LUIGI OLIVERI
Sostituzione, delega e mansioni superiori
(nota
a T.A.R. Puglia-Bari, Sez. II, n.
2377/2002)
La
particolare disciplina delle mansioni superiori nel rapporto di lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche è a fondamento delle difficoltà
incontrate in dottrina e in giurisprudenza per determinare con esattezza gli
ambiti degli istituti della sostituzione e della delega da un lato, nonché per
stabilire se e quando l'attivazione di detti istituti comporti l'attribuzione di
mansioni superiori e, di conseguenza, maggiorazioni retributive.
Una
tra le ultime sentenze amministrative che in ordine di tempo si è occupata del
problema oggetto di questo approfondimento è la decisione del Tar
Puglia-Bari, Sez. II, 21 maggio 2002, n. 237
La
sentenza considera legittima la previsione di un regolamento sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi (rivolto alle funzioni del corpo di polizia
municipale) che limiti l'esercizio delle funzioni vicarie del vice comandante ai
soli casi di assenza o impedimento del titolare, escludendo l'ipotesi di vacanza
del posto di titolare. Il regolamento, dunque, legittima il ricorso ad incarichi
a scavalco di altri comandanti nel caso di vacanza, pur in presenza del vice
comandante.
Il
giudice pugliese basa la propria decisione sostanzialmente sulle seguenti
argomentazioni.
1)
L'esercizio della funzione vicaria nell'ipotesi di vacanza dell'ufficio vicato
determina esercizio delle mansioni superiori. Ciò lo si può desumere
indirettamente dalla disciplina delle mansioni contenuta, oggi, nell'articolo 52
del D.lgs 165/2001, il cui comma 2 prevede che per obiettive esigenze di
servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della
qualifica immediatamente superiore:
a)
nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili
fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei
posti vacanti come previsto al comma 4;
b)
nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla
conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
In
effetti, la norma si riferisce espressamente alle fattispecie di vacanza del
posto in organico, nonché all'ipotesi di sostituzione con esclusione
dell'assenza per ferie. Il che autorizza a ritenere che la sostituzione sia di
due tipi: una sostituzione ordinaria, funzionale alla continuità delle funzioni
d'ufficio, che si verifica per assenze a loro volta ordinarie, come appunto
quelle determinate dalle ferie; una sostituzione straordinaria, che scaturisce
dalle altre cause al cui verificarsi si è, dunque, in presenza dei presupposti
per l'assegnazione delle mansioni superiori.
2)
Le mansioni superiori sono certamente temporanee e retribuibili. Anzi, la
temporaneità o la predeterminazione della durata temporale sono elementi
accessori ed indefettibili della disciplina delle mansioni superiori. Solo sulla
base di tali elementi è possibile fissare in anticipo le esigenze finanziarie
dell'ente ed evitare il precostituirsi di situazioni di fatto potenzialmente in
grado di giungere ad una promozione sul campo del dipendente interessato. Tanto
ciò è vero, che il comma 4 dell'articolo 52 del D.lgs 165/2001 dispone che
qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei
posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta
giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni,
devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
3)
All'ontologica temporaneità delle funzioni superiori non si contrappone, anzi
ne è conferma, il principio della continuità della funzione vicaria, a patto
che essa si eserciti allo scopo di fronteggiare la necessità e l'urgenza di
garantire la continuità dell'esercizio di funzioni di competenza del titolare
assente per ipotesi di impedimento temporaneo, quali malattia, ferie,
aspettative brevi, missioni, motivi di famiglia e simili. In tali casi,
l'esercizio della funzione è frutto di una tra le funzioni astrattamente
esigibili dal vicario, anche per la loro durata determinata nel tempo, sicchè
non danno luogo a mansioni superiori.
4)
Dunque, non rientra tra le ipotesi di “vicariato” o di corretto esercizio
delle funzioni vicarie la sostituzione di un posto di qualifica superiore che
risulti vacante per un periodo di tempo non determinato o determinabile, per
mancanza dell'attivazione delle procedure di copertura del posto medesimo. La
sostituzione vicaria, in sostanza, non può avvenire sine die, perchè in questo caso si dà vita a mansioni superiori,
con aggravi di costi sul bilancio e si contravviene al principio della limitata
durata nel tempo della sostituzione.
5)
Ciò comporta, ancora, che per un ente è finanziariamente equivalente
incaricare con uno scavalco un dipendente di altra amministrazione per coprire
il posto vacante, pur in presenza del vicario. Infatti, poiché anche quest'ultimo
andrebbe retribuito con la differenza economica intercorrente tra il proprio
trattamento stipendiale e quello della posizione vicata, in ogni caso per l'ente
non vi sarebbe un risparmio.
Non tutte le argomentazioni e le conclusioni del Tar Puglia, tuttavia, appaiono persuasive.
Nell'intento di ampliare lo spettro interpretativo e di
giungere a considerazioni in parte differenti, appare necessario sintetizzare i
tratti essenziali della figura giuridica della sostituzione.
Principio
organizzativo fondamentale di qualsiasi organizzazione è che un organo non può
mai rimanere senza un titolare [1].
Ciò vale in particolare per le amministrazioni pubbliche, nelle quali per
effetto del rapporto organico l'organo, se monocratico, coincide con la persona
fisica titolare del medesimo. Dunque, in assenza del titolare che impersonando
l'ente permette a questo, attraverso l'ufficio-organo, di agire, l'ente perde la
possibilità di svolgere parte delle proprie funzioni. Da qui l'obbligatorietà
del perdurare di un titolare dell'ufficio-organo.
Ora,
accadono, come visto sopra, fatti e circostanze che in vario modo lasciano
l'organo privo del titolare o, meglio, la persona fisica titolare dell'organo può
per disparate ragioni non essere materialmente presente a svolgere le proprie
funzioni.
Occorre,
dunque, apprestare le modalità organizzative più opportune per garantire che,
al di là della specifica personale fisica titolare dell'organo, quest'ultimo
possa comunque esplicare le proprie funzioni.
Tale
obiettivo si consegue permettendo ad un'altra persona fisica di esercitare le
predette funzioni.
In
linea generale, si provvede a tale scopo attraverso l'istituto appunto della
sostituzione, da tenere in questo caso distinta dalla sostituzione per inerzia
dell'organo subordinato da parte dell'organo sovraordinato.
Qui
si tratta della sostituzione come misura organizzativa attuata per garantire la
continuità delle funzioni di un organo, temporaneamente privo di un titolare.
Si propone la distinzione tra la sostituzione vicaria e la sostituzione per investitura [2].
La prima consegue all'investitura di una determinata persona fisica, preposto ad
un ufficio diverso da quello per il quale esercita la funzione vicaria, quale
titolare del ruolo di immediato e diretto soggetto che dispone del potere
giuridico di insediarsi nell'ufficio temporaneamente privo di titolare
principale e del potere di svolgerne le funzioni proprie.
La
sostituzione per investitura si differenzia dalla prima per il fatto che manca
nell'organizzazione interna un sistema di individuazione automatico ed immediato
del sostituto: insomma, non c'è un vicario, sicchè è il titolare dell'organo
sostituito che designa di volta in volta il proprio sostituto, mediante un
incarico conferito appositamente.
Il
fenomeno in entrambi i casi è il medesimo: ovvero l'esercizio di funzioni
rientranti nella sfera di competenza dell'organo il cui titolare sia assente.
Per
tale ragione la sostituzione si differenza profondamente dalla delega di
funzioni, che spesso viene considerata come misura organizzativa analoga se non
coincidente con la sostituzione. Non sono poche le voci secondo le quali è
attraverso la delega che è possibile assicurare la continuità dell'attività
dell'ufficio da parte del titolare che prevede di assentarsi.
Tale
tesi non appare condivisibile, perché, in realtà, la delega di funzioni
assolve ad un compito diverso da quello della sostituzione. A differenza di
questa, infatti, la delega consiste nell'attribuzione di una certa potestà da
un ufficio (da cui si scorpora) ad un altro, il quale vede accrescersi le
proprie competenze, o, addirittura, viene costituito ex
novo proprio per esplicare tali competenze delegate.
Nella
sostituzione, invece, l'ufficio titolare delle funzioni non scorpora alcuna sua
potestà, né la attribuisce ad altri uffici. L'ufficio-organo mantiene
l'esercizio di tutti i suoi poteri [3]:
semplicemente si ha una successione temporanea della persona fisica titolare.
Temporanea perché invece di darsi luogo ad un subentro dalla persona “alfa”
che cessa dall'incarico, alla persona “beta” che subentra nel rapporto
organico, l'ulteriore persona “gamma” subentra solo finché “alfa” non
rientri in servizio, oppure la persona “delta” non venga assunta ex novo come titolare dell'ufficio-organo.
Alla
copertura, dunque, dell'ufficio rimasto senza titolare per assenza, impedimento
o vacanza non si procede attraverso la delega, che realizza lo scopo di
assegnare tutte o parte delle funzioni ad altro ufficio, bensì mediante la
sostituzione.
Altra
specifica differenza tra i due istituti deriva dalla fonte legittimante. La
delega è ammissibile solo se prevista dalla legge, perché modifica
l'ordinamento delle competenze degli uffici, soggetto a riserva di legge a mente
dell'articolo 97 della Costituzione.
Per
la sostituzione, invece, è sufficiente una norma puramente organizzativa, senza
che a monte vi sia la legge a prevederla, proprio perché con la sostituzione
l'ordine delle competenze e delle potestà degli uffici non si modifica.
Dunque,
lo scopo peculiare della sostituzione consiste nel permettere l'esercizio delle
funzioni di un certo organo, in quanto si assicura sempre la copertura del
relativo ufficio con una persona fisica preposta, anche in assenza del titolare.
A
questo punto, è opportuno tornare alle due modalità di sostituzione, quella
vicaria e quella per investitura.
Tra
esse, in effetti, una differenza, non legata agli effetti nei riguardi
dell'organo il cui titolare si sostituisce, ma nei riguardi del sostituto
esiste.
Infatti,
nel caso della sostituzione per investitura, non esiste una predeterminazione,
se non in base a criteri estremamente ampi (il possesso di una certa categoria
di inquadramento, di una certa competenza attestata dal titolo di studio e dal
curriculum, in modo che sia garantita l'omogeneità con la competenza del
sostituito) del soggetto che andrà a sostituire il titolare, il quale, nel
rispetto di detti ampli principi designa di volta in volta chi lo sostituisce.
Questo, pertanto, non ha tra le sue normali mansioni il compito di fungere da
vicario del sostituito. O, meglio, a chi sostituisce per investitura non si
attribuisce in via normale il compito di provvedere alla sostituzione del
titolare, sicchè la designazione non configura l'ordinario esercizio di una
funzione organizzativa del rapporto di lavoro, cui corrisponde un dovere
istituzionale del sostituto, giacchè questo non è tenuto, né per legge, né
per disposizione organizzativa o contrattuale, a svolgere le attività
dell'ufficio del titolare in mancanza di questo.
Nel
caso della sostituzione vicaria, al contrario, esiste una disposizione
normativa, organizzativa e/o contrattuale che assegna al vicario in via normale
proprio il compito di sostituire il titolare dell'organo, al verificarsi di una
serie di presupposti, quali l'assenza e l'impedimento temporanei certamente. Ma
anche la vacanza.
Nel
caso di sostituzione per investitura in effetti, a parte la sostituzione dovuta
alle ferie del titolare, espressamente esclusa dall'articolo 52 del D.lgs
165/2001, si è in presenza di conferimento di mansioni superiori, dal momento
che colui che viene designato a provvedere alla sostituzione non è tenuto, in
base al proprio inquadramento e profilo professionale, a svolgere nemmeno
temporaneamente in via ordinaria altre funzioni.
Diversa,
invece, appare la situazione qualora il vicario eserciti le funzioni del
titolare in caso di assenza di quest'ultimo.
Si
può, certo, ribattere che il caso di specie è particolare, in quanto è la
legge stessa a prevedere che il vice segretario, se introdotto mediante il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, svolga le funzioni del
titolare anche nel caso di vacanza. Inoltre, il vice segretario non potrebbe
esercitare mansioni superiori, in quanto le funzioni del segretario non
rientrano nello sviluppo della carriera del vicario.
Ma
a ben guardare, questi rilievi non contraddicono la ricostruzione del rapporto
di sostituzione fin qui proposta.
Infatti,
la questione dell'impossibilità per il vice segretario di esercitare le
mansioni superiori del segretario si pone allo stesso modo per i funzionari
degli enti locali inquadrati in categoria D, i quali non possono svolgere le
mansioni superiori rientranti nelle competenze dei dirigenti, proprio per lo
stesso motivo. Eppure, non si dubita che un dipendente di categoria D possa
sostituire, in caso di vacanza, assenza o impedimento (sempre che non si ricorra
all'incarico ad interim ad altro dirigente) il dirigente.
Per
quanto riguarda il problema dell'espressa previsione normativa secondo cui il
vice segretario può sostituire il segretario anche in caso di vacanza della
sede, esso non è rilevante: si è sottolineato prima, infatti, che l'istituto
della sostituzione, a differenza di quello della delega, può comunque essere
integralmente trovare disciplina nella regolamentazione secondaria interna.
Dunque, esercitando la propria autonomia organizzativa, qualsiasi ente può
attribuire al sostituto vicario, predeterminando le modalità di attribuzione
dell'incarico, il compito di sostituirsi al titolare anche in caso di vacanza
del posto.
Nella
ricostruzione dell'istituto della sostituzione vicaria la durata della stessa
non assume alcun rilievo, ai fini dell'attivazione della maggiore retribuzione
dovuta all'esercizio di mansioni superiori.
Il
vicario, in realtà, non svolge mansioni superiori: la sua sostituzione rende
attuale e dovuto una prestazione lavorativa potenziale, cioè l'esercizio delle
funzioni del titolare assente per qualsiasi causa.
Tale
esercizio è doveroso, in quanto insito nel profilo professionale attribuito al
vicario, il quale è obbligato a svolgere la sua funzione contrattualmente, ma
anche in adempimento alla disciplina organizzativa generale. Sicché, se non
provvedesse determinerebbe un comportamento illecito, per violazione del
contratto stipulato e per violazione delle disposizioni organizzative dell'ente
di appartenenza.
Nonostante
quanto ritenuto dal Tar Puglia, che ha ripreso le conclusioni tratte
dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di stato, 4 settembre 1997, n. 20, il
dovere del vicario è sostituire il titolare, qualunque sia la durata della
vacanza del posto, proprio perché la sostituzione vicaria è un sistema
generale ed ordinario per rispondere all'obbligo di non lasciare un ufficio
privo di titolare.
E'
ovvio che la sostituzione vicaria non è l'unico rimedio. E' possibile anche,
per esempio, l'eliminazione dell'organo-ufficio, mediante scorporo delle
funzioni ed assegnazione pro quota ad altri uffici, o mediante attribuzione a
titolo definitivo delle funzioni ad altro organo-ufficio.
Gli
enti non sono, evidentemente, obbligati a ricorrere all'istituto della vicarietà,
che è facoltativo. Possono, dunque, anche decidere di ricorrere all'incarico a
scavalco di dipendente di altro ente.
Ma
se l'ente, però, abbia previsto nel proprio regolamento l'istituto della
sostituzione vicaria, la limitazione di tale funzione alle sole fattispecie di
assenza o impedimento limitate nel tempo non appare corretta, non solo perché nessuna norma lo impone, ma
perché sembra contraria al principio organizzativo
alla base della funzione vicaria: la continuità nella funzione che solo il
vicario, che generalmente coadiuva il titolare nell'esercizio delle proprie
funzioni, può garantire con l'efficienza e l'economicità richieste.
Infatti,
l'eliminazione dell'ufficio comporta certamente un accrescimento di funzioni in
capo agli altri uffici cui saranno accollate le funzioni eliminate, con un
chiaro aggravio lavorativo.
L'incarico
a scavalco, invece, implica l'insediamento di una persona che non conosce a
fondo l'ente, le pratiche in corso, i problemi esistenti. E, soprattutto, è più
costoso.
Appare,
a ben vedere, non condivisibile la sentenza del Tar Puglia proprio laddove
ritiene inconferente il rilievo dell'antieconomicità di un incarico ad un
soggetto terzo, dato che anche il vicario avrebbe diritto ad una maggiorazione
della retribuzione.
Si
tratta di una valutazione quanto meno apodittica, o, comunque, non supportata
dal necessario approfondimento.
Come
rilevato sopra, in realtà, a ben vedere, poiché il vicario esercita le
funzioni vicarie come prestazione dovuta, la maggiorazione per esercizio delle
mansioni superiori non dovrebbe spettare.
Ma,
anche nel caso che spettino, o, comunque, qualora si proceda mediante la
sostituzione per investitura, il costo finanziario a carico dell'ente per
retribuzione delle mansioni superiori sarebbe di gran lunga inferiore a quello
da sostenere per l'incarico a scavalco. Infatti, in questo caso l'ente finisce
per compartecipare ai costi per remunerare il titolare dell'ufficio
convenzionato o per sopportare gli oneri del distacco. Oneri a costo
“pieno”, computati sulla quantità oraria dell'impegno del titolare “a
scavalco”.
Nel
caso, invece, della sostituzione, l'onere sarebbe limitato alla differenza tra
la retribuzione in godimento e quella della categoria superiore, con un impegno
di gran lunga inferiore.
Ma,
si ripete, nel caso della sostituzione vicaria questo problema non si pone. Il
vicario non ha, né deve avere, titolo ad una retribuzione maggiorata come
compenso per l'esercizio di mansioni superiori, perché esercita, in realtà,
mansioni proprie.
Ora,
è corretto sostenere che l'esercizio delle funzioni del titolare non può
perdurare nel tempo all'infinito, perché in realtà in tal modo si finirebbe
egualmente per violare il principio dell'obbligatorietà della copertura del
posto di titolare di un organo-ufficio. Insomma, l'amministrazione in presenza
della vacanza deve adottare una decisione: coprire il posto (e non può farlo
definitivamente col vicario, perché questo non è titolare principale
dell'ufficio e per accedervi deve sostenere le necessarie prove selettive),
oppure eliminarlo dall'organizzazione.
Tuttavia,
non sembra altrettanto corretto limitare la funzione vicaria alle sole
sostituzioni per assenza o impedimento o, comunque, per assenze prevedibili
nella loro durata, per ragioni di economicità.
La
funzione del vicario va certamente retribuita, ma non con l'istituto delle
mansioni superiori, bensì con l'accorto utilizzo degli istituti del salario
accessorio a tal fine.
Ad
esempio, uno degli elementi di valutazione dell'indennità di posizione di un
funzionario inquadrato nell'area delle posizioni organizzative dovrebbe appunto
essere l'attribuzione del profilo professionale di sostituto vicario del
dirigente, al fine di elevare fino al livello massimo tale posizione (è chiaro
che l'operazione risulta gratificante solo nella misura in cui le altre
posizioni organizzative prive della funzione vicaria non dispongano della
medesima indennità di posizione).
Allo
stesso modo, un funzionario che in un ente privo di dirigenti sostituisca il
responsabile di servizio apicale inquadrato nell'area delle posizioni
organizzative, dovrebbe poter accedere all'indennità di cui all'articolo 17,
comma 2, lettera f), del CCNL in data 1.4.1999, quantificata ai livelli maggiori
nell'ente.
Questo
perché la funzione vicaria attiene al profilo, al ruolo che il vicario riveste
nell'ambito dell'ente in via continuativa e normale, anche se l'effettivo
subentro nelle funzioni del titolare è legato, ovviamente, al verificarsi delle
situazioni di vacanza, assenza o impedimento.
Dunque,
il problema degli oneri finanziari della sostituzione vicaria vanno risolti
utilizzando le leve del salario accessorio, non con l'esercizio delle mansioni
superiori, per altro non attivabile nel caso di sostituzione di funzioni
dirigenziali da parte di funzionari.
La
soluzione della sostituzione vicaria, per quanto non obbligatoria, appare la più
razionale ed economica per l'ente che la prevede. Istituirla “a metà”, come
nel caso del comune protagonista della sentenza del Tar Puglia non appare una
scelta in tutto conforme al principio del buon andamento dell'amministrazione.
Ciò
appare, per altro, avvalorato dalla constatazione che la legge 145/2002 demanda
alla contrattazione collettiva il compito di istituire una vera e propria area
contrattuale della vice dirigenza. E' la conferma che la funzione vicaria è
peculiare e che deve trovare disciplina e remunerazione proprie e particolari,
distinte da quelle dell'esercizio delle mansioni superiori.