Giustizia amministrativa

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Giacomo Arezzo di Trifiletti
andros@rdn.it

Figli di un Dio minore

Su "Il Sole 24 ore" di oggi 13 febbraio 1999 mi sono accorto di essere figlio di un Dio minore, anzi doppiamente figlio di un Dio minore.

Il Consiglio di Stato, infatti, con sentenza n. 112 del 1999 ha stabilito che il Comune deve motivare la scelta della nomina di un professionista (nella specie: il redattore della revisione del piano regolatore) anche se l'affidamento dell'incarico discende sulla scorta dell'esame dei curricula dei candidati.

Il Comune aveva motivato l'incarico sulla circostanza che il professionista fosse "di sicuro affidamento risultando in possesso dei requisiti professionali e della necessarie cognizioni tecniche ed in grado di assolvere in pieno l'incarico".

Secondo i giudici di Palazzo Spada questa motivazione è insufficiente, pur in presenza di una norma (l'articolo 17 della legge n. 109 del 1994) secondo cui gli incarichi possono essere affidati sulla base dei curricula. La norma, infatti, non giustifica scelte discrezionali, al contrario di quanto dedotto in giudizio dal Comune di Corigliano Calabro a parere del quale, invece, essa impone solo l'obbligo di dare adeguata pubblicità all'intenzione di procedere ad affidamento dell'incarico.

Una volta adempiuto all'obbligo espresso di legge, e tenuto conto che non si tratta, nella circostanza, di una procedura concorsuale, può considerarsi sufficiente, a dire del Comune, l'esame dei curricula e la votazione segreta da parte della Giunta, ben potendo la motivazione del provvedimento essere generica in quanto mera conseguenza della libera autonomia negoziale dell'ente locale.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto, invece, che "il solo fatto che la scelta si basi sull'esame dei curricula comporta inevitabilmente la presenza di una motivazione, la quale dia conto delle ragioni della preferenza accordata, in relazione agli indici di esperienza e specifica capacità professionale desunti dal curriculum del professionista prescelto, che lo hanno fatto anteporre agli altri aspiranti. Non è necessario che venga effettuata una comparazione analitica e puntuale dei titoli sulla base di criteri predeterminati; tuttavia l'amministrazione deve dare contezza nella motivazione del criterio che, in relazione allo specifico oggetto dell'incarico, ha guidato la valutazione dei requisiti desumibili dai curricula e della preminenza di quelli ritenuti più significativi del professionista scelto alla conclusione di un giudizio che, presupponendo l'esame di tutti i curricula, sottintende l'implicito raffronto con gli altri aspiranti."

La decisione conclude che la motivazione utilizzata dal Comune, al contrario, "era troppo generica, riferibile a qualsiasi professionista iscritto all'albo".

Dopo avere riportato pedissequamente il contenuto della sentenza per come è pubblicata sul predetto giornale, passo a motivare l'affermazione secondo cui, dopo averla letta, mi sento di essere due volte figlio di un Dio minore.

In primo luogo perché, scelto dal Sindaco di Viterbo (in qualità di reggente, pur in vigenza del vecchio ordinamento) sono stato dallo stesso non "preferito" con la nuova normativa per "ordini superiori che imponevano un altro Segretario". Dopo aver proposto ricorso al Tar del Lazio, (il "nuovo" Segretario non ha mai preso servizio per decisione dell'Agenzia nazionale in quanto non in possesso dei requisiti), motivato dalla mancata applicazione dell'articolo 15, comma 2, del regolamento (il Sindaco aveva oltrepassato il "muro" dei 120 giorni e quindi doveva, in tale circostanza, procedere a mia conferma, in quanto Segretario "in servizio") mi sono visto rigettare l'istanza di sospensiva con la motivazione secondo cui "la reggenza, come anche la titolarità, può essere mantenuta solo se il Sindaco non manifesta una volontà contraria".

In secondo luogo perché negli Enti ove ho presentato domanda, corredata da curriculum, la motivazione è stata sempre del tenore che segue: "il dott….la dott.ssa….. è in possesso dei requisiti che corrispondono alle necessità di questo Ente".

Non ho mai ricorso contro siffatti provvedimenti perché non ho la vocazione del perdente (e dello scialacquatore di stipendi), specie se il Tar che deve giudicare è quello del Lazio che fino ad oggi ha sentito soltanto le ragioni del partito dei Sindaci.

Ci sarebbe, per la verità, un terzo motivo per sentirmi figlio di un Dio minore: non ho scelto la professione di architetto, perché allora sì che avrei avuto diritto a conoscere le motivazioni dell'amministrazione comunale!

Sapranno i giudici di Palazzo Spada essere coerenti con la decisione sopra riportata allorquando vaglieranno i ricorsi dei Segretari Comunali? C'è da augurarselo, nell'interesse della sopravvivenza dello Stato di diritto e per non portarci a concludere che il Sindaco, più che Capo dell'amministrazione locale, sia ormai a tutti gli effetti da considerare quale novello princeps e quindi, in quanto tale, legibus solutus.

In questa situazione i Segretari Comunali, sia in servizio che in disponibilità e sia pure con qualche sporadica eccezione, colpevolmente tacciono, quasi che la situazione non li riguardasse. Strana genìa, quella dei Segretari Comunali.

Tacciono anche i Sindaci, che evidentemente in questo contesto hanno soltanto da guadagnare. Ma davvero è così? Davvero un Segretario "comodo" perché ricattabile minuto per minuto può portare acqua alla realizzazione del programma amministrativo? Ad un anno dalla riforma può dirsi coscientemente che i problemi delle amministrazioni locali si sono risolti con la nomina fiduciaria (rectius: arbitraria) del Segretario? Sarebbe interessante conoscere il parere dei Sindaci, specie dei piccoli Comuni.

In questo quadro hanno comunque negativamente brillato come non mai le organizzazioni sindacali: dopo aver condotto la Categoria allo sfascio, assistono inauditamente, senza muovere un dito, al suo annichilimento.

Poiché anche i figli di un Dio minore hanno ancora un cervello e capacità propositiva, ritengo di poter proporre alcuni suggerimenti giuridici che possono, a legge invariata, offrire un minimo di garanzia, anche alla luce della sopra riportata decisione del Consiglio di Stato:

1) all'atto della pubblicizzazione della vacanza della sede, il Sindaco deve indicare i punti salienti del programma di governo, al fine di poter effettuare la scelta del Segretario in modo mirato e funzionale all'amministrazione e consentire ai Segretari di produrre, o meno, istanza;

2) il Sindaco deve specificare nel provvedimento di nomina i motivi che lo hanno indotto alla scelta, con particolare riferimento a quelli ritenuti più significativi, in modo da poter da un lato rendere "leggibile" la scelta da parte degli altri organi del Comune e, dall'altro, rendere chiaro il proprio rapporto con il Segretario prescelto;

3) ferma restando la fiduciarietà del rapporto fra Segretario e Sindaco, quest'ultimo deve scegliere esclusivamente fra coloro che hanno i requisiti alla nomina nel rispetto dell'articolo 14 del DPR n. 465 del 1997.