MARTA MONACILIUNI
(Specializzanda in diritto amministrativo)
Il difficile "avvio" della consulenza tecnica nel processo amministrativo
(note a margine di TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Sentenza 6 giugno 2003 n. 7301)
Non poter provare un diritto equivale a non averlo. Il potere di ricerca e offerta della prova aveva finora potuto trovare piena esplicazione all’interno del processo civile anche nella misura in cui il giudice ordinario gode di vasti poteri istruttori idonei ad assicurare tutela piena al cittadino.
Nel processo amministrativo si era di fronte ad una tutela per certi versi dimidiata a fronte di una carenza normativa che permettesse al giudice amministrativo di fruire degli strumenti propri del Codice di procedura civile. Un tale vulnus di tutela è stato superato dal legislatore della 205/2000 che ha modificato il d.lgs. 80/1998 prevedendo la possibilita’ per il giudice amministrativo di disporre l’assunzione dei mezzi di prova previsti dal Codice di procedura civile, nonché della consulenza tecnica d’ufficio innovando all'uopo l’art. 44 T.U.C.d.S.
In tal modo si è avvicinato il sistema probatorio amministrativo a quello proprio del processo civile, pur con le dovute precauzioni necessarie a rispettare la diversita’ dei due tipi di procedimenti in esame; mentre, infatti, nel processo civile opera il principio di disponibilita’ delle prove in capo alle parti, il processo amministrativo è ispirato al sistema dispositivo con metodo acquisitivo, con conseguente potestà per il giudice di disporre acquisizioni probatorie e richiedere quanto ritenga necessario al formarsi del proprio convincimento.
A tre anni da tale rivoluzione copernicana del processo amministrativo ancora esigua è la giurisprudenza per poter individuarne lineari orientamenti; essa è comunque sufficiente per sottolinearne i relativi sforzi di adeguamento dei casi concreti alle nuove norme. La Cassazione ha, difatti, sottolineato come la consulenza tecnica non sia un mezzo istruttorio nella disponibilita’ delle parti, ma espressione del potere discrezionale del giudice, cui è rimessa la facolta’ di valutarne la necessita’ o la opportunita’. Tuttavia, qualora la decisione della controversia dipenda dalla risoluzione di una questione tecnica, il giudice, che non abbia ritenuto di dover ricorrere all’ausilio di un esperto, dovra’ dimostrare, con motivazione adeguata, d’aver potuto risolvere sulla base di corretti criteri tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, ricorrendo altrimenti nel vizio di insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione.
In riferimento ai poteri del giudice in tema di ammissibilità della consulenza, va evidenziato come il TAR Campania, sezione prima, con decisione n. 7301/2003 si è occupata del caso in relazione alla anomalia dell'offerta prevista dall'art. 21, comma 1 bis, l. 109 del 1994.
La pronuncia sottolinea in primo luogo come sia nel corso del procedimento amministrativo di verifica dell'anomalia, sia nella sede processuale di tutela giurisdizionale gravi sull'impresa offerente l'onere di fornire la prova della congruità della propria offerta per il conseguimento dell’affidamento dell’appalto; ciò, peraltro, non escluderebbe la permanenza dei poteri istruttori del giudice, imponendo nel contempo di ritenere che l'esercizio di tale potere si giustifichi, in siffatte situazioni, solo se gli elementi forniti dalla parte siano tali da potersi definire un "inizio di prova" suscettibile in quanto tale di integrazione ad opera del giudice; tale principio di ordine generale varrebbe particolarmente nel caso di richiesta di consulenza tecnica.
In particolare, la procedura di verifica dell'anomalia delle offerte è connotata, secondo la pronuncia, da discrezionalità mista e non può disconoscersi la potestà della P.A di ispirarsi a criteri valutativi ritenuti più opportuni (già a monte) per il conseguimento dei fini prevalenti nella fattispecie data: accuratezza delle lavorazioni, ovvero loro economicità; incidenza a conferirsi a singoli fattori non squisitamente tecnici (ad esempio, tutela dell'ambiente); maggiore o minore esposizione al rischio del contenzioso; privilegiare l’equilibrio della gestione imprenditoriale, ovvero puntare sull’esasperazione della concorrenza (si pensi alla valutazione dell’adeguatezza degli utili di impresa).
E che si voglia ritenere, a seconda dei casi, che sussista al riguardo una discrezionalità amministrativa in senso proprio oppure una discrezionalità tecnica ispirata a leggi opinabili quali quelle dell’economia o dell’aziendalistica, si deve escludere che il vaglio giurisdizionale possa andare oltre i limiti dell'insufficienza della motivazione o dell’irrazionalità manifesta. E dunque, di norma, -prosegue il Tribunale- alcuna consulenza è possibile per tali profili (con l’unica eccezione del mero accertamento dei fatti). La C.T.U. deve invece ammettersi per apprezzamenti di natura tecnica.
Ancorchè le regole del sapere specialistico non hanno sempre carattere universale per assumere non di rado carattere statistico se non addirittura probabilistico, esistono tuttavia regole desunte dalle cc.dd. "scienze esatte" che secondo il comune modo di sentire si ispirano a "leggi certe". Se anche "fisicamente" le possibilità che un dato evento si verifichi o non si verifichi non sono nulle, tuttavia esse sono talmente prossime allo "zero" da far ritenere "legge certa" il suo verificarsi o meno.
Ciò comporta che l'attività del consulente dovrà concretizzarsi in una verifica alla luce delle "leggi certe" applicabili ai singoli elementi da analizzare, da individuarsi previamente non essendo ipotizzabile una C.T.U. tesa genericamente a sostituire ad un giudizio opinabile dell'amministrazione un giudizio altrettanto opinabile (Cons. Stato, Sez. VI, 23.4.2002, n. 2199; Sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5287).
Ove la consulenza è richiesta dalla parte, necessita quindi che siano stati indicati i singoli elementi ritenuti abbisognevoli di verifica e sia stata specificata la violazione delle "leggi certe" invece da applicarsi. Ma non basta; in sede di giudizio di verifica dell'anomalia delle offerte, occorre ancora che sia stato dato debito conto della rilevanza di detti elementi nell'economia globale, nel senso che una diversa soluzione offerta dal consulente agli specifici quesiti deve essere idonea a poter modificare il risultato finale complessivo.
La sentenza annotata merita di essere segnalata quale concreto tentativo di dettagliare i principi cui legare l'ammissibilità della consulenza nel processo amministrativo nelle fattispecie in commento. Le variegate posizioni dottrinarie e giurisprudenziali in ordine a tale novella risentono evidentemente del tipo di controllo (estrinseco o intrinseco, forte o debole) che ciascuno, a seconda delle diverse fattispecie, ritiene possibile e/o dovuto per dirimere la controversia senza impingere nel merito dell'azione amministrativa, fatti salvi i rari casi in cui tale sindacato è ammesso in sede di giudizio di cognizione e fatti salvi gli ampi poteri sostitutivi del giudice in seno al giudizio di ottemperanza; angolazione, questa, di pregnante interesse in relazione all'utilizzo della consulenza in tale sede, in tema soprattutto di risarcimento del danno nell'ambito della tutela ripristinatoria costituita dagli effetti demolitori e conformativi del giudicato amministrativo, costituente un prius logico-giuridico rispetto alla tutela risarcitoria per equivalente.
Le statuizioni del Tar partenopeo, dunque, appaiono conciliare la persistente peculiarità del processo amministrativo, laddove e per quanto ancora luogo di contrapposizione tra situazioni soggettive dinamiche in cui al giudice è chiesto di assicurare l'esercizio corretto della funzione amministrativa, con i canoni processuali civilistici in tema di assunzione e formazione della prova e dei relativi mezzi.
Del resto, la consulenza non ha impiego e rilevanza generalizzata ed indifferenziata nell'ordinamento processuale, ma risente non solo della struttura concreta della controversia data ma anche, più a monte, del tipo di processo: in quello lavoristico, ad esempio, i poteri del giudice in tema di acquisizione delle prove sono più ampi (principio inquisitorio sia pur circoscritto da quello della domanda) rispetto al processo di cognizione ordinario; in quello penale, nel nuovo rito accusatorio, la perizia d'ufficio appare ricoprire la funzione di consentire la formazione di una conoscenza comune a tutte le parti del processo ed al giudice, quindi non al solo giudice.
E dunque non appare censurabile che, nell'ambito del processo amministrativo, della consulenza si faccia maggiore o minore utilizzo a seconda della controversia da dirimere ed al suo interno del mix di fattori legati al tipo di sindacato possibile, alla ripartizione dell'onere della prova e del suo assolvimento da parte dei soggetti processuali.
Tale via è quella peraltro da tempo seguita dal Tribunale partenopeo che per un verso si è spinto, in sede cognitoria, ad ammettere consulenze per verificare giudizi in materia concorsuale, pur riconoscendo agli stessi, di norma, unicità ed irripetibilità da parte di soggetti comunque terzi rispetto all'amministrazione e pur formalmente escludendo, sul piano degli effetti, una sostituzione del giudizio dei consulenti a quello dell'amministrazione (Tar Campania, sezione seconda, n. 3011/2002) e, per altro verso, ha respinto richieste di consulenze in presenza di controversie a connotazioni squisitamente civilistiche incentrate sull'adempimento/inadempimento contrattuale (in tema di pagamenti, ad esempio). In tali fattispecie si è infatti precisato come l'art. 2967 c.c. debba trovare pieno ingresso nel processo amministrativo senza più attenuazioni dell’onere della prova per il ricorrente. Il giudice amministrativo, non più "signore della prove", con la discrezionalità implicita nella formula e che nella nuova tipologia di contenzioso non ha alcuna ragion d’essere, dovrà acclarare i fatti iuxta alligata et probata, ovvero nel rispetto delle regole codicistiche che reggono la loro assunzione. Attore ed eccepiente dovranno provare fatti ed eccezioni secondo le previsioni degli artt. 163 e 167 c.p.c., poiché il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti (art. 115 c.p.c.) fatta salva la loro valutazione secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge non disponga altrimenti (art. 116 c.p.c.), in un contesto, cioè, in cui la prova dovrà sempre essere fornita dalle parti, avendo la stessa consulenza tecnica d’ufficio lo scopo (unico) di integrare le conoscenze del giudice nei casi in cui per percepire o valutare la prova siano necessarie conoscenze tecniche di cui egli non dispone direttamente" (così già Tar Campania, Sezione prima, n. 3608 del 27 luglio 2001).
L'indirizzo del giudice amministrativo risulta condivisibile sia per quanto volto a monte a negare o ad ammettere la consulenza, sia per quanto teso ad indicarne i necessitati presupposti, caso per caso.
E' infatti evidente che l'utilizzo della consulenza dovrà escludere, quanto ad effetti, che al suo esito possano aversi sconfinamenti di campo; e ciò comporta, a valle della sua ritenuta ammissibilità, l'onere (per il giudice) di specificazione puntuale dei quesiti. L'opera richiesta al giudice amministrativo non è dunque semplice; certo, esiste la bussola di orientamento costituita dai principi fissati in materia dalla giurisprudenza del giudice ordinario ed essa potrà e dovrà costituire un valido punto di riferimento.
Può, a questo punto, concludersi affermando che le statuizioni del Tribunale partenopeo sui necessitati presupposti per disporre una consulenza tecnica in tema di verifica di anomalia delle offerte appaiono condivisibili; pur se evidentemente possibile un loro affinamento, risulta comunque apprezzabile l'aver introdotto elementi concreti di separazione e di specificazione che si collocano in una linea più avanzata rispetto al dibattito teorico e relegato sul piano degli astratti e generali principi.
TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Sentenza 6 giugno 2003 n. 7301 - Pres. Coraggio, Est. Monaciliuni - Giustino Costruzioni s.p.a,. (Avv.ti Ambroselli e Magrì) c. ANAS - Ente nazionale per le strade (Avv. Stefano Astorri) e Toto s.p.a. (Avv. Terzi).
(omissis)
per l’annullamento
(previa sospensione)- della determinazione di anomalia dell’offerta del costituendo raggruppamento formato dalle società ricorrenti e della conseguente esclusione -di cui all’atto Anas sottoscritto in data 16 maggio 2002 e comunicato il 17 giugno 2002- dell’offerta medesima dalla licitazione privata per l’affidamento in Campania dei "Lavori di ammodernamento ed adeguamento al tipo IB delle norme CNR/80 – Tronco n.1 – Tratto 5 – Lotto dal Km. 44 + 100 al km. 47 + 800 (svincolo Contursi incluso) Autostrada Salerno – Reggio Calabria", da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, per opere in parte a corpo ed in parte a misura, per un importo complessivo a base d’asta di lire 271.790.764.493;
- per quanto di ragione, del bando di gara e della lettera d’invito, ove le determinazioni impugnate derivino dalla contraddittoria prescrizione di osservanza contestuale sia dell’art. 30 della direttiva CEE 93/37 che dell’art. 21, comma 1 bis, della l. n. 109/1994, alla luce della sentenza della Corte di giustizia C.E. del 27.11.2001 (cause C-285/1999 e C-286/1999) e del conseguente dichiarato contrasto della normativa nazionale con quella comunitaria;
- per quanto di ragione, di ogni ulteriore atto, verbale e determinazione della procedura di gara, preordinato, connesso e consequenziale, lesivo dell’interesse delle ricorrenti, ivi compresi: l’atto titolato "relazione per il responsabile del procedimento, sottoscritto dal medesimo responsabile per il procedimento in data 8.1.2002, con il quale erroneamente sono state richieste ulteriori giustificazioni dell’offerta proposta dalle ricorrenti (atto comunicato in data 17.6.2002); la nota prot. n. 2903 del 18.6.2002, pervenuta il successivo giorno 22 dello stesso mese, con cui l’Anas ha restituito al raggruppamento ricorrente la fideiussione n. A02056 del 24.7.2001, da questi prestata per la garanzia provvisoria
nonché, per il conseguente accertamento
del diritto delle ricorrenti, nelle indicate qualità, a conseguire l’aggiudicazione della gara, in una all’eventuale diritto al risarcimento del danno da lucro cessante relativamente al periodo che dovesse intercorrere tra l’accertamento di tale diritto e la conformazione dell’Anas
nonché, in via gradata e meramente residuale rispetto alla precedente domanda, per il riconoscimento
dell’integrale risarcimento "per equivalente" dei danni patiti e patendi dalle ricorrenti per effetto dell’illegittimo comportamento tenuto dall’Anas, in misura pari all’utile che le imprese ricorrenti avrebbero ritratto dall’aggiudicazione della gara e dall’esecuzione dei lavori alle condizioni economiche da esse offerte in gara, oltre interessi, maggior danno e rivalutazione monetaria dalla data di relativa maturazione;
B- quanto all'atto recante motivi aggiunti:
a - della disposizione dell'Anas prot. n. 4346 del 6.6.2002, a firma dell'amministratore, con cui viene disposta l'aggiudicazione definitiva in favore dell'ATI Toto - Locatelli dei lavori di cui sopra, con autorizzazione alla consegna dei lavori sotto riserva di legge;
b- del verbale di gara del 23.5.2002, rep. n. 2286, con cui era stata dichiarata l'aggiudicazione provvisoria della gara, sempre in favore dell'Ati controinteressata, nonchè l'inammissibilità ed esclusione dell'offerta presentata dal raggruppamento ricorrente;
c- della determinazione di anomalia e di inammissibilità dell'offerta presentata dal raggruppamento ricorrente, quale atto presupposto della disposta esclusione, di cui all'atto Anas, titolato "relazione finale per il responsabile del procedimento in merito all'esito del contraddittorio", sottoscritto dalla "Commissione tecnica" e recepito e sottoscritto dal medesimo responsabile del procedimento in data 16.5.2002;
d- in via gradata e solo ove si reputasse necessario, per quanto di ragione, del bando di gara e della lettera d'invito, ove le impugnate determinazioni Anas derivino dalla contraddittoria prescrizione di osservanza contestuale sia dell'art. 30 della direttiva Cee che dall'art. 21, comma 1 bis, l. 109/1994, alla luce della sentenza della Corte di giustizia C.E. del 27.11.2001 e del conseguente dichiarato contrasto della normativa nazionale con quella comunitaria;
e- dell'atto titolato "relazione per il responsabile del procedimento" sottoscritto dal medesimo in data 8.1.2002, con il quale erroneamente sono state richieste ulteriori giustificazioni dell'offerta proposta dalle ricorrenti;
f- della nota Anas prot. n. 2903 del 18.6.2002, con cui l'ente ha restituito al raggruppamento ricorrente la fideiussione n. A02056 del 24.7.2001, da questi prestata per la garanzia provvisoria;
g- per quanto di ragione, della disposizione Anas prot. n. 4372 del 9.2.1998 di indicazione dei membri della commissione deputata alla valutazione delle offerte anomale;
h- per quanto di ragione, della nota Anas prot. n. 7940 del 24.4.2002 con cui si comunica che sono state accolte le dimissioni del dirigente dott.ssa Maria Scurti a far luogo dal 16.4.2002 e gli atti a questa preordinati, connessi e consequenziali di cui non si ha conoscenza;
i- per quanto di ragione, di ogni ulteriore atto, verbale e determinazione della procedura di gara, preordinato, connesso e consequenziale, lesivo dell’interesse delle ricorrenti, ivi compresa l'eventuale disposizione o verbale di consegna dei lavori e l'eventuale contratto che dovesse intervenire fra Anas ed Ati controinteressata;
l ed m- per l'accertamento del diritto al risarcimento di cui già all'atto introduttivo del giudizio
C- quanto al secondo ricorso (n. 7703/2002):
per l'annullamento
dei medesimi atti già impugnati a mezzo di ricorso per motivi aggiunti in seno al primo gravame e per l'accertamento del diritto al risarcimento di cui pure già a detto primo gravame
D) quanto al ricorso incidentale proposto dall'ATI controinteressata:
per l'annullamento
degli atti impugnati dalla ricorrente principale nella parte in cui hanno illegittimamente ammesso la stessa ricorrente principale alla gara, ancorchè non sia in possesso della cifra d'affari prescritta dal bando di gara;
Visti i ricorsi (ivi compreso quello per motivi aggiunti in seno al primo di essi) ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata e l’annessa produzione, in essa compresa la consulenza tecnica di parte depositata l'8 luglio 2002;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della controinteressata intimata e l’annessa produzione;
Visto il ricorso incidentale proposto da detta controinteressata e la documentazione allo stesso allegata;
Viste le plurime memorie di parte;
Visti gli atti tutti di causa, in essi compresi le decisioni nn. 7246 e 7247 del 20.12.2002, con le quali il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibili i regolamenti di competenza proposti dall'Anas;
Relatore il Consigliere, dr. Arcangelo Monaciliuni;
Uditi, alla pubblica udienza del 7 maggio 2003, i procuratori delle parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Fatto
A mezzo dei due ricorsi in esame le società Giustino Costruzioni s.p.a e Gi.Co. s.p.a., entrambe in proprio e quali componenti della costituenda Ati con mandataria la Giustino Costruzioni, si dolgono della determinazione dell’Anas, stazione appaltante, di ritenere anomala l’offerta da loro presentata in seno alla licitazione privata per l’affidamento in Campania dei "Lavori di ammodernamento ed adeguamento al tipo IB delle norme CNR/80 – Tronco n.1 – Tratto 5 – Lotto dal Km. 44 + 100 al km. 47 + 800 (svincolo Contursi incluso) Autostrada Salerno – Reggio Calabria"; gara da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso determinato mediante offerta di prezzi unitari ai sensi dell’art. 21, comma 1, lettera C, della l. n. 109/1994 con le modalità di cui all’art. 90 del d.P.R. n. 544/1999 e con valutazione dell’anomalia delle offerte ai sensi dell’art. 30, comma 4, della direttiva CEE 93/37 ed individuazione delle offerte anomale a mezzo dei criteri indicati dall’art. 21, comma 1 bis, l. 109/1994 (importo complessivo a base d’asta di lire 271.790.764.493).
Le offerte presentate erano state in numero di 13; la soglia di anomalia individuata in misura pari al 23,476%; le offerte che presentavano un ribasso superiore alla soglia, da sottoporsi a verifica, erano quella dell’Astaldi – Ira Costruzioni generali (ribasso del 25,960 %), della Giustino Costruzioni - Gi.Co, odierne ricorrenti, (ribasso del 25,181 %), della Cir Costruzioni - Consorzio cooperative costruzioni (ribasso del 24,787 %), della Grandi lavori Fincost – Seli – Cidonio (ribasso del 24,710%). Le offerte dell’Astaldi – Ira e della Cir costruzioni sono state ritenute dalla commissione per la verifica delle anomalie prive dei giustificativi richiesti dalla lettera d’invito e le giustificazioni fornite dai restanti raggruppamenti non soddisfacenti.
Al contrario, i giustificativi della Giustino – Gi.Co. sono stati invece ritenuti soddisfacenti da detta, prima, commissione e rimessi ad una seconda ("tecnica") per il prosieguo valutativo, conclusosi negativamente.
All’accertata congruità dei giustificativi operata dalla prima commissione, all’immotivata conclusione cui è pervenuta la seconda ed il responsabile del procedimento, in una alla misura del ribasso offerto una volta ritenutosi di dover escludere l’Astaldi -Ira, conseguirebbe, nella prospettazione attorea di cui ai primi due articolati motivi di ricorso, l’aggiudicazione della gara in suo favore, come sarebbe comprovato anche da perizia di parte a conferma di detta congruità e dell'erroneità del giudizio di anomalia operato dall'Anas; i restanti due motivi di ricorso recano la denuncia di vizi procedurali: violazione del principio di unicità e collegialità della "commissione tecnica" (per mancata sottoscrizione della valutazione finale da questa operata da parte di tutti i suoi componenti); violazione del medesimo principio in riferimento alla "commissione di gara" (mutata nella sua composizione).
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio a sostegno del proprio operato ed ha replicato partitamente ai diversi assunti attorei, previa proposizione di plurime eccezioni in rito: intempestiva impugnativa dell'aggiudicazione provvisoria e di quella definitiva; inammissibilità del secondo ricorso; impugnativa intempestiva della lettera d'invito e dell'elenco prezzi.
In giudizio si è costituito anche il raggruppamento rimasto aggiudicatario della gara che ha: eccepito in rito l'inammissibilità dell'impugnativa avverso gli atti recanti le due aggiudicazioni (provvisoria e definitiva), asseritamente prodotta tardivamente; proposto ricorso incidentale avverso l'ammissione alla gara della ricorrente principale denunciando la carenza in capo alla stessa (e, singolarmente, alla mandataria ed alla mandante) del possesso del requisito della cifra d'affari in lavori prescritta; replicato alle deduzioni attoree soffermandosi in particolare, a mezzo di analisi specifiche, a negare attendibilità ai giustificativi prodotti da controparte.
Memorie conclusionali sono state depositate dalle parti per controreplicare alle avverse deduzioni; parte attrice ha depositato anche documentazione che dovrebbe comprovare il possesso del requisito la cui carenza è stata denunciata a mezzo del ricorso incidentale, previa eccezione di inammissibilità di quest'ultimo spettando all'amministrazione la verifica della sussistenza dei requisiti speciali di che trattasi nel momento dato (all'atto dell'affidamento dell'appalto, prima essendo richiesta la sola dichiarazione del suo possesso).
La competenza del Tribunale (sede di Napoli) si è radicata a seguito delle decisioni del Consiglio di Stato nn. 7246 e 7247 del 20.12.2002. In data 10 gennaio 2003, parte ricorrente ha chiesto, in conseguenza, la sollecita trattazione dei due ricorsi.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2003 i gravami su indicati sono stati trattenuti in decisione, presenti i procuratori delle parti come da verbale di udienza (avv.ti Magrì ed Ambroselli per quella ricorrente; avv. Astorri per l'Anas; avv. Terzi per la parte controinteressata). In tale sede sono state depositate, con il consenso delle altre parti, note di udienza e copia del contratto nelle more stipulato e quindi (sono state) verbalmente illustrate le rispettive tesi.
Diritto
1- Nella controversia in esame, che attiene all’anomalia dell’offerta prodotta dall'Ati ricorrente in seno alla gara suindicata, tenuto conto che il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata rimasta aggiudicataria dell’appalto pone una questione di merito, in un corretto spiegarsi dell’ordo decisionis vanno esaminate dapprima le eccezioni volte ad ottenere una declaratoria d'inammissibilità dei ricorsi principali.
Non possono trovare ingresso quelle proposte da entrambi le parti resistenti secondo cui l'impugnativa degli atti recanti l'aggiudicazione provvisoria e definitiva sarebbe tardiva.
Ferma l'insussistenza di un onere di impugnativa immediata di quella provvisoria (Cons. Stato, sez. V, 21.6.2002, n. 3404), alcuna prova è stata fornita della previa conoscenza, di entrambi i provvedimenti, da parte della ricorrente in data antecedente quella del loro deposito agli atti del giudizio; in ogni caso, non può condividersi l'assunto (della controinteressata) secondo cui la comunicazione alle imprese del giorno in cui si sarebbe provveduto in seduta pubblica implica la conoscenza legale degli atti in dette sedute formati. Tale conoscenza (che comunque non riguarderebbe l’aggiudicazione definitiva), in assenza di previsione normativa a supporto dell'apodittica affermazione, si ha solo se alle sedute hanno partecipato, e nelle forme richieste dalla giurisprudenza, i rappresentanti delle imprese medesime e non già se, come qui avvenuto (cfr. i verbali delle sedute, in atti), alcun rappresentante o soggetto riconducibile all'Ati qui attrice era presente.
Quanto alle questioni poste dalla proposizione di un secondo ricorso autonomo per censurare gli atti sopravvenuti già denunciati a mezzo del ricorso per motivi aggiunti proposto in seno al primo gravame, va rilevato che detto ricorso, identico a quello recante motivi aggiunti, è stato proposto al fine (evidente e dichiarato in memoria) di paralizzare una possibile eccezione avverso l'impugnativa a mezzo di motivi aggiunti di atti adottati in data antecedente la notifica del (primo) ricorso principale. Ancorchè la preoccupazione attorea sia stata eccessiva alla luce dell'orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sezione quinta, n. 3717/2002) che richiede l'impugnabilità degli atti successivamente conosciuti a mezzo di motivi aggiunti (orientamento, questo specifico, che appare accettato anche da quella parte della dottrina secondo cui la novella processuale del luglio 2000 non disciplinerebbe i "motivi aggiunti" per contemplare, al di là del nomen utilizzato, un diverso istituto: il c.detto "ricorso integrativo"), al suo comportamento consegue soltanto la declaratoria di inammissibilità del secondo ricorso, depositato in data successiva a quello recante i motivi aggiunti in seno al primo (come peraltro richiesto nell'eccezione formulata dall'Anas).
A questo punto, respinte le eccezioni volte a denunciare l'irricevibilità del gravame principale (atto introduttivo del giudizio e motivi aggiunti), occorrerebbe procedere con il previo esame del ricorso incidentale, cui tramite è denunciata la carenza in capo all'Ati ricorrente principale del requisito speciale costituito dalla cifra d'affari in lavori, posto che il suo accoglimento risulterebbe pregiudizialmente ostativo all'esame del ricorso principale.
Se non che, nel caso in concreto dato, la questione di merito prospettata dal ricorrente incidentale non può essere risolta immediatamente rendendosi necessaria una consulenza tecnica tesa a verificare se la documentazione finanziaria dei due gruppi societari (facenti capo rispettivamente a Giustino ed a Gi.Co.) versata in atti sia idonea a comprovare il possesso del requisito. In siffatta situazione ed avuto conto che il gravame principale è infondato e dovrà essere respinto, appare opportuno dare precedenza alla sua definizione (cui conseguirà l'inammissibilità del ricorso incidentale).
2- Con il primo mezzo di impugnazione e la parte generale del secondo è denunciata l'illegittimità della determinazione di anomalia dell'offerta dell'Ati ricorrente (d'ora in avanti, Giustino) in primo luogo perchè l'istituzione da parte dell'Anas, all'esito della pronuncia della Corte di giustizia UE 27.11.2001 in cause C - 285/1999 e C- 286/1999, di una commissione per la verifica delle anomalie in merito all'accettabilità dei giustificativi si sarebbe rilevato un espediente meramente formale in quanto, pur consentendo di esprimere il punto di vista dell'impresa successivamente all'apertura delle buste, svuoterebbe il contraddittorio di contenuto nel momento in cui le conclusioni della commissione possono (come asseritamente qui avvenuto) essere ribaltate dal giudizio di una seconda commissione: quella già istituita dall'Anas con atto del 9 febbraio 1998, n. 4372.
Il profilo di censura non coglie nel segno.
Va premesso -ed è notazione di non poco conto- che la procedura delineata dall'Anas ha carattere regolamentare generale (ovvero, non è relativa a questa singola gara) e che la sentenza UE invocata non impone agli Stati membri specifici percorsi da seguire in sede di verifica delle anomalie delle offerte, vincolando il giudice nazionale solo nell'interpretazione dell'art. 30, n. 4 della direttiva 93/37/Cee nel senso che essa si oppone a normative o prassi degli Stati membri che consentano di respingere come anormalmente basse offerte che presentino un ribasso superiore alla soglia di anomalia senza concedere alle imprese la possibilità di far valere il loro punto di vista, dopo l'apertura delle buste, sugli elementi di prezzo offerti che hanno dato luogo a sospetti.
Va altresì precisato in punto di fatto che la sequenza procedimentale è stata la seguente:
- effettuate le operazioni di gara, la Commissione tecnica di cui alla disposizione dell’amministratore dell’Anas n. 4372 del 9 febbraio 1998, ovvero quella che ha poi reso il parere definitivo per il responsabile del procedimento, ha individuato gli argomenti sui quali instaurare il contraddittorio ed il responsabile del procedimento ha fatta propria tale individuazione (data 8 gennaio 2002);
- in data 15 gennaio 2002 sono state chieste a Giustino precisazioni in ordine agli elementi costitutivi dell’offerta, con specificazioni delle parti ritenute meritevoli di approfondimento;
- Giustino ha risposto il 24 gennaio 2002;
- in data 12 febbraio 2002 la Commissione verifica anomalie in merito all’accettabilità dei giustificativi in attuazione della sentenza della Corte di giustizia U.E. del 27 novembre 2001 (di cui meglio si dirà in avanti) ha concluso che, dal punto di vista tecnico, le giustificazioni fornite potevano ritenersi soddisfacenti (non così per le altre offerte soprasoglia, le cui analisi sono state considerate non soddisfacenti);
- tutti gli atti sono stati, da tale commissione, trasmessi alla Commissione tecnica per le specifiche valutazioni;
- la Commissione tecnica ha ritenuto che anche l’offerta di Giustino, nonostante le precisazioni fornite, fosse anomala; in calce alla relazione, datata 16 maggio 2002, il responsabile del procedimento, "esaminata l’istruttoria sopra esposta, concorda con quanto in essa contenuta ed adotta gli atti di competenza".
Orbene, da detta attività procedimentale si ricava che: 1) il contraddittorio è stato attivato ed effettuato dinanzi alla commissione che ha reso il parere definitivo, sia pur previo passaggio intermedio innanzi alla commissione verifica; 2) il responsabile del procedimento ha convenuto con le risultanze di detto parere definitivo, che richiama nel suo seno il parere dalla commissione consultiva per l'adeguamento delle procedure alla sentenza della corte di giustizia UE, che fa cioè parte della complessiva istruttoria avutasi; 3) alcuna rilevanza può avere la denuncia di contraddittorietà fra i due pareri posto che, se pur le differenze di compiti affidati alle due diverse commissioni non possono essere compiutamente valutate non essendo stato versato in atti il provvedimento istitutivo della commissione verifica anomalie, appare tuttavia chiaro da un esame dei contenuti del parere da questa reso che esso attiene ai profili tecnico-formali (di completezza dei chiarimenti e di rispondenza astratta alle richiesta dell'Anas), nel mentre le valutazioni di merito sono state effettuate dalla commissione tecnica deputata ad effettuare le istruttorie relative alla validazione delle offerte anomale (cfr. anche provvedimento istitutivo del 9.2.1998). Del resto, che le operazioni effettuate dalla commissione verifica anomalie (ancorchè successivamente istituita, non rileva) concernano la mera ammissibilità e non la fondatezza delle giustificazioni prodotte è ricavabile anche dalla circostanza che esse precedono, nella sequenza procedimentale, quelle della commissione tecnica.
Comunque -ed è notazione dirimente- è pacifica la natura istruttoria di tutti e due i pareri per il responsabile del procedimento, ovvero per il soggetto deputato alla valutazione della congruità delle offerte (art. 89 d.P.R. n. 554/1999 in combinato disposto con l'art. 21, comma 1, l. 109/1994).
3- Prima di procedere con il merito, va valutata la denuncia attorea (di cui al terzo mezzo di impugnazione) secondo la quale la commissione tecnica che il giudizio negativo ha reso, pur avendo natura di collegio perfetto, ha operato le valutazioni finali in difetto del plenum dei suoi componenti (con quattro, invece che con cinque). Nella prospettazione di parte, ne risulterebbero viziati per illegittimità derivata a portata caducante tutti gli atti successivi.
Il motivo non può trovare ingresso.
Trattandosi infatti di organismi tecnici della stazione appaltante la cui funzione, come sopra già chiarito, è istruttoria e servente rispetto a quella del responsabile del procedimento, non può utilmente essere richiamata la giurisprudenza secondo la quale le valutazioni finali delle commissioni giudicatrici debbano essere sottoscritte dal plenum.
La loro natura, cioè, non impone di ritenerli collegi prefetti e ciò trova piena conferma nel provvedimento istitutivo (della commissione tecnica) che non lascia in alcun modo desumere tale pretesa natura. Esso infatti, oltre al titolo accademico da ciascuno posseduto, non reca indicazioni sulla specifica qualificazione dei soggetti ivi indicati, laddove deve escludersi che la dott.ssa Scurti, il componente che non ha sottoscritto la relazione finale, per essere stata nelle more collocata a riposo, avesse qualificazione tecnica, quale posseduta dai primi tre membri della commissione, ingegneri. Della commissione, la Scurti era stata chiamata a far parte quale capo dell'ufficio contratti, come si evince aliunde (dalla richiesta di precisazioni, in atti, rivolta a Giustino e sottoscritta, d'ordine del responsabile del procedimento, dal capo dell'ufficio contratti dott.ssa Maria Scurti). E ciò, la competenza posseduta, non tecnica nei sensi richiesti dalla legge, può spiegare la sua mancata sostituzione in seno alla commissione e negare nel contempo qualificazione di collegio perfetto alla commissione in esame nel senso di negare validità alle conclusioni raggiunte nella suddetta composizione.
4- Nell'atto recante motivi aggiunti è introdotta l'ulteriore denuncia di violazione del principio di unicità ed immutabilità anche in riferimento alla "commissione di gara".
La doglianza, a prescindere da una verifica della sussistenza di un interesse qualificato alla sua proposizione, negato dall'Anas, è infondata in fatto posto che il provvedimento che la istituisce (la disposizione Anas 25.7.2001, prot. n. 2467) individua, per i casi di assenza o impedimento dei titolari, anche i membri supplenti fra i quali sono ricompresi l'avv. Fusco e la dott.ssa Ruggeri che qui hanno presieduto alle operazioni di che trattasi (in luogo dei titolari della funzione). Nè l'eventuale insussistenza dei presupposti (assenza e/o impedimento dei titolari) può, di per sè sola, essere denunciata da terzi, ancorchè partecipanti alla procedura; in ogni caso alcuna denuncia del genere è stata fatta.
5- L'irrazionalità, la mancanza di presupposti, l'erroneità ed il difetto di motivazione denunciati (con la restante parte del secondo, articolato, motivo di ricorso) vanno esaminati dopo aver deciso sull'ammissibilità o meno dell'impugnativa del bando di gara e della lettera d'invito ove siano state questi ad imporre le conclusioni contestate.
L'Anas ne ha eccepito l'inammissibilità per tardività (per acquiescenza prestatavi mediante partecipazione alla gara e presentazione dell'offerta). Tale assunto è infondato alla luce della costante giurisprudenza della Sezione, confermata dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 1 del 2003): non è ipotizzabile un'immediata lesività per clausole del bando destinate ad operare solo se e quando si verifichi una situazione di anomalia.
E se è pur vero che le clausole qui poste hanno natura mista, ponendo sia delle condizioni di ammissibilità (a pena di esclusione) dei giustificativi che di loro valutabilità, è altrettanto vero che la concorrente è stata regolarmente ammessa e in questa sede si discute soltanto dell’incidenza di tali clausole sulla valutazione di anomalia.
Venendo al merito, nessuno dei ricorsi prodotti da Giustino contiene denunce specifiche avverso le prescrizioni di gara in discorso; la generica impugnativa ("del bando di gara e della lettera d'invito") è solo indicata nella loro epigrafe e non vi sono mezzi di impugnazione che ne trattino. Certo, vi è la generale denuncia secondo la quale la stazione appaltante ha l'onere di prendere in considerazione tutte le giustificazioni, nessuna esclusa e non a caso la stessa costituisce il filo conduttore dei gravami: ma ciò in fatto è avvenuto. In particolare a Giustino è stato consentito, dopo l'apertura delle buste, di far valere il suo punto di vista sugli elementi di prezzo offerti che hanno dato luoghi a sospetti e tale punto di vista è stato valutato senza far luogo a dichiarazioni di inammissibilità o di esclusione dell'offerta nei sensi di cui alle prescrizioni di gara; valutazioni, soprattutto, che hanno riguardato i giustificativi prodotti, ritenuti non congrui non con un mero generalizzato rinvio alle analisi Anas, ma esplicitando (per parti rilevanti) le ragioni che rendevano errati o non corretti i giustificativi prodotti. Ed invero, non sempre la negativa conclusione è ancorata alle divergenze con le analisi Anas (vedi analisi del prezzo P.A. 204 d "tubo in vetroresina", per la stazione appaltante sottostimato per un importo di 6.665.083.920 vecchie lire e calcolo dei costi dei mezzi d'opera) e spesso, laddove lo è, è accompagnata da specificazioni oggettive (vedi: analisi del prezzo dell'acciaio; calcolo dei costi del personale che deve condurre gli impianti di illuminazione e ventilazione i galleria; analisi dell'attrezzatura per varo conci).
La stazione appaltante non ha dunque reso impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti all'impresa dall'ordinamento interno e comunitario (così legittimando il suo operato: Corte di giustizia CE, sez. VI, 27.2.2003 in causa C-327/00); le previsioni del bando di gara non si sono, cioè, in concreto frapposte alla sua piena libertà di manovra. Ne consegue l'irrilevanza della loro impugnativa e dell'eccezione dell'Anas, sicchè può prescindersene e proseguirsi l'esame della doglianza in riferimento al merito di quanti giustificativi prodotti da Giustino e delle relative valutazioni operatene dall'amministrazione.
6- Venendo alle censure sostanziali, Giustino ha, da un canto, contestato le conclusioni della stazione appaltante denunciandone l’eccesso di potere sub specie di carenza di istruttoria e difetto di motivazione (tipico rimedio impugnatorio, che di per sé solo in caso di suo accoglimento non consente il conseguimento diretto del bene della vita rivendicato in via sostanziale e/o principale: l’affidamento dell’appalto) e, d’altro canto, ritiene di aver offerto, tramite consulenza di parte, elementi di prova idonei dimostrare la congruità dei propri giustificativi alla stregua di elementi riconducibili a dati certi ed oggettivi, nonchè la loro rilevante incidenza nell’economia complessiva (per ottenere, quindi, una declaratoria del diritto a detto affidamento). In via alternativa, pertanto, ritiene che gli elementi offerti possano costituire valida giustificazione per la nomina di un C.T.U.
L’impostazione, nella sue linee sostanziali, appare corretta.
La presunzione juris tantum di anomalia dell'offerta prevista dall'art. 21, comma 1 bis, l. 109 del 1994 e successive modifiche ed integrazioni implica che, sia nel corso del procedimento amministrativo di verifica dell'anomalia, sia nella sede processuale di tutela giurisdizionale, gravi sull'impresa offerente l'onere di fornire la prova della congruità della propria offerta (C.G.A., 20 settembre 2002, n. 570).
Ciò non esclude tuttavia la permanenza dei poteri istruttori del giudice, ma impone di ritenere -in linea con i canoni propri del processo amministrativo in combinazione con quelli che reggono il processo civile- che l'esercizio di tale potere si giustifichi, in siffatte situazioni, solo se gli elementi forniti dalla parte siano tali da potersi definire un "inizio di prova" suscettibile in quanto tale di integrazione ad opera del giudice.
Tale principio di ordine generale (ex plurimis, Cons. Stato, Sezione quinta, 18.12.2000, n. 6769 e 11.5.1998, n. 551; Sezione quarta, 28.8.1997, n. 931) vale particolarmente nel caso di richiesta di consulenza tecnica. Il Collegio non nega in via di principio tale possibilità (anche) nelle situazioni di che trattasi. La procedura di verifica dell'anomalia delle offerte è infatti connotata da discrezionalità mista.
Non può disconoscersi invero la potestà della P.A di ispirarsi a criteri valutativi ritenuti più opportuni (già a monte) per il conseguimento dei fini prevalenti nella fattispecie data: accuratezza delle lavorazioni, ovvero loro economicità; incidenza a conferirsi a singoli fattori non squisitamente tecnici (ad esempio, tutela dell'ambiente); maggiore o minore esposizione al rischio del contenzioso; privilegiare l’equilibrio della gestione imprenditoriale, ovvero puntare sull’esasperazione della concorrenza (si pensi alla valutazione dell’adeguatezza degli utili di impresa).
E che si voglia ritenere, a seconda dei casi, che sussista al riguardo una discrezionalità amministrativa in senso proprio oppure una discrezionalità tecnica ispirata a leggi opinabili quali quelle dell’economia o dell’aziendalistica, si deve escludere che il vaglio giurisdizionale possa andare oltre i limiti dell'insufficienza della motivazione o dell’irrazionalità manifesta. E dunque, di norma, alcuna consulenza è possibile per tali profili (con l’unica eccezione del mero accertamento dei fatti).
La C.T.U. deve invece ammettersi, nei sensi e nei limiti di cui appresso, per apprezzamenti di natura tecnica.
Ancorchè le regole del sapere specialistico non hanno sempre carattere universale per assumere non di rado carattere statistico se non addirittura probabilistico, esistono tuttavia regole desunte dalle cc.dd. "scienze esatte" che secondo il comune modo di sentire si ispirano a "leggi certe". Se anche "fisicamente" le possibilità che un dato evento si verifichi o non si verifichi non sono nulle, tuttavia esse sono talmente prossime allo "zero" da far ritenere "legge certa" il suo verificarsi o meno.
Ciò comporta che l'attività del consulente dovrà concretizzarsi in una verifica alla luce delle "leggi certe" applicabili ai singoli elementi da analizzare, da individuarsi previamente non essendo ipotizzabile una C.T.U. tesa genericamente a sostituire ad un giudizio opinabile dell'amministrazione un giudizio altrettanto opinabile (Cons. Stato, Sez. VI, 23.4.2002, n. 2199; Sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5287).
Ove la consulenza è richiesta dalla parte, necessita quindi che siano stati indicati i singoli elementi ritenuti abbisognevoli di verifica e sia stata specificata la violazione delle "leggi certe" invece da applicarsi. Ma non basta; nelle fattispecie qui date, occorre ancora che sia stato dato debito conto della rilevanza di detti elementi nell'economia globale, nel senso che una diversa soluzione offerta dal consulente agli specifici quesiti deve essere idonea a poter modificare il risultato finale complessivo (incidenza in valore percentuale, etc.).
7- Riannodando le fila, poichè denunce e domande attoree si appalesano proposte nel rispetto formale dei canoni posti innanzi, deve procedersi esaminando dapprima la denuncia di Giustino che lega l'irrazionalità della decisione di ritenere anomala la sua offerta alla circostanza, non valutata ancorchè evidenziata in sede di giustificazioni, che la stessa Anas avrebbe affidato lavori similari a ribassi maggiori.
Tale dato non è idoneo a vanificare il giudizio di anomalia dell'offerta, essendo evidente che non tutte le gare, pur se relative a lavori stradali, hanno ad oggetto le medesime lavorazioni e, soprattutto, diversa può essere la relativa incidenza e/o l'apporto tecnico e di maestranze nei diversi luoghi e tempi dati.
Quanto all’ulteriore profilo dell’esistenza di differenze minime rispetto all’offerta dell’aggiudicataria, il procedimento di verifica, anche quando si è in presenza di una forbice ristretta, non consente raffronti comparativi con l'offerta rimasta aggiudicataria e presuntivamente congrua; e se è pur vero che sussiste sempre l'autonomo e generale potere di apprezzamento della proposta contrattuale in capo all’amministrazione (così, fra le altre, già Tar Campania, Sez. 1^, 29 novembre 2001, n. 5099 e, negli stessi sensi, più di recente, C.G.A. 12 febbraio 2003, n. 52), è anche vero che il suo esercizio non è in alcun modo "obbligato".
8- Procedendo, la stazione appaltante ha chiesto elementi di giustificazione sui mezzi d'opera, sui prezzi di maggior rilievo e sulle offerte commerciali.
Di seguito, nei limiti necessari a dar conto della conclusione raggiunta dal Collegio, detti giustificativi, quali forniti da Giustino in seno al procedimento amministrativo ed a mezzo della consulenza tecnica di parte e delle memorie versate agli atti del giudizio, saranno esaminati in una alle conclusioni della stazione appaltante quali ricavabili, anche qui, sia dalle motivazioni rese nella sede amministrativa che dalle specificazioni operate in sede processuale (anche dalla controinteressata):
- Per quanto attiene ai mezzi d'opera la richiesta di giustificativi afferisce al calcolo operato da Giustino a mezzo di asserita sottoanalisi dei costi necessari per la loro manutenzione ordinaria e straordinaria; dei lubrificanti non valutati in percentuale sui consumi.
Le conclusioni dell'Anas sono nel senso che i costi sono stati ricavati inserendo voci estranee (strumenti topografici, mobili per ufficio, macchine calcolatrici ed altro); in maniera indistinta per i diversi mezzi d'opera operando una semplice equazione (dividendo il valore del mezzo per 0,05 che costituisce il rapporto fra valore dei mezzi e spese di manutenzione ricavati dal bilancio societario dell'anno 2000); prendendo a riferimento per i calcoli il costo originario dei mezzi, desunto dai libri cespiti, anzichè il loro costo attuale a nuovo molto maggiore.
La complessiva conclusione che ha negato validità alle giustificazioni fornite da Giustino convince il Collegio.
Fermo che, per le ragioni innanzi esposte, non può rilevare l'accettazione dei giustificativi da parte della commissione verifica anomalia, la mera estrapolazione fatta dal consulente di parte delle attrezzature ritenute dall'Anas estranee non è sufficiente alla bisogna, ovvero a rispondere ai diversi e più pregnanti errori (in particolare riferimento ai costi di manutenzione di mezzi effettuati senza tener conto della loro vetustà, che impone costi maggiori rispetto a mezzi nuovi), la cui rilevanza quantitativa è ben evidenziata nel controricorso (pagg. 15, 16 e 17) rimasta priva di risposte concrete.
- Per quanto attiene all'analisi del prezzo P.A. 204 d (tubo vetroresina iniettato per contenimento del cavo - Iniezione di miscela cementizia additiva dai tubi in vetroresina), di rilevante incidenza economica, le conclusioni dell'Anas, secondo cui l'impresa continua a giustificare la quantità inserita in analisi basandosi su un peso specifico della boiacca superiore a quanto possibile con i dosaggi previsti nelle norme tecniche di capitolato, non possono essere contestate utilmente (nella memoria conclusiva, in assenza di repliche di carattere tecnico nella consulenza di parte) nell'assunto, per quanto più rileva ai fini attorei, che la voce interesserebbe opere provvisionali da eseguirsi solo ove le condizioni tecniche di scavo lo rendano necessario, sicchè non potrebbe affermarsene, come fatto dall'Anas, una sottostima per un importo di ben 6.665.083.920 vecchie lire (pag. 36 della memoria conclusionale attorea).
In disparte il fatto che in tal modo, asserendone la loro utilizzazione solo eventuale, potrebbero essere sottratte a verifica una serie di voci-prezzo, da un canto non è affatto escluso che tali lavorazioni non abbiano a dover essere effettuate e, d'altro canto, è indubbia l'incidenza del relativo prezzo sulla percentuale di ribasso.
- Per quanto in riferimento al prezzo dell'acciaio, indipendentemente dalle prescrizioni di gara, non può sussistere dubbio sul fatto che il prezzo debba essere giustificato avendo a riferimento quello di mercato. A fronte della documentata contestazione secondo la quale quello offerto da Giustino è inferiore del 19% a quello al momento praticato dalle Acciaierie Riunite di Brescia non può opporsi un prezzario redatto sia pur dal Provveditorato alle opere pubbliche, che in ogni caso, quali che ne siano i fini (revisionali, in quanto emesso al solo scopo di monitorare l'andamento delle variazioni percentuali dei prezzi per il calcolo degli incrementi revisionali) non è listino di vendita, ossia non costituisce prezzo di mercato.
- Per quanto in riferimento al trasporto del materiale a discarica, in disparte se dovevasi o meno comprovare la disponibilità e la capacità della discarica in riferimento ai diversi tipi di materiale da riversarvisi (se inquinante o meno) e le differenza fra cava e discarica, il mutamento operato nella indicazione del sito in sede di giustificazioni successive (quest'ultimo è posta ad una distanza di circa 13 Km.) appare rendere logica l'affermazione dell'Anas sulla conseguente necessità di mutare le incidenze nell'analisi del prezzo rispetto alla precedente indicata in sede di offerta e collocata ad un distanza di 50 km (incidenze rilevanti come evidenziato dalla controinteressata: pag. 23 del controricorso).
- Per quanto riguarda le offerte commerciali in genere, fermo che le prescrizioni contenute nella lettera d'invito sono intese ad individuare elementi in grado di accertarne oggettivamente l'affidabilità (pag. 4 della lettera d'invito), non ci si può sostanzialmente limitare a depositare più offerte asserendo di aver scelto la più cara o far riferimento a prezzari che non costituiscono listini pubblici, nè il prezzo di vendita sul mercato. E' notorio, infatti, che intorno alle grandi imprese ruotano una serie di fornitori alle prime legati, sicchè le offerte prodotte, anche se non aderenti alle prescrizioni Anas, devono tuttavia essere accompagnate da (o contenere) elementi oggettivi sostitutivi che ne assicurino parimenti la dovuta affidabilità; il che, all'esito di una comparazione delle posizioni delle parti sul punto, non appare assicurato debitamente da quelle prodotte da Giustino.
Infine, anche il personale indicato da Giustino (nelle offerte dei noleggiatori) per la tenuta degli impianti di ventilazione ed illuminazione appare effettivamente essere stato sottostimato nei sensi indicati dall'Anas in quanto qui non si è in presenza di impianti domestici o di uffici che, essi, non richiedono la presenza pressocchè continua degli operatori, senza poi che possa rilevare la mera indicazione della possibilità di esecuzione contemporanea di lavori e, quindi, di contemporaneo funzionamento di più impianti.
Quanto sopra si appalesa bastevole, qualitativamente e quantitativamente, a far concludere nel senso che: a) parte ricorrente non ha fornito prove adeguate in ordine alla complessiva congruità della propria offerta; b) il complessivo giudizio Anas si appalesa ragionevole e sufficientemente motivato, sì da andare immune da censure (in riferimento al denunciato eccesso di potere); c) non sussiste la necessità di far ricorso a consulenza tecnica. Ciò, è bene precisare, anche se in relazione a qualche singola voce, sopra non considerata, ben potrebbero risultare valide le ragioni di Giustino.
9- Alla stregua di tutto quanto sopra, il secondo ricorso autonomo proposto da Giustino va dichiarato inammissibile; le domande contenute nel primo gravame ed in quello recante motivi aggiunti nel suo seno non possono trovare ingresso imponendo la reiezione dei gravami medesimi, con conseguente dichiarazione di inammissibilità dell'impugnativa incidentale proposta dalla controinteressata.
Seguono in dispositivo le consequenziali statuizioni anche sulle spese, che vanno compensate per ragioni di equità, in considerazione delle indubbie peculiarità di più profili della causa esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania- Sezione Prima dichiara inammissibile il secondo ricorso autonomo proposto dalla parte ricorrente, respinge il primo ricorso innanzi esaminato e quello recante nel suo seno motivi aggiunti e dichiara, per l'effetto, inammissibile quello incidentale.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 7 maggio 2003.
Giancarlo Coraggio, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, est.
Depositata in segreteria in data 6 giugno 2003.