DIEGO
DE CAROLIS
Brevi
considerazioni sull’accesso al “fatto” da parte del giudice amministrativo
mediante il sindacato sulla discrezionalità tecnica (*).
SOMMARIO:
1. Introduzione. 2. L’accesso al “fatto”attraverso il sindacato sulla
discrezionalità tecnica: (2.1) le posizioni della dottrina; (2.2.) e della
giurisprudenza; 3. I risultati dell’analisi. 4. Conclusioni.
1.
Introduzione.
Le
evoluzioni e le trasformazioni che ha subito il processo amministrativo [1]
hanno avuto come protagonista, se non assoluto, ma comunque di primo piano il
“fatto” [2],
e cioè i dati storici in concreto rilevanti che hanno originato e supportato
l’attività ovvero l’inerzia dell’amministrazione e che vengono sottoposti
al vaglio del giudice.
Non
a caso, le prime pronunce della IV Sezione del Consiglio di Stato, che furono
decisive per lo sviluppo della figura dell’eccesso di potere, erano mirate a
delineare il vizio stesso attraverso la verifica della esistenza nel
provvedimento impugnato di un “contrasto con una evidente ed indiscutibile
situazione di fatto” [3].
In
particolare, la giurisprudenza ebbe a precisare che “vi è una specie di
eccesso di potere che consiste nella contraddizione tra il provvedimento ed una
innegabile situazione di fatto, sia che il provvedimento si fondi
sull’ammissione di fatti dai documenti smentiti, sia che abbia per base la
negazione di fatti che dai documenti stessi emergano in modo non dubbio” [4].
Anche
oggi come allora il giudice amministrativo si trova in una fase di transizione
ed è chiamato a delineare nuovamente i parametri attraverso i quali valutare i
“fatti” versati in giudizio, con le maggiori concrete difficoltà derivanti
dai profondi cambiamenti che ci sono stati e che sono in rapida evoluzione sia
nella società che, per quello che qui interessa, nel modo di governare la cosa
pubblica attraverso l’uso in maniera sempre più diffusa ed ormai
inarrestabile del sistema di e-government
nei rapporti amministrazione-cittadini.
L’immediato
riscontro è dato dalla riforma del processo amministrativo, introdotta dalla
legge n. 205 del 2000, che ha esteso la consulenza tecnica nell'ordinario
giudizio di legittimità [5],
così come era stata già prevista in sede di giurisdizione esclusiva, imponendo
all'interprete di definire con maggiore ampiezza l'oggetto del sindacato
giurisdizionale [6]
e le modalità attuative dell'accertamento dei fatti rilevanti [7].
Inoltre,
occorre considerare anche la trasformazione dell'oggetto del giudizio
amministrativo, sia in generale e che nella struttura particolare del processi
in determinate materie od in controversie tipizzate.
Sul
piano generale, sembra ormai certo che il giudizio non è più riducibile (solo)
al controllo di legittimità dell'atto, ma, sempre nel rispetto del principio
dispositivo e quindi sulla base delle censure avanzate dalle parti, è volto a
definire il contenuto sostanziale del rapporto controverso, visto nelle sue
componenti di fatto e giuridiche.
Ne
consegue che la maggiore ampiezza del sindacato si debba necessariamente
esprimere anche (ma non solo) attraverso l'accertamento dei dati storici in
concreto rilevanti [8].
Riguardo,
invece, ai modelli processuali di portata più specifica, ed in particolare a
quelli di carattere esclusivo nella giurisdizione in determinate materie (come
ad esempio le procedure di affidamento dei servizi pubblici e di appalti
pubblici) la pienezza della cognizione del giudice emerge con maggiore nettezza
e si rafforza in maniera più spiccata il principio di effettività della tutela
delle parti.
Peraltro,
anche dopo le recenti riforme e le aperture che giungono dalla disciplina
comunitaria [9],
permangono ancora delle difficoltà ad trattare in guisa uniforme il momento
conoscitivo del giudice amministrativo, indipendentemente dalla situazione
dedotta in giudizio [10]
ovvero dal tipo di giurisdizione esercitato.
Indubbiamente,
oltre che ragioni per così dire storiche e di impostazione professionale dei
giudici amministrativi, militano in favore di un atteggiamento restio ad
abbandonare posizioni consolidate anche le scelte del legislatore che comunque
ha ribadito la diversità di poteri istruttori, anche se ha uniformato la
possibilità di ricorrere alla consulenza tecnica.
Questa
circostanza, unitamente alla ritenuta omogeneizzazione dei poteri decisori e
risarcitori del giudice amministrativo a causa delle modifiche apportate
all’art.7 della L. n. 1034 del 1971, dovrebbe peraltro consentire di superare
alcune (legittime) perplessità anche per quanto riguarda appunto i limiti che
si pone il giudice amministrativo nel riesaminare la correttezza o meno
dell’apprezzamento dei fatti operato dall’amministrazione.
2.
L’accesso al “fatto” attraverso il sindacato sulla discrezionalità
tecnica: (2.1.) le posizioni della dottrina e (2.2.) della giurisprudenza.
Ciò
posto in via generale, l’oggetto del presente intervento sarà limitato
all’esame della posizione della dottrina e della giurisprudenza in merito alla
considerazione del “fatto” , poi versato in giudizio, che risulti effettuato
dalla p.a nell’esercizio della sua cd. discrezionalità tecnica e sui limiti
del sindacato sulla stessa da parte giudice amministrativo.
Giova
prendere le mosse dalla importante circostanza, che assume sempre più il
carattere della generalità, che l’attività dell’amministrazione, anche
quando si esprima attraverso una ponderazione degli interessi, si estrinseca
sempre più sulla base di valutazioni, ricognizioni ed apprezzamento di dati
fattuali mediante applicazione di norme tecniche intese in senso lato [11].
In
buona sostanza, si va sempre più affermando l’impostazione che simili giudizi
non siano di esclusiva competenza dell’amministrazione, bensì che una riserva
sia possibile laddove esiste una norma che espressamente la preveda [12].
(2.1.)
Secondo GIANNINI la discrezionalità si riferisce ad una potestà ed implica
giudizio e volontà insieme, la discrezionalità tecnica attiene invece ad un
momento conoscitivo ed implica solo un giudizio mentre “ciò
che attiene alla volizione viene dopo e può coinvolgere o non coinvolgere una
separata valutazione discrezionale”.
Se
così è, l’applicazione di una norma tecnica può comportare valutazioni di
fatto suscettibili di variegato apprezzamento, quando la norma tecnica contenga
del concetti indeterminati ovvero richieda apprezzamenti opinabili.
Ma,
evidentemente, una cosa è l’opinabilità, altra è l’opportunità se si
pone mente alla circostanza che la quaestio
facti attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento che non si
trasforma, solo perché opinabile, in una questione di opportunità, anche se
antecedente o successiva ad una scelta di merito.
In
buona sostanza, l’attività di accertamento di fatti in quanto tale non può
sottrarsi al pieno sindacato da parte del giudice amministrativo in virtù del
noti principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale (art. 24 e 113
Cost.).
Peraltro,
come giustamente rilevato, sul piano pratico non è certamente sempre agevole
individuare i rispettivi ambiti, e cioè quali aree dell’agire
dell’amministrazione siano effettivamente connotate da valutazioni
propriamente discrezionali, in quanto attinenti direttamente ad interessi
pubblici,e quante volte, invece la norma attributiva del potere individui
direttamente l’interesse da tutelare in via esclusiva, con la conseguenza che
permane un margine di libertà limitata alla modalità di sua soddisfazione, e
non anche di configurazione dei suoi contenuti sostanziali.
Tuttavia,
è stato a tal proposito giustamente osservato che il cd. “merito”
dell’agire della p.a. può assumere un duplice significato: da un lato
corrisponde interamente all’opportunità, dall’altro rappresenta il
contenuto sostanziale del provvedimento che ricomprende nel contempo
“opportunità, valutazioni tecniche e qualificazioni giuridiche” e quindi
tutto lo svolgersi del procedimento che va dal momento in cui sorge l’esigenza
di cura concreta di un interesse pubblico fino al momento terminale [13].
Da
questa impostazione, limitandoci agli orientamenti più recenti, la dottrina ne
trae due diverse conclusioni, l’una più “ortodossa”, l’altra più
preoccupata di far prevalere il principio della piena e compiuta effettività
della tutela.
La
prima ritiene che la piena giustiziabilità (e quindi l’apprezzabilità del
fatto da parte del giudice) sia limitata nell’ambito delle cd. scienze esatte,
venendo sostanzialmente a coincidere con l’attività a carattere vincolato.
La
seconda [14],
invece, afferma che è possibile che l’apprezzamento del giudice si
sovrapponga, sostituendolo, a quello non corretto effettuato da un soggetto (la
p.a.) al quale l’ordinamento non autorizza a stabilire in termini definitivi
ed insindacabili la qualificazione di un fatto giuridicamente rilevante, potendo
viceversa l’amministrazione assumere in via esclusiva solo la determinazione
originaria e più opportuna, congrua e satisfattiva di un valore normativo da
essa non disponibile in termini altrettanto riservati.
Solo
quest’ultimo ordine di apprezzamenti sfuggirebbe al sindacato diretto del
giudice in quanto avente ad oggetto non la qualificazione giuridica dei fatti,
ma la formulazione di ipotesi alternative e la scelta di una di queste che
attengono, di contro, alla sfera riservata all’amministrazione [15].
Del
resto tale possibilità di operare una diretta valutazione giuridica dei fatti
si evince chiaramente [16]
dalla introduzione della consulenza tecnica d’ufficio nella giurisdizione di
legittimità e la generalizzazione dell’introduzione di C.T.U e prova per
testi nella giurisdizione esclusiva [17].
(2.2.)
La recente giurisprudenza, dal canto suo, ha rielaborato i concetti espressi
dalla dottrina e dai suoi precedenti orientamenti, astretta anche dalla
immediata applicazione della recente novella legislativa, sforzandosi di
indicare alcuni criteri che possano superare le obbiettive difficoltà di
individuare, sul piano pratico, i confini tra discrezionalità e merito nel
senso sopra ricordato.
Tale
impostazione, seppure in maniera non insuperabile, ha trovato un metro di
comparazione nella affermazione di principio della giurisprudenza comunitaria in
base al quale il diritto comunitario non prescrive livelli di incisività del
controllo giurisdizionale sulla valutazione amministrativa degli elementi
tecnici tali da consentire ai giudici nazionali competenti di sostituire la loro
valutazione degli elementi di fatto a quella delle autorità amministrative
competenti.
Invero,
prendendo le mosse proprio da tale affermazione della Corte di Giustizia, è
stato sottolineato che, ad esempio, la normativa comunitaria in materia di
appalti (direttiva 89/665/C.E.E.) conferma la linea di tendenza volta ad
assicurare, in tale ambito, la massima tutela delle posizioni delle imprese
coinvolte nella procedura di gara.
Inoltre,
nella giurisprudenza più recente, il richiamo al criterio della limitata
sindacabilità della discrezionalità tecnica, seppure costante, non si traduce,
concretamente, nella enunciazione in una univoca ratio
decidendi, né comporta, necessariamente, una reale restrizione dei poteri
cognitori del giudice.
E
così, è stato precisato come il limite proprio della giurisdizione
amministrativa, correlato alla dimensione costituzionale della funzione ed al
suo corretto rapporto con i compiti assegnati ai pubblici poteri, riguarda la
insindacabilità del merito amministrativo.
In tale
prospettiva, resta sicuramente preclusa al giudice amministrativo (in sede di
giudizio di legittimità) la diretta valutazione dell'interesse pubblico
concreto perseguito dall'atto impugnato.
Peraltro, la
discrezionalità tecnica non sfugge, aprioristicamente, al sindacato del giudice
amministrativo, perché essa riguarda un concetto diverso dal merito
amministrativo.
Essa
identifica, al contrario, le ipotesi in cui l'operato dell'Amministrazione, in
relazione a particolari materie, deve svolgersi secondo criteri, regole e
parametri tecnici o scientifici, direttamente od indirettamente richiamati dalla
norma giuridica che disciplina il potere.
Detta
eventualità si manifesta in settori crescenti dell'attività amministrativa,
considerando, fra l'altro, la rapidissima evoluzione del progresso scientifico e
tecnico e dell'interesse pubblico manifestato in ambiti contrassegnati da
elevato tasso di specificità tecnica. Ad esempio, il settore dei contratti e
dei servizi pubblici, legato alla evoluzione delle imprese e delle tecnologie
applicate risulta particolarmente soggetto a tale fenomeno. Si pensi ad esempio
alle attrezzature ed agli apparecchi chirurgici e biomedicali.
Secondo tale
orientamento, l'applicazione delle tecniche imposta dalle norme si manifesta in
modalità differenziate.
La prima, e
più semplice, è quella in cui la conoscenza specialistica è suscettibile di
tradursi in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della
certezza, con i limiti connaturati ad ogni conoscenza.
In tale
eventualità, l'applicazione delle regole richiamate dalla norma giuridica
sfocia nel compimento di un accertamento tecnico, la cui cognizione da parte del
giudice non dovrebbe incontrare eccessive restrizioni, nemmeno secondo la tesi
più tradizionale.
La seconda
ipotesi riguarda le fattispecie in cui l'applicazione della tecnica è svolta
allo scopo di compiere valutazioni od apprezzamenti non assistiti dalla nota
della certezza, o quanto meno dal quella elevata probabilità, prossima alla
certezza, tipica delle moderne scienze causalistiche.
In questi
casi, il supporto tecnico del giudizio mira a concretizzare il contenuto di
concetti giuridici indeterminati, od elastici, costruiti attraverso il
riferimento a nozioni ricavate direttamente dalla scienza o dalla tecnica.
Perciò, il
tasso più o meno elevato di opinabilità del giudizio e la circostanza che la
valutazione spetta, in prima battuta, all'Amministrazione, non autorizza a
ritenere che ci si trovi in presenza di un insindacabile apprezzamento
dell'interesse pubblico.
L'esercizio
della discrezionalità tecnica, in questo modo, sostanzia un rilevante profilo
di ricostruzione del fatto e, come tale, va conosciuto dal giudice,
nell'esercizio dei suoi ordinari poteri istruttori.
L'apprezzamento
degli elementi di fatto del provvedimento, siano essi semplici o complessi (da
rilevare attraverso valutazioni tecniche) attiene sempre alla legittimità del
provvedimento e, pertanto, non può essere sottratto al giudice, pena la
violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale e del
nuovo canone costituzionale della parità processuale delle parti, come emerge
dalla puntuale regola del giusto processo sancita dal novellato art. 111 della
Costituzione [18].
Il sindacato
giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può limitarsi al controllo formale
ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'attività amministrativa, se questa
è la domanda della parte e se ciò appare sufficiente per valutare
l'illegittimità del provvedimento impugnato.
Ma tale
sindacato può anche consistere nella verifica diretta dell'attendibilità delle
operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza, quanto a criterio
tecnico ed a procedimento applicativo.
Resta fermo
il principio secondo cui non spetta al giudice amministrativo riesaminare le
autonome valutazioni dell'interesse pubblico compiute dall'Amministrazione,
sulla base delle cognizioni tecniche acquisite.
La
frequente contestualità (se non commistione) fra i due profili lascia comunque
intatta la necessità di distinguere accuratamente i due aspetti, che riflettono
il confine tra legittimità e merito del provvedimento.
Infine,
la stessa giurisprudenza ha precisato che deve essere riconosciuta la necessità
di isolare ipotesi di valutazioni riservate da apposite norme
all'Amministrazione, quanto meno nei casi in cui essa risulti titolare di una
particolare competenza legata alla tutela di valori costituzionali speciali.
In tal senso,
è stata apprezzata come particolarmente significativa l'indicazione ricavabile
dall'art. 17 comma 2 della legge n. 241 del 1990, il quale statuisce il
principio di non surrogabilità delle valutazioni tecniche spettanti alle
Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale e
della salute dei cittadini.
Accanto a
tale impostazione, è stata avanzata l’opzione per una classificazione del
sindacato sulla discrezionalità, e di converso sull’apprezzamento dei fatti,
distinguendo tra sindacato “forte” e sindacato “debole” [19].
Secondo
tale definizione, il controllo di tipo “forte” si traduce in un potere
sostitutivo del giudice il quale si spinge fino a sovrapporre la propria
valutazione tecnica opinabile a quella dell’Amministrazione; il controllo di
tipo debole, invece, prevede che le cognizioni tecniche acquisite eventualmente
attraverso il consulente vengono utilizzate allo scopo di effettuare un
controllo di ragionevolezza e coerenza tecnica della decisione amministrativa [20].
In buona
sostanza, secondo la classificazione prospettata, dai ricordati principi
giurisprudenziali se ne inferisce che esisterebbero appunto due “tipologie”
di apprezzamento del giudice, fermo restando, in generale, che il giudice sia
chiamato a verificare direttamente i fatti posti a fondamento dei provvedimenti
e ad esercitare il sindacato di legittimità sull’individuazione del parametro
normativo da parte dell’amministrazione e sul raffronto con i fatti accertati [21].
Al
riguardo, giova segnalare due recenti pronunce delle Sezioni del TAR Abruzzo [22],
come spunto di riflessione sulla concreta applicazione di tali principi
giurisprudenziali.
La prima
decisione è stata assunta in un controversia in materie di appalto di forniture
di prodotti monouso che avrebbero dovuto garantire una certa percentuale di
biodegradabilità.
In
disparte le considerazioni che attengono alla modalità di presentazione delle
domande di partecipazione e delle offerte tecniche ed economiche, il giudice ha
accertato la illegittimità del bando che prevedeva l’imposta “totale”
biodegradabilità del prodotto e sia la incompletezza della istanza del privato,
sanzionata con l’esclusione.
E
ciò sulla base della relazione di un organo tecnico regionale che aveva
accertato che “ nei presidi monouso è sempre presente una percentuale di
carica inerte non degradabile biologicamente che esclude a priori la
biodegradabilità del 100% del prodotto “ e che “ il parere chimico espresso
in calce alla refertazione analitica non possa essere interpretato come
attestazione di totale biodegradabilità del materiale esaminato, né di
biodegradabilità del 100%, bensì come semplice attestazione di biodegradabilità
così come intesa e definita dalla normativa applicata””.
Di
talché il giudice ha potuto apprezzare la specifica circostanza ed affermare
che “alla stregua delle precisazioni tecniche sopra trascritte si deve
ritenere che un prodotto può essere correttamente considerato totalmente
biodegradabile quando raggiunge una certa soglia, soglia il cui valore ha una
certa oscillazione e che comunque non tocca il cento per cento.
Si
può allora certificare totalmente biodegradabile un prodotto che, pur
raggiungendo una determinata la soglia di biodegradabilità, biodegradabile non
lo è al 100%.
Nell’ordine
di idee suesposto assume valore formale e sostanziale insieme la clausola del
capitolato speciale che pretende “attestazione di percentuale di
biodegradabilità”, sancendo l’esclusione dalla gara per la ditta che,
presentando prodotti non totalmente biodegradabili (e nessuno lo è al 100 per
100), non ne abbia dichiarato il grado o la percentuale.”
In
questo caso il giudicante ha potuto spingere la sua indagine fino alla verifica
della “ritualità” della forma dell’atto di iniziativa del privato.
Nella
sentenza della Sezione di Pescara è stato accolto un ricorso volto
all’annullamento del diniego di nulla osta dell’Ufficio del Genio Civile che
aveva al cui ottenimento era condizionata l’efficacia della concessione
edilizia rilasciata dal Comune [23].
Più
in particolare, nella concessione edilizia era contenuta una prescrizione che
imponeva la richiesta del nulla osta al genio civile territorialmente
competente, al quale, pertanto i ricorrenti si rivolgevano allegando gli
elaborati architettonici ed una relazione del titolare della cattedra di
sismologia di una Università.
Il
diniego di nulla osta era basato su due accertamenti dell’Ufficio del Genio
civile secondo i quali l’area interessata dall’intervento edilizio era
ricompresa tra quelle soggette ad un preteso elevato rischio geomorfologico del
terreno [24].
Di
talché, una volta accertata attraverso la C.T.U. l’infondatezza del rilievo
mosso dal Genio Civile circa i rischi di dissesto ha annullato il provvedimento
negativo ed ha “invitato” il Genio
civile “ad emettere immediatamente un nuovo provvedimento che dovrà tenere
conto pedissequamente delle conclusioni del prof. S., come se l’indagine dello
stesso fosse stata dal Genio civile medesimo compiuta. Potrà tenere contro
delle indicazioni formulate dal detto docente ed inserire eventuali prescrizioni
che rendano del tutto compatibile con la sicurezza l’intervento di che
trattasi”.
3.
I risultati dell’indagine.
L’indagine
condotta, seppure ovviamente senza presunzione di compiutezza, sulle posizioni
assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza che più recentemente si è
occupata della questione consente di delineare alcuni profili sui quali vi è
tendenzialmente convergenza di opinioni e possono rappresentare alcuni punti
fermi sin ora raggiunti.
Le
due recenti pronunce appena ricordate appaiono confermare come l’esercizio
della discrezionalità tecnica, quando si sostanzia in un profilo di
ricostruzione del fatto alla stregua di regole scientifiche certe o altamente
probabili si traduce, in realtà, nel compimento di un vero e proprio
accertamento tecnico.
Qualora
gli apprezzamenti dell’amministrazione, viceversa, non siano assistiti dalla
nota della certezza tipica delle scienze causalistiche, l’amministrazione
prima, ed il giudice poi, sono chiamati a rendere concreto il contenuto di
concetti giuridici indeterminati.
Anche
in questo caso, peraltro, ferma restando per il giudice amministrativo
l’impossibilità di attingere direttamente l’opportunità della scelta
effettuata per la miglior cura dell’interesse pubblico, l’esercizio della
discrezionalità tecnica quando si sostanzia in un rilevante profilo di
ricostruzione del fatto può essere conosciuto dal giudice amministrativo
nell’esercizio dei poteri istruttori disegnati dalla legge secondo il tipo di
posizione soggettiva coinvolta nel processo.
L’apprezzamento
degli elementi di fatto del procedimento e del provvedimento conclusivo, siano
questi a struttura semplice o complessa, attiene quindi sempre al piano della
legittimità, onde deve esserne sempre consentita la sindacabilità in
attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale esaltato
dalla riforma dell’art. 111 della Costituzione [25].
In
secondo luogo, appare ormai frequente l’accostare il sindacato sulla
motivazione dell’atto all’esercizio del potere sulla base della
discrezionalità tecnica al fine di trovare strumenti che consentano al giudice
di verificare la correttezza dell’attività amministrativa sottoposta alla sua
attenzione.
Infatti,
entrambi hanno la comune matrice rappresentata dall’accertamento dei
“presupposti di fatto” sottesi all’esercizio del potere.
L’obbligo
di analitica motivazione di un provvedimento che è frutto di valutazioni di
carattere tecnico che siano opinabili, discende anche da ulteriori
considerazioni sul sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica,
oggi rafforzato dall’eventuale ricorso alla consulenza tecnica di ufficio.
Invero,
va considerato che l’elaborazione giurisprudenziale suffragata dal
riconoscimento legislativo di nuovi poteri istruttori, consentono il sindacato
giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, e l’utilizzo della consulenza
tecnica di ufficio, anche nell’ambito della giurisdizione generale di
legittimità del giudice amministrativo, quale strumento di ausilio per
verificarne il corretto esercizio da parte dell’amministrazione.
Peraltro,
a fronte di tale affermazione generale e di principio, si ritiene che,
nell’ambito della giurisdizione su interessi legittimi, il sindacato sulla
discrezionalità tecnica vada sempre condotto nei limiti dei vizi dell’atto
amministrativo, come dedotti nel ricorso, e dunque vada sempre riferito ad un
provvedimento che si espone a censure di carattere tecnico.
Il
risultano al quale si perviene è che il sindacato giudiziale sulle scelte
tecniche non può che essere un riesame dell’operato dell’amministrazione, e
dunque una verifica che l’amministrazione abbia esercitato i propri poteri
secondo criteri di logica, congruità, ragionevolezza, corretto apprezzamento
dei fatti.
Di
contro, il giudice amministrativo non può, invece, nella giurisdizione su
interessi legittimi, compiere per la prima volta un giudizio tecnico non svolto
in prima battuta dalla amministrazione, perché ciò implicherebbe certamente
una inammissibile sostituzione nell’esercizio del potere amministrativo, e non
un sindacato sull’esercizio del potere.
Con
la conseguenza che, ove sia mancato il giudizio tecnico parte
dell’amministrazione e la stessa si sia limitata ad una motivazione apparente
o incongrua, il giudice amministrativo non può supplire, svolgendo esso in via
diretta e per la prima volta un’indagine tecnica, ma deve invece limitarsi al
sindacato estrinseco dell’atto amministrativo, eventualmente censurandolo per
carenza di motivazione.
4.
Conclusioni.
Trattandosi
di materia in continua evoluzione non è certamente agevole trarre delle
conclusioni definitive sulle affermazioni e sugli elementi di riflessione che
emergono dai risultati dell’indagine, bensì appare possibile tentare di
alimentare il dibattito indicando alcuni profili che andrebbero ulteriormente
considerati.
Invero, è
innegabile che ci si trovi di fronte alla difficoltà di enunciare principi di
contenuto univoco sul tema dell’accesso del giudice al fatto e dei rapporti
tra discrezionalità e merito [26].
Oggi
appare chiarito, se si vuole anche positivamente, che si stanno compiendo grandi
passi riguardo alla cognizione del fatto [27]
posto alla base dell’esercizio del potere [28];
si stanno affermando importanti nuovi principi per delineare le differenze tra
il “merito” dell’azione amministrativa e la discrezionalità tecnica per
aprire nuovi orizzonti all’effettività della tutela attraverso l’accesso a
campi di indagine prima ritenuti preclusi al giudice amministrativo [29].
Resta
parimenti ferma l’esigenza di vietare al giudice amministrativo di compiere
“in prima battuta” un giudizio non svolto dall’amministrazione ovvero di
sostituirsi ad essa.
Quello
che invece si ritiene di poter segnalare è di sottoporre ad una maggiore
approfondimento la tendenza a ribadire, ai fini dell’esercizio dei poteri
cognitori, la distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi, o meglio
a differenziare l’esercizio dei poteri riservati al giudice amministrativo a
seconda della situazione giuridica della quale è chiamato ad occuparsi in
ragione del suo ufficio [30].
Se,
anche a fini organizzativi del sistema della giustizia amministrativa, può
senz’altro ritenersi giustificata la permanenza di distinzioni, non
altrettanto può dirsi se tali distinzioni sfocino in una non consentita
differenziazione di tutela che non appare in linea con una interpretazione
dell’art. 113, secondo comma, della Costituzione, qualora letta nel senso che
la limitazione preclusa possa riguardare anche l’uniformità di tutela delle
situazioni giuridiche soggettive, siano esse di interesse legittimo che di
diritto soggettivo.
Se
cosi si può ritenere, parimenti ininfluente dovrebbe apparire la distinzione
tra apprezzamenti “forti” e apprezzamenti “deboli” da parte del Giudice
amministrativo, che non appaiano idonei a superare la dicotomia che permane, in
merito al profilo dell’esame dei presupposti di fatto, tra gli orientamenti
che ritengono, da un lato che la scelte discrezionali su base tecnica, debbano
essere adeguatamente motivate e siano sindacabili per vizi logici, per errore di
fatto, per travisamento dei presupposti, per difetto di istruttoria e per
erronea applicazione delle regole tecniche [31];
dall’altro, quello più tradizionale e restrittivo che i provvedimenti che si
fondino su valutazioni tecnico discrezionali siano sindacabili solo ove
risultino immotivate o manifestamente irragionevoli [32].
Tuttavia,
a ben vedere, il “minimo comun denominatore” di tali orientamenti è
evidentemente la norma che l’autorità applica, per cui potrebbe risultare
fuorviante richiamare i due orientamenti a secondo dell’autorità, del tipo di
potere esercitato e della situazione giuridica dedotta in giudizio.
Se
rivisitati, appare necessario e sufficiente ai fini del decidere che
l’apprezzamento dei fatti sia univoco, omogeneo ed uniforme, assumendo come
parametro di riferimento esclusivamente la norma attributiva del potere e della
cui concreta applicazione si discuta, attraverso altresì il giudizio sulla
emersione o meno di profili non vincolati dalla fattispecie normativa astratta.
(*)
Il presente scritto, aggiornato e corredato delle note, rappresenta il
testo della relazione alla tavola rotonda sul tema “Giudice amministrativo
e tutele in forma specifica” svoltosi all’Università di Teramo il 3
maggio 2002 e farà parte del volume che
raccoglie gli atti del quinto convegno teramano, a cura del prof. Alberto
Zito e del dott. Diego De Carolis, in corso di pubblicazione.
[1]
Sull’evoluzione del nostro sistema di giustizia amministrativa
a seguito della recente riforma, ROMANO
A., Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa,
Padova, 2001, XXXI e ss.; in generale sull’argomento cfr.
CARINGELLA-PROTTO
(a cura di), Il nuovo processo amministrativo
dopo due anni giurisprudenza, Milano, 2002.
[2] CARANTA, I sassi e lo stagno (il difficile accesso al fatto del giudice amministrativo), in Urb. e App. 2000, 1351, auspica che, a seguito della riforma del processo, il giudice usi i nuovi poteri istruttori modificando coerentemente l’impostazione di fondo del giudizio amministrativo.
Come ricorda VENEZIANO, I nuovi mezzi probatori
nella giurisdizione di legittimità e nella giurisdizione esclusiva, in www.giustizia-amministrativa.it,
il tradizionale divieto di accesso autonomo al fatto da parte del giudice
amministrativo discende, per un verso, dalla ritenuta natura del processo
amministrativo quale giudizio sull’atto e non sul rapporto sostanziale
sottostante e, per altro verso, dall’altrettanto tradizionale affermazione
dell’insindacabilità degli ambiti di discrezionalità tecnica, oltre che
amministrativa, riservati all’Amministrazione. In realtà, come rileva
anche lo stesso A., (spec. a
pag. 4) tale impostazione appare sempre più recessiva di fronte alla
recente evoluzione legislativa,dottrinaria e giurisprudenziale, tanto che è
certamente superato l’approccio tradizionale alla problematica, come si
ricava dalla stessa giurisprudenza (cfr.
per tutti Cons. St., VI, 8 maggio 2001, n. 2590) che afferma come il giudice amministrativo ben può valutare la
ragionevolezza, la congruità e l’esaustività dei giudizi tecnici e dei
pareri resi dagli organi tecnici…” per cui “ per poter compiutamente
acquisire gli elementi di fatto necessari ai fini dell’esame delle
predette doglianze, occorre procedere ad una verificazione in ordine alla
ragionevolezza, alla congruità ed all’esaustività dei predetti giudizi
tecnici intervenuti nel procedimento in questione.”: così TAR Abruzzo,
sez. Pescara, 22 marzo 2002, n. 340, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3]
Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 1894, n. 171, in Giust.
amm. 1894, I, 364.
[4]
Sulle prime decisioni della IV Sezione del Consiglio di
Stato che delinearono le figure sintomatiche dell’eccesso di potere
SANDULLI A., L’eccesso di potere
amministrativo, in Le grandi
decisioni del Consiglio di Stato, a cura di PASQUINI e SANDULLI, Milano
2001, 49.
[5]
GALLO C.E., Art. 44 t.u.
Cons. St. 1924, in Commentario breve alle legge sulla giustizia
amministrativa, cit., 516 e
ss.; MADDALENA, La consulenza tecnica nel nuovo processo amministrativo (notazioni
a margine dell’ordinanza del TAR Campania-Napoli, Sez. I, 31 ottobre 2001, n. 4799),
in www.giustamm.it;
[6]
Sul punto, di recente, DI
LENA, Potere di
pianificazione territoriale e sindacato giurisdizionale: Il Giudice
amministrativo “osa” troppo ? Brevi considerazioni a margine di una
sentenza istruttoria del Consiglio di Stato, in Cons. Stato 2002,
II, 717 e segg.; spec. 725, e i
riferimenti dottrinari e giurisprudenziali ivi citati.
[7]
Come esattamente nota PROTTO, La
discrezionalità tecnica sotto la lente del G.A.,
in Urb. e App. 2001, 879,
qualora sia necessaria la C.T.U. per l’accertamento dei fatti
stessi occorre evitare che la formulazione dei quesiti da parte del giudice
consenta una vera e propri valutazione di merito da parte del perito.
[8]
G. SAPORITO, Discrezionalità tecnica e buona amministrazione, in www.giustamm.it;
IEVA, Valutazioni tecniche e decisioni amministrative (la c. d.
discrezionalità tecnica dopo la decisione del Consiglio di Stato, sez. IV,
del 9 aprile 1999 n. 601 e la legge n. 205 del 2000 in materia di giustizia
amministrativa), ivi, 11/2000.
[9]
Cfr. ANGELETTI, Relazione di sintesi al convegno svoltosi a Torino
nei giorni 14 e 15 giugno 2002.
[10]
Sulle quali SCOCA, Relazione
al convegno di Torino citato.
[11]
Cfr. DELL’ANNO P., Le norme tecniche, in Atti del Convegno A.I.D.U.
svoltosi ad Ancona, Milano 2002.
[12]
SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina
successiv, in Riv. trim. dir. pubbl. 2000,I,1045
[13]
GIANNINI, Diritto amministrativo, pag. 54.
[14]
PAOLANTONIO, Interesse pubblico specifico ed apprezzamenti amministrativi,
in. Dir. amm. 1996, I, 413
[15]
VILLATA, L’atto
amministrativo, in AA.VV.,
Diritto amministrativo, vol.II,
a cura di MAZZAROLLI, PERICU, ROMANO A., ROVERSI MONACO, SCOCA,
Bologna 2001, 1445, sottolinea come il confine tra discrezionalità e merito
sia incerto, anche se ritiene ascrivibile
al merito l’ambito
delle scelte dell’amministrazione rimasto libero dopo l’osservanza di
tutti i principi e il rispetto di tutti i limiti che vincolano l’esercizio
della discrezionalità.
[16]Invero,
le innovazioni consentono, al giudice amministrativo di avere un accesso
diretto al fatto controverso, non più limitato ed influenzato dalla
mediazione interposta dalla amministrazione (anche terza) alla quale fosse
stato eventualmente demandato il compimento delle "nuove
verificazioni" già previste dall’art. 44 del R.D. n. 1054/1924.
L’art. 16 l. n. 205/2000 ha, infatti, disposto l’ "integrazione
dell’istruttoria mediante consulenza tecnica" aggiungendo la
semplice espressione ", ovvero
disporre consulenza tecnica." alla fine del primo comma del già
citato art. 44 R.D. n. 1054/1924. Secondo VENEZIANO, op. cit.,, a seconda
del fatto che il giudice affidi al consulente tecnico solo l'incarico di
valutare i fatti da lui stesso accertati, o dati per esistenti, ovvero anche
quello di accertare i fatti stessi, si distinguerà tra consulente
“deducente” e consulente “percipiente”. Nel primo caso la consulenza
presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la
valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati
dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa
fonte oggettiva di prova.
[17]
Cfr. la formulazione dell’art.
35, comma 3, del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, nel testo modificato
dall’art. 7 della l. n. 205/2000 che, nel novellare gli artt. 33, 34 e 35
D. Lvo. n. 80 del 1998, ha generalizzato l’introduzione di tutti i mezzi
di prova previsti dal codice di procedura civile nelle controversie devolute
alla giurisdizione esclusiva, superando i precedenti dubbi interpretativi in
ordine all’ambito di applicazione del terzo comma dell’art. 35 citato.
[18] Inoltre, come ricorda VENEZIANO, op. cit., il nuovo testo dell’art. 111 Cost. impone al giudice amministrativo l’esigenza di rispetto dei principi di parità tra le parti e di terzietà, esigenza che esclude la possibilità di svolgimento di alcuna attività di supplenza rispetto al mancato esercizio di facoltà e poteri processuali finalizzati all’acquisizione delle prove necessarie a sostegno delle tesi di ciascuna parte.
[19]
Al riguardo CINTIOLI, Consulenza
tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalità
tecnica, in giurisprudenza.it,
che afferma l’alternativa tra controllo «forte» e
controllo «debole», ritiene che il primo implichi la prevalenza della valutazione tecnica
sviluppata nel processo su quella effettuata dall’Autorità
amministrativa, anche nei casi in cui la scelta è condizionata da obiettivi
margini di opinabilità; il secondo, invece, conduca a censurare solo le
valutazioni tecniche che appaiono sicuramente inattendibili.
[20]
Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 2001, n. 5287, in Cons. Stato
2001, I, 2274.
[21]
Il principio riportato nel testo in termini generali, è stato affermato da
Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2002, n 2199, in Cons. Stato 2002, I,
865, spec. 874 in motivazione.
[22]La
prima della sede di L’Aquila del 5 aprile 2002, n. 165; la seconda della
sede staccata di Pescara 22 marzo 2002, n. 333, entrambe pubblicate nei modi
ormai consueti nel sito istituzionale www.giustizia-amministrativa.it.
[23]
In generale, sui limiti della cognizione del giudice amministrativo
delle controversia in materia di
urbanistica cfr. FRACCHIA, Il Consiglio di stato precisa che
l’urbanistica non ricomprende i rapporti di diritto privato tra
proprietari, in Foro It. 2002, III, 105.
[24]
Nella motivazione della sentenza di accoglimento si afferma che “Anche il
secondo provvedimento del Genio
civile deve essere considerato, come il primo, un atto permeato
esclusivamente di discrezionalità tecnica, cioè di una scelta
amministrativa fondata su norme che si richiamano ad una scienza esatta,
nella specie di carattere geotecnico. Orbene, deve premettersi che la
materia urbanistica, dopo la riforma attuata con il decreto legislativo 80
del 1998 e dalla successiva legge 205 del 2000, ha subito una completa
trasformazione, posto che sono state devolute alla giurisdizione del giudice
amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti
e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche nei confronti delle quali
al giudice amministrativo è stato attribuito il potere di disporre il
risarcimento del danno anche attraverso la reintegrazione in forma
specifica. Siffatte disposizioni, ad avviso del collegio, non possono non
aver comportato conseguenze di rilievo che devono tradursi nella possibilità
di ampliare o meglio di correggere i limiti che demarcavano la posizione
degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi nei confronti degli atti
della P.A. in materia urbanistica. Quindi, oggi, in materia di
discrezionalità tecnica il G.A. non può incontrare i limiti che derivavano
dall’essere il suo solo un sindacato di legittimità, non suscettibile di
estendersi alle valutazioni di opportunità dell’amministrazione che
dipendevano da una scelta tecnica Oggi l’esame sul comportamento e,
pertanto sul fatto e sul rapporto, non può limitarsi a recepire
pedissequamente le valutazioni
scientifiche di un organo amministrativo che tendono a supportare una
valutazione di merito dato che quest’ultima in tanto sarà giustificata in
quanto le valutazioni tecnico discrezionali non siano errate. Ne consegue
che, se, come nel caso di specie, l’amministrazione si trinceri dietro
pretesi ostacoli di carattere tecnico che impediscano il rilascio
provvedimento in una materia affidata, in via esclusiva alla giurisdizione
del giudice amministrativo, quest’ultimo può e deve, anche attraverso il
ricorso della consulenza tecnica di ufficio o la verificazione da parte di
altre amministrazioni pubbliche, parimenti qualificate, disporne il
controllo senza di che non potrebbe neanche realizzarsi quella tutela
risarcitoria anche attraverso la reintegrazione in forma specifica,
garantita dall’art.7 della legge 205 che in sostanza può soddisfare da
sola o unitamente ad un più limitato risarcimento del danno in via
patrimoniale, l’interesse del ricorrente. Ogni e qualsiasi diversa
interpretazione della nuova normativa svuoterebbe di contenuto la riforma
introdotta con la legge citata.”
[25]
Cons. Stato, Sez. IV, 25 luglio
2001 n. 4082, in www.giustamm.it
[26]
Per CINTIOLI, op. cit., tale problematica “raggiunge la
soglia più elevata proprio negli orientamenti del giudice comunitario, i
quali, oltretutto, devono contemperare il principio di effettività della
tutela giurisdizionale dei diritti comunitari con il tasso di irrinunciabile
autonomia da riconoscere ai diritti processuali nazionali”.
[27]
L’affermazione di principio che può essere generalizzata è contenuta
nella nota sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 601 del
1999, in Foro It. 2001, III, 39, con nota di TRAVI
alla quale ha fatto seguito
l’ordinanza della Sezione Quinta del 17 aprile 2000, 2292, in
www.giustamm.it e in Urb. e appalti 2000,
1340, con nota di CARANTA,che mira proprio ad affermare definitivamente e
con chiarezza la possibilità di accesso diretto al fatto che deve essere
riconosciuta al giudice amministrativo anche in sede di giurisdizione di
legittimità.
[28]
CLARICH, 6.
[29]
Su tali problematiche di carattere generale cfr. le affermazioni in termini
preclari di PROTTO, La discrezionalità tecnica sotto la lente del G.A.,
in Urb. e app. 2001, 873 e
ss., che puntualizza le statuizioni di Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n.
1247, est. Lipari, in Cons. Stato 2001, I, 866, che, tra l’altro, ha
affermato che la discrezionalità tecnica non è sottratta,
aprioristicamente, al sindacato del giudice amministrativo, concernendo
valutazioni da operarsi alla stregua di criteri, regole e parametri tecnici
o scientifici, direttamente od indirettamente richiamati dalla norma
giuridica che disciplina il potere e quindi non appartenenti al merito
amministrativo. Cfr. altresì SICLARI D.,
Conoscibilità ed accertamento del fatto nel giudizio amministrativo di
legittimità, in T.A.R.
1998, II, 321.
[30]
Tendenza che pare essere indirettamente confermata anche
nello schema di DDL contenente «Norme per l'emanazione del codice
del processo amministrativo, in www.giustamm.it,
che all’art. 1, comma 4, lett. c), fissa tra i principi cui attenersi per
il “riordino della disciplina concernente i poteri di cognizione e di
decisione del giudice, con specifico riguardo alle azioni di accertamento e
di condanna, proposte per le tutela di diritti soggettivi e di interessi
legittimi, anche mediante la definizione dell’ambito del potere di
disapplicazione delle norme regolamentari ”.
[31]
Riassume tali principio Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2002, n. 1259, in Cons.
Stato 2002, I, 498.
[32]
Così Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2002, n. 1258, ivi 2002, I, 494,
specialmente al punto 4.2.della motivazione.