Giustizia amministrativa

Giurisprudenza
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ORDINANZE DI RIMESSIONE

T.A.R. LAZIO, SEZ. I - Ordinanza 21 gennaio 1998 - Pres. Cossu, Est. Dell’Utri - Tambasco ed altri (Avv.ti Mauceri e Buccellato) c. Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica ed altre (Avv.ra Stato).

Istruzione pubblica - Istruzione universitaria - Attribuzione al Ministro della pubblica istruzione del potere di definizione, su conforme parere del C.U.N., dei criteri generali per la regolamentazione dell’accesso ai corsi universitari compresi quelli a "numero chiuso" - Violazione del principio della riserva di legge relativa in materia di accesso all’istruzione universitaria nonché dei principi di uguaglianza del libero accesso alle scuole.

(L. 19 novembre 1990 n. 341, art. 9, comma 4, modificata dalla legge 15 maggio 1997 n. 127, art. 17, comma 116).
(Cost., artt. 33 e 34).

FATTO E DIRITTO: I. - Con i ricorsi all’esame della sezione - di cui va disposta la riunione ai soli finì della trattazione della presente fase di giudizio - i ricorrenti investono i provvedimenti specificati in epigrafe nella parte in cui determinano la preclusione dell’accesso ai corsi di laurea a cui i medesimi aspirano ad essere iscritti per l’anno accademico 1997-98, e ne chiedono, in via incidentale, la sospensione dell’esecuzione: su tale richiesta cautelare la sezione è chiamata a decidere.

Trattasi di corsi per i quali l’Amministrazione, attraverso atti regolamentari e di attuazione, ha imposto consistenti limitazioni nelle iscrizioni (nn. 270 e 30 posti per i corsi di laurea in medicina e, rispettivamente, odontoiatria dell’Università di Bologna; n. 15 posti per il corso di laurea in odontoiatria dell’Università di Bari); limitazioni che, talora, consistono nell’assoluta indisponibilità di posti (corso di laurea in odontoiatria dell’Università "La Sapienza" di Roma).

L’agire dell’Amministrazione - in particolare il decreto ministeriale 21 luglio 1997 n. 245 ("Regolamento recante norme in materia di accessi alla istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento") - trova dichiaratamente supporto normativo nell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990 n. 341, come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997 n. 127, che ha attribuito ad un atto emanato dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi di cui trattasi.

Ed invero, l’art. 9 cit., a seguito della detta modifica, stabilisce che il Ministero "definisce, su conforme parere del C.U.N., i criteri generali per la regolamentazione dell’accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli per i quali l’atto emanato dal Ministro preveda una limitazione delle iscrizioni".

La sezione dubita della legittimità costituzionale della norma; pertanto, ritiene di dover sollevare, anche d’ufficio, la relativa questione di costituzionalità per contrasto col principio della riserva di legge e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 Cost.

II. - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo.

Da un lato, sembra incontrovertibile che la tutela prevalente cui mirano le azioni intraprese discende, nella specie, solo dalla eventuale eliminazione dalla realtà giuridica della disposizione che, conferendo il detto potere all’Amministrazione, consente alla stessa di precludere o limitare l’accesso ai corsi universitari: sì che viene a configurarsi un’assoluta priorità - anche in ragione di principi attinenti all’economia di giudizio - di trattazione della detta questione. E’ infatti evidente che la caducazione delle norme che consentono al Ministro di porre limitazioni alle immatricolazioni consentirebbe la soddisfazione piena dell’interesse dedotto in giudizio dai ricorrenti, consentendo loro l’iscrizione al corso senza sottomettersi a procedure selettive, mentre le altre censure sollevano questioni che, ove fondate, assicurerebbero un grado minore di soddisfazione al predetto interesse e si presentano, subordinate all’esito eventualmente negativo dell’incidente di costituzionalità.

Dall’altro, la indicata rilevanza deve ritenersi configurabile anche nella presente fase cautelare, atteso che il dubbio di costituzionalità in ordine alla norma precitata, che costituisce, allo stato, la fonte del potere esercitato dall’Amministrazione, preclude al collegio una pronuncia definitiva, sia pure in sede di sommaria delibazione, sull’esistenza o meno del fumus della pretesa azionata, non potendo tale valutazione essere svincolata dalla decisione della Corte sulla portata della norma sottoposta al suo esame.

III. - La questione appare altresì non manifestamente infondata.

Ritiene la sezione che, in materia di accesso agli studi, anche universitari, sussista, in base agli artt. 33 e 34 Cost., una riserva relativa di legge, con la conseguenza che, in mancanza di norme legislative che attribuiscano all’Amministrazione - nel rispetto dei caratteri costitutivi della riserva stessa - il potere di stabilire limitazioni alle iscrizioni ai corsi, devono ritenersi illegittimi i provvedimenti regolamentari o di attuazione che tali limitazioni prevedano.

La configurabilità, nella materia, di una riserva relativa di legge costituisce ius receptum nella giurisprudenza del giudice amministrativo (in tal senso, T.A.R. Lazio, Sez. III, 3 aprile 1996 n. 763 e 14 settembre 1994, n. 1632; T.A.R. Toscana, Sez. I, 24 aprile 1997 n. 78; T.A.R. Veneto, Sez. I, 13 giugno 1992 n. 222 e Sez. II, 13 giugno 1997 n. 1015; T.A.R. Liguria, Sez. II, 21 marzo 1995 n. 197).

Ed invero, è l’art. 33, secondo comma, Cost. a stabilire espressamente che "la Repubblica detta norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali di ogni ordine e grado", nel quadro di quella previsione del successivo art. 34, primo comma, che sancisce che "la scuola è aperta a tutti" (e che ha trovato attuazione, per le Università, con la legge 11 dicembre 1969 n. 910).

E laddove il legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni all’accesso, vi ha provveduto di norma direttamente (basti ricordare l’art. 24, secondo comma, legge 7 febbraio 1958 n. 88 che, in ordine all’iscrizione al primo anno degli Istituti superiori di educazione fisica, prevede un numero di posti determinati da assegnare mediante concorso per esami; l’art. 3 legge 21 luglio 1961 n. 685, che limitava l’accesso dei diplomati degli Istituti tecnici a determinate facoltà per gli anni accademici dal 1961/62 al 1964/65, per un numero predeterminato di posti da assegnare mediante concorso per titoli ed esami) ovvero mediante attribuzione del relativo potere alla p.a. nell’ambito, peraltro, fissato dalla legge stessa (ci si riferisce, ad es., all’art. 38, legge 14 agosto 1982 n. 590 con cui al fine di consentire l’avvio programmato dei corsi di laurea, si è attribuito all’Amministrazione universitaria il potere di determinare, peraltro con espressa limitazione temporale - ai primi sei anni successivi all’attivazione di ciascun corso di laurea - il numero massimo delle iscrizioni).

Orbene, la previsione costituzionale di riserva relativa di legge per la determinata materia non preclude al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti sottoordinate la disciplina della materia stessa, consentendo anzi che il precetto espresso dalla norma primaria possa essere integrato da atti di normazione secondaria che lo rendano meglio aderente alla multiforme realtà socio-economica, ma ciò è possibile solo previa determinazione di una serie di precetti idonei ad indirizzare e vincolare la normazione secondaria entro confini ben delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali della disciplina stessa.

In proposito, è costante l’insegnamento del giudice delle leggi sulla necessità che non "residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella previsione legislativa - considerata nella complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri" (Corte cost. 5 febbraio 1986 n. 34 e giurisprudenza ivi richiamata: sentt. nn. 4, 30 e 122 del 1957; 70 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969; 144 del 1972; 257 del 1982; ordd. nn. 31 e 139 del 1985).

Se ciò è vero, la disposizione dell’art. 9, quarto comma, legge n. 341 del 1990, come modificata dall’art. 17, comma 116, legge n. 127 del 1997, non sembra esente dai precitati profili di incostituzionalità.

La norma, invero, conferisce al Ministro, come già ricordato, il potere di determinare la limitazione degli accessi all’istruzione universitaria, e ciò fa non solo senza alcuna individuazione delle linee essenziali della disciplina - pur vertendo in materia coperta da riserva relativa di legge - ma addirittura attribuendo al ministro stesso, con l’ausilio di altro organo dell’Amministrazione (C.U.N.), la stessa definizione dei "criteri generali per la regolamentazione dell’accesso ... ai corsi universitari".

Sembra pertanto ipotizzabile la violazione del principio costituzionale della riserva relativa di legge; il che sembra comportare altresì la violazione, mediante l’adozione di meccanismi di produzione giuridica non conformi al dettato costituzionale, del principio della tutela del diritto studio, postulato dagli artt. 33 e 34 Cost.

IV. - Per le considerazioni che precedono, va conseguentemente sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, quarto comma cit., per contrasto col principio costituzionale della riserva relativa di legge nonché con gli artt. 33 e 34 Cost.

Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla legittimità costituzionale della suindicata norma.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, previa riunione dei ricorsi in epigrafe ai soli fini della trattazione della presente fase incidentale, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, quarto comma, legge 19 novembre 1990 n. 341, come modificato dall’art. 17, comma 116, legge 15 maggio 1997 n. 127 in relazione al principio costituzionale della riserva relativa di legge nonchè dagli artt. 33 e 34 Cost.

Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio.

Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza si notifichi alle parti in causa ed al Presidebte del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

T.A.R. LIGURIA - Ordinanza 26 marzo 1998 - Pres. Balba, Est. Vigotti - Monteventi (Avv.ti Guelfi e Filippi) c. Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (Avv. Stato Novaresi).

Istruzione pubblica - Istruzione universitaria - Attribuzione al Ministro della pubblica istruzione del potere di definizione, su conforme parere del C.U.N., dei criteri generali per la regolamentazione dell’accesso ai corsi universitari compresi quelli a "numero chiuso" - Violazione del principio della riserva di legge relativa in materia di accesso all’istruzione universitaria nonché dei principi di uguaglianza e del libero accesso alle scuole.
(L. 19 novembre 1990 n. 341, art. 9, comma 4, modificato dalla legge 15 maggio 1997 n. 127, art. 17, comma 116).
(Cost., artt. 33 e 34).

FATTO: Con ricorso notificato 1’8 agosto 1997 Monteventi Massimo impugnava, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti in epigrafe indicati, esponendo di essere iscritto al primo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia dell’Università di Genova e di voler passare al corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 1997-1998, ma di non poter soddisfare tale esigenza, in forza dei provvedimenti impugnati.

Questi i motivi del ricorso:

1) violazione degli artt. 3, 33 e 34 della Costituzione italiana.

2) violazione sotto altro profilo degli artt. 33 e 34 della Costituzione. Eccesso di potere straripamento.

3) eccesso di potere per difetto di motivazione. Eccesso di potere per contrasto con il D.P.R. 25 settembre 1980 n. 680 istitutivo del corso di laurea in odontoiatria presso Università di Genova.

Il ricorrente concludeva per l’annullamento previa sospensione, dei provvedimenti impugnati, contrasto dalle amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio.

Con ordinanza in data 29 agosto 1997 l’istanza cautelare veniva accolta.

Chiamato all’udienza odierna, il ricorso passava in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE: I. - Il ricorrente, che ha conseguito il diploma di maturità e che intende iscriversi alla facoltà di odontoiatria dell’Università di Genova, impugna i provvedimenti che per l’anno accademico 1997-1998 hanno escluso nuove iscrizioni al predetto corso di laurea.

Tali provvedimenti sono il regolamento ministeriale 21 luglio 1997, n. 245, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 1997, recante norme in materia di accessi alla istruzione universitaria, che prevede - tra l’altro - la possibilità di limitare, con atti ministeriali e per determinati corsi, i posti disponibili per nuove iscrizioni; decreto del Ministro dell’Università 31 luglio 1997, che fissa a zero il numero dei posti per le nuove immatricolazioni nell’anno accademico 1997-1998 nel corso di laurea in odontoiatria nell’Università di Genova; la deliberazione del consiglio di corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria dell’Università di Genova, che, in data 21 luglio 1997 stabilisce la non effettuazione della prova di ammissione per l’anno accademico suddetto.

Il collegio ha annullato, con sentenza in pari data, quest’ultimo provvedimento, per violazione del principio costituzionale della riserva di legge, in relazione agli artt. 33 e 34 della Costituzione, accogliendo il ricorso la parte corrispondente.

II. - L’annullamento del provvedimento di cui sopra non esaurisce peraltro l’ambito della decisione chiesta dal ricorrente. Egli infatti impugna anche il regolamento ministeriale 21 luglio 1997 e il d.m. 31 luglio 1997, come atti direttamente lesivi, e non è dubbio che l’annullamento dell’atto del consiglio del corso di laurea non arrecherebbe alcun vantaggio al ricorrente, ove rimanessero validi i provvedimenti suddetti, con i quali, in sede centrale si è comunque stabilito l’azzeramento dei posti disponibili.

Il collegio deve dunque indagare la legittimità anche di tali atti.

Essi trovano il proprio presupposto normativo nell’art. 9, comma 4, della legge n. 341 del 1990, come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge n. 127 del 1997, che attribuisce al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di definire i criteri generali per la regolamentazione dell’accesso ai corsi universitari, "anche a quelli per i quali l’atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni". In concreto il Ministro ha esercitato il potere così conferitogli stabilendo la limitabilità delle iscrizioni annuali per il corso di laurea in discorso (con il regolamento del 21 luglio), e determinando a zero il numero dei posti disponibili per l’anno accademico 1997-1998, nella Università di Genova (con il d.m. del 31 luglio).

In tal modo, secondo l’amministrazione, rimarrebbe soddisfatta la riserva di legge, che gli artt. 33 e 34 della Costituzione pongono per la limitazione del diritto allo studio.

Il collegio, peraltro, dubita della legittimità costituzionale dello stesso art. 9, comma 4, legge n. 341 come modificato dall’art. 17, comma 116, legge n. 127 del 1997, per contrasto con il principio della riserva di legge posto dai suddetti parametri costituzionali, e la questione si presenta come rilevante e non manifestamente infondata.

Quanto al primo profilo, non è dubbio che, anche nella prospettazione del ricorrente, l’interesse dedotto in giudizio, che è quello ad ottenere senza limitazioni l’accesso al corso universitario, troverebbe piena ed integrale soddisfazione solo dalla caducazione delle norme che consentono all’amministrazione di porre tali limitazioni. Rispetto a tale interesse, l’annullamento già deciso della deliberazione del corso di laurea non è sufficiente ad una integrale tutela, mentre ulteriori censure svolte in ricorso contro i decreti ora in esame si presentano come necessariamente subordinate all’esito eventualmente negativo dell’incidente di costituzionalità ed assicurerebbero ove accolte, un grado minore di soddisfazione.

La non manifesta infondatezza della questione emerge dalla considerazione in base alla quale il diritto allo studio, garantito dagli artt. 33 e 34 della Costituzione, può soffrire limitazioni solo per effetto di norme aventi rango di legge.

Ed in effetti, laddove il legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni all’accesso, vi ha provveduto direttamente (e così per quanto riguarda l’iscrizione agli istituti superiori di Magistero: art. 224, R.D. n. 1592 del 1933 per l’iscrizione al primo anno degli istituti superiori di educazione fisica: art. 24, secondo comma, legge n. 88 del 1958; per l’accesso dei diplomati degli istituti tecnici a determinate facoltà per gli anni accademici dal 1961-62 al 1964-65: art. 3, legge n. 685 del 1961), ovvero mediante attribuzione del relativo potere alla p.a. nell’ambito fissato dalla legge stessa (si veda, ad es. l’art. 38, legge n. 590 del 1982).

La modificazione apportata dall’art 17, comma 116, legge 127 del 1997, all’art. 9, comma 4, legge n. 341 del 1990, delega il Ministro a limitare l’accesso all’Università, ma non pone essa stessa limitazioni: non e quindi dalla stessa nuova formulazione della norma che può ritenersi soddisfatto il principio della riserva - relativa - di legge.

Ma tale principio non sembra al collegio che possa ritenersi soddisfatto neppure mediante l’operata attribuzione di potere al Ministro. E bensì vero che la previsione costituzionale di riserva relativa di legge non preclude al legislatore di demandare ad altre fonti sottordinate la disciplina della materia, ma ciò e possibile solo previa determinazione di una serie di precetti idonei a indirizzare e vincolare la normazione secondaria entro confini ben delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali della disciplina stessa, in modo che non "residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione", occorrendo, all’uopo, che sussistano nella previsione legislativa - considerata nella complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri (Corte costituzionale 5 febbraio 1986 n. 34 e giurisprudenza ivi richiamata).

La norma in discorso, peraltro, non sembra ubbidire alla condizione di cui sopra. Essa, infatti, conferisce al Ministro il potere di determinare la limitazione agli accessi all’istruzione universitaria senza individuare le linee essenziali della disciplina, ma addirittura attribuendogli con l’ausilio di altro organo amministrativo (il C.U.N.), la stessa definizione dei "criteri generali per la regolamentazione dell’accesso... ai corsi universitari)".

Sembra pertanto ipotizzabile la violazione del principio della riserva relativa di legge, ed altresì la violazione del principio della tutela del diritto allo studio, posto dagli artt. 33 e 34 della Costituzione, diritto che verrebbe limitato attraverso meccanismi non conformi al dettato costituzionale (nello stesso senso T.A.R. Lazio, III sez., ordinanza n. 2655/1997).

Va pertanto sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, quarto comma, legge cit., per contrasto con il principio costituzionale della riserva di legge nonché con gli artt. 33 e 34 della Costituzione: conseguentemente va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre il presente giudizio per la parte concernente l’impugnazione del regolamento ministeriale 21 luglio 1997 e il d.m. 31 luglio 1997 deve essere sospeso ai sensi dell’art. 23, legge n. 87 del 1953, fino alla pronuncia sulla legittimità costituzionale della norma indicata.

P. Q.M.

Il tribunale amministrativo regionale della Liguria, seconda sezione, pronunciando in via interlocutoria sul ricorso in oggetto, per la parte concernente l’impugnazione del regolamento ministeriale 21 luglio 1997 e del d.m. 31 luglio 1997, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, legge 19 novembre 1990 n. 341, come modificato dall’art. 17, comma 116, legge 15 maggio 1997 n. 127, in relazione al principio costituzionale della riserva relativa di legge e agli artt. 33 e 34 della Costituzione;

Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Sospende la trattazione del ricorso in oggetto ai sensi dell’art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, per la parte riguardante l’impugnazione degli atti ministeriali impugnati;

Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

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