I poteri presidenziali nel giudizio cautelare amministrativo
1. Le pronunce del TAR Valle d’Aosta, riportate in calce alla presente nota, offrono interessanti spunti di riflessione circa il problema della tutela cautelare nel processo amministrativo dopo la rivisitazione operatane dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, che conferma e razionalizza una serie di spinte innovative - introdotte in via giurisprudenziale – ispirate dalla sempre più avvertita esigenza di “effettività” di tutela giurisdizionale e di paritarietà tra le tecniche impiegate dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario. Più in particolare, consentono di affrontare lo specifico nodo della tutela cautelare monocratica presidenziale.
2. La complessità della vicenda richiede di evidenziarne brevemente gli estremi.
A fronte del ricorso proposto per l’annullamento di concessione edilizia, il TAR Valle d’Aosta pronunciava, in camera di consiglio, ordinanza di accoglimento in via interinale dell’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, nelle more di una verificazione tecnica. Successivamente la controinteressata chiedeva l’integrazione di tale ordinanza ed il Presidente del Tar accoglieva l’istanza con decreto, fissando per la relativa trattazione la prima camera di consiglio utile.
Parte ricorrente formulava, allora, istanza per il riesame di tale decreto presidenziale – assumendo che in tal modo potesse vanificarsi la ragione stessa che aveva portato alla tutela cautelare; chiedeva, in particolare, che venisse revocata l’autorizzazione alla messa in sicurezza del cantiere oggetto della controversia – ma il Presidente la respingeva ritenendo insussistenti i gravi motivi e l’urgenza tali da non consentire la dilazione dell’esame dell’istanza sino alla fissata camera di consiglio. In tale sede [1] era confermata l’integrazione dell’originaria ordinanza di sospensione, così autorizzandosi i lavori di messa in sicurezza del cantiere con esclusione di ogni nuova diversa opera. Veniva, in ogni caso, confermata la successiva camera di consiglio per l’ulteriore trattazione dell’originaria domanda di sospensione.
3. Ciò che qui preme esaminare è il decreto presidenziale con cui il Tar Valle d’Aosta dispone l’integrazione dell’originaria ordinanza cautelare e le considerazioni che esso implica, anche dopo la L. 205, in punto di ammissibilità di autonomi poteri presidenziali a fronte della struttura prettamente collegiale dell’organo giudicante amministrativo, nonché, e soprattutto, in punto di ammissibilità di adozione inaudita altera parte di un provvedimento monocratico presidenziale.
3.1 Lo specifico problema dell’innesto di forme di tutela cautelare monocratica ante causam in controversie afferenti interessi legittimi – problema affrontato dalla riforma (anche se, forse, non risolto in senso del tutto favorevole all’ammissibilità di tale strumento nella struttura processuale amministrativa) – si inserisce nell’ambito del più ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinario che ha accompagnato, negli ultimi anni, il processo evolutivo di cui è stata protagonista la tutela cautelare (e sommaria in generale) nel processo amministrativo.
Partendo dalla nota sentenza della Corte Costituzionale del 28 giugno 1985, n. 190 [2] fino alla recente riforma, il ruolo della tutela cautelare amministrativa si è progressivamente modificato - tra l’immobilità del legislatore, da un lato, e le pressioni comunitarie e costituzionali dall’altro - nel senso di una sempre maggiore ricerca di “effettività” della tutela giurisdizionale.
Il
(tanto sospirato) superamento dell’identificazione della misura cautelare
nella sola tipica figura della sospensione del provvedimento impugnato [3]
non è certo un risultato raggiunto pacificamente; al contrario è stato il
frutto di aspri contrasti giurisprudenziali, e, nonostante l’intervento
della legge 205 abbia permesso di risolvere molte spinose questioni in
materia, alcuni coni d’ombra permangono tuttora. Proprio per questo motivo
l’interpretazione e l’applicazione della legge di riforma in
quest’ambito può trovare una chiave di lettura nelle posizioni
giurisprudenziali emerse ante legge 205/2000, pur se da questa concretamente superate.
Esse sostanzialmente divergevano nel riconoscere o meno - a fronte delle obiettive difficoltà che poneva la allora vigente disciplina della fase cautelare - la possibilità di eterointegrare la struttura processuale amministrativa attraverso l’innesto di strumenti di tutela e di schemi processualcivilistici. Da un lato alcuni Tribunali amministrativi regionali [4], sostenevano la possibilità di individuare nell’art. 21 L. T.A.R. (ante L. 205) la fonte una norma attributiva di un potere cautelare atipico a favore del giudice amministrativo [5], e per questo modellabile anche attraverso l’applicazione analogica degli istituti disciplinati dal codice di procedura civile, se idonei e compatibili, dall’altro il Consiglio di Stato [6], si opponeva fermamente a tale soluzione.
3.2 Al rifiuto dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [7] di applicare in via analogica e di trapiantare istituti tipici del modello processuale civile alla fase cautelare del processo amministrativo si accompagna, più in particolare, la netta opposizione all’innesto di forme di tutela monocratica ante causam.
La questione aveva, già prima della L. 205 ed in visione avanguardistica, formato oggetto di interessanti pronunce della terza sezione del TAR Lombardia e della Sezione staccata di Catania del TAR Sicilia [8].
Allo scopo di garantire l’effettività della tutela cautelare in sede giurisdizionale amministrativa anteriormente alla pronuncia da parte del collegio sulla richiesta sospensione, detta giurisprudenza giustificava l’adozione di provvedimenti monocratici presidenziali inaudita altera parte, con la considerazione che il rispetto del rito ordinario collegiale si sarebbe tradotto in un danno grave ed irreparabile per il diritto del ricorrente; l’efficacia del provvedimento cautelare presidenziale era però temporalmente circoscritta alla data della camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare. Le istanze avanzate al fine di consentire al Giudice amministrativo l’utilizzo del rito monocratico ante causam, che l’indicata giurisprudenza di merito poggiava essenzialmente sui principi di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – tra cui la tutela del diritto ad un giusto processo – nonché sulla garanzia costituzionale (artt. 24 e 113 Cost.) del diritto alla difesa, decisamente avversate dal Consiglio di Stato [9] – che aveva definito “abnormi” e affetti da “nullità assoluta” i decreti presidenziali di I grado - , sono state parzialmente accolte dalla legge di riforma.
4. La legge n. 205, in materia cautelare, ha infatti modificato gli scarni articoli 21 e 28 della legge T.A.R., ed ha apportato novità di notevole rilievo, anche se molte disposizioni non costituiscono altro che un avallo a spinte giurisprudenziali già sperimentate.
Può, in buona sintesi, affermarsi che la novella affondi le proprie radici nella esegesi giurisprudenziale sviluppatasi al fine di adeguare alle esigenze di effettiva tutela un rito probabilmente non adeguato. La ratio [10] che ispira l’intera normativa dovrà, pertanto, guidare l’opera dell’interprete nella concreta individuazione delle forme e degli effetti della tutela cautelare.
4.1 L’art. 3 L. 205/2000 ha posto fine al contrasto sorto, proprio per la mancanza di un’esplicita previsione normativa, in materia di poteri cautelari provvisori del Presidente del Tribunale (o della Sezione cui è assegnato il ricorso).
Ai sensi del nuovo comma 8 dell’art. 21 legge T.A.R. [11], “Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del Tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie.
Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l’istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile.
Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un’ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata”.
La legge, svolgendo così un’operazione ricognitiva di soluzioni già localmente adottate ma avversate dal Consiglio di Stato, introduce una forma di tutela preventiva che, realizzandosi attraverso l’adozione di un provvedimento interinale ad efficacia temporalmente circoscritta – provvedimento rilasciato inaudita altera parte in aperta antitesi con il previgente sistema processuale amministrativo – garantisce, sì, solo un contraddittorio posticipato, ma, quanto meno, fornisce maggiori garanzie circa il rispetto dell’effettività del contraddittorio rispetto a quanto non possano fare soluzioni alternative quali quelle, proposte prima della legge di riforma, dell’abbreviazione dei termini e della fissazione di camere di consiglio straordinarie [12].
L’art. 3 della legge 205/2000, inoltre, rispondendo in parte - a fronte di fattispecie caratterizzate dall’imminenza del pregiudizio - alla sempre più pressante richiesta di una tutela più celere di quella che poteva assicurare la prima camera di consiglio successiva alla proposizione dell’istanza di sospensione, se, da un lato, deroga in modo innovativo al tradizionale principio della necessaria composizione collegiale dell’organo giudicante amministrativo, tuttavia dall’altro – richiedendo la necessaria qualità di ricorrente in capo all’istante - mantiene fermo quello della non trasferibilità al processo amministrativo di determinazioni cautelari ante causam.
5.
Il decreto presidenziale del T.A.R.
Valle d’Aosta qui in esame, si inserisce senza dubbio, e per espresso
richiamo dello stesso Presidente che lo ha emesso, nell’ambito delle misure provvisorie presidenziali disciplinate dalla norma ora
analizzata. Nell’accogliere l’istanza di integrazione della precedente
ordinanza cautelare il Presidente, espressamente richiamando l’art. 21 L.
1034/1971 come modificato dall’art.3 L. 205/2000, riteneva che nel caso in
oggetto ricorressero i gravi motivi e
l’urgenza tali da non consentire la dilazione dell’esame dell’istanza
citata sino alla successiva camera di consiglio.
A prescindere dalle considerazioni che si potrebbero svolgere sul contenuto dell’autorizzazione oggetto del decreto in questione, è interessante rilevare come l’accoglimento poggi, in realtà, sul combinato disposto di due norme: quella che si occupa delle misure cautelari presidenziali provvisorie, da un lato, e quella che si occupa della modifica e della revoca delle misure cautelari, dall’altro.
Tuttavia sembra al contempo difettare tanto del presupposto della prima quanto di quello della seconda.
In relazione alla norma relativa alle misure presidenziali va rilevato che – contrariamente a quanto richiesto dalla stessa – l’istanza non è stata formulata dal ricorrente, bensì dal controinteressato.
In relazione alla disposizione che disciplina la revoca o la modifica delle misure cautelari si potrebbe, invece, eccepire la mancanza di fatti sopravvenuti.
A fronte del primo rilievo si potrebbe forse considerare che, vista proprio la ratio ispiratrice della norma – richiedere la qualità di ricorrente in capo all’istante scongiura, come abbiamo già evidenziato, la possibilità di concedere misure cautelari ante causam – non sarebbe irragionevole ammettere la facoltà di formulare l’istanza in oggetto in capo alla parte controinteressata in un’ipotesi in cui la causa è già pendente. Ciò non toglie però che si tratti di una soluzione un po’ forzata e che nasconde, forse, esigenze diverse da quelle che sembra voler soddisfare.
5.1 Il decreto presidenziale, nella sostanza, pare qui utilizzato come strumento improprio per ottenere ciò che le specifiche norme disciplinanti le misure presidenziali provvisorie da un lato e la revoca o la modifica delle ordinanze cautelari dall’altro, non avrebbero permesso di ottenere.
E’
pacifico che nel periodo di tempo intercorrente tra l’originaria ordinanza
cautelare e l’istanza formulata per la sua integrazione dal
controinteressato non siano sopravvenuti fatti nuovi.
E’ altrettanto indiscutibile che il controinteressato ben avrebbe potuto (forse dovuto) formulare le proprie richieste nella opportuna sede, rappresentata dalla camera di consiglio in cui fu interinalmente, ma a contraddittorio pieno, trattata l’originaria istanza di sospensione. L’istanza di integrazione e il decreto che l’accoglie non sono, pertanto, altro che uno strumento utilizzato per aggirare le preclusioni che altrimenti avrebbero operato nel caso concreto.
Occorre allora interrogarsi forse sulla completezza e sull’efficacia di una normativa che, sebbene orientata – per ciò che riguarda la materia cautelare - nel senso della trasposizione in ambito amministrativo delle caratteristiche di contenuto dell’istituto disciplinato, nel processo civile, dall’art. 700 c.p.c., tuttavia non completa poi tale regolamentazione con istituti ad essa strettamente necessari.
La L. 205, come abbiamo visto, apre prospettive di sviluppo del processo amministrativo nella direzione di un’“effettività” più piena e ciò comporta la necessità di offrire la parità di tecniche di tutela impiegate dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario, soprattutto rispetto a situazioni soggettive di consistenza identica quali i diritti soggettivi.
Ampliare
le maglie del giudizio cautelare risponde all’esigenza di evitare, specie
nell’ambito della competenza esclusiva, che si crei disparità di
trattamento rispetto alla tutela offerta dal giudice ordinario ed implica
l’opportunità di articolare gli strumenti processuali a disposizione del
ricorrente affinché risultino perfettamente equilibrati rispetto a quelli
offerti nel processo civile.
Per ciò che interessa a questa indagine, la mancata previsione di una forma di “reclamo” avverso le ordinanze cautelari, riconducibile a quella disciplinata dall’art. 669 terdecies c.p.c., può essere vista, ad avviso di chi scrive, come una compressione della posizione del resistente.
Assicurando, così, alla parte resistente nel processo amministrativo una tutela minore rispetto a quella che l’art. 669 terdecies dà al convenuto nel civile, non è da escludere addirittura la possibilità di ipotizzare taluni profili di contrasto con il principio di ragionevolezza, che impone al legislatore il dovere di equiparare il trattamento giuridico delle situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare il trattamento delle situazioni diverse.
6. Non è questa la sede per svolgere valutazioni circa la conformità a legge o l’opportunità delle scelte operate dal T.A.R. Valle d’Aosta nel caso concreto, ma forse lo è per evidenziare talune perplessità ed alcuni problemi aperti che tuttora sussistono nonostante l’intervento della legge di riforma.
Le valutazioni che la Plenaria ha compiuto nell’ordinanza n. 1/2000, circa la tendenziale compiutezza che le norme sul processo amministrativo avrebbero garantito alla disciplina della fase cautelare, non possono che rilevare anche dopo la L.205.
Se è vero che il quadro normativo precedente la riforma del processo amministrativo, sebbene scarno, risultava agli occhi del Consiglio di Stato completo ed autonomo [13] – riconoscendo, quest’ultimo, una supposta idoneità dell’art. 21 L T.A.R. (ante L. 205) a garantire piena tutela cautelare - è di tutta evidenza come, e a maggior ragione nel nuovo art. 21 L. 1034/1971, occorrerebbe considerare anche l’attuale quadro normativo privo di lacune. Però, come già le ricostruzioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato - risolvendosi in enunciazioni di principio [14] poggiate su una rilettura, forse un po’ troppo lontana, dell’art. 21 L. T.A.R. - evidenziavano, in realtà, un quadro che in numerosi passaggi necessitava di risposte più chiare, così anche l’attuale disciplina cautelare ex art. 21 L. T.A.R., nuova formulazione, lascia irrisolti alcuni aspetti.
6.1 Uno di questi emerge proprio dall’esame della vicenda del T.A.R. Valle d’Aosta e riguarda la regolamentazione dell’appellabilità, o meglio “reclamabilità”, dei provvedimenti cautelari presidenziali emessi inaudita altera parte.
Il
legislatore ha, infatti, codificato il principio dell’appellabilità delle
ordinanze cautelari – di genesi giurisprudenziale [15]
- stabilendo che “contro le
ordinanze dei tribunali amministrativi regionali di cui all’art. 21, comma
settimo, è ammesso ricorso in appello, da proporre nel termine di sessanta
giorni dalla notificazione dell’ordinanza, ovvero di centoventi giorni dal
deposito dell’ordinanza stessa nella segreteria” [16],
ma nulla ha detto in relazione ai mezzi esperibili al fine di stimolare un
riesame del provvedimento monocratico presidenziale
A fronte del decreto presidenziale del T.A.R. Valle d’Aosta che, conformemente alle richieste del controinteressato, integrava il precedente provvedimento di sospensione, i ricorrenti ne chiedevano, come si è visto, il riesame. Il Presidente, sempre con decreto, rigettava la richiesta sulla considerazione che non ricorrevano, nella circostanza (a differenza di quanto si era rilevato sussistere a giustificazione dell’accoglimento della precedente), i gravi motivi e l’urgenza tali da non consentire la dilazione dell’esame dell’istanza sino alla camera di consiglio fissata per la trattazione. Anche qui, come prima, la terminologia utilizzata dal T.A.R. sembra voler catalogare l’oggetto della richiesta da ultimo indicata nell’ambito delle misure provvisorie presidenziali.
Lasciando aperta la soluzione della questione, si vuole rilevare come, per chi scrive, la richiesta di riesame avanzata dai ricorrenti possa essere intesa come un’“impugnazione” del decreto presidenziale, o meglio forse, un reclamo avverso lo stesso.
L’art. 125 Cost. stabilisce che le pronunce dei giudici amministrativi di I grado sono sempre appellabili. Ne viene che solo una legge organica può prevedere i casi in cui una statuizione di un organo del Tribunale amministrativo regionale non sia subito impugnabile davanti al Consiglio di Stato perché censurabile innanzi allo stesso giudice che l’abbia emanata.
Come si è visto la legge n. 1034/1971 (come modificata dalla legge di riforma) tace in ordine a forme e modi di censurabilità delle misure cautelari presidenziali provvisorie.
Il rapporto fra decreto presidenziale ed ordinanza collegiale potrebbe far propendere, come da più voci sostenuto [17], per la non impugnabilità del decreto; e questo fondamentalmente perché il provvedimento presidenziale, per sua natura provvisorio, è soggetto ad una verifica immediata da parte del Collegio.
Non essendo pensabile suggerirne l’appellabilità di fronte al Consiglio di Stato, l’individuata lacuna potrebbe essere colmata proprio mediante il tanto avversato ausilio di strumenti tipici del processo civile.
Anche se è vero che i tempi presumibilmente intercorrenti tra la concessione inaudita altera parte di un provvedimento presidenziale provvisorio di natura cautelare e la camera di consiglio per la trattazione collegiale della relativa istanza sono generalmente brevi e, per tanto, tali da consentire alla parte “sfavorita” dalla misura in questione l’esposizione, a breve, delle proprie ragioni in una situazione a contraddittorio pieno, è altrettanto innegabile, però, che esistano ipotesi in cui anche tale breve lasso di tempo potrebbe determinare un grave pregiudizio senza che la parte sfavorita abbia neppure potuto essere sentita al riguardo e senza che la stessa possa poi censurare il provvedimento lesivo della sua posizione.
Innanzitutto non è difficile ipotizzare che la validità temporale del decreto presidenziale possa subire una protrazione nel caso coincida con il periodo estivo [18].
Ma il rischio maggiore è quello derivante dal fatto che il decreto presidenziale non è solo, e tanto, un provvedimento monocratico, quanto soprattutto un provvedimento che viene emanato in assenza di contraddittorio, e cioè in assenza di discussione tra le parti avanti il Presidente. In altre parole, la norma che disciplina la concessione delle misure cautelari provvisorie, da un lato permette all’istante di formulare “ad arte” le proprie richieste e le argomentazioni a sostegno – tacendo, in ipotesi, circostanze irreversibilmente pregiudizievoli per l’avversario - dall’altro non consente né il bilanciamento tra gli opposti interessi delle parti, prima, né la sindacabilità del decreto, poi.
Venuta meno, come si è appena visto, la compiutezza del sistema processuale amministrativo nella sua fase cautelare, viene meno anche il principale argomento a sostegno della tanto proclamata inutilità del trapianto nella stessa di schemi processualcivilistici [19].
[1] Camera di consiglio per la trattazione dell’istanza di modificazione ed integrazione dell’ordinanza che disponeva la sospensione interinale degli atti impugnati, nonché dell’istanza di riesame del decreto presidenziale che accoglieva la predetta istanza
[2] Con cui veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.21 della legge n. 1034/1971, nella parte in cui non prevedeva l’esperibilità di una forma atipica di tutela cautelare, modellata sulla falsariga dell’art.700 c.p.c., nell’ipotesi di giurisdizione esclusiva in tema di pubblico impiego. La Corte costituzionale aveva giustificato il suo intervento proprio in considerazione della disparità di tutela assicurata al dipendente pubblico nel processo amministrativo rispetto al processo civile per il rapporto di lavoro.
[3] Misura unanimamente riconosciuta inidonea a garantire tutela, se non altro, alle posizioni soggettive qualificabili di interesse legittimo pretensivo – per loro struttura tutelabili unicamente mediante misure di segno positivo -, nonché ai diritti soggettivi, per i quali si rendono necessarie forme atipiche di tutela.
[4] Cfr. ad esempio T.A.R. Reggio Calabria, ord.za 24 marzo 1999, n. 184.
[5] Tale lettura evolutiva dell’art. 21 L. 1034/1971 era essenzialmente dettata dall’esigenza di salvaguardare i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 133 Cost.
[6] Ci riferiamo, qui, alla nota ordinanza n. 1 del 30 marzo 2000 con cui l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato assumeva una posizione di totale chiusura - oggi superata dagli artt. 3 e 8 L.205 – a fronte di qualsiasi ipotesi di eterointegrabilità del sistema processuale amministrativo attraverso il trapianto di rimedi di natura processual-civilistica. Il Consiglio di Stato richiama “la più recente e consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale” secondo cui “la disponibilità delle misure cautelari è strumentale all’effettività della tutela giurisdizionale e costituisce espressione del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, in attuazione dell’art. 24 della Costituzione”. Con lettura evolutiva – e costituzionalmente orientata - si sosteneva che l’art. 21 L. T.A.R. costituisse la fonte normativa di un generale potere cautelare del Giudice amministrativo in base al quale quest’ultimo potesse emettere pronunce cautelari che eccedessero la mera sospensione degli effetti dell’atto impugnato. In forza di questa impostazione, non evidenziando la disciplina del processo amministrativo lacune circa l’effettività di tutela, veniva meno il presupposto essenziale per l’innesto o l’applicazione analogica, compiuti dalla giurisprudenza, di istituti delineati dal codice di procedura civile.
[7] Cons. Stato, ord. 30 marzo 2000, n. 1.
[8] T.A.R. Lombardia, Sez. III, decreto del Presidente 3 aprile 1998; T.A.R. Lombardia, Sez. III, decreto del Presidente 14 novembre 1997, in Il Foro Italiano, 1998, III, 173; T.A.R. Sicilia, Sez. staccata di Catania, decreto del Presidente 23 giugno 1998. Anche questa giurisprudenza parte dal presupposto che il Giudice amministrativo possa – ante L. 205 – sempre emettere provvedimenti cautelari atipici ex art.700 c.p.c. La generale applicabilità al processo cautelare amministrativo della disciplina dettata dagli artt. 669-bis e ss. c.p.c. troverebbe un fondamento normativo anche nello stesso art.669-quaterdecies c.p.c. secondo cui le disposizioni del codice civile relative ai procedimenti cautelari sono applicabili – per analogia e in quanto compatibili – anche ai provvedimenti cautelari previsti dalle leggi speciali: sono, pertanto, applicabili al processo amministrativo non solo quando specifiche disposizioni espressamente le richiamino, ma anche, data la natura speciale del diritto amministrativo, per analogia.
[9] C.d.S., Sez. V, Ord. 28 aprile 1998, n. 781, in Foro It., 1998, III, 301, sancisce la nullità assoluta del decreto di sospensione emesso ante causam dal solo Presidente anziché dal Collegio. Gli ostacoli ad una tutela cautelare ante causam sono ravvisati, in particolare, nell’incidentalità della fase cautelare rispetto al processo principale, nella tradizionale struttura collegiale dell’organo giudicante amministrativo e, soprattutto, nel difetto di contraddittorio.
[10] Cioè l’esigenza - affermata ad ogni livello, sia normativo, anche di tipo comunitario, sia giurisprudenziale – di effettività della tutela giurisdizionale.
[11] Così come modificato, appunto, dall’art. 3 L. 205/2000.
[12] Il Consiglio di Stato aveva, in più di un’occasione, precisato come le esigenze di celerità potessero essere ugualmente soddisfatte grazie al potere del Presidente di abbreviare il termine di dieci giorni dalla notifica del ricorso per la presentazione delle difese dei controinteressati intimati e di fissare una camera di consiglio straordinaria per la trattazione dell’istanza cautelare, secondo quanto previsto dall’art. 38 del T.u. del Consiglio di Stato.
[13] Da cui l’impossibilità di ricorrere a strumenti processualcivilistici.
[14] Ancorate alla tradizionale struttura del processo amministrativo.
[15] L’ammissibilità dell’appello era stata oggetto di un contrastato dibattito culminato con la definitiva ammissione dello stesso – in forza del principio del doppio grado di giurisdizione ai sensi dell’art. 125 Cost. - ad opera dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ordinanza 20 gennaio 1978, n. 1.
[16] Art. 28 L. 1034/1971 come modificato dall’art.3 L. 205/2000.
[17] Per l’inappellabilità del decreto presidenziale cfr. U. Di Benedetto, Il provvedimento cautelare: forme ed effetti, in www.giustizia-amministrativa.it; C.E. Gallo, Presidente e Collegio nella tutela cautelare: novità e prospettive nella disciplina della legge n. 205 del 2000, ivi.
[18] Formalmente la materia cautelare non è soggetta a sospensione feriale, ma è ben noto come in molti TAR – fanno eccezione quelli in cui maggiore è il carico di lavoro – vi sia comunque un minor numero di camere di consiglio nel periodo estivo.
[19] Anche a non voler aderire alla tesi favorevole alla più ampia estensione della disciplina generale dei procedimenti cautelari prevista dagli artt. 669-bis e ss. c.p.c., non si può passare sotto silenzio come - proprio in forza dell’art. 669 quaterdecies - da più voci, pur optando per la salvezza delle modalità contemplate dalle norme al di fuori del codice di rito, si sia sostenuta l’operatività della normativa generale dettata da codice di procedura civile per gli aspetti non espressamente disciplinati, e così, in questo caso, in materia di reclamo.
TAR VALLE D’AOSTA - Ordinanza 17 ottobre 2001 n. 50 - Pres. Guida, Est. Pugliese - Borca ed altri (Avv.ti Bassani, Ferraris e Parini) c. Comune di Ayas (Avv. R. Longhin), Regione Autonoma Valle D’Aosta (n.c.) e Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. (Avv. A. Quagliolo).
per ottenere
- previa sospensione – l’annullamento: della concessione edilizia n. 1869/98 RTA rilasciata dal Comune di Ayas in data 16 maggio 2001, e volturata alla società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l., in data 7 luglio 2001; di ogni altro atto preordinato, conseguenziale e connesso, ancorché non noto e nei confronti del quale si fa riserva di motivi aggiunti, con particolare riferimento al parere della Commissione Edilizia del 17 luglio 1998, dei pareri paesaggistici del 20 ottobre 1998 e 30 dicembre 1998, e della nota della Regione Valle d’Aosta – Assessorato Istruzione e Cultura – Direzione tutela del patrimonio culturale, prot. n. 23.115/TP del 30 dicembre 1998; nonché per la condanna al risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti, con riserva di determinarne l’ammontare nel corso del giudizio.
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati presentata in via incidentale dai ricorrenti;
Uditi, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2001, relatore il Consigliere Dr. Eduardo Pugliese, l’avv. Pietro Ferraris per i ricorrenti, l’avv. Roberto Longhin per l’amministrazione comunale resistente e l’avv. Alessandro Quagliolo per la società controinteressata;
Ritenuta l’opportunità di disporre una verificazione tecnica, in contraddittorio tra le parti, sull’attuale situazione dell’area interessata dalla costruzione in contestazione ed in particolare di verificare: a) l’andamento altimetrico dell’area interessata dalla costruzione; b) la quota originaria del piano di campagna; c) se la sistemazione definitiva dell’area, prevista in progetto, a costruzione avvenuta risponda all’andamento naturale del terreno ovvero determini un’elevazione artificiale dell’originario piano di campagna e, in tale caso, in quale misura;
Ritenuto, altresì, che nelle more della disposta verificazione, è opportuno non pregiudicare l’attuale situazione dei luoghi;
Accoglie interinalmente l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.
Dispone che il Provveditore alle opere pubbliche per il Piemonte e la Valle d’Aosta o un funzionario tecnico da lui delegato proceda alla verificazione di cui innanzi, assegnando il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza per il eposito della relazione tecnica, corredata dagli opportuni elaborati grafici ed eventuali rilievi fotografici.
Fissa per l’ulteriore trattazione dell’istanza cautelare la camera di consiglio del 13 febbraio 2002.
La presente ordinanza è depositata presso la Segreteria Generale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Aosta, lì 17 ottobre 2001
Antonio GUIDA – Presidente
Eduardo Pugliese – Consigliere estensore
TAR VALLE D’AOSTA - Decreto presidenziale 29 novembre 2001 n. 53 - Pres. Guida - Borca ed altri (Avv.ti Bassani, Roderi, Ferraris e Parini) c. Comune di Ayas (Avv. R. Longhin), Regione Autonoma Valle D’Aosta (n.c.) e Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. (Avv. A. Quagliolo).
per l’annullamento – previa sospensione:
- della concessione edilizia n. 1869/98, rilasciata dal Comune di Ayasin data 16 maggio 2001 e volturata alla Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. in data 7 luglio 2001;
- di ogni altro atto non noto, nei confronti del quale si fa riserva di motivi aggiunti, con particolare riferimento al parere della Commissione edilizia del 17 luglio 1998, dei pareri paesaggistici 20 ottobre 1998 e 30 dicembre 1998, della nota della Regione Valle d’Aosta – Assessorato Istruzione e Cultura – Direzione e Tutela del Patrimonio Cultura, prot. n. 23115/TP del 30 dicembre 1998; nonché per la condanna al risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti con riserva di determinarne l’ammontare nel corso del giudizio.
Vista l’istanza presentata in data 28.11.2001 con cui la Società Sviluppo Immobiliare Antagnod chiede al Presidente del Tribunale amministrativo regionale, di integrare l’ordinanza cautelare n. 50/2001 in data 17 ottobre 2001, con la quale è stata disposta in via interinale la sospensione dei provvedimenti impugnati, nelle more di una verifica tecnica e fissata per l’ulteriore trattazione della sospensiva la camera di consiglio del 13 febbraio 2002;
Considerato che tale istanza tende ad ottenere l’autorizzazione ad eseguire lavori di impermeabilizzazione dei muri controterra, di riempimento di terreno e di messa in sicurezza del cantiere a causa dell’incombere della stagione invernale e del verificarsi di nevicate che potrebbero compromettere lo stato dei luoghi e determinare pericolo per la incolumità delle persone;
Visto l’art. 21, commi 9 e 13 della legge 6.12.1971 n. 1034 come modificato dall’art.3 della legge 205/2000;
Considerato che la prossima camera di consiglio è fissata per il giorno 12 dicembre 2001;
Ritenuto che, nel caso in esame, ricorrono i gravi motivi e l’urgenza tali da non consentire la dilazione dell’esame dell’istanza citata sino alla predetta camera di consiglio, accoglie l’istanza sopra indicata,
autorizzando l’impermeabilizzazione dei muri controterra e la messa in sicurezza del cantiere mediante posa di steccati, teli protettivi e recinzione del cantiere. Il riempimento con terreno fino al filo della soletta di copertura dell’interrato potrà essere effettuato previo sopraluogo del consulente tecnico designato dal Provveditorato regionale alle opere pubbliche per il Piemonte e la Valle d’Aosta ing. Antonio Fidelibus, per le eventuali verifiche e rilievi non procastinabili.
Fissa, per la trattazione dell’istanza di modificazione ed integrazione dell’ordinanza di sospensione n. 50/2001, la camera di consiglio del 12 dicembre 2001 confermando relatore il Cons. Eduardo Pugliese.
Dispone che il presente decreto sia comunicato anche al Consulente tecnico d’ufficio.
Napoli/Aosta, 29 novembre 2001
IL PRESIDENTE
(Avv. Antonio Guida)
TAR VALLE D’AOSTA - Decreto presidenziale 5 dicembre 2001 n. 54 - Pres. Guida Borca ed altri (Avv.ti Bassani, Roderi, Ferraris e Parini) c. Comune di Ayas (Avv. R. Longhin), Regione Autonoma Valle D’Aosta (n.c.) e Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. (Avv. A. Quagliolo).
per l’annullamento – previa sospensione:
- della concessione edilizia n. 1869/98 RTA, rilasciata dal Comune di Ayas in data 16 maggio 2001 e volturata alla Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. in data 7 luglio 2001;
- di ogni altro atto non noto, nei confronti del quale si fa riserva di motivi aggiunti, con particolare riferimento al parere della Commissione edilizia del 17 luglio 1998, dei pareri paesaggistici 20 ottobre 1998 e 30 dicembre 1998, della nota della Regione Valle d’Aosta – Assessorato Istruzione e Cultura – Direzione e Tutela del Patrimonio Cultura, prot. n. 23115/TP del 30 dicembre 1998; nonché per la condanna al risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti con riserva di determinarne l’ammontare nel corso del giudizio.
Vista l’istanza presentata in data 28.11.2001 con cui la Società Sviluppo Immobiliare Antagnod chiede al Presidente del Tribunale amministrativo regionale di integrare l’ordinanza cautelare n. 50/2001 in data 17 ottobre 2001, con la quale è stata disposta, in via interinale, la sospensione dei provvedimenti impugnati nelle more di una verifica tecnica e fissata per l’ulteriore trattazione della sospensiva la camera di consiglio del 13 febbraio 2002;
Visto il decreto presidenziale n. 53/2001, depositato in data 29 novembre 2001 presso la Segreteria del T.A.R. per la Valle d’Aosta, con il quale si accoglie la predetta istanza;
Vista infine l’istanza prodotta da parte ricorrente in data 5 dicembre 2001 con la quale si chiede il riesame del citato decreto presidenziale n. 53/2001;
Considerato che con tale istanza i ricorrenti chiedono che venga disposta la revoca dell’autorizzazione alla messa in sicurezza del cantiere oggetto della presente controversia;
Visto l’art. 21, commi 9 e 13 della legge 6.12.1971 n. 1034 come modificato dall’art. 3 della legge 205/2000;
Considerato che la prossima camera di consiglio è fissata per il giorno 12 dicembre 2001, nella quale il Collegio riesaminerà il decreto presidenziale n. 53/2001;
Ritenuto che, nel caso in esame, non ricorrono i gravi motivi e l’urgenza tali da non consentire la dilazione dell’esame dell’istanza citata sino alla predetta camera di consiglio, respinge l’istanza sopra indicata;
Fissa, per la trattazione dell’istanza di modificazione ed integrazione dell’ordinanza di sospensione n. 50/2001 nonché dell’istanza di riesame del decreto presidenziale n. 53/2001, la camera di consiglio del 12 dicembre 2001 confermando relatore il Cons. Eduardo Pugliese.
Dispone che il presente decreto sia comunicato anche al Consulente tecnico d’ufficio.
Aosta/Roma, 5 dicembre 2001
IL PRESIDENTE
(Avv. Antonio Guida)
TAR VALLE D’AOSTA - Ordinanza 12 dicembre 2001 n. 60 - Pres. Guida, Est. Pugliese - Borca ed altri (Avv.ti Bassani, Roderi, Ferraris e Parini) c. Comune di Ayas (Avv. R. Longhin), Regione Autonoma Valle D’Aosta (n.c.) e Società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l. (Avv. A. Quagliolo).
per ottenere
- previa sospensione – l’annullamento: della concessione edilizia n. 1869/98 RTA, rilasciata dal Comune di Ayas in data 16 maggio 2001, e volturata alla società Sviluppo Immobiliare Antagnod S.r.l., in data 7 luglio 2001; di ogni altro atto preordinato, conseguenziale e connesso, ancorché non noto e nei confronti del quale si fa riserva di motivi aggiunti, con particolare riferimento al parere della Commissione Edilizia del 17 luglio 1998, dei pareri paesaggistici del 20 ottobre 1998 e 30 dicembre 1998, e della nota della Regione Valle d’Aosta – Assessorato Istruzione e Cultura – Direzione tutela del patrimonio culturale, prot. n. 23.115/TP del 30 dicembre 1998; nonché per la condanna al risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti, con riserva di determinarne l’ammontare nel corso del giudizio.
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati presentata in via incidentale dai ricorrenti;
Vista l’ordinanza n. 50/2001 in data 17 ottobre 2001 con la quale è stato disposto, in via interinale, l’accoglimento dell’istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati nelle more di una verifica tecnica;
Visto il decreto presidenziale n. 53/2001 del 29.11.2001 con il quale è stata accolta l’istanza di modificazione e parziale integrazione dell’ordinanza n. 50/2001, depositata dalla società controinteressata in data 28.11.2001;
Visto il decreto presidenziale n. 54/2001 del 07.12.2001 con il quale è stata respinta l’istanza di riesame del citato decreto presidenziale n. 53/2001, prodotta da parte ricorrente in data 05.12.2001;
Uditi, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2001, relatore il Consigliere Dr. Eduardo Pugliese, l’avv. Giorgio Roderi per i ricorrenti, l’avv. Roberto Longhin per l’amministrazione comunale resistente e l’avv. Alessandro Quagliolo per la società controinteressata;
Considerato che ai sensi del comma 13 dell’art. 21 della legge n. 1034/71 e successive modificazioni ed integrazioni ciascuna parte può chiedere la revoca o la modifica dell’ordinanza cautelare già concessa in relazione a fatti sopravvenuti;
Considerato che il comma 9 del medesimo art. 21 citato prevede che, in caso di estrema gravità e urgenza, il Presidente può, su istanza di parte, disporre misure cautelari provvisorie, anche in assenza di contraddittorio, con decreto motivato, fino alla pronuncia del Collegio;
Ritenuto che detta facoltà della parte e corrispondente potere del Presidente deve riconoscersi ad entrambe le parti legittimate a chiedere la modifica o la revoca dell’ordinanza già concessa;
Ritenuto che sussistevano, pertanto, tutti i presupposti per l’adozione della misura cautelare provvisoria da parte del Presidente del Tribunale;
Considerato che l’istanza di messa in sicurezza del cantiere presentata dalla Società Sviluppo Immobiliare Antagnod merita accoglimento al fine di evitare pericoli per l’incolumità delle persone;
Vista la nota 10 dicembre 2001 n. 8674 del Consulente tecnico d’ufficio, da cui si evince che il riempimento degli scavi non pregiudica gli adempimenti in corso; accoglie, ad integrazione della precedente ordinanza n. 50/2001 del 17 ottobre 2001, l’istanza presentata dalla Società Sviluppo Immobiliare Antagnod, autorizzando l’impermeabilizzazione dei muri controterra, la messa in sicurezza del cantiere mediante posa di steccati, teli protettivi e recinzione del cantiere stesso, nonché il riempimento degli scavi esistenti, con esclusione di ogni diversa nuova opera.
Proroga al 28 gennaio 2002 il termine per il deposito della consulenza d’ufficio e conferma la camera di consiglio del 13 febbraio 2002 per l’ulteriore trattazione della originaria domanda di sospensiva.
Dispone che la presente ordinanza sia comunicata anche al Consulente tecnico d’ufficio.
La presente ordinanza è depositata presso la Segreteria Generale che provvederà a darne comunicazione alla parti.
Aosta, lì 12 dicembre 2001
Antonio GUIDA – Presidente
Eduardo Pugliese – Consigliere estensore.