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Articoli e note
n. 6-2003.

MARCO PISONI
(Avvocato - Servizio Affari Legali dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento)

Illegittimo affidamento: breve excursus nella giurisprudenza amministrativa in merito alle ipotesi di risarcimento del danno.

1) Introduzione.

In seguito all’ampliamento della giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo (di seguito G.A.) alle materie dei pubblici servizi, edilizia e urbanistica, si è fatto ancora più pressante e attuale il problema del risarcimento del danno ottenibile davanti al G.A.

Se la prima materia ad essere interessata dal risarcimento del danno è stata, a livello positivo, quella delle gare di appalto (art. 13 della L. 142/1992, successivamente abrogato dall’art. 35 del D.Lgs. 80/1998), il quadro normativo, in tale materia, è oggi quello ridefinito dall’art. 7 della L. 205/2000, che ha accorpato e “rimaneggiato” gli artt. 33, 34 e 35 del D.Lgs. 80/1998, sancendo il principio del risarcimento del danno, anche mediante reintegrazione in forma specifica, nelle controversie rientranti nell’ambito della generale competenza del G.A. ovvero in quelle devolute alla sua giurisdizione esclusiva [1].

A tal proposito vale la pena di ricordare come all’attuale configurazione del risarcimento del danno abbia dato un contributo determinante anche l’ormai nota sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, avendo essa sancito il principio della risarcibilità, oltre che dei diritti soggettivi, anche degli interessi legittimi (seppur a determinate condizioni), distinguendoli in interessi legittimi oppositivi e interessi legittimi pretensivi: laddove nel caso di interessi legittimi oppositivi il danno ingiusto andrà ravvisato nel sacrificio dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio conseguente all’illegittimo esercizio del potere; mentre nel caso di interessi legittimi pretensivi la lesione degli stessi andrà ravvisata in tutti i casi di illegittimo diniego del richiesto provvedimento o di ingiustificato ritardo nella sua adozione, secondo un giudizio prognostico da condurre parametrandolo alla normativa di settore allorché si vada a vagliare la fondatezza o meno dell’istanza.

2) Indicazioni giurisprudenziali generali.

Va innanzitutto dato atto che le nuove regole introdotte con le cennate modifiche legislative hanno, tra il resto, risolto, almeno in parte, uno dei problemi più annosi e dibattuti, ossia quello della c.d. doppia giurisdizione: annullamento davanti al G.A. e risarcimento davanti al G.O.; e ciò attraverso la concentrazione davanti ad unico giudice, quello amministrativo, di ogni forma di tutela nei confronti della P.A. quando è in gioco la lesione di interessi legittimi.

Ciononostante, l’art. 7 della L. 205/2000 ha posto anche tutta una serie di interrogativi e di incertezze che paiono ancor lontani dall’essere risolti, dalla natura del rapporto tra azione di annullamento e azione di responsabilità extracontrattuale per lesione di interessi legittimi, alla competenza in tema di risarcimento del danno a seconda che si tratti di giurisdizione esclusiva ovvero di giurisdizione di legittimità.

Non essendoci in questa sede proposti il fine di contribuire a cercare di risolvere interrogativi ancora aperti, dirigeremo la nostra attenzione su quei profili rispetto ai quali, anche da parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato, pare esserci se non certezza, perlomeno larga condivisione, sussumibile alla stregua di linea-guida nel campo del risarcimento del danno.

Condizione essenziale per poter avere accesso al risarcimento del danno è costituita dalla tempestiva impugnazione dei provvedimenti amministrativi che si assumono produttivi del danno denunciato, in quanto la tardività del ricorso non permette al giudice di esaminare la legittimità dei provvedimenti in questione e quindi di accertare se il danno ingiusto derivi o meno dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica (Cons. St., Sez. VI, decisione n. 3483/02).

Il risarcimento poi, presuppone non un semplice accertamento incidentale dell’atto, ma il suo annullamento. E’ dunque ovvio che la previa o contestuale proposizione dell’azione di annullamento del provvedimento amministrativo non costituisca presupposto di ammissibilità dell’azione risarcitoria nel caso in cui l’atto sia già stato caducato in forza dell’esito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ovvero sia stato rimosso in via amministrativa prima della scadenza del termine di decadenza previsto per l’impugnazione (in sede di autotutela o in seguito all’annullamento di un organo sovraordinato), ovvero ancora nell’ipotesi di un danno derivante non già da un atto, bensì da un’attività posta in essere dalla P.A., come ad esempio nel caso di un danno derivate da ritardo nell’adempimento (Cons. St., Sez. VI, decisione n. 3338/02).

Un altro aspetto ormai condiviso risiede ancora in ciò: il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale, ma, pur non prescindendo da questo, richiede la positiva verifica di tutti i presupposti previsti dalla legge ed in particolare quelli di cui all’art. 2043 c.c.: ciò significa che oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento (il c.d. “danno ingiusto”), sono necessari altresì il positivo accertamento della colpa dell’amministrazione, la dimostrabilità di un effettivo danno recato al patrimonio e la sussistenza del nesso di causalità tra illecito e danno (Cons. St., Sez. V, decisione n. 1562/02).

Merita forse attenzione, da ultimo, un altro aspetto, desumibile dal tenore letterale del comma IV del nuovo art. 35 D.Lgs. 80/1998, laddove lo stesso statuisce che il risarcimento del danno è disposto dal giudice anche attraverso la reintegrazione in forma specifica”; ciò significa che la reintegrazione è solo una delle possibili forme di risarcimento, oltretutto subordinata ad elementari quanto intuitivi limiti e condizioni di attuazione e alla parte che la richiede non spetta automaticamente per il solo fatto di averla esplicitamente evocata (Cons. St., Sez. V, decisione n. 1562/02). Del resto il prudente apprezzamento del G.A. regna sovrano non soltanto sul “tipo” di risarcimento da accordarsi o meno, ma anche sulle modalità di corresponsione e sul relativo ammontare.

3) Il risarcimento nelle procedure di affidamento.

La casistica che forse offre maggiori spunti sul tema è comunque quella costituita dalle controversie in tema di aggiudicazione degli appalti. In proposito è dato riscontrare diverse ipotesi che possono dar adito al risarcimento del danno.

Viene in considerazione innanzitutto l’illegittima esclusione dalla gara d’appalto: in siffatti casi le ipotesi di risarcimento possono conseguire o dal pregiudizio patito a causa dell’agire illegittimo dell’amministrazione, oppure dalla c.d. perdita di chance, ossia a dire dalla perdita della possibilità di conseguire un’utilità finale. In entrambi i casi, peraltro, spetta pur sempre al ricorrente fornire la prova del concreto pregiudizio subìto: nel caso di atti illegittimamente posti in essere dall’amministrazione provando la diminuzione dell’integrità patrimoniale subita (T.A.R. Campania, Sezione I, decisione n. 2011/99); nel caso di danni derivanti da perdita di chance, invece, il risarcimento, inteso come danno non futuro e ipotetico, ma attuale, può conseguirsi nel caso in cui si riesca a dimostrare, sia pure in via di presunzione, l’esistenza fin da subito (nel caso di legittimo svolgimento della procedura concorsuale), di una concreta probabilità dell’ottenimento del bene della vita, essendosene già verificati taluni presupposti comprovati da circostanze fattuali valide e certe. Con la conseguenza che non può pervenirsi alla prova della perdita di chance attraverso una virtuale ripetizione di un procedimento di scelta del contraente insuscettibile di produrre concrete utilità per gli altri partecipanti, le cui relative valutazioni vanno affidate al giudice, cui si domanda il risarcimento stesso; giudice che per parte sua non potrà quantificare il danno forfettariamente, ma lo liquiderà solo nel caso in cui venga provata la concreta probabilità di poterlo conseguire (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, decisione n. 824/02).

Altra ipotesi che va tenuta in considerazione è quella del risarcimento del danno spettante alla ditta seconda classificata in caso di aggiudicazione della gara poi annullata in sede di autotutela dalla P.A.. In tal caso si è statuito che il danno trova base e ragione nella sola fase precontrattuale in cui si è verificato, restandone quindi esclusi sia il danno emergente che il lucro cessante, da connettersi all’integrale adempimento della prestazione contrattuale. Con la conseguenza che nel caso di responsabilità precontrattuale, quando la domanda non sia integrata dalla diversa richiesta di risarcimento per l’eventuale e/o ulteriore voce costituita dalla perdita di chance (stanti i presupposti dianzi indicati), risulta risarcibile il solo interesse contrattuale negativo, costituito sia dalle spese inutilmente effettuate in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, ugualmente o più vantaggiose (T.A.R. Lombardia, decisione n. 1869/00).

Ancora, il risarcimento spetterà anche nel caso in cui l’impresa benefici della reintegrazione in forma specifica, avendo successivamente ricevuto l’aggiudicazione: in siffatta ipotesi, però, l’entità del danno riconoscibile non può che rimanere confinata alla turbativa economica causata dal ritardo del conseguimento dell’appalto, con riferimento ai soli utili e alle eventuali maggiori spese di gestione sostenute (T.A.R. Abruzzo, Sezione Pescara, decisione n. 750/99).

4) Segue. Affidamento: vizi di ordine formale e vizi di ordine sostanziale. Conseguenze sul risarcimento

Nella disamina delle varie ipotesi suscettibili di dar corso a risarcimento (pur sempre nel campo dell’aggiudicazione degli appalti) pare poi da ultimo utile e al tempo stesso opportuno dar conto di una distinzione recentemente enucleata dal Consiglio di Stato. Si tratta di una distinzione che emerge in modo tanto chiaro quanto uniforme da due distinte decisioni: la prima è la Sentenza n. 2579 di data 13.05.2002 che ha riformato una pronuncia del T.A.R. Piemonte, II Sezione, la seconda è la Sentenza n. 593 di data 04.02.2003 che ha riformato una pronuncia del T.R.G.A. Trentino Alto - Adige – Sezione di Trento. I due casi prendono spunto da ipotesi diverse (gara mediante licitazione privata per l’assegnazione in favore dell’offerta più bassa del servizio di affissione su impianti comunali in un caso, gara per l’affidamento del servizio di gestione di sistemi dinamici di terapia antidecubito nell’altro), ma conducono a conseguenze sostanzialmente identiche.

In entrambi i casi, infatti, l’appello svolto nei confronti della pronuncia di primo grado è stato accolto, ma non la richiesta di risarcimento dei danni: e ciò sul presupposto che la domanda originaria delle società appellanti era diretta esclusivamente all’annullamento degli atti di gara e del provvedimento di aggiudicazione.

Tornando alla dianzi menzionata distinzione, è proprio questa che sta alla base delle dette pronunce ed è stata articolata dal Consiglio di Stato secondo il seguente ragionamento: nell’impugnazione dei risultati di gara occorre distinguere il caso in cui l’interessato fa valere vizi di ordine formale, che hanno come obiettivo quello di far cadere l’intera procedura ai fini del rinnovo della gara, dal caso in cui fa valere vizi di ordine sostanziale, col fine di ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione operata dall’amministrazione e la vittoria nella gara.

Ora, sempre secondo il Consiglio di Stato, nel primo caso non esiste un interesse ulteriore rispetto a quello del ripristino della situazione preesistente, di modo che l’unica forma di tutela possibile si risolve nell’annullamento della relativa procedura.

Nel secondo caso, invece, sussiste la concreta utilità che l’interessato avrebbe tratto dall’aggiudicazione della gara in suo favore se l’amministrazione avesse agito in modo legittimo. Con la conseguenza che, dall’annullamento dell’aggiudicazione a seguito della verifica della fondatezza della domanda, consegue, seppur con la necessaria compresenza degli altri presupposti per l’applicabilità alla fattispecie concreta dell’art. 2043 c.c., anche la tutela risarcitoria.

Detta tutela potrà allora essere conseguita o in forma specifica, con l’aggiudicazione della gara all’interessato leso dall’illegittimo comportamento dell’amministrazione, oppure per equivalente, con l’attribuzione al soggetto leso di una somma di denaro che compensi il danno ingiustamente subìto, ove la prima risulti troppo onerosa per l’amministrazione.

Si tratta in definitiva di un ulteriore contributo di chiarezza reso sia a favore dei “privati”, sia a favore delle pubbliche amministrazioni nell’ambito delle ipotesi di risarcimento dei danni in campo amministrativo, con una constatazione da farsi: dalle pronunce giurisprudenziali testé esaminate le ipotesi di risarcimento dei danni sembrano siano destinate ad espandersi, giungendo a coprire ipotesi sempre più numerose e tra loro disparate; per converso dette ipotesi paiono essere, perlomeno in taluni casi, più teoriche che reali, posto che il risarcimento viene corrisposto solo in presenza di dati incontestabili, a volte difficili da provare e solo a seguito di attenta quanto rigorosa verifica, affidata in toto al prudente apprezzamento del G.A.

[1] L’art. 7 della L. 205/00, per i fini che qui interessano (riformulazione dell’art. 35, commi 1 e 4), così statuisce: comma 1: “Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto”; comma 4: “Il tribunale amministrativo regionale, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali”.

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