l’organizzazione va considerata di per sé per renderla funzionale con la predisposizione di modelli alternativi che deve costruire la dottrina amministrativistica, con l’ausilio delle scienze sociali e la comparazione con i sistemi degli altri ordinamenti, in un’attività di ricerca da svolgere in squadra e non ciascuno per proprio conto, utilizzando, come spazio di lavoro, il laboratorio.

Quest’ultimo articolo traccia non solo la figura auspicabile dello studioso del diritto amministrativo che si deve preoccupare di migliorare la pubblica amministrazione e la sua organizzazione, ma anche il metodo che si muove nell’idea dell’ordinamento come istituzione «in una teoria oggi, soprattutto da noi, generalmente accettata e nella quale anche l’autore di queste pagine profondamente crede»[10].

Il giurista non deve solo interpretare e sistemare il diritto vigente, ma deve acquisire più matura conoscenza dei bisogni della società e delle concrete modalità operative che si saranno tradotte «nell’elaborazione di schemi organizzatori in vista di nuove soluzioni»[11].

In particolare, l’amministrativista, a parte la solida capacità interpretativa e sistematica, deve raccogliere elementi dalle esperienze già compiute, utilizzando le scienze sociali e «facendo analitiche previsioni sui futuri rendimenti delle macchine organizzative esistenti e verificando tali previsioni con i risultati successivi, ovvero utilizzando a questo scopo il diritto comparato»[12].

Il giurista deve avere una «sufficiente ‘informazione’ socio-economica, tecnica e politica… deve uscire dal suo guscio, ma deve uscire, si badi bene, non per abbandonare la sua tipizzazione, ma per acquisire elementi indispensabili ai fini di un lavoro tecnico che esso è chiamato a compiere e per affermare la rilevanza della sua specializzazione»[13].

Questa concezione che, in nome della “istituzione”, rifiuta il formalismo si trova già nel primo lavoro importante sullo scioglimento delle assemblee parlamentari[14] ove si sottolinea l’insufficienza della indagine dommatica che porta ad un’alterazione delle norme: «La scienza del diritto costituzionale deve… sottoporre il fatto ad un’indagine sistematica per trarne delle norme»[15].

Per Guarino, fatto e norma sono inscindibilmente legati e la norma nasce, vive ed opera per gli uomini.

Lo sviluppo delle sue ricerche sono tutte nell’indagare il diritto nell’esperienza e, quindi, il diritto pubblico nell’economia, nella politica, nei valori sociali, per cui la dottrina pura del diritto, teorizzata da Hans Kelsen, è considerata rappresentazione di un diritto lontano dalla realtà.

Lo stesso positivismo, nel suo rigore e nella scelta dommatica di un’interpretazione aliena dalla considerazione dei valori socio-economici e politici e dei principi dell’ordinamento, inteso cioè in senso rigoroso, non è accettato da Guarino che ha fatto una scelta metodologica di stampo realista, pur evidenziando la peculiarità del diritto positivo che si appropria, nelle sue forme, del tessuto assiologico che va conosciuto ed indagato dal diritto per rendersi partecipe della costruzione dell’ordinamento[16].

Nella Rivista AIC del 2021, viene riportato l’abstract dell’articolo di Felice Blando[17] rilevando, tra l’altro: «Ciò che rende affascinante parlare di Guarino è la molteplicità dei suoi interessi, coniugata alla lunga attività della sua vita di giurista, che fanno sì che di Guarino non ce ne sia solo uno, ma tanti quante sono le stagioni e gli avvenimenti che egli si è trovato ad indagare con la forza della ragione, la chiarezza, l’obiettività, congiunte ad un rigoroso metodo di indagine che si stempera in un’inesauribile fantasia costruttiva».

Tra i “tanti” Guarino, se ne staglia uno che fuori esce dagli schemi del realismo e del rapporto simbiotico tra esperienza e norma ed è il “primo” Guarino quando affronta, in un saggio del 1949, il «Potere giuridico e diritto soggettivo»[18].

È una trattazione che espone le situazioni giuridiche soggettive, senza dare rilievo al fatto, anzi escludendolo, per potere dare risalto alla impostazione di teoria generale che viene data all’opera.

Questo “diverso” Guarino viene esaltato dal confronto con un’altra sua opera, «Atti e poteri amministrativi» del 1983, nella parte relativa agli interessi legittimi.

È mia intenzione dare contezza di questo Guarino studioso della teoria generale.

  1. Oggetto, funzione e metodo della teoria generale del diritto.

Il diverso taglio dato da Giuseppe Guarino al lavoro, Potere giuridico e diritto soggettivo, è teorizzato dallo stesso Autore quando scrive, nel 1954, «Oggetto, funzione e metodo della teoria generale del diritto»[19].

Giuseppe Guarino inscrive il saggio su Potere giuridico e diritto soggettivo tra le indagini di teoria generale che «si propongono di approfondire la conoscenza di un singolo oggetto, rintracciando di esso le componenti minime e descrivendo tutte le combinazioni tra i termini del rapporto»[20].

Il giurista che si occupa di teoria generale deve considerare gli oggetti «intrinseci alla esperienza giuridica»[21] che vanno reperiti ed analizzati, individuando le figure minime che compongono il fenomeno complesso.

«La materia della teoria generale non è formata da norme giuridiche» e viene studiata prescindendo da esse e, sottolinea il Maestro, «tale conclusione segna principalmente il distacco tra la concezione qui esposta e le altre che sono dominanti»[22].

La teoria generale è scienza empirica fondata sull’osservazione per individuare i fenomeni, li analizza, li definisce e formula concetti, procedendo alla loro classificazione e sistemazione.

L’oggetto della teoria generale è distinto da quello del diritto positivo poiché non si cura delle norme positive, per cui i concetti «non diminuiscono o scompaiono nel tempo»[23]. È concetto che Guarino riafferma nel 1977, accentuando l’autonomia reciproca tra teoria generale e diritto positivo che sono due diversi piani di lavoro del giurista[24].

I concetti di teoria generale hanno una validità assoluta in senso logico, «nei limiti delle premesse e presupposto il rigore delle deduzioni» e, siccome non sono sperimentabili, «è da scontare la varietà delle opinioni», non potendosi dimostrare l’errore se non con argomenti razionali[25].

La teoria generale ha per oggetto i fenomeni sottostanti alle norme positive e li scinde nelle figure elementari con un’indagine che non si arresta sino a che non perviene ad unità non ulteriormente scomponibili: «gli atomi dell’esperienza giuridica»[26].

Dopo questa prima operazione, si inverte l’attività e si indaga in quali modi fondamentali e in quante posizioni le figure minime possono tra di loro combinarsi.

«L’esperienza, frantumata con la prima indagine, viene ora razionalmente ricomposta e quasi creata»[27].

La teoria generale non interviene con soluzioni di problemi di diritto positivo e le figure minime non hanno carattere di necessità, potendo i diritti positivi scegliere liberamente di avvalersi o meno di esse.

Questa scienza «è il diritto nei suoi caratteri più gelosamente segreti e costanti» ed il suo metodo «non è né giuridico, né sociologico»[28], ma è scientifico ed è «propriamente di teoria generale, per la fondamentale ragione che la teoria generale si distingue nel modo più reciso sia dalla giurisprudenza che dalla sociologia»[29].

  1. Potere giuridico e diritto soggettivo.

È il metodo della teoria generale che Giuseppe Guarino segue nel «Potere giuridico e diritto soggettivo»[30].

Il giovane Guarino[31] studia lo specifico oggetto di indagine, le situazioni soggettive, che sono alla base delle norme giuridiche positive, ma non queste ultime, se non per individuare e descrivere tali situazioni, astraendo dalle disposizioni normative.

Egli giunge ad isolare le «situazioni semplici che non sono riconducibili l’una all’altra e che non sembrano ulteriormente scomponibili» perché, anche se «la vita presenti sempre fenomeni complessi, l’analisi, come nelle scienze fisiche e naturali, così anche in quelle sociali e particolarmente giuridiche, non deve arrestarsi ai generi…, ma deve costantemente tendere all’individuazione di unità, che non siano ulteriormente scindibili, anche se poi non sia dato di trovarle nella realtà in quello stato puro»[32].

Viene eliminato non solo il riferimento alle norme di diritto positivo, ma anche a tutto quanto attenga alla realtà ed all’esperienza di vita; è uno studio, per così dire, in vitro, isolato da tutto quello che possa inquinare la pura logica del ragionamento del teorico generale del diritto.

Infatti, le situazioni semplici scaturiscono dall’analisi della fattispecie normativa definita come «astratta descrizione di un fenomeno contenuto in una norma ovvero l’insieme delle note mediante le quali il fenomeno, cui la norma vuole concedere rilevanza, viene da essa individuato»[33].

Gli «atomi» per Guarino si rinvengono dall’esame delle fattispecie dinamiche che «consistendo nella descrizione di un comportamento, riflettono esclusivamente l’atto e cioè, in senso lato, un movimento»[34], per cui si enucleano situazioni giuridiche attive, nel senso che richiedono l’ágere di un soggetto, e sono tali sia il potere e la facoltà che il comportamento prescritto, dovere, e riguardano il comportamento proprio del soggetto[35].

Il potere e la facoltà sono fattispecie dinamiche libere, il dovere o comportamento prescritto sono fattispecie dinamiche vincolate; tutte e tre sono, però, attive. Guarino precisa che si tratta di «schemi astratti di comportamento umani e sono da tenersi ben distinti dai comportamenti effettivi… L’esistenza di un comportamento prescritto, di una facoltà o di un potere, non è in nessuna relazione necessaria con il realizzarsi effettivo dei comportamenti concreti ad essi corrispondenti, che resta pertanto una pura eventualità»[36].

La ricerca, quindi, prescinde del tutto dal fatto, dalla realtà: è ad un livello di astrazione teorica, indifferente non solo alle norme positive, ma anche alla concreta esperienza giuridica. È decisamente un’impostazione totalmente diversa dal Guarino attento al recepimento del diritto positivo, delle problematiche economiche e sociali, volto ad individuare effettivi modelli di organizzazione e attività costituzionali, amministrative e di diritto pubblico dell’economia e possibili soluzioni alternative.

Sono situazioni inattive, anche se estrapolabili sempre dalle fattispecie dinamiche, quelle relative alla «posizione di un soggetto nei riguardi di un comportamento di un altro soggetto», identificate nella pretesa, nell’interesse e nella soggezione. Esse sono caratterizzate «dall’assoluta inattività del soggetto implicato»[37].

Altro profilo delle situazioni giuridiche, attive o inattive, è la distinzione in favorevoli o sfavorevoli; favorevoli se «costituiscono un vantaggio per il soggetto coinvolto», sfavorevoli se «costituiscono per il soggetto coinvolto uno svantaggio». Le situazioni favorevoli «sono il diritto soggettivo, la pretesa e l’interesse, le situazioni sfavorevoli sono il dovere e la soggezione»[38].

Il saggio tratta le situazioni soggettive esponendone il concetto, le diversità, le assonanze tra di loro, la rilevanza e le colloca in un mosaico che tutto tiene, una volta che si accettano i presupposti da cui parte perché lo svolgimento è retto da una inappuntabile conseguenzialità logica nel rispetto dell’essenziale canone aristotelico della non contraddizione e del rigore scientifico.

Le situazioni soggettive sono considerate di per sé e in confronto tra di loro senza nessun collegamento evidente con le discipline positive del diritto costituzionale o del diritto amministrativo o di altre branche.

Dopo l’enucleazione delle figure semplici non scindibili ulteriormente, l’opera affronta le «figure composte» che si formano nei rapporti tra le figure semplici, dando luogo a «corrispondenze» e «connessioni», per giungere, in fine, al superamento della tesi del diritto soggettivo come signoria del volere in contrasto con gli insegnamenti della pandettistica tedesca, compattando il diritto soggettivo in uno schema essenziale[39].

Il teorico generale del diritto ha, quindi, scomposto l’oggetto della sua indagine, individuando le figure semplici, frutto dell’analisi, e ricomponendole nel più complesso quadro delle figure composte.

È un’opera diversa dalle altre[40] dove è raro l’avvalersi di esempi che è, invece, una costante dei lavori di Guarino che fanno apprezzare la prosa infarcita di connotazioni esplicative e che trascinano il lettore. I concetti sono come scolpiti in tante formelle che compongono un quadro definitorio, con scarse spiegazioni sui passaggi e, soprattutto, sui presupposti da cui l’Autore parte.

La lettura dello scritto non può correre perché, pur essendo chiaro, occorre porre attenzione e fermarsi su ogni parola per assimilare il concetto esposto, altrimenti non si comprendono i successivi svolgimenti dell’esposizione.

Sotto questo aspetto, lo scritto lo si può definire un testo complesso che va meditato.

Questo saggio non contraddice, né fa ombra al giurista che guardiamo con ammirazione nell’altra e vasta produzione scientifica, ma consente di apprezzare la duttilità di uno studioso che, a seconda della disciplina giuridica in cui si cimenta, adatta il metodo, a dimostrazione di non comuni doti di intelligenza, di intuito e di capacità di ricerca.

  1. L’interesse legittimo.

L’amministrativista, però, non può essere pago se non affonda l’indagine nel pensiero di Guarino sulla situazione giuridica soggettiva per eccellenza del diritto amministrativo, l’interesse legittimo, e che consente di comprendere il modo in cui Guarino ha trattato la problematica delle situazioni soggettive.

Gli interessi legittimi vengono esaminati nel Capitolo secondo che ha titolo «Le situazioni inattive», dalla pagina 47 alla pagina 54, e, nel Capitolo terzo, «La volontà e l’interesse nelle situazioni soggettive», pagine da 62 a 74.

Guarino pone l’interesse insieme alle altre due situazioni inattive, pretesa e soggezione, perché non richiedono un comportamento attivo del soggetto, ma sorge rispetto alla situazione attiva altrui.

Il Nostro distingue l’interesse uti civis e quello uti singulus: il primo deriva «da una condizione comune a tutti i membri del gruppo in quanto tali», il secondo «origina da una condizione non comune a tutti i soggetti, ma particolare ad un determinato soggetto, e che è rispetto alla norma immediato»[41]. Quest’ultimo interesse specifico si connota per due caratteri: particolare di un soggetto ed immediato, nel senso che «per oggetto ha non la soddisfazione dell’interesse del terzo all’osservanza del comportamento altrui, ma direttamente la situazione attiva o la fattispecie dinamica altrui previste dalla norma»[42].

Riguardo all’altro soggetto, il cui comportamento attivo rileva per la situazione inattiva dell’interesse specifico e che – precisa Guarino – «è di solito l’amministrazione»[43], può verificarsi che gli interessi (specifici) si connettono: all’obbligo e «hanno ad oggetto l’adempimento da parte del soggetto contrapposto»; «ai singoli vincoli della fattispecie dinamica» e «hanno ad oggetto l’osservanza dei vincoli stessi»[44]; «alle parti libere» della fattispecie dinamica e, quindi, «al diritto o alla discrezionalità altrui (c.d. merito)» e «hanno ad oggetto il conseguimento di un maggior vantaggio o di un minore svantaggio in relazione al comportamento altrui»[45].

Guarino rileva che «gli interessi specifici, che si connettono all’obbligo o ai vincoli della fattispecie dinamica, ricevono in dottrina il nome di interessi legittimi», mentre gli altri, «connessi alla discrezionalità o al diritto», sono interessi semplici[46]. Va chiarito che qui discrezionalità viene usato nel senso di “merito”, come risulta dalle note a piè di pagina[47].

Individuato l’interesse legittimo, Guarino ne approfondisce il concetto, confrontandolo con la pretesa, altra situazione inattiva.

L’obbligo o il vincolo al comportamento altrui connesso all’interesse specifico è posto «nell’interesse generale non soggettivato e, quindi, mai nell’interesse di un singolo soggetto»[48], per cui dal medesimo vincolo non può originare «simultaneamente una pretesa per un soggetto ed interessi legittimi per altri soggetti»[49].

Guarino sviluppa un’idea che rappresenta un’incredibile intuizione che, a distanza di oltre sessant’anni, ho sostenuto nell’affermare l’identità di struttura tra l’interesse legittimo ed il potere autoritativo, indagando sul rapporto giuridico amministrativo dinamico[50].

«Un corollario da trarsi è che il vincolo dal quale originano interessi legittimi, come non può creare pretese di altri privati, così non deve nemmeno creare una pretesa dell’amministrazione, non essendo la pretesa dell’amministrazione sul piano logico in nessun modo diversa da quella dei privati» (l’enfasi è mia). E aggiunge: «l’esistenza di una pretesa dello Stato viene esclusa anche per un diverso fondamento, perché l’interesse legittimo può sorgere in corrispondenza solo di obblighi e di vincoli della fattispecie dinamica e mai di pretese e nell’ipotesi che si considera l’interesse legittimo del privato sorge appunto in corrispondenza di obblighi e vincoli, che sono obblighi e vincoli dello Stato»[51].

Il passaggio ulteriore di Guarino è la considerazione della rilevanza degli interessi.

I diritti ed i doveri (situazioni attive) e le pretese (situazione inattiva) sono espressamente previsti dalle norme, invece gli interessi, di qualunque tipo, con un’espressione che è rimasta iconica «sorgono in relazione a norme che, per definizione, non si occupano di essi», tanto che, se si considera la sola norma che riguarda l’altro soggetto cui gli interessi si connettono «bisogna dire che gli interessi sono sempre situazioni di fatto»[52].

Situazioni di fatto che possono trasformarsi in situazioni giuridicamente rilevanti per l’ordinamento in virtù di una norma diversa che «concede rilevanza al fatto che un interesse è già sorto di fronte ad una norma che, viceversa, non lo considerava»[53]. In nota Guarino fa una incursione, indebita per la teoria generale secondo l’impostazione dell’Autore, nel diritto positivo italiano condividendo la tesi che «nel nostro ordinamento conferiscono rilevanza agli interessi solo norme relative alla tutela giurisdizionale», ma contestando l’impostazione di Guicciardi che l’interesse legittimo «non sia che la proiezione processuale dell’interesse qualificato» perché la situazione che in via indiretta riceve rilevanza dalle norme processuali «è infatti non una situazione processuale, ma proprio la situazione materiale di interesse, la quale non si confonde né con l’interesse al diritto di azione, né con l’interesse ad agire, che è interesse motivo dell’azione»[54].

Le ulteriori questioni trattate nel secondo capitolo riguardano la rinunziabilità e la transigibilità degli interessi e che sono applicazione della definizione dell’interesse legittimo in relazione alle situazioni attive previste dalla fattispecie normativa astratta.

Nel capitolo terzo, Guarino approfondisce il diritto soggettivo tra volontà ed interesse protetto e, per quest’ultimo, individua vari tipi di interessi per saggiarne la rilevanza giuridica. Ritorna, quindi, sull’interesse che «ha ad oggetto il comportamento altrui, previsto dalla norma e considerato o in sé o come contenuto di una situazione attiva», precisando in nota che «l’interesse al comportamento è strumentale» (l’enfasi è dell’Autore) «rispetto ai vari interessi materiali»[55]. Guarino rimarca ancora che l’interesse legittimo «si determina esclusivamente in base al contenuto della norma» e «posta una data norma si può immediatamente stabilire quale è il contenuto della pretesa e dell’interesse specifico, che da essa traggono origine»[56].

La distinzione tra pretesa e interesse specifico, basata sempre sull’esame della fattispecie normativa, è centrata sulla finalità dell’obbligo o del vincolo a carico di un soggetto che fa nascere una pretesa, se è diretta a procurare un vantaggio ad un altro soggetto, mentre un interesse specifico quando l’interesse «non è di proposito creato dalla norma (che non ha di conseguenza intenzione di soddisfarlo)»[57], dal momento che «l’interesse sorge in modo puramente occasionale, al di fuori di ogni previsione normativa»[58].

L’interesse al comportamento altrui è sia della pretesa che dell’interesse specifico, ma il rapporto è diverso: «Precisamente il rapporto è di funzionalità o scopo nella pretesa, è di occasionalità nell’interesse specifico»[59].

Guarino esamina, poi, la relativa diversità tra interesse al comportamento altrui e interesse alla situazione ed espone le conclusioni complessive, passando, quindi, all’esame di alcuni problemi specifici: la possibilità di far valere la pretesa come interesse specifico innanzi all’ordine giudiziario competente per questi ultimi, i diritti affievoliti e la situazione soggettiva nella impugnativa del decreto di annullamento di atto amministrativo che abbia creato diritti.

La tesi di Guarino si condensa nell’espressione usata in un lavoro di qualche anno dopo: l’interesse legittimo va concepito «in relazione alla legittimità del comportamento altrui»[60] che lo iscrive tra gli Autori fautori della strumentalità dell’interesse alla legittimità degli atti amministrativi, come rilevato da Franco Gaetano Scoca ne «L’interesse legittimo. Storia e teoria»[61].

  1. L’interesse legittimo negli «atti e poteri amministrativi».

Nel 1983, nella voce «Atti e poteri amministrativi» del Dizionario amministrativo a sua cura, Guarino, nella Sezione II, «Norme disciplinatrici-Situazioni soggettive-limiti alla sfera interna», definisce le situazioni soggettive di diritto soggettivo, interesse legittimo e interesse semplice, ricavandole «da un’analisi logica dei rapporti» che «appartengono dunque alla teoria generale»[62], ed evidenzia che assumono una rilevanza positiva in quanto le norme collegano a tali situazioni soggettive determinati effetti.

L’interesse legittimo viene così definito: «si ha interesse legittimo se la norma è posta nell’interesse generale, ma una categoria di soggetti indirettamente trae un vantaggio specifico dalla sua osservanza; per cui l’interesse legittimo è l’interesse all’osservanza di una norma posta nell’interesse generale di una categoria che rispetto alla stessa si trovi in una posizione specifica»[63].

Dopo il momento definitorio e di teoria generale, il discorso si fa concreto e Guarino: individua i sintomi che consentono all’interprete di orientarsi per stabilire quando si è di fronte, in particolare, al diritto soggettivo o all’interesse legittimo, adducendo esempi e norme positive; distingue l’interesse legittimo dall’interesse a ricorrere; espone la tutela riconosciuta a livello costituzionale ai diritti soggettivi ed agli interessi legittimi nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, sempre con corredo di esempi.

Quindi, l’attenzione è rivolta alla disciplina degli interessi legittimi e, in particolare, alla tutela assicurata da un ordine giurisdizionale diverso dal giudice ordinario, costituito in primo grado dai TAR e, in secondo grado, dal Consiglio di Stato e che ha carattere generale, per cui è da ritenere anch’essa una giurisdizione ordinaria che annulla gli atti amministrativi ex tunc, ma non può sostituirsi all’amministrazione, salvo casi tassativamente indicati nei quali il giudice esercita la giurisdizione anche nel merito. Guarino avverte che si tratta di regole che non discendono «da un principio logico, ma da una scelta di diritto positivo»[64].

Guarino spiega che il contenuto dell’interesse legittimo «consiste unicamente nella corretta applicazione della norma»[65] e nel conseguente annullamento dell’atto amministrativo, se illegittimo, e riedizione di altro atto da parte della pubblica amministrazione. Quanto all’ottenere dalla rinnovazione dell’atto «anche un beneficio sostanziale (es. la promozione, l’assegnazione dell’appalto, la definitiva sottrazione ad un’espropriazione), questo è un risultato che può prodursi o anche non prodursi»[66]. In qualche caso, sottolinea Guarino, «in relazione alla natura del vizio fatto valere, la rinnovazione dell’atto porta in modo sicuro ad un risultato pratico vantaggioso»[67].

Queste affermazioni sono validate dalla indicazione di diversi esempi e dal rilievo che ciò «sembra dimostrare che il soggetto, che si avvantaggia del ricorso, va individuato nella pubblica amministrazione, la quale… conseguirà in ogni caso il beneficio di eliminare dal suo operato, una commessa illegittimità»[68].

Si tratta dell’argomento fondante l’opinione che la giurisdizione amministrativa sia di diritto oggettivo e tuteli quest’ultimo e l’interesse pubblico, ma che, afferma Guarino, è superata, ormai, dagli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione che considera l’interesse legittimo una situazione soggettiva, pariordinata al diritto soggettivo, per cui non si può più discutere che abbia carattere di situazione soggettiva sostanziale.

Guarino «riconsidera» l’origine storica dell’interesse legittimo e della giustizia amministrativa. L’Autore rileva che la tutela, accordata in caso di violazione dell’interesse legittimo da parte dell’atto amministrativo, rappresentano «tecniche adoperate dal diritto positivo per accordare al cittadino una protezione imparziale (innanzi ad un giudice) nei confronti dell’autorità»[69], sicura espressione dello Stato di diritto per ottenere che anche i governanti «siano vincolati alla legge»[70].

Guarino richiama un altro intendimento ispiratore della introduzione della giustizia amministrativa: il ricorso come interesse delle autorità politiche, autrici delle leggi, di controllare che i dipendenti, preposti agli uffici amministrativi, non si sottraggano agli indirizzi dei governanti espressi nelle leggi. In sostanza, si istituiva un controllo diffuso di legittimità attraverso il ricorso attribuito ai titolari degli interessi legittimi e ciò spiega il «rispetto» e l’«incremento» della giustizia amministrativa in periodi di regime assoluto o totalitario[71].

La logica e l’astrazione focalizzati nella considerazione concreta e reale, dell’esperienza e dei diritti positivi, propri del teorico generale del diritto, sono innervati dal giurista positivo con il rilievo casistico, della disciplina positiva e della storia, dando all’interesse legittimo una dimensione reale e facendolo vivere nell’esperienza effettiva.

Il realismo professato da Guarino, giurista positivo, emerge e tutto tondo nell’interesse legittimo trattato nella voce del dizionario «Atti e poteri amministrativi».

  1. Conclusioni.

Giuseppe Guarino, personalità poliedrica che si è distinto nell’accademia, nell’avvocatura e nella politica, anche quale giurista, presenta sfaccettature diversificate, a seconda della specifica disciplina in cui ha manifestato il suo ingegno.

Egli ha utilizzato metodi di ricerca puramente normativi, quando ha trattato argomenti ed istituti di teoria generale in cui la logica e l’astrazione sono stati gli elementi essenziali dello studio, mentre, nelle discipline positive, hanno avuto spazio le norme positive, le scienze sociali ed economiche e la storia.

La dottrina giuridica italiana non manifesterà mai abbastanza la gratitudine per i preziosi contributi dati da questo gigante del diritto.

* Relazione tenuta il 30 maggio 2023 all’Università degli Studi Dell’Aquila nel seminario su “Giuseppe Guarino e il diritto amministrativo”

[1] La vastità dell’opera scientifica di Giuseppe Guarino è stata sottolineata da molti, tra cui: S. Budelli, In ricordo del prof. Giuseppe Guarino, in Amministrazione e contabilità dello Stato www.contabilita-pubblica.it, 27.3.2021, 1.

[2] Anche se è una considerazione propria dei costituzionalisti: G. Ferrara, Elogio a Giuseppe Guarino, Aula Magna dell’Università la Sapienza di Roma del 22 novembre 1999, 3: «Parlare del costituzionalista Guarino è parlare di tutta la sua grande, intensa e molteplice produzione scientifica. Perché Guarino è costituzionalista sempre. Che tratti, e con la padronanza assoluta che lo distingue, temi propri del diritto amministrativo, del diritto dell’economia, del diritto comunitario, che tragga conclusioni di teoria generale dalle riflessioni maturate coltivando gli specifici campi dell’esperienza giuridica, o ritorni su particolari valenze del suo metodo, non dismette la sua Stimmung di costituzionalista».

[3] F. Blando, La costituzione materiale e i compiti del giuspubblicista oggi. Giuseppe Guarino e il “nuovo” diritto pubblico italiano in Rivista A.I.C. 2021, 529.

[4] P. Ridola, Ricordo di Giuseppe Guarino in www.federalismi.it, 18 aprile 2020, 3.

[5] G. Guarino, L’organizzazione pubblica, Giuffrè Milano 1977; G. Guarino, L’uomo istituzione, Laterza Bari 2005.

[6] Il titolo completo dell’opera è Quale amministrazione? Il diritto amministrativo degli anni ’80 Giuffrè Milano 1985 che fa il “paio” con Quale costituzione? Saggio sulla classe politica, Rizzoli Milano 1980.

[7] G. Guarino, Dizionario amministrativo Giuffrè Milano, la cui prima edizione è del 1977 e la seconda, arricchita dalla voce di G. Guarino, Atti e poteri amministrativi, è del 1983.

[8] G. Guarino, Imprese pubbliche e programmazione in Realtà del Mezzogiorno 1963, II, 631 e ss. e ripubblicato in Dalla Costituzione all’Unione Europea, op. cit., vol. II, 441 e ss.; Id., Pubblico e privato nella organizzazione e nella disciplina delle imprese1968, op. ult. cit., vol. III, 17 e ss. e altri scritti.

[9] G. Guarino, Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti del giurista in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 1970, 955 e ss. e ripubblicata in Dalla costituzione all’Unione Europea (Del fare diritto per cinquant’anni), vol. III, Jovene Napoli 1994, 141-186.

[10] G. Guarino, Qualche riflessione sul diritto amministrativo etc., op. cit., Vol. III, 168. Il riferimento è alla nota teoria della istituzione di Santi Romano.

[11] G. Guarino, op. ult. cit., 179.

[12] G. Guarino, op. ult. cit., 180.

[13] G. Guarino, op. ult. cit., 181.

[14] G. Guarino, Lo scioglimento delle assemblee parlamentari, 1948, con ristampa inalterata Jovene Napoli 1990.

[15] G. Guarino, op. ult. cit., 24.

[16] F. Blando, op. cit., 535, rileva che in Guarino «lo sviluppo della scelta metodologica di stampo realista è tutta intrecciata con un tessuto assiologico informato al positivismo e cioè con l’idea che, affinchè qualcosa valga per il diritto, come diritto e nello specifico modo di valere del diritto, è necessario che essa venga appropriata dal diritto nelle forme proprie di quest’ultimo».

[17] F. Blando, opera già citata.

[18] G. Guarino, Potere giuridico e diritto soggettivo, in Rass. Dir. pubblico 1949, I, 238 e ss., ristampato da Jovene Napoli nel 1990.

[19] G. Guarino, Oggetto, funzione e metodo della teoria generale del diritto in Scritti giuridici raccolti per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli 1954, ripubblicato in Dalla Costituzione all’Unione Europea etc., op. cit., vol. II, 109 e ss. Cfr. V. Cerulli Irelli, Spunti sulla “teoria generale del diritto” di Giuseppe Guarino che ha svolto la relazione nell’incontro su Il pensiero e l’opera di Giuseppe Guarino, tenutosi a Roma presso l’Università La Sapienza il 21 aprile 2022 di cui cortesemente l’Autore mi ha fornito il dattiloscritto. Nello stesso incontro, sono intervenute le relazioni di G. Morbidelli, Il diritto amministrativo; A. Guarino, Giuseppe Guarino e Wesley N. Hohfeld; G. Azzariti, Il diritto costituzionale; M. Patrono, L’unione europea.

[20] G. Guarino, op. ult. cit., 121 che indica, come indagini della stessa tipologia: P. Gasparri, Le pronuncie inficianti in Riv. Amm.1949 e M.S. Giannini, Autonomia (saggio sui concetti di autonomia) in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 1951.

[21] G. Guarino, op. ult. cit., 109.

[22] G. Guarino, op. ult. cit., 110.

[23] G. Guarino, op. ult. cit., 111 che rileva che possono aggiungersi altri oggetti alla teoria generale in seguito all’espansione della vita sociale e la materia diviene gradualmente più ampia, ma gli oggetti di teoria generale «non mutano e rimangono stabili nelle varie epoche. Ciò avviene perché la teoria generale opera direttamente sui fenomeni nella loro naturalità, prescindendo da ogni regolamentazione giuridica. L’oggetto delle discipline positive, che consiste in norme giuridiche, è invece in continua trasformazione».

[24] G. Guarino, L’organizzazione pubblica op. cit.; cfr. le considerazioni di V. Cerulli Irelli, Spunti sulla “teoria…” etc., op. cit., 1.

[25] G. Guarino, op. ult. cit., 112.

[26] G. Guarino, op. ult. cit., 113.

[27] G. Guarino, op. ult. cit., 113.

[28] G. Guarino, op. ult. cit., 118.

[29] G. Guarino, op. ult. cit., 119.

[30] Cfr. V. Cerulli Irelli, Spunti sulla “teoria…” etc., op. cit., 2 e ss.

[31] Il saggio è del 1949, quando il Nostro ha 27 anni.

[32] G. Guarino, Potere giuridico e diritto soggettivo, ristampa, Jovene Napoli 1990, 77.

[33] G. Guarino, op. ult. cit., 15 ove distingue la fattispecie normativa della fattispecie concreta che «è una fattispecie corrispondente a quella normativa, ma nel suo storico divenire» che è pure un’astrazione, ma da tutte le possibili fattispecie reali, non dalla norma, e dalla fattispecie reale che «è il fenomeno in quanto corrisponde alle fattispecie normativa e concreta». L’Autore riferisce nella nota (1) che le tre definizioni sono quelle di Domenico Rubino. La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano 1943, 3.

[34] G. Guarino, op. ult. cit., 25.

[35] G. Guarino, op. ult. cit., 75.

[36] G. Guarino, op. ult. cit., 19.

[37] G. Guarino, op. ult. cit., 37 che spiega: «Le situazioni inattive sorgono rispetto alla situazione attiva altrui, che si riflette su di un altro soggetto indipendentemente dalla di lui volontà o attività».

[38] G. Guarino, op. ult. cit. 76.

[39] G. Guarino, op. ult. cit., 95 e ss.

[40] G. Ferrara, Elogio a Giuseppe Guarino, op. cit., 7 l’ha definita «un classico… anche per il nitore del linguaggio usato», evidenziandone la chiarezza e la precisione.

[41] G. Guarino, op. ult. cit., 47.

[42] G. Guarino, op. ult. loc. cit.

[43] G. Guarino, op. ult. loc. cit.; nella nota 29 avverte: «Ma potrebbe essere anche un privato», richiamando le dottrine secondo cui «la figura dell’interesse può trovare applicazione in ogni campo del diritto e non solo in diritto amministrativo».

[44] G. Guarino, op. ult. cit., 48.

[45] G. Guarino, op. ult. cit., 49.

[46] G. Guarino, op. ult. loc. cit..

[47] G. Guarino, op. ult. loc. cit., nella nota 34 evidenzia che gli interessi semplici vengono inquadrati dalla dottrina negli interessi legittimi siccome riducono «l’atto discrezionale ad atto interamente soggetto alle norme (sia pure non giuridiche, ma sociali o di convenienza o di morale amministrativa)» e nella nota 35 che gli «interessi sono legittimi, non perché direttamente tutelati dalle leggi… ma unicamente perché connessi ad un vincolo posto nella legge, a differenza degli interessi semplici che, per definizione, sono relativi al merito» (l’enfasi è dell’Autore) «ovvero all’assenza di norme».

[48] G. Guarino, op. ult. cit., 49-50.

[49] G. Guarino, op. ult. cit., 50 ove si chiarisce anche che «se vi fosse una contemporanea creazione di pretese verrebbe meno il requisito dell’immediatezza dell’interesse, unico interesse immediato rispetto alla norma dovendo nell’ipotesi considerarsi quello elevato a pretesa. A contrario si arguisce che può coesistere con una pretesa altrui l’interesse uti civis, per il quale non si chiede che sia immediato».

[50] E. Follieri, L’identità della struttura dell’interesse legittimo e del potere amministrativo autoritativo in Metamorfosi del diritto amministrativo. Liber amicorum per Nino Longobardi, Napoli 2023, 169 e ss. e in www.giustamm.it, n. 11/2022. Ho esposto la stessa tesi già in Il rapporto giuridico amministrativo dinamico in www.giustamm.it, n. 12/2017, 4 e ss. e in Diritto e processo amministrativo Quaderni, 29 in convegno di Cagliari del 10 novembre 2017 su Procedimento, provvedimento e autotutela. Evoluzione e involuzione, 9 e ss.;

[51] G. Guarino, op. ult. cit., 50-51. Nella nota 40, Guarino rileva che «le affermazioni qui implicite sono che l’interesse generale non si identifica con l’interesse della persona giuridica Stato e che, quindi, perché vi sia una pretesa dello Stato non è sufficiente la constatazione che l’obbligo non è posto nell’interesse di altri soggetti privati, ma occorre la prova positiva che l’obbligo è posto nell’interesse proprio della persona giuridica Stato». Ancora nella nota 40 bis, si afferma che lo Stato «essendo nel rapporto che si considera titolare di un dovere, non può, per ciò stesso, esser titolare di una pretesa». È, nella sostanza, il rispetto del principio di legalità che vincola l’amministrazione la quale non può perseguire l’interesse (la pretesa) a realizzare l’obiettivo che si prefigge e che può raggiungerlo solo se conforme alla normativa che disciplina la sua azione; allo stesso modo, il titolare dell’interesse legittimo può soddisfare il suo interesse solo se è conseguente al legittimo esercizio del potere. Si rinvia a quanto sostenuto in E. Follieri, L’identità della struttura etc., op. cit., 174 e ss.

[52] G. Guarino, op. ult. cit., 51.

[53] G. Guarino, op. ult. cit., 52.

[54] G. Guarino, op. ult. cit., 52, nota 42 ove è richiamato E. Guicciardi, La giustizia amministrativa, Padova 1942, 37.

[55] G. Guarino, op. ult. cit., 62 e nota 19.

[56] G. Guarino, op. ult. cit., 63.

[57] G. Guarino, op. ult. loc. cit.

[58] G. Guarino, op. ult. loc. cit.

[59] G. Guarino, op. ult. cit., 65.

[60] G. Guarino, Profili costituzionali, amministrativi e processuali delle leggi per l’Altopiano silano e sulla riforma agraria e fondiaria in Foro Ital. 1952, IV, 81.

[61] F.G. Scoca, Interesse legittimo. Storia e teoria in Sistema del Diritto amministrativo italiano Diretto da F.G. Scoca-F.A. Roversi Monaco-G. Morbidelli, Torino 2017, 160 e ss.

[62] G. Guarino, Dizionario amministrativo Guarino, Atti e poteri amministrativi, Milano Giuffrè 1983, Seconda edizione, 112.

[63] G. Guarino, op. ult. cit., 112.

[64] G. Guarino, op. ult. cit., 123.

[65] Il corsivo è nel testo: G. Guarino, op. ult. cit., 124.

[66] G. Guarino, op. ult. loc. cit. che precisa: «Diremo dunque che il beneficio, che si consegue con la tutela dell’interesse legittimo leso, consiste nella eliminazione dell’atto lesivo. A questo beneficio si collega una speranza, cioè quella di conseguire un vantaggio pratico a seguito della rinnovazione dell’atto» (l’enfasi è nel testo).

[67] G. Guarino, op. ult. cit., 124.

[68] G. Guarino, op. ult. cit., 125.

[69] G. Guarino, op. ult. cit., 126.

[70] G. Guarino, op. ult. loc. cit.

[71] G. Guarino, op. ult. cit., 126-127 il quale rileva che nella prima fase «l’interesse legittimo e la giurisdizione amministrativa appaiono come mezzo di tutela del singolo ed insieme come rimedio predisposto nell’interesse dell’organizzazione» (127); con l’affermarsi dell’interesse legittimo come situazione soggettiva e della giurisdizione amministrativa come giurisdizione soggettiva, il profilo della giurisdizione oggettiva «è venuto a perdere evidenza sino a che si è giunti a trascurarlo del tutto» (127).