CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 20 maggio 1999 n. 870 - Pres. Pezzana, Rel. Lamberti - Szalkowska c. Ministero dell'Interno ed altri - (annulla T.A.R. Campania, 5 maggio 18 giugno 1998 n. 2006).
Stranieri - Permesso di soggiorno - Termine per la richiesta - Non è perentorio - Espulsione - Illegittimità.
(D.L. 30 dicembre 1989 n. 416, conv. dalla L.
28 febbraio 1999 n. 39, art. 4 c. 3)
(D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, art. 5, c. 2)
Non è da considerare perentorio il termine di otto giorni dalla data d'ingresso in Italia previsto dall'art. 4, comma 3, del D.L. 30 novembre 1989 n. 416, convertito nella legge 28 febbraio 1990 n. 39, assegnato allo straniero extracomunitario per avanzare formale richiesta di permesso di soggiorno all'autorità di pubblica sicurezza.
Deve pertanto ritenersi che il mancato rispetto di detto termine non possa comportare ex se l'espulsione dello straniero inadempiente dal territorio dello Stato, allorchè questi abbia nel frattempo instaurato in Italia una normale condizione di vita e sia comunque in possesso degli altri requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno nel territorio nazionale.
FATTO
Avverso il provvedimento del Prefetto di Napoli 16 agosto 1996 di espulsione dal territorio nazionale e l'intimazione del questore di Napoli a presentarsi al valico della frontiera di Fiumicino nei successivi quindici giorni, per non essere in possesso del permesso di soggiorno, la sig.ra Szalkowska Marianna ha adito il TAR della Campania, precisando in punto di fatto di essere entrata in territorio nazionale iL 7 luglio 1996, di avere in corso una stabile convivenza con un cittadino italiano e di essere titolare di una avviata attività economica in Napoli, ed opponendo in diritto le seguenti censure:
- violazione degli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione: la sig.ra Szalkowska conduce una vita onesta e dignitosa in territorio nazionale, occupandosi del proprio convivente more uxorio e della propria impresa. L'espulsione comporterebbe la perdita del lavoro e incide negativamente sul nucleo familiare della ricorrente, in violazione di diritti costituzionali garantiti;
- violazione dell'art. 11 del D.L. 30 novembre 1989 n. 416, convertito nella legge 28 febbraio 1990 n. 39 e illegittimità costituzionale del termine contenuto nell'art. 4 comma 3 della legge. L'obbligo dello straniero di richiedere il permesso di soggiorno nazionale non è chiaramente specificato alla frontiera, come è necessario per porlo in condizioni di rendersi conto degli obblighi di legge e della gravità connessa alla loro violazione. Data l'inosservanza di precisi oneri di avviso, allo straniero non può essere comminata l'espulsione al solo decorso del termine che deve pertanto essere considerato non perentorio, anche tenuto conto della particolare situazione della sig.ra Szalkowska che oramai ha instaurato una vita normale in territorio italiano sia dal punto di vista familiare che economico.
La mancata richiesta del permesso di soggiorno non fu dovuta all'intenzione della sig.ra Szalkowska di sottrarsi all'osservanza della legge nazionale, ma solo al suo stato di salute, precario in quel periodo, che le ha impedito di recarsi presso la Questura di Napoli.
Nel giudizio si sono costituiti il Prefetto e il questore di Napoli, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con decisione del 15 aprile 1997 n. 990, il TAR della Campania ha disposto interlocutoria sulle circostanze addotte dalla ricorrente e, con successiva sentenza del 5 maggio 18 giugno 1998 n. 2006, ha rigettato il ricorso. Il TAR ha ribadito:
- la necessità di specifiche autorizzazioni imposta sia dalla costituzione che dalle leggi che regolano l'ingresso e il soggiorno dello straniero in territorio nazionale;
- la rilevanza delle situazioni inerenti all'esercizio dell'attività economica e ai vincoli familiari o di convivenza solo in presenza di regolari autorizzazioni all'ingresso e al soggiorno;
- l'inserimento della sig.ra Szalkowska nel tessuto economico e sociale della collettività nazionale, la poneva in grado di esercitare tempestivamente i suoi diritti secondo le disposizioni previste dalla legge in materia di soggiorno dello straniero.
Avverso la sentenza ha proposto appello la sig.ra Szalkowska, ribadendo le censure del primo grado e l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 comma 3 della legge 28 febbraio 1990 n. 39 interpretato nel senso che il termine ivi imposto per la richiesta del permesso di soggiorno sia perentorio.
Resiste l'Amministrazione con controricorso.
La causa viene in decisione all'udienza del 30 marzo 1999.
DIRITTO
Con decreto del 16 agosto 1996 il Prefetto di Napoli ha disposto l'espulsione dal territorio nazionale della cittadina polacca Szalkowska Marianna per violazione delle norme in materia d'ingresso e di soggiorno, perché entrata nel territorio nazionale dal 7 luglio 1996, senza avere provveduto a richiedere il permesso di soggiorno nel termine previsto dall'art. 4 comma 3 del D.L. 30 novembre 1989 n. 416 convertito nella legge 28 febbraio 1990 n. 39.
Il ricorso proposto avverso il provvedimento è stato respinto con la sentenza in epigrafe, per l'irrilevanza, a fronte degli interessi tutelari dalla legge, della situazione in cui l'interessata versa sotto l'aspetto familiare ed economico. Il TAR della Campania ha ritenuto che la carenza di un legame ontologico con la comunità nazionale che caratterizza condizione giuridica dello straniero implica la mancanza di una posizione di libertà assoluta d'ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale, consentiti solo a seguito del rilascio di specifiche autorizzazioni.
Con le medesime censure prospettate in prima istanza di irragionevolezza del termine di otto giorni dalla data d'ingresso, entro il quale il permesso di soggiorno deve essere richiesto alla competente autorità di pubblica sicurezza, la ricorrente afferma l'illegittimità del provvedimento, che ha respinto la sua domanda solo perché tardivamente proposta senza valutare né le ragioni che le avevano impedito di ottemperare puntualmente agli obblighi prescritti in tema di soggiorno, né la situazione in cui l'interessata si trovava oramai da diverso tempo, di convivente more uxorio con un cittadino italiano e di operatrice economica, perché socio di una società operante nel ramo della vendita di calzature.
La censura è fondata anche se nei termini e per le ragioni che si dirà.
Nell'art. 142 del T.U.P.S. 18 giugno 1931 n. 773 la finalità del permesso di soggiorno - al pari degli oneri imposti dalla legge agli stranieri di comunicare alla Questura il trasferimento della loro dimora - è quello di consentire all'Autorità di pubblica sicurezza di verificare immediatamente i requisiti del titolo dello straniero extracomunitario a soggiornare in Italia, nel prosieguo, di localizzarlo ai fini del riscontro della sua permanenza (arg.: Cons. Stato, IV, 3 giugno 1996 n. 722). La mancata richiesta del permesso di soggiorno ovvero il mancato rinnovo del permesso già concesso, non legittimano sempre ed in ogni caso di per sé l'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, dovendo l'Autorità di pubblica sicurezza valutare, specie in presenza di particolari situazioni, le ragioni di ordine pubblico che consigliano l'eventuale allontanamento dello straniero (Cons. Stato, IV, 25 marzo 1993 n. 356).
Tali ragioni non si rinvengono nel decreto del Prefetto di Napoli del 16 agosto 1996, che ha disposto l'espulsione dell'appellante sulla base della sola violazione delle disposizioni in materia d'ingresso e soggiorno dello straniero: dopo essere entrata in Italia il 7 luglio 1996, la sig.ra Szalkowska Marianna non ha richiesto il permesso di soggiorno negli otto giorni previsti dall'art. 4 comma 3 del D.L. 30 novembre 1989 n. 416 senza tener conto della particolare situazione para-familiare della ricorrente.
Anche se allo straniero - diversamente dal cittadino - non è riconosciuta una posizione di libertà in ordine all'ingresso e alla permanenza nel territorio italiano per la mancanza di un legame ontologico con la comunità nazionale (Corte costit. 24 febbraio 1994 n. 62) la discrezionalità, sua pure ampia, all'amministrazione è limitata dalla non manifesta irragionevolezza delle sue scelte.
Tale sintomo è senz'altro rilevabile nell'allontanamento dal territorio dello Stato dello straniero per il solo motivo di non avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto dalla legge, allorchè questi abbia instaurato una normale condizione di vita e ciò sia noto all'autorità amministrativa.
La tutela meno intensa di quella dei cittadini riconosciuta agli stranieri consente la limitazione alle relative libertà d'ingresso e di soggiorno nello Stato a tutela dell'interesse pubblico attinente alla sicurezza dell'ordinato vivere civile (Corte costit. 10 dicembre 1987 n. 503). Tale interesse non può ritenersi compromesso dal solo comportamento omissivo di oneri che la legge richiede, allorchè, per altri versi la condotta dello straniero sia improntata ad una vita normale e dignitosa, irrinunciabile per ogni individuo. Quando venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, il principio costituzionale di eguaglianza non tollera in generale discriminazioni tra la posizione del cittadino e quella dello straniero (arg. Corte costit. 26 giugno 1997 n. 203; Corte costit. 13 febbraio 1995 n. 34; Corte costit. 20 gennaio 1997 n. 46). E discriminatoria appare senz'altro l'espulsione dello straniero dimorante nel territorio nazionale solo perchè privo del permesso di soggiorno (non richiesto tempestivamente)ma con abitudini di vita improntate a dignità e normalità come devono essere senz'altro considerate la stabile convivenza con un cittadino italiano e la conduzione di un lavoro autonomo.
E' pertanto necessario che l'Amministrazione riesamini la posizione dell'appellante alla luce dei suesposti criteri e valuti la possibilità di contemperare con le esigenze di salvaguardia dell'ordine pubblico violato con il decorso dei termini previsti dall'art. 4 comma 3 del D.L. 30 novembre 1989 n. 416, la compatibilità del soggiorno con le condizioni di vita e di lavoro nel luogo di residenza dell'appellante.
L'appello deve pertanto essere accolto con riforma della decisione e con il conseguente annullamento degli impugnati provvedimenti, salve e riservate rimanendo le ulteriori determinazioni dell'autorità amministrativa.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese i giudizio tra le parti, data al delicatezza delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa,
- lo accoglie;
- riforma per l'effetto la decisione impugnata;
- annulla per l'effetto i provvedimenti impugnati;
- rimangono salve e riservate le ulteriori determinazioni dell'autorità amministrativa.