Giustizia amministrativa

Legislazione italiana

Emilio Colombo

Considerazioni sul funzionamento e sulla coerenza della normativa di risulta
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SOMMARIO: 1) Il funzionamento della vigente legge elettorale per la Camera. 2) Il recupero del 25% dei seggi secondo la normativa di risulta. 3) Sulla presunta « casualità » del sistema di recupero dei cd. migliori perdenti nei collegi. 4) Sull’obbligatorietà del collegamento nell’attuale legge elettorale per la Camera.

1) Attualmente, il 75 per cento circa dei deputati è eletto in 475 collegi uninominali. La distribuzione del restante 25 per cento di seggi avviene in 26 circoscrizioni tra liste proporzionali, previo scomputo di una quota variabile dei voti ottenuti nei collegi uninominali dai candidati eletti e ad esse collegati (meccanismo principale). Qualora una lista, esauriti i propri candidati, abbia diritto ad altri seggi, sono recuperati i candidati uninominali ad essa collegati nella circoscrizione, e risultati non eletti nei collegi, secondo l’ordine delle percentuali di voto da essi conseguite (meccanismo secondario).

Peraltro, il secondo meccanismo non è una semplice norma di chiusura di utilizzo soltanto eventuale: poiché il numero dei candidati di una lista proporzionale non può eccedere la misura di un terzo dei seggi da attribuire nella circoscrizione, esso è stato spesso utilizzato per assegnare tutti i 630 seggi.

2) Il quesito referendario che Marco Nardinocchi ed io abbiamo elaborato investe il meccanismo principale di assegnazione del 25 per cento dei seggi in ragione proporzionale. Il referendum abolisce  le liste proporzionali e l’obbligo gravante sui candidati uninominali di collegarsi ad una di esse, ma non le circoscrizioni previste dalla legge per l’assegnazione del 25% deiseggi con il sistema di recupero.

Per effetto dell’abrogazione del meccanismo principale, la norma residua che dispone il recupero dei migliori dei non eletti nel maggioritario si espanderebbe fisiologicamente (cfr. c. cost. n° 36/1997), divenendo norma generale per la copertura del residuo 25 per cento di seggi. I 155 seggi privi di collegio sarebbero dunque attribuiti ai candidati migliori perdenti in un terzo dei collegi della circoscrizione, in base a una graduatoria circoscrizionale che terrebbe conto esclusivamente dei voti, e non dei contrassegni.

Potrebbe verificarsi anche il recupero di più d’un candidato nello stesso collegio, ma sarebbe molto difficile. Secondo le proiezioni sul funzionamento del recupero di collegio, svolte in base ai risultati elettorali del 1996 per la Camera dei deputati, le cifre elettorali individuali dei 155 cd. migliori perdenti recuperati oscillerebbero tra il 49,9% e il 34,20% dei voti. In nessun collegio ci sarebbe dunque stato più d’un recupero.

In effetti, avevamo preparato anche un quesito sulla legge elettorale del Senato, per adeguarla al sistema di risulta della Camera; poi, è stato preferito non presentarlo per una serie di considerazioni tecniche.

Al Senato, già oggi 83 seggi sono distribuiti tra gruppi regionali di candidati uninominali non eletti nei collegi. Nell’àmbito di ogni gruppo, sono proclamati eletti i candidati con le più alte cifre individuali.

Applicando il sistema di risulta anche ai risultati elettorali del 1996 per il Senato, si può facilmente constatare che sarebbero stati recuperati praticamente tutti i candidati già recuperati in base alle cifre elettorali di gruppo. Nel 1996, la cifra elettorale individuale più bassa tra i non eletti recuperati fu del 16,41%; con il sistema di risulta, Trentino Alto Adige a parte, la cifra elettorale di recupero più bassa sarebbe stata del 31,86%.

3) Onestamente, avrei un appunto da fare sul fatto che possa essere o meno accettabile questo sistema di recupero. Se il fulcro del referendum e della normativa di risulta è il principio per cui i risultati elettorali devono essere decisi nei collegi uninominali, il fatto che i voti degli elettori del collegio contino in quanto tali e non in quanto dati a un partito non ha nulla di casuale. Recuperare i migliori perdenti nei collegi non è certo meno democratico che far passare, magari, dei candidati che non hanno avuto un grande consenso (ciò che accade, per esempio, al Senato nelle grandi Regioni come la Lombardia), oppure dei candidati di liste proporzionali bloccate già sconfitti nei collegi uninominali.

Per la sostituzione dei deputati eletti direttamente nei collegi uninominali, si continuerebbe a ricorrere ad elezioni suppletive; nel caso di deputati eletti con il sistema di recupero, subentrerebbe il primo dei non eletti nella graduatoria, a prescindere dall’appartenenza di partito (non esistendo più i collegamenti).

Il fatto che il deputato che sostituisce quello che è venuto a mancare debba essere dello stesso partito non ha un grande fondamento. È dubbia l’esistenza di un principio in tal senso. Non lo ha presupposto, infatti, il legislatore elettorale per il Senato, che ha previsto, in caso di esaurimento dei candidati appartenenti al gruppo del Senatore da surrogare, il ricorso a candidati appartenenti ad altri gruppi. Il legislatore elettorale per la Camera, invece, non avendo voluto prevedere il ricorso a candidati esterni alla coalizione del surrogato, ha prodotto un sistema che, sotto determinate condizioni, potrebbe perfino non consentire l’elezione ditutti i deputati.

Volendo poi fare una considerazione meno giuridica, in fondo, come abbiamo visto in questi giorni, ci sono anche molti deputati «migratori». Anche ammettendo l’esistenza di un simile principio, come lo si dovrebbe interpretare, se il deputato uscente ha nel frattempo cambiato coalizione? Si dovrebbe limitare la surrogazione ai candidati appartenenti alla coalizione originaria o a quella più recente?

Tra l’altro, ritenere che il deputato uscente debba necessariamente essere surrogato con un candidato appartenente alla sua stessa coalizione condurrebbe a concludere che, per le elezioni suppletive, debbano ritenersi legittime soltanto le candidature di appartenenti alla coalizione del surrogando.

4) Questo obbligo di collegamento stabilito dalla legge Mattarella a pena di nullità della candidatura nei collegi uninominali non è assolutamente efficace.

Infatti, il decreto legislativo di coordinamento delle disposizioni elettorali per la Camera ha incautamente omesso di contemplare, tra i compiti dell’Ufficio elettorale circoscrizionale, la verifica della sussistenza di un attuale ed effettivo collegamento dei candidati nei collegi uninominali con liste validamente presentate nella circoscrizione.

Nel 1994, nella circoscrizione di Milano (Lombardia 1) erano presenti candidati uninominali privi del collegamento di lista, per i quali, dunque, se eletti, non avrebbe funzionato il meccanismo del cd. «scorporo». L’Ufficio elettorale circoscrizionale aveva infatti ricusato una lista, risultata irregolare, ma non i candidati uninominali ad essa collegati, ritenendo dunque che il collegamento dovesse sussistere solo al momento della presentazione delle candidature, scindendosi da quel momento i destini delle candidature uninominali da quelli delle liste collegate.

In qualità di presentatore di lista e di candidati uninominali, feci ricorso alla Cassazione.

Il ricorso fu dichiarato inammissibile, perché la normativa non autorizza l'impugnazione di decisioni di mancata esclusione. Il che equivale a dire che, per eludere lo «scorporo», basta presentare due liste: una, deliberatamente irregolare, su cui far gravare l’eventuale elezione di candidati uninominali ad essa collegati; e, con altri simboli, un’altra, potendo confidare nella certa ricusazione della lista irregolare, ma non dei candidati uninominali.