PIETRO VIRGA
(Professore emerito di diritto amministrativo)
Atti ritiro della aggiudicazione e giurisdizione esclusiva
L’art. 6 della l. 20 luglio 2000 n. 205 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a “procedure di affidamento” di lavori, servizi e forniture, quando i soggetti che le pongono in essere sono tenuti al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica.
Poiché la giurisdizione esclusiva è stata prevista solo per la fase dell’”affidamento”, la dottrina si è orientata nel senso che tutte le controversie di evidenza pubblica che precedono la stipulazione del contratto apparterrebbero alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre le controversie successive alla stipulazione del contratto rientrerebbero nella giurisdizione del giudice ordinario e tale ripartizione varrebbe ancorché, nel corso dell’esecuzione del contratto, risultino posti in essere atti e procedimenti di tipo pubblicistico e ciò perché, involgendo il giudizio la risoluzione del contratto, la controversia coinvolgerebbe sempre diritti soggettivi e non già interessi legittimi (1).
In questo senso si è orientata anche la giurisprudenza prevalente, la quale ha ritenuto che la controversia concernente la revoca del contratto di appalto di opere pubbliche investe una questione di merito relativa alla validità ed efficacia del contratto stesso, con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario (2).
Dovrebbe quindi distinguersi una fase strettamente legata alla procedura di evidenza pubblica dell’aggiudicazione dell’appalto attribuita alla giurisdizione amministrativa e una fase successiva alla stipulazione del contratto di natura tipicamente privatistica (3).
Un orientamento è stato recentemente contestato in dottrina sia in relazione agli atti di risoluzione del contratto per inadempienze dell’appaltatore (4), sia in relazione ai veri e propri atti autoritativi di ritiro (annullamento e revoca dell’aggiudicazione) (5).
A sostegno della critica all’orientamento tradizionale sono stati addotti tre argomenti.
E’ stato anzitutto invocato l’art. 23 1° comma l. Tar, come inserito dall’art. 4 della l. 205/2000, che fa riferimento ai “provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione”, senza distinguere fra provvedimenti adottati prima e provvedimenti adottati dopo la stipulazione.
E’ stato inoltre osservato che, qualora, la discriminazione fra le due giurisdizioni si basasse sulla distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, non si spiegherebbe l’attribuzione di una giurisdizione esclusiva in materia di appalti di lavori e forniture, perché, anche prima dell’entrata in vigore della legge 250, le controversie involgenti interessi legittimi in materia di appalti rientravano nella giurisdizione amministrativa.
Infine si è osservato che, facendo dipendere le attribuzioni della giurisdizione dalla semplice circostanza della stipula o meno del contratto, coloro che venissero lesi da provvedimenti di risoluzione posteriormente alla stipula, non potrebbero fruire del risarcimento degli interessi legittimi e della reintegrazione in forma specifica, perché la controversia riguarderebbe solo diritti soggettivi.
L’orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza sembra corretto in relazione agli atti di risoluzione per inadempienze dell’appaltatore previsti dalla legge fondamentale sui lavori pubblici, ma non sembra egualmente corretto in ordine agli atti di autotutela.
La legge n. 2248 all. F del 1865 prevede due ipotesi di risoluzione del contratto per atto unilaterale della pubblica amministrazione e precisamente la ipotesi di grave inadempimenti dell’appaltatore (art. 340 della l. 2248/65 e art. 119 commi 1, 2 e 3 del relativo regolamento) e la ipotesi di grave ritardo derivante dalla negligenza dell’appaltatore (art. 341 della l. 2248/65 e art. 119 commi 4, 5 e 6 del relativo regolamento.
Gli atti unilaterali di risoluzione previsti dalla legge fondamentale hanno carattere negoziale e sono del tutto assimilabili a quelli previsti dal codice civile per l’appalto privato (art. 1453 e art. 1662 comma 2° cod. civ.). Non può quindi l’atto della amministrazione qualificarsi come atto discrezionale ed autoritativo, poiché gli atti di risoluzione per inadempimento, pur avendo carattere unilaterale non presentano sostanziali differenze rispetto agli analoghi istituti civilistici (6).
Diverso discorso va fatto per i provvedimento di annullamento e revoca dell’aggiudicazione, i quali, anche qualora sopravvengano dopo la stipulazione del contratto, incidono in senso negativo su un atto amministrativo.
L’amministrazione può esercitare poteri di autotutela sugli atti di aggiudicazione, indipendentemente dalla circostanza che il contratto sia stato stipulato, sempre che siano rispettate le garanzie del contraddittorio, l’obbligo della motivazione e siano valutati sia l’interesse pubblico, sia l’affidamento ingenerato nelle parti (7).
L’annullamento della aggiudicazione, nell’ipotesi in cui nel frattempo sia stato stipulato il contratto, travolge il contratto stesso come semplice conseguenza della eliminazione dell’atto pubblicistico che ne costituiva il presupposto.
Per il principio del contrarius actus, la natura dell’atto di ritiro segue la stessa dell’atto positivo di aggiudicazione e la giurisdizione amministrativa rimane ferma, sia quando l’atto di ritiro viene emesso prima della stipulazione, sia quando tale atto sopravvenga dopo la stipulazione.
Nel caso in cui la illegittimità della aggiudicazione fosse denunciata dal privato mediante la impugnazione nei termini del provvedimento di aggiudicazione, la giurisprudenza non ha mai ravvisato un ostacolo al riconoscimento della sua giurisdizione per il fatto che sia stato stipulato il contratto. Non si vede allora perché tale ostacolo debba ravvisarsi nell’ipotesi in cui l’annullamento, anziché discendere dalla impugnativa del privato, sia disposto in virtù dei poteri di autotutela che spettano all’amministrazione stessa.
Di conseguenza, la circostanza che il contratto sia stato stipulato non può costituire causa di discriminazione fra le giurisdizioni. Sia l’annullamento su domanda del privato, sia l’annullamento per autotutela dell’amministrazione sono legati da una identità di effetti, che non consente la attribuzione della controversia a giurisdizioni differenti.
(1) GRECO, Argomenti di diritto amministrativo, Milano 2000, 155. CARINGELLA e PROTTO, Il nuovo processo amministrativo, Milano 2001, 512.
(2) Cass. Se. Un., 30 marzo 2000 n. 72, in Urb. e app. 2000, 728 (con nota di DE PALMA); Cons,. Stato V sez. 28 dicembre 2001 n. 6443 in Il Cons. Stato 2001, I, 2752.
(3) CARINGELLA e TARANTINO, Appalti e lavori pubblici in Urb. e app. 2002, 351
(4) T.A.R. Calabria-Reggio Calabria 27 gennaio 2000 n. 71, con nota di DE PALMA, Esecuzione dell’appalto e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in Urb. e app. 2000 n. 7.
(5) BARBERI, Annullamento della gara pubblica ed annullamento del contratto: problema di giurisdizione in Riv. trim. app. 2000, I, 721.
(6) I provvedimenti unilaterali dell’amministrazione di risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatore non hanno carattere autoritativo, sebbene carattere negoziale, MAZZONE e LORIA, Manuale dei lavori pubblici, Roma 2000, 591.
(7) Cons. Stato, V sez. 28 febraio 2002 n. 1224.