CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - Parere 2 aprile 2003 n. 1536/2000 - Pres. Rosa, Est. Pozzi - Oggetto: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ricorso straordinario del Circolo Velico Pietrabianca per l'annullamento del decreto del direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali datato 21.10.1996 e della conseguente ordinanza del Sindaco del Comune di Rosignano Marittimo n. 334 del 30.11.1996, con cui è stata respinta l'istanza di condono edilizio presentata dal Circolo medesimo ed è stata ordinata la demolizione di alcune opere escluse dalla sanatoria - (esprime parere che il ricorso vada in parte accolto).
1. Giustizia amministrativa - Ricorso straordinario - Regola dell'alternatività con il ricorso giurisdizionale - Presupposti per l'applicazione - Identità di petitum tra le due impugnazioni - Necessità - Mancanza - Conseguenze - Inapplicabilità della regola dell'alternatività - Fattispecie.
2. Ambiente - Vicolo paesaggistico - Autorizzazione rilasciata in sede regionale - Motivazione circa la compatibilità dell'intervento edilizio autorizzato con gli specifici valori paesistici dei luoghi - Necessità - Sussiste.
3. Ambiente - Vicolo paesaggistico - Autorizzazione rilasciata in sede regionale - Motivazione circa la compatibilità dell'intervento edilizio autorizzato con gli specifici valori paesistici dei luoghi - Necessità - Mancanza - Legittimità dell'annullamento dell'autorizzazione in sede statale.
4. Ambiente - Vicolo paesaggistico - Attività edilizia - Circostanza che non sia richiesta concessione od autorizzazione edilizia per l'intervento - Non fa venir meno l'obbligo di ottenere il nulla-osta paesaggistico.
5. Ambiente - Vicolo paesaggistico - Attività edilizia - Eseguita senza alcun nulla-osta o con nulla-osta poi annullato - Sanzioni applicabili ex art. 164 del T. U. n. 490 del 1999 - Alternativa tra demolizione e sanzione pecuniaria - Ordinanza di demolizione adottata senza una specifica motivazione circa il grave pregiudizio dell'opera eseguita - Illegittimità.
1. La regola dell'alternatività tra ricorso giurisdizionale e quello straordinario vale solo in caso di identico petitum; è pertanto ammissibile un ricorso straordinario nel caso in cui risulti che l'impugnativa proposta in sede giurisdizionale abbia per oggetto un diverso e precedente provvedimento, successivamente modificato da quello impugnato con il ricorso straordinario, avente una sua specifica capacità lesiva, distinta dal provvedimento precedente.
2. Le autorizzazioni rilasciate dalla regione o dagli enti locali a ciò subdelegati dalle normative regionali per la costruzione di opere edilizie in zone soggette a vincolo paesistico devono essere sempre adeguatamente motivate, con l'indicazione dell'iter logico seguito in ordine alle ragioni di effettiva e documentata compatibilità con gli specifici valori paesistici dei luoghi (1).
3. Poiché una specifica ed adeguata motivazione del c.d. nulla-osta paesistico è requisito di legittimità dello stesso, deve ritenersi che del tutto legittimamente viene annullato dal Ministero dei beni e attività culturali, ai sensi oggi dell'art. 151, comma 4, del nuovo testo unico n. 490 del 1999, un nulla osta paesistico per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nel caso in cui i pareri ai quali il nulla osta faccia riferimento siano assolutamente carenti di qualsiasi motivazione in ordine alla compatibilità ambientale delle opere (2) (alla stregua del principio è stato ritenuto legittimo l'annullamento in sede ministeriale di un nulla-osta rilasciato nella specie dal Sindaco ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47/1985, che era da ritenere tutto immotivato, limitandosi ad asserire che "le opere realizzate non incidono negativamente nel contesto paesaggistico ed ambientale circostante"; tale motivazione, ad avviso del CdS, era da ritenere del tutto apparente e tautologica, in quanto non diceva in cosa consisteva l'intervento, sia sul piano strutturale, che su quello tipologico che su quello estetico, né diceva in cosa consisteva e quali fossero le caratteristiche dell'ambiente circostante).
4. La circostanza che un intervento edilizio non sia soggetto a concessione edilizia, secondo la disciplina edilizia prevista dalla normativa di settore nonchè dallo strumento urbanistico, non significa che per ciò stesso che esso sia esente dal regime dell'autorizzazione paesistica, per la quale rileva solo che l'intervento possa alterare l'assetto paesistico-ambientale della zona (v. in proposito l'art. 151 del T. U. n. 490, nonchè in prec. l'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, secondo cui i beni ambientali inclusi negli elenchi pubblicati a norma dell'articolo 140 o dell'articolo 144 o nelle categorie elencate all'articolo 146, per tale loro qualità, non possono essere distrutti né subire modificazioni, "che rechino pregiudizio a quel loro esteriore aspetto che è oggetto di protezione").
5. L'articolo 164 del T.U. n. 490 del 1999 - nel prevedere che colui che compie modificazioni su beni soggetti a vincolo paesaggistico è tenuto (secondo che la Regione ritenga più opportuno, nell'interesse della protezione dei beni) alla rimessione in pristino a proprie spese ovvero al pagamento di una sanzione pecuniaria - impone all'Amministrazione di dare contezza dei motivi per i quali quel potere si sia orientato nel senso più rigoroso della demolizione per insanabile contrasto ed assoluta incompatibilità con i valori paesistici ed ambientali, anziché in quello più lieve della sanzione pecuniaria. E' pertanto illegittima una ordinanza con la quale, a seguito dell'annullamento dell'autorizzazione paesistica, si ingiunge la demolizione, ove non siano state esposte le ragioni della grave ed insanabile compromissione dei valori paesistici realizzata dall'intervento edilizio.
----------------------------
(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 8 agosto 2000, n. 4345; id., 6 luglio 2000, n. 3793.
V anche Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 726, secondo cui i provvedimenti presi ai sensi dell'art. 7 l. n. 1497 del 1939 (oggi art. 151 del T. U. n. 499/1999) nonostante essi siano ampliativi e non restrittivi della sfera giuridica dei destinatari, devono essere sorretti da una motivazione che consenta di verificare la compatibilità dell'opera con le primarie esigenze di conservazione delle bellezze naturali oggetto del vincolo, cosicché il provvedimento dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico è illegittimo quando la motivazione, anziché basarsi su argomentazioni attinenti a ragioni di tutela del paesaggio e dell'ambiente, involge esigenze edilizie ed urbanistiche rientranti nelle attribuzioni dell'autorità comunale.
(2) Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2002, n. 6785; Sez. VI, 28 dicembre 2000, n. 7044; Sez. VI, 8 marzo 2000, n. 1162.
Ha osservato in proposito la Sez. II con il parere in rassegna che, quando l'articolo 151 del testo unico n. 490 dispone che "Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione ", ciò non significa che l'amministrazione statale deve essa stessa motivare sulla compatibilità o meno delle opere con i valori paesistici ed ambientali delle zone sottoposte al relativo vincolo, perché così facendo valicherebbe il confine del controllo di mera legittimità che le è rimesso per invadere la sfera del merito dell'azione amministrativa, ma comporta soltanto che essa deve evidenziare i punti di illegittimità da cui è affetta l'autorizzazione (v. in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9 e Sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4812).
(omissis)
Visto il proprio parere interlocutorio del 13 dicembre 2000;
Esaminati gli atti ed udito il relatore-estensore cons. Armando Pozzi.
PREMESSO:
Riferisce l'Amministrazione che con il ricorso in oggetto, il Circolo Velico Pietrabianca ha impugnato il decreto del Direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali del 21.10.1996, con cui è stato parzialmente annullato il decreto del Sindaco di Rosignano Marittimo in data 5.12.1995 di condono edilizio interessante il circolo medesimo, nonchè la conseguente ordinanza sindacale del 30.11.1996, con cui è stata corrispondentemente respinta l'istanza di condono edilizio di cui sopra ed è stata ordinata la demolizione delle opere escluse dalla sanatoria di che trattasi: volume dei servizi igienici annesso alla sede sociale del Circolo.
Riferisce, ancora, l'Amministrazione che in data 31.3.1995, il sig. Cipolla presentava istanza di condono edilizio ai sensi dell'art. 39 della legge 724/94, per le seguenti opere: ampliamento sede sociale, n.c. tettoia, n.c. aula scuola di vela, n.c. costruzione magazzini, n.c. costruzione servizi , opere varie (recinzioni, pavimentazioni, deposito G.P.L. ecc...); in data 23.11.1995, la C.E. esprimeva, per il vincolo di cui alla legge 431/85 parere favorevole; in data 5.12.95, veniva emesso parere sindacale favorevole per le opere oggetto del condono;
- dopo una richiesta di chiarimenti da parte della Soprintendenza di Pisa, in data 7.6.1996, veniva emesso dal Ministero dei Beni culturali ed Ambientali, il decreto di annullamento del provvedimento sindacale del 5.12.1995; con nota del 2.7.1996 il Comune richiedeva al Ministero i chiarimenti necessari per l'adozione degli atti consequenziali; in data 22.10.1996, veniva emesso il Decreto Ministeriale, qui impugnato del 21.10.1996, di rettifica del d.M. 7.6.1996, con il quale si disponeva l'annullamento soltanto parziale dell'autorizzazione sindacale del 5.12.1995, "limitatamente alla parte relativa al volume servizi igienici"; in data 30.11.1996, veniva emessa l'ordinanza sindacale n. 334, anch'essa impugnata.
Avverso il predetto annullamento parziale del nulla osta paesistico il ricorrente muove le seguenti censure:
1. Violazione artt. 1 e 3 L. 241/1990 - Violazione art. 1 L.n. 431/1985 - Eccesso di potere illogicità e difetto di motivazione.
2. Violazione art. 1 L. n. 241/1990 - Violazione art. 14 L. n. 47/1985 - Eccesso di potere.
In particolare: 1) l'amministrazione statale non ha esternato motivi di incompatibilità ambientale nè ha dato comunicazione dell'ordine di demolizione all'ente proprietario dell'area.
3. Violazione art. 1 L. n. 241/1990 - viol. Art. 7 D.L. n. 9/1982. Viol. Art. 10 L. n. 47/1985.
Il manufatto, consistente in servizi igienici è una pertinenza, come tale soggetta a mera autorizzazione e sanzionabile solo con una sanzione pecuniaria.
CONSIDERATO:
Preliminarmente deve essere dichiarata l'ammissibilità del ricorso, tenuto conto che l'impugnativa proposta innanzi al TAR Toscana ha per oggetto il diverso e precedente provvedimento dirigenziale del 7 giugno 1996, successivamente modificato da quello impugnato con ricorso straordinario, avente una sua specifica capacità lesiva, distinta dal provvedimento precedente. Pertanto, non può invocarsi la regola dell'alternatività che vale solo in caso di identico petitum.
Nel merito, il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta il difetto di motivazione dell'annullamento ministeriale, è infondato poiché ribalta le acquisite nozioni in tema di motivazione delle autorizzazioni paesistiche, secondo cui è il nulla osta rilasciata dall'ente locale a dover essere adeguatamente motivato.
Al riguardo, la giurisprudenza ha costantemente affermato che il provvedimento di autorizzazione di interventi edilizi in aree sottoposte a vincolo paesistico deve essere adeguatamente motivato in ordine alle ragioni volte ad evidenziare la compatibilità del progetto con le esigenze di tutela paesistica nel contesto ambientale tutelato al quale apporta deroga.
In particolare, si è statuito che le autorizzazioni rilasciate dalla regione o dagli enti locali a ciò subdelegati dalle normative regionali per la costruzione di opere edilizie in zone soggette a vincolo paesistico devono essere sempre adeguatamente motivate, con l'indicazione dell'iter logico seguito in ordine alle ragioni di effettiva e documentata compatibilità con gli specifici valori paesistici dei luoghi [C. Stato, sez. VI, 8 agosto 2000, n. 4345; id., 6 luglio 2000, n. 3793]. Né tale specifica motivazione inerente ai fondamentali valori paesistico ambientali riconosciuti e garantiti dalla Costituzione può confondersi con quella attinente ai diversi, seppur connessi, valori urbanistico-edilizi. A tal proposito si è ripetutamente chiarito che i provvedimenti presi ai sensi dell'art. 7 l. n. 1497 del 1939 (oggi art. 151 del T. U. n. 499/1999) nonostante essi siano ampliativi e non restrittivi della sfera giuridica dei destinatari, devono essere sorretti da una motivazione che consenta di verificare la compatibilità dell'opera con le primarie esigenze di conservazione delle bellezze naturali oggetto del vincolo, cosicché il provvedimento dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico è illegittimo quando la motivazione, anziché basarsi su argomentazioni attinenti a ragioni di tutela del paesaggio e dell'ambiente, involge esigenze edilizie ed urbanistiche rientranti nelle attribuzioni dell'autorità comunale [ C. Stato, sez. V, 10 febbraio 2000, n. 726].
Poiché la specifica ed adeguata motivazione del c.d. nulla osta paesistico è requisito di legittimità dello stesso, deve ritenersi che del tutto legittimamente viene annullato dal ministero dei Beni e attività culturali, ai sensi oggi del citato art. 151, comma 4, del nuovo testo unico n. 490 del 1999, un nulla osta paesistico per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nel caso in cui i pareri ai quali il nulla osta faccia riferimento siano assolutamente carenti di qualsiasi motivazione in ordine alla compatibilità ambientale delle opere [ C. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2002, n. 6785; C. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2000, n. 7044; C. Stato, sez. VI, 8 marzo 2000, n. 1162].
Pertanto, quando l'articolo 151 del citato testo unico n. 490 dispone che "Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione ", ciò non significa che l'amministrazione statale deve essa stessa motivare sulla compatibilità o meno delle opere con i valori paesistici ed ambientali delle zone sottoposte al relativo vincolo, perché così facendo valicherebbe il confine del controllo di mera legittimità che le è rimesso per invadere la sfera del merito dell'azione amministrativa, ma comporta soltanto che essa deve evidenziare i punti di illegittimità da cui è affetta l'autorizzazione [ Cons. St., Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9; Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4812]. E tuttavia, il principio che l'amministrazione non debba motivare sul valore o disvalore degli interventi edilizi ma solo sulla legittimità (soprattutto con riguardo alle figure sintomatiche dell'eccesso di potere) del provvedimento autorizzatorio regionale non impedisce alla stessa di supportare il difetto di motivazione con una descrizione degli interventi edilizi e con la loro valutazione ai fini paesistici. Infatti, quando l'autorizzazione regionale difetti della motivazione in ordine alla compatibilità ambientale delle opere, la motivazione, anche su tale punto, del provvedimento di annullamento ministeriale non si risolve in un' indebita sovrapposizione od espropriazione di competenze valutative e determinative regionali, poiché queste non si sono concretamente esternate né sono state in alcun modo esercitate. In altri termini, la mancanza di esternazione delle ragioni di compatibilità ambientale da parte della regione, consente al Ministero di addurre lui stesso le motivazioni in merito ad una ritenuta incompatibilità, ad ulteriore riprova del cattivo esercizio del potere regionale.
Nella specie, il provvedimento di autorizzazione rilasciato dal sindaco ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47/1985 è del tutto immotivato, poiché ivi si legge che "le opere realizzate non incidono negativamente nel contesto paesaggistico ed ambientale circostante". Come si vede si tratta di una motivazione del tutto apparente e tautologica in quanto da un lato non si dice in cosa consista l'intervento, sia sul piano strutturale, che su quello tipologico che su quello estetico, né si dice in cosa consista e quali siano le caratteristiche dell'ambiente circostante. Tutte cose che, invece, dice il provvedimento ministeriale, il quale, si ripete, non si sostituisce ad un apprezzamento dell'ente locale, del tutto carente, ma intende dimostrare tale carenza con un ulteriore apporto motivazionale autonomo, indicando e descrivendo ciò che il comune non ha fatto (" i servizi igienici costituiscono , per linee architettoniche e materiali costruttivi un intervento inconciliabile con le caratteristiche paesaggistiche e con la tipologia degli altri manufatti dello stesso circolo velico"). Un siffatto giudizio appare, d'altra parte, del tutto logico e coerente con l'effettiva consistenza del manufatto, rappresentato da un container a forma parallelepipeda di colore chiaro con finestratura continua nella parte superiore , senza alcun pregio architettonico e del tutto incoerente con la circostante macchia e vegetazione mediterranea.
Anche il secondo motivo, con cui si deduce la violazione dell'art. 14 della legge n. 47/1985 è infondato.
La norma invocata, infatti, relativamente alle opere eseguite su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici, dispone che qualora sia accertata l'esecuzione di opere da parte di soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni di cui al precedente articolo 5 in assenza di concessione edilizia ovvero in totale o parziale difformità dalla medesima, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il sindaco ordina, dandone comunicazione all'ente proprietario del suolo, previa diffida non rinnovabile al responsabile dell'abuso, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.
La norma, quindi, conferma la potestà repressiva dell'autorità comunale anche nel caso di interventi edilizi su aree demaniali, nel qual caso l'obbligo di comunicazione alla stesse amministrazioni pubbliche proprietarie dell'area non assolve ad un interesse del privato autore dell'abuso ma a quello dell'amministrazione proprietaria, che attraverso la comunicazione dell'ingiunzione può esercitare i propri poteri di vigilanza sul prosieguo del procedimento.
Il terzo motivo, con cui si deduce violazione dell'art. 7 del d. l. n. 9 del 1982 e che trattandosi di mera pertinenza, non occorreva concessione, è in parte infondato.
L'art. 151 del T. U. n. 490, come già l'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, pone un regime di particolare tutela dei beni ambientali inclusi negli elenchi pubblicati a norma dell'articolo 140 o dell'articolo 144 o nelle categorie elencate all'articolo 146, i quali, per tale loro qualità, non possono essere distrutti né subire modificazioni, "che rechino pregiudizio a quel loro esteriore aspetto che è oggetto di protezione". In relazione a tale regime di tutela i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni medesimi hanno l'obbligo di sottoporre alla Regione i progetti delle "opere di qualunque genere" che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva autorizzazione.
Quindi, la circostanza che un intervento edilizio non sia soggetto a concessione secondo la disciplina edilizia non significa che per ciò stesso sia esente dal regime dell'autorizzazione paesistica, per la quale rileva solo che l'intervento possa alterare l'assetto paesistico-ambientale della zona. Tanto ciò è vero che l'art. 152 del medesimo testo unico elenca specificamente e tassativamente gli interventi non sottoposti ad autorizzazione paesistica: gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale a condizione che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, ecc.. Una volta che questa sia richiesta, come avvenuto nella specie, scatta il disposto dell'articolo 164, relativo all'ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria.
Merita invece accoglimento il motivo dedotto, seppure in modo approssimativo, con lo stesso terzo motivo, con il quale si lamenta che, attesa la non eccessiva gravità dell'abuso sul piano dell'impatto ambientale, si sarebbe potuta applicare la sanzione pecuniaria.
In effetti, la norma citata da ultimo dispone che il trasgressore è tenuto, secondo che la Regione ritenga più opportuno, nell'interesse della protezione dei beni, alla rimessione in pristino a proprie spese ovvero al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione e determinata previa perizia di stima.
La norma, richiamando un potere valutativo di natura discrezionale condensato nella formula della maggiore opportunità di una delle due possibilità sanzionatorie (quella ripristinatoria e quella per equivalente) impone all'amministrazione di dare ragione dei motivi per i quali quel potere si sia orientato nel senso più rigoroso della demolizione per insanabile contrasto ed assoluta incompatibilità con i valori paesistici ed ambientali, anziché in quello più lieve della sanzione pecuniaria.
D'altra parte, la giurisprudenza ha già chiarito che l'ordinanza di demolizione di un edificio, costruito in una zona dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497 è "sufficientemente motivata" quando dia atto del "grave pregiudizio" che la costruzione determina al paesaggio e della mancanza di alternative al disposto abbattimento dell'immobile [Cons. St., sez. VI, 29 aprile 1991, n. 261]. Con il che si ammette che occorre una sufficiente motivazione in ordine alla gravità del pregiudizio paesistico ambientale arrecato dall'opera edilizia.
Nel caso di specie l'obbligo della motivazione sul punto della scelta della demolizione in luogo della sanzione pecuniaria non risulta essere stato assolto, poiché né nel provvedimento ministeriale di annullamento dell'autorizzazione paesistica, né nell'ordine consequenziale di demolizione adottato dal comune sono esposte le ragioni della grave ed insanabile compromissione dei valori paesistici realizzata dal manufatto adibito a servizi del circolo velico.
In tale limitato ambito il ricorso merita accoglimento e per l'effetto va disposto l'annullamento dei provvedimento impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione sul punto specifico della rigorosa e documentata motivazione in ordine alla scelta della misura sanzionatorie da applicare.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso vada in parte accolto, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE L'ESTENSORE
(Salvatore Rosa) (Armando Pozzi)