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Articoli e note
n. 4-2003.

ALFREDO ASSISI
(Avvocato del Foro di Roma)

La rimodulazione del sistema dei controlli sugli Enti Locali ed il ruolo dei controlli interni: un’ipotesi metodologica per l’implementazione del controllo strategico nei piccoli comuni.

 

Con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/01 ha trovato compimento il complesso iter normativo che, iniziato nel 1997 con l’emanazione dei primi due capisaldi del “modello Bassanini” di riforma del sistema delle Autonomie Locali “a Costituzione invariata”, terminava “fuori tempo massimo” – all’inizio cioè di una legislatura caratterizzata da forti segnali di discontinuità rispetto alla precedente, che quel modello di riforma aveva perseguito e realizzato – con la revisione del Titolo V della Costituzione [1].

L’intero sistema delle Autonomie Locali, già profondamente trasformato a seguito della riconfigurazione di poteri, funzioni ed assetti organizzativi ed economico-finanziari, determinata dalle grandi riforme del 1997 (Leggi nn. 59 e 127), del 1998 (per tutti il D.lgs n.112) e del 1999 (per quanto di interesse il D.lgs n. 286) e da quello che potremmo definire come l’ultimo grande tentativo “centroriformatore” delle Autonomie – il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali [2] - vedeva ora aprirsi innanzi a se nuovi e più vasti orizzonti in termini di autonomia statutaria, regolamentare, amministrativo-funzionale e finanziaria, in un quadro che ancora oggi a fronte di nuove certezze e funzioni conferite, propone interrogativi normativi e “di assetto” di non poco momento.

Non è questa la sede per discutere del “modello di Repubblica” che l’attuazione – e la ventilata riforma… [3]- del Titolo V della Costituzione potrà infine determinare, in senso formale e materiale: senza dubbio, tuttavia, uno dei settori maggiormente incisi dalla riforma è stato quello dei controlli sugli atti e sugli organi degli EELL, al punto che certa dottrina [4] si è interrogata sulla stessa legittimità costituzionale di un sistema di controllo centralizzato ed esercitato dallo Stato nei confronti di entità autonome ed equiordinate - fornite cioè di dignità istituzionale, secondo quanto previsto dall’art. 114 Cost., quantomeno pari a quella dello Stato -, oltre che sui luoghi istituzionali su cui far gravitare tale sistema.

Il sostanziale venir meno dei controlli esterni sugli atti degli enti locali; l’introduzione di meno rigorose forme di controllo facoltativo ed eventuale ad iniziativa della minoranza; l’incerto fondamento costituzionale dei controlli della Corte dei Conti; la definitiva perdita di legittimità istituzionale per i controlli di merito [5]; la stessa “eliminazione” dei Coreco e l’ambiguo ruolo assunto dai Difensori civici; la definitiva assimilazione dei Segretari comunali nell’apparato burocratico del comune con la creazione di un canale fiduciario con l’apicale politico dell’Ente, l’eliminazione del parere obbligatorio di legittimità e la creazione di un'ibrida Agenzia quale referente organizzativo posta al di fuori del consueto assetto “ministeriale” centralizzato [6]; la nuova e pervasiva frontiera dei poteri (rectius: controlli?) sostitutivi previsti dall’art. 120 Cost. ed il rinnovato ruolo dei Prefetti [7]; sono tutti elementi di una vasta (ed obiettivamente confusa…) sovrapposizione di progetti tesi a riformare e rimodulare, anche a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/01, l’idea stessa e la funzione ontologica dei controlli, nell’ottica complessiva di un agere amministrativo sempre più orientato ad un concetto sostanziale, e sempre meno attento ai canoni formalistici del passato, di legalità.

E tuttavia in un sistema in costante trasformazione e movimento verso un assetto autonomo, policentrico e decentrato, ed alla ricerca di un difficile bilanciamento fra l’autonomia dell’agere e la necessità che una qualche forma di controllo sia garantita, il naturale contrappeso alla disconnessione ed allo sfaldamento dei controlli esterni centralizzati non può che essere rappresentato, oltre che dal potere sostitutivo del Governo previsto dall’art. 120 della Costituzione, dalla valorizzazione ed implementazione di un sistema di controlli “endogeno”, espresso cioè nell’ambito di autonomi percorsi normativi e gestionali dall’ente locale stesso ed ivi incardinato, con l’obiettivo di fornire all’apicale politico ed alla dirigenza adeguate informazioni sull’azione amministrativa posta in essere, onde (eventualmente) rimodulare rispettivamente le linee di indirizzo politico-amministrativo e le strategie gestionali dell’ente [8].

In tal senso l’attenzione prestata fin dal 1999 dal Legislatore nazionale verso i controlli interni, ed il sostanziale recepimento di tale normativa nel Tuel, indica con chiarezza come il processo di progressivo ampliamento dei margini di autonomia e decentramento comporti per gli enti locali l’opportunità e la necessità di attingere alla propria capacità di controllare se stessi, “secondo modelli largamente sperimentati nella cultura aziendale..”[9].

Tali controlli, il cui fondamento costituzionale deve essere ricercato nell’art. 97 Cost., sembrano legati a profili di minore “formalismo” rispetto a quelli in vigore fino alla fine degli anni ’90 (si pensi ai controlli preventivi di legittimità…), ed ancorati piuttosto a concetti di ordine sostanziale quali l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa.

In tal senso l’art. 147 del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, nel riproporre la summa divisio proposta dal d.lgs 286/99, indica quattro tipologie di controlli interni:

1.       Il controllo di regolarità amministrativa e contabile;

2.       Il controllo di gestione;

3.       La valutazione della dirigenza;

4.       La valutazione ed il controllo strategico.

 E’ significativo evidenziare come su questa piattaforma ogni ente locale sia sostanzialmente libero di costruire un proprio “modello di controllo” autonomamente configurato, individuando uno o più organi su cui incardinare le relative competenze (nucleo di valutazione, Segretario comunale - direttore generale, ufficio in staff al Sindaco…).

Non sfugga inoltre come da un concetto di controllo inteso come variabile a se stante rispetto all’agere delle Amministrazioni, si sia passati in dottrina ad evidenziare la rilevanza di un modello operativo–gestionale che “inglobi” il controllo come momento indispensabile per la stessa programmazione, in un ciclo continuo e dialettico che, strutturato sul metodo – mutuato dalla cultura aziendale - della “direzione per obiettivi”, implica un continuo riscontro fra una programmazione e pianificazione in continua evoluzione ed un momento di controllo (strategico) che costantemente ne validi i principi di base, consentendo di valutarne gli esiti step by step nel corso stesso della gestione, al punto da rendere possibile in ogni momento un cambiamento di rotta, attraverso un nuovo processo pianificatorio [10].

In particolare, il controllo strategico viene definito dall’art. 147 comma 1 lett. d) del Tuel sulla base della necessità di “valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti” [11].

In quest’ottica, lo strumento del controllo strategico sembra essere quello in grado più di altri di svolgere il ruolo di “cabina di regia” dell’amministrazione locale nel difficile compito di “valutare l’andamento generale dell’ente rispetto alla mission affidata”, verificando il raggiungimento degli obiettivi strategici e gestionali predefiniti in sede di programmazione, attraverso il riscontro preventivo ed a consuntivo sull’adeguatezza delle scelte compiute per l’attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo e dei piani e programmi dell’ente [12].

E’ auspicabile pertanto che l’adozione di uno strumento operativo così utile ed efficace si diffonda nella cultura amministrativa di tutti gli enti locali italiani, ovviamente diversamente modulato ed implementato asseconda delle dimensioni e della complessità dell’ente.

Per la verità l’esperienza finora conosciuta [13] dimostra come la soglia di operatività dei sistemi di controllo strategico si collochi attualmente all’incirca sui 15000 abitanti, non risultando cases specifici per comuni di dimensioni inferiori.

E tuttavia l’implementazione di un sistema di controllo strategico, magari in convenzione con altri comuni, non sembra implicare un’attività e dei costi tali da ritenerne non conveniente l’ottimizzazione in enti piccoli, spesso obiettivamente dotati di scarse risorse e di pochi dipendenti: in considerazione dei notevoli vantaggi conseguibili, appare pertanto ragionevole immaginare la diffusione di tali metodologie anche nei piccoli comuni, individuando al più una “soglia critica” di convenienza dai 3000 abitanti in su.

 D’altra parte il sempre più diffuso utilizzo (anche per comuni al di sotto dei 15.000 abitanti) dello strumento del Peg, per un verso dimostra come gli enti locali minori siano perfettamente in grado di gestire, magari attraverso l’operato dell’apicale amministrativo, il Segretario comunale [14], strumenti nuovi e sofisticati, per altro favorisce di per sé lo sviluppo della cultura del controllo strategico, divenendone strumento privilegiato [15].

Senza dubbio poi l’introduzione del controllo strategico non può rappresentare per l’ente un costo eccessivo e deve possibilmente accompagnarsi a processi motivazionali e formativi del personale tali da evitare la creazione di un processo operativo autoreferenziale efficiente cui non corrispondano affatto adeguati risultati in termini di produttività [16].

In tal senso la predisposizione di un modello articolato di Controllo Strategico può essere definita al duplice fine di verificare costantemente lo stato di attuazione del programma di mandato e di modificare gli stessi indirizzi strategici della programmazione, provvedendo se del caso ad un’efficace comunicazione istituzionale nei confronti dei cittadini avente ad oggetto gli esiti di tale verifica.

In particolare, considerate le opportunità e le problematiche implicate da una simile scelta, può porsi il problema della definizione dei futuri assetti dei rapporti fra indirizzo politico-amministrativo e concreta gestione nei comuni dove il controllo strategico viene implementato, assetti determinati fra l’altro dall’integrazione del Controllo strategico con altre tipologie di controllo interno – quale in particolare la valutazione dei dipendenti –, in funzione dell’auspicata realizzazione a regime di un sistema integrato di controlli.

L’analisi può per comodità affiancarsi, per evidenziare i profili di estrema concretezza ed immediata operatività del controllo strategico, con un “case” teorico ma rappresentativo di un comune “virtuale” compreso fra i 3000 ed i 15000 abitanti, evidenziando in particolare alcune metodologie operative di base e le potenzialità ed i punti di criticità eventualmente riscontrabili, sulla scorta delle esperienze fino ad ora acquisite per comuni di maggiori dimensioni [17].

PREMESSE. Si immagini un comune di circa 5000 abitanti, il cui Sindaco è stato eletto con un voto di discontinuità rispetto al passato; la precedente amministrazione “lascia” una buona situazione economico-finanziaria (sussistenza di tutti i principali equilibri di bilancio nel pieno rispetto dei principi contabili, avanzo di amministrazione, residui attivi inesistenti, discreta situazione patrimoniale, presenza di un sufficiente fondo di riserva..), pur in assenza di una coerente attività di programmazione, improntata piuttosto ad una logica day by day: alcuni strumenti di programmazione obbligatori, poi, potrebbero essere stati travisati – volontariamente o per necessità - nei contenuti e nelle finalità (Relazione previsionale e programmatica), altri facoltativi ma utili potrebbero non essere stati mai implementati (PEG), quelli in essere sono magari antiquati (PRG) e/o aggiornati solo pro forma (programma triennale dei lavori pubblici).

Si immagini inoltre che manchi del tutto un’adeguata politica di investimenti e che l’amministrazione sia priva di professionalità utili, a volte indispensabili; il sindaco potrebbe inoltre aver deciso di avvalersi temporaneamente dell’art. 53, comma 23 della L. 388/00, per come modificato dall’art. 29 comma 4 della L. 448/01, assegnando agli assessori la quasi totalità delle posizioni di responsabile dei servizi: tuttavia fra gli obiettivi dell’amministrazione vi è quello di rinforzare e responsabilizzare l’apparato burocratico, integrandovi figure professionalmente qualificate.

L’ipotesi di lavoro prescelta consentirà di procedere ad una rapida ricognizione dei rapporti fra i vari controlli interni, delineando in particolare il valore del controllo strategico quale strumento di direzione per obiettivi, con riferimento ai profili della qualità erogata e dell’efficacia dell’agere amministrativo in rapporto alle politiche-obiettivo precedentemente individuate.

Saranno poi definite tre fasi per l’implementazione di un modello pluristrutturato di controllo strategico, valutando le potenzialità ed i punti di criticità di ogni fase (ed ipotesi di modello intermedio), per soffermarsi poi sul modello finale e sui suoi “prodotti” - con particolare riferimento alla Comunicazione di fine mandato ai cittadini - nonchè sui rapporti in concreto con le altre tipologie di controlli, nella prospettiva di un sistema integrato di controlli interni, e con gli strumenti della programmazione.

ASSETTO DEI CONTROLLI E RUOLO DEL CONTROLLO STRATEGICO. Il dlgs. 286/99, nell’introdurre agli artt. 1 e 6 il Controllo strategico quale strumento di supporto per gli organi di indirizzo politico, ne individua la principale funzione nell’esigenza di verificare l’efficacia delle attività poste in essere in attuazione delle Politiche Pubbliche Prioritarie [18] fissate in sede di pianificazione strategica e di programmazione, attraverso una valutazione di conformità fra risultati conseguiti ed obiettivi predeterminati.

Tali norme sono espressione di un mero indirizzo non vincolante per le autonomie locali, e l’art. 147 del Tuel, al comma 3, ne ribadisce la derogabilità con riferimento alla progettazione d’insieme del sistema dei controlli interni [19].

Ed infatti mentre il controllo di regolarità amm. e contabile è posto a garanzia dei generali parametri di correttezza formale e sostanziale dell’agere amministrativo, ed attraverso una vasta congerie di strumenti ed organi (pareri obbligatori ex art. 49 Tuel, collaborazione del Segretario ex art. 97, et similia) ne consente un’efficace verifica in termini di regolarità, il Controllo strategico consente di valutare come, nell’ambito di tali limiti di correttezza, gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti.

D’altra parte se il Controllo strategico assume le vesti di strumento di verifica, in termini di efficacia, delle scelte attuative dei programmi e degli stessi processi di pianificazione e programmazione, il controllo di gestione affronta in un’ottica economico-contabile le dinamiche attuative dell’agere in termini di risultati raggiunti e costi sostenuti, al fine di ottimizzarne il rapporto e di implementare l’azione amministrativa, attraverso il budgeting, in termini di efficienza ed economicità.

Con la valutazione della dirigenza poi, da intendere alla luce del combinato disposto fra l’art. 147 Tuel e l’art. 6 CCNL comparto EELL come strumento di valutazione di tutti i dipendenti dell’ente, sarà possibile verificare il grado di coinvolgimento e la produttività dei singoli amministratori, nonchè le competenze organizzative dei dirigenti, integrando in termini soggettivi le rilevazioni del Controllo strategico[20].

Il controllo strategico si sviluppa in un contesto segnato dalla separazione fra sfera dell’Indirizzo Politico-Amministrativo e concreta gestione della cosa pubblica, quale necessario strumento di verifica ed interfaccia per gli organi politici, in grado di fornire un feedback continuo sull’attuazione dei programmi. Definite, sulla base del programma elettorale e degli altri strumenti di pianificazione strategica, alcune Politiche Pubbliche Prioritarie, da intendere come insieme di azioni, programmi e progetti volti in concreto a risolvere problemi della comunità locale, a fornire cioè risposte istituzionali ad una serie di bisogni, opportunità o domande insoddisfatte, mediante il c.d. ciclo del controllo strategico [21] sarà possibile valutarne ex ante la coerenza in termini di adeguatezza delle risorse approntate e di sostenibilità finanziaria, soffermandosi ex post sull’efficacia dell’agere, da intendere come verifica di successo delle politiche pubbliche prioritarie, riscontrabile anche in termini di qualità erogata.

Il Controllo strategico assume pertanto il duplice ruolo di supporto all’indirizzo politico-amministrativo e di traino della pianificazione/programmazione, nonché di centro nevralgico di valutazione e responsabilizzazione dell’apparato burocratico.

Sarà allora necessario indicare con precisione l’oggetto del Controllo strategico, l’organo responsabile, i parametri cui sarà ancorata la valutazione, gli strumenti utilizzabili, oltre che i soggetti su cui si esercita ed i “prodotti finali.

Il processo di verifica, procedendo bottom-up dal microlivello delle singole attività al livello della pianificazione operativa e della programmazione, fino a lambire il metalivello della pianificazione strategica, consentirà di evidenziare problemi, inefficienze, ritardi nell’attuazione delle politiche pubbliche prioritarie, opportunità, possibili variazioni nei programmi, nei piani, negli obiettivi strategici e di gestione, e nelle stesse dinamiche di indirizzo politico-amministrativo, attivando nell’ottica del ciclo del Controllo strategico un nuovo processo di pianificazione e programmazione secondo la speculare logica top-down.

TRE FASI DI IMPLEMENTAZIONE: IL MODELLO FINALE. Ciò considerato in termini teorici, risulterà utile ritornare al “comune virtuale” brevemente delineato in premessa: in particolare si immagini di implementare un modello di Controllo strategico dinamico in tre fasi, al fine di interfacciare sin da subito gli organi di indirizzo politico e di consentire la graduale realizzazione di un Sistema Integrato di Controlli Interni (ipotetico periodo di riferimento: sett. 2003–luglio 2008).

L’introduzione del Controllo strategico diventa nello specifico lo strumento per implementare nel tempo il PEG ed altri strumenti di programmazione sempre più dettagliati, dando precedenza a quelli di maggiore impatto sui cittadini (ad esempio il PUT), nell’ipotesi (concordata con il Sindaco), che la transitoria assegnazione ai membri della giunta di funzioni gestorie lasci il campo all’individuazione di Posizioni Organizzative con contratto a tempo determinato (cfr. Art. 8 e 9 CCNL EELL) di durata biennale e conseguente individuazione dei Responsabili dei Servizi, fino all’approdo finale di una dirigenza (in esito alla riprogettazione dell’assetto organizzativo dell’ente, il nuovo organigramma potrebbe così prevedere l’assunzione di tre dirigenti d’area onde formare una guida professionalmente più adeguata per l’ente senza gravare eccessivamente sul bilancio) che si affianchi ai responsabili dei servizi e sia in grado di negoziare il proprio budget con l’organo politico.

Tramite il Controllo strategico sarà possibile monitorare l’efficacia delle scelte politiche con progressivo approfondimento dei livelli di lettura, dal mero riscontro sulla concreta realizzazione delle scelte di indirizzo politico-amministrativo affidate agli assessori, alla determinazione dei costi e tempi di realizzazione dei progetti attuativi delle politiche pubbliche prioritarie in capo alle posizioni organizzative, fino all’analisi di dettaglio, da scheda PEG, sui profili di efficacia temporizzata dei dirigenti e responsabili dei servizi [22].

E ciò anche al fine di evidenziare i progressi, pur a fronte di un incremento costi del personale (posizioni organizzative e dirigenti), nella concreta attuazione nel tempo delle linee di indirizzo politico del Sindaco e della giunta, grazie all’attivarsi di un circolo virtuoso a doppio canale:

1)ritorno del personale politico alla peculiare funzione di individuazione delle politiche prioritarie ed alla pianificazione/programmazione;

2)incremento di professionalità del personale amministrativo, la cui efficacia operativa temporizzata trova riscontro nel Controllo strategico.

E’ a questo punto possibile definire analiticamente ed in sintesi il modello trifasico ipotizzato, temporizzandone le attività e delineando le opportunità ed i punti di criticità per fase.

Fase1.sperimentale:DURATA: 1 anno e mezzo.Dal settembre 2003 al dicembre 2004;

ORGANO RESPONSABILE: Segretario comunale in staff al Sindaco;

OGGETTO: stato di attuazione delle linee programmatiche annuali e del programma elettorale; verifica sull’efficace gestione attuativa degli assessori.

ATTIVITA’: modifiche allo Statuto (al fine di introdurre il “sistema integrato di controlli interni” e di prevedere, quantomeno genericamente, l’implementazione del Controllo strategico);

redazione del Regolamento sui controlli interni (individuazione specifica del modello di Controllo strategico e disciplina transitoria);

individuazione delle politiche pubbliche prioritarie, dei macroobiettivi in genere e degli obiettivi strategici, con relativi parametri, sulla base del programma elettorale e di mandato del Sindaco;

predisposizione di indicatori di efficacia (di tipo quantitativo) sulla base dei macroobiettivi e degli obiettivi strategici precedentemente definiti;

progettazione di un nuovo assetto organizzativo dell’ente;

attivazione delle procedure di selezione per personale di cat. D.

SOGGETTI CONTROLLATI: assessori responsabili dei servizi; se presenti, i responsabili dei servizi.

PARAMETRI: macroobiettivi ed obiettivi strategici e gestionali indicati nel Programma Elettorale, nel Programma di Mandato, nelle Linee Programmatiche Annuali, nel Piano Degli Obiettivi (semplificato) e nel nuovo Programma Triennale dei Lavori Pubblici.

STRUMENTI: programma elettorale del sindaco, linee programmatiche annuali e di mandato, delibere consiliari e di giunta di indirizzo; piano triennale dei lavori pubblici; programma triennale dei fabbisogni di personale; bilancio annuale e pluriennale.

PRODOTTI: Report semestrali riservati al Sindaco;

OPPORTUNITA’ E PUNTI DI CRITICITA’: nella prima fase vengono poste le basi normative e strumentali per lo sviluppo del modello, pervenendo all’esplicitazione in concreto delle linee strategiche dell’Amministrazione attraverso una prima redazione del Piano dettagliato degli obiettivi e la definizione delle politiche pubbliche prioritarie; gli assessori vengono responsabilizzati nell’attuale fase gestoria e stimolati a pensare in prospettiva all’elaborazione dell’indirizzo politico-amministrativo dell’ente, per programmi ed in ottica pianificatoria; inizia il processo di maturazione culturale ed aumenta il grado di coinvolgimento dei ruoli amministrativi; primi riscontri sull’efficacia dell’agere.

D’altra parte è possibile che sorgano potenziali resistenze da parte del personale politico; in questa fase è poi evidente la tendenziale “debolezza” dell’organo di controllo: malgrado il posizionamento in staff al Sindaco e la riservatezza dei report, è possibile ipotizzare un’accesa conflittualità fra gli assessori ed il segretario comunale chiamato a valutarne l’operato; possibili difficoltà nell’individuazione delle politiche pubbliche prioritarie ed in generale nella concreta determinazione dell’indirizzo politico; attività pianificatoria generica [23].

Fase 2. a regime: DURATA: due anni. Dal gennaio 2005 al dicembre 2006;

ORGANO RESPONSABILE: Segretario-Direttore Generale;

OGGETTO: stato di attuazione delle linee programmatiche annuali e pluriennali e del programma di mandato; effettivo raggiungimento degli obiettivi strategici e gestionali; verifica sull’adeguatezza delle scelte operative poste in essere dalle posizioni organizzative nell’attuazione delle direttive di indirizzo; misurazione, in via sperimentale, dei tempi di risposta alle direttive assessoriali, giuntali e del sindaco;

ATTIVITA’: introduzione del Peg e della contabilità analitica; prime ipotesi di “pesatura” degli obiettivi; attuazione del nuovo assetto organizzativo; prime assunzioni di personale; attivazione delle procedure di selezione per la nomina di 3 dirigenti; individuazione degli obiettivi e dei parametri gestionali; definizione di ulteriori e più sofisticati indicatori di efficacia, con prime esperienze di riscontro.

SOGGETTI CONTROLLATI: posizioni organizzative - responsabili dei servizi; precedenti responsabili dei servizi; amministratori delle società partecipate;

PARAMETRI: i medesimi di fase 1, ed in aggiunta quelli estrapolati da: Relazione Previsionale e Programmatica, Peg semplificato, Put, piano dettagliato degli obiettivi implementato con diagrammi di Gantt (per la temporizzazione), bilancio annuale e pluriennale, accordi di programma, bilanci delle società partecipate;

STRUMENTI: gli stessi di fase 1, ed inoltre il Put, il nuovo Prg, elenco annuale dei lavori pubblici, Relazione previsionale e programmatica, Peg, Pdo; indicatori di efficacia;

PRODOTTI: report semestrali riservati al Sindaco;

report semplificato annuale ad uso interno.

OPPORTUNITA’ E PUNTI DI CRITICITA’: gli atti di programmazione diventano fonte di concreti parametri di riscontro; si può procedere con una politica del personale attenta alla competizione interna ed all’emersione delle figure più promettenti per le posizioni di responsabilità; le decisioni cominciano ad essere negoziate fra organi di indirizzo politico e management e si attiva il circolo virtuoso di pianificazione e controllo.

   Si registra tuttavia un aumento dei conflitti fra i diversi livelli del personale; incomprensioni fra sfera politica ed organi di amministrazione.

Fase 3. definitiva: DURATA: 1 anno e mezzo. Dal gennaio 2007 al luglio 2008;

ORGANO RESPONSABILE: Direttore generale. In alternativa (ipotesi B): Nucleo di Controllo strategico, eventualmente in convenzione con altri comuni, in staff al Sindaco.

OGGETTO: identico alla fase 2, ed in aggiunta: verifica sull’attuazione dei macroobiettivi; valutazioni sulla temporizzazione delle attività; valutazione per singole rilevazioni di dettaglio, da scheda Peg, sull’efficacia delle attività dei dirigenti.

ATTIVITA’: eventuale implementazione di più raffinati indicatori su base di microlivello; lettura del macrolivello nell’ottica dell’ACB (analisi costi-benefici); indagini di customer satisfaction; pesatura definitiva degli obiettivi.

SOGGETTI CONTROLLATI: gli stessi di fase 2, ad esclusione delle posizioni organizzative ad esaurimento ed inoltre i Dirigenti. Nell’ipotesi B, anche il Direttore generale.

PARAMETRI: gli stessi di fase 2, ed in più quelli desumibili: dal P.e.e.p., P.i.p. ed eventuale Patto territoriale.

STRUMENTI: desumibili da fase 2, ed inoltre: indagini di customer satisfaction; diagrammi di Gantt; sistema degli indicatori; benchmarking strategico.

PRODOTTI: gli stessi di fase 2 ed inoltre: lettera aperta quadrimestrale di informazione ai cittadini;

comunicato stampa semestrale agli organi di informazione locale;

comunicazione di fine mandato alla cittadinanza (maggio 2008), con indicazione specifica dei macroobiettivi posti negli strumenti di metalivello e dei risultati conseguiti nel volgere del mandato.

OPPORTUNITA’ E PUNTI DI CRITICITA’: il modello di Controllo strategico è interamente implementato e confluisce nel Sistema integrato dei controlli interni; è possibile valutare le performance dell’ente e delle sue partecipate attraverso l’utilizzo dei diagrammi di Gantt per la temporizzazione, ed il ciclo del Controllo strategico consente una riprogrammazione efficace del livello della pianificazione operativa e del microlivello; customer satisfaction e benchmarking strategico garantiscono la dinamicità del modello; il flusso di comunicazione verso i cittadini accresce il consenso per gli organi di indirizzo politico e rappresenta un fattore di potenziale impatto elettorale.

   Nell’ipotesi B, i costi potrebbero lievitare considerevolmente; rischio di prosciugare le casse dell’ente per eccesso di programmazione; potenziale incremento del contenzioso; con riferimento agli indicatori, autoreferenzialità del sistema ed effetto tunnel (l’apparato si concentra sulle attività coperte da indicatori, a scapito di altre).

CONSIDERAZIONI FINALI: grazie al flusso bidirezionale generato dalla comunicazione istituzionale e dalle indagini di customer satisfaction, è possibile acclarare il grado di immedesimazione fra le politiche pubbliche prioritarie ed i macroobiettivi in genere e le aspettative dei cittadini-elettori, al fine di consentire un’auspicabile identificazione fra le dinamiche di indirizzo politico-amministrativo e le esigenze della comunità.

Emerge con forza (dove non si adotti il nucleo per il Controllo strategico) il ruolo centrale del Segretario-direttore generale quale responsabile del Controllo strategico, cui vengono gradualmente conferiti i poteri per affermare ed assestare il modello di Controllo strategico.

Quanto ai rapporti in concreto con gli strumenti di programmazione, si ribadisce come il metalivello della pianificazione strategica (programma elettorale, programma di mandato, Pdo, politiche pubbliche prioritarie, etc.) individui i Piani Strategici ed i Macroobiettivi; il livello della pianificazione operativa e della Programmazione (Peg, Relazione previsionale e programmatica, Bilancio, Prg, etc.) gli obiettivi strategici e gestionali; il microlivello della programmazione attuativa e della gestione (attività per scheda di Peg, analisi e temporizzazione dei singoli S.a.l. in materia di appalti, subprogrammi di Relazione previsionale e programmatica, etc.) i microobiettivi.

Secondo le dinamiche della D.p.o. (direzione per obiettivi) e sulla base di un movimento ascendente di verifica e discendente di (ri)pianificazione, la graduale definizione del modello di Controllo strategico consente di valutare l’aderenza, l’efficacia e l’operatività nel tempo delle scelte attuative degli strumenti di indirizzo politico-amministrativo, permettendo attraverso report differenziati nel tempo e per qualità, di assestare il metalivello, correggere il livello della pianificazione, e riprogrammare il microlivello, oltre che valutare ed intervenire sui responsabili della gestione per obiettivi e microobiettivi.

Infine, considerando l’estrema varietà dei “prodotti” del Controllo strategico e le opportunità offerte dalla L. 150/00 e dal regolamento attuativo contenuto nel Dpr n. 422/01, è ragionevole ipotizzare la fruizione di numerosi canali di flusso, quali in prospettiva internet e la diffusione a mezzo di ufficio Stampa, per la comunicazione dei report non riservati.

Con la Comunicazione di fine mandato ai cittadini, nel maggio 2008 - momento di massima trasparenza amministrativa e di feedback elettorale, ed in cui in virtù del forte ancoraggio ai concreti strumenti di pianificazione e gestione, le componenti della comunicazione istituzionale dovrebbero prevalere sugli inevitabili (per quanto necessari) profili di comunicazione politico/elettorale - il ciclo del Controllo strategico si chiude temporaneamente.

In conclusione, se si parte dall’assunto che anche nei piccoli comuni (quantomeno quelli la cui popolazione raggiunge all’incirca i 3000 abitanti) la pianificazione e la programmazione dell’attività amministrativa è imprescindibile, l’introduzione di un sistema di controlli interni incentrato sulle dinamiche cicliche del controllo strategico consente da un lato di bilanciare almeno in parte il venir meno della quasi totalità dei controlli esterni attraverso la continua verifica sullo stato di attuazione dei piani e dei programmi, provvedendo se del caso ad una ripianificazione in corso di gestione, dall’altro di generare un flusso informativo ascendente “riservato” verso gli organi di indirizzo politico, e discendente “pubblico” verso i cittadini, secondo le dinamiche della comunicazione istituzionale.


 

[1] Le leggi nn. 59 e 127 del 1997 ed il ramificato seguito di D.p.r. e D.lgs attuativi, sono unanimemente considerati dalla dottrina (fra gli altri R. Galli, Corso di diritto amministrativo, p. 154, ed. Cedam, 2000) come un corpus unico e – almeno nelle intenzioni – omogeneo di riforma dello Stato in senso policentrico, ampiamente decentrato e, a titolo puramente esemplificativo, “federale”: ogni ulteriore sbilanciamento di poteri e competenze verso le Autonomie Locali si sarebbe potuto legittimamente realizzare solo a fronte di una “copertura” costituzionale di spessore, a condizione cioè di un’articolata modifica del Titolo V della Legge fondamentale.

La semplice lettura delle nuove disposizioni costituzionali mostra peraltro con chiarezza un segnale di continuità-superamento rispetto a tale corpus, con particolare riferimento al processo di conferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni ed agli Enti locali minori, ed al corrispondente incardinamento delle potestà legislative e regolamentari con criterio speculare ed inverso rispetto al precedente modello costituzionale.

[2] D.lgs n. 267/00: I nuovi assetti costituzionali, i maggiori spazi offerti all’autonomia degli enti, lo stesso esame del Ddl. La Loggia per la parte – di recente emendata - in cui prevede la “delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, lasciano intendere che si procederà piuttosto ad una revisione delle disposizioni contenute nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali “limitatamente alle norme che contrastano con il sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione, l'integrazione, la soppressione ed il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza sistematica della normativa, l'aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo”.

[3] L. Ostellino, La devolution con il nuovo Titolo V” da: Il Sole 24 ore – mercoledì 26 marzo 2003 – n. 84.

[4] A. Riccardo, Riforma costituzionale e controllo sugli atti: prime osservazioni sui riflessi immediatamente applicativi per il pianeta delle autonomie locali, in Giust.it - Rivista Internet di diritto pubblico, n. 10/01. I maggiori problemi sono posti ovviamente dal controllo sugli atti amministrativi degli enti locali, e dalla sostanziale “sparizione” dei Coreco (la sopravvivenza dei quali appare legata all’autonomo pronunciamento del legislatore regionale).Per un quadro abbastanza aggiornato della vicenda si confronti F. Caringella, L. Delpino, F. del giudice, Diritto Amministrativo, pag. 353 ss, ed. 2002, Simone.   

[5] P. Barrera, I controlli esterni ed i controlli interni, sintesi della lezione tenuta il 19/2/02 in Frascati al 1° Corso di Accesso in Carriera per Segretari comunali, ed. SSPAL.

[6] R. Galli, Corso, cit., p. 374.

[7] Si ricordi a tal proposito il clamore suscitato fra gli operatori ed in dottrina dal D.l. 22/2/02, n. 13, successivamente convertito in legge, recante “disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità degli enti locali”.

[8] Il fatto che si tratti di controlli gestiti all’interno delle singole Amministrazioni, e che pertanto anche se incardinati in un nucleo posto in staff all’organo politico manchi di fatto una distinzione soggettiva fra organi di amministrazione attiva ed organi addetti al controllo, non ne inficia affatto l’estrema utilità come strumenti di self evaluation ed autocorrezione per l’Ente locale, soprattutto in un contesto in cui tali forme di endovalutazione sono affiancate da strumenti di controllo “esterno” comunque regolati e gestiti da enti terzi (cfr. L. 20/94 ed introduzione del controllo della Corte dei Conti sulla gestione degli enti, secondo criteri generali previsti per tutte le Amministrazioni da Corte conti, Sez. Un., 12/1/99, n.2).

[9] Con riferimento all’art. 147 Tuel si veda anche P. Barrera, I controlli esterni ed i controlli interni, sintesi della lezione tenuta il 19/2/02 in Frascati al 1° Corso di Accesso in Carriera per Segretari comunali, ed. SSPAL. Circa l’impatto dei controlli interni sull’intero sistema della P.A. italiana, con specifico riferimento alla cultura dell’autocontrollo, si veda di N. Rasola, Il controllo di gestione e il controllo strategico nella realtà attuale della P.A. italiana: problemi e prospettive, su Nuova Rassegna, n. 13, 2000, pag. 1343.

[10] P. Barrera, Funzioni “politiche” e funzioni di gestione amministrativa, sintesi della lezione tenuta il 29/1/02 in Frascati al 1° Corso di Accesso in Carriera per Segretari comunali, ed. SSPAL.

[11] Fra i diversi contributi si segnala M. Bellesia, il controllo strategico, in Guida normativa per l’Amministrazione locale, vol. I, ed. Cel, pag. 1095.

[12] A. Di Filippo, il controllo strategico, Azienditalia – dossier: Comuni in rete, n. 14/02, pag. 24.

[13] Fra i tanti, interessantissimi contributi, si veda: R. Malaguti, Il controllo strategico negli enti locali: esperienze a confronto, pubblicazione telematica su www.controllinterni.it.

[14] G. Farneti, Gestione e contabilità dell’ente locale, Maggioli, 2002, pag. 532 ss., secondo cui, relativamente al problema di implementare il controllo strategico e di gestione, “…Circa le competenze giuridiche il problema non si dovrebbe porre, sia perché la cultura giuridica è ampiamente diffusa negli enti, sia perché esiste al riguardo un naturale e competente referente, il segretario comunale...”

[15] In argomento si confronti G. Morri, Il Peg come strumento di dialogo permanente con il cittadino, su Comuni d’Italia, settembre 2002, pag. 113.

[16] M. Bianchi, Un test per valutare i sistemi di controllo, valutazione ed incentivazione, Aziendaitalia, 10/2002, pag. 583.

[17] Si segnalano in tal senso: L. Carriero, Sistema dei controlli: l’esperienza del comune di Siena, Aziendaitalia, 7/2002, pag. 447; R. Marra, Controlli interni e contabilità economica: risultati e considerazioni su due indagini svolte in Campania, ibid., 8/2002, inserto; M.T. Nardo, il ruolo della programmazione nella valutazione dei risultati, ibid., 9/2002, pag. 550.

[18] B. Dente e G. Vecchi, La valutazione ed il controllo strategico, da Valutare per governare, Etas libri, 1999.

[19] A. Di Filippo, il controllo strategico, cit.

[20] il riferimento è all’art. 6 del CCNL 31marzo 1999, contenente il nuovo ordinamento professionale per il comparto enti locali.

[21] M. Bottari, Uno strumento di controllo strategico per le amministrazioni locali: la balanced scorecard, in Azienda pubblica, 1-2. 2002, pag. 95.

[22] G. Farneti, gestione.., cit., pag. 535 ss.

[23] Spunti ispirati da: R. Malaguti, Il controllo strategico negli enti locali, cit.

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