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Giurisprudenza
n. 6-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - Parere 20 giugno 2000 n. 1188 - Pres. Calabrò - Oggetto: Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Quesiti in ordine alle modalità di applicazione dell'art. 9, commi 4 e 5, del DPR 17 gennaio 1998, n. 44, riguardante la maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità.

Va condiviso l'orientamento giurisprudenziale secondo cui deve intendersi fissata al 31 dicembre 1992 la data di possibile maturazione del requisito di anzianità per l'attribuzione della maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità, ai sensi dell'art. 9, commi 4 e 5, del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, tenuto conto del divieto di automatismi stipendiali stabilito per l'autunno 1993 dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 (1).

Con riguardo ai dipendenti che, pur senza proporre ricorso, abbiano presentato apposita domanda per ottenere la maggiorazione R.I.A., deve ritenersi che la domanda stessa, valendo come costituzione in mora ex. art. 1219, comma 1, C.C. risulti idonea ad interrompere la prescrizione secondo quanto stabilito dall'art. 2943, comma 4, C.C. Resta fermo che, se la presentazione della domanda risulta avvenuta oltre cinque anni prima dell'adottata determinazione ministeriale di cui sopra, l'interruzione non potrebbe più ritenersi operativa ed il diritto agli emolumenti arretrati potrebbe essere riconosciuto soltanto nell'ambito quinquennale.

L'incremento della retribuzione individuale viene posto dalla norma in stretta correlazione con l'esperienza professionale maturata dal dipendente, per un determinato numero di anni ed in tale ottica assumono secondario rilievo le circostanze nelle quali la specifica esperienza professionale sia stata acquisita, risultando invece di preminente interesse, per l'Amministrazione pubblica, l'effettivo conseguimento da parte del dipendente, di una superiore qualificazione professionale nelle mansioni di pertinenza (2).

L'istituto della maggiorazione della R.I.A. non opera anche nel periodo 1° gennaio 1994 - 16 febbraio 1995, data di stipulazione del C.C.N.L. del comparto Ministeri di cui al provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 marzo 1995, atteso che l'art. 72 del decreto legislativo 5 febbraio 1993, n. 29, non consente una simile interpretazione, anche se la norma stessa prevede l'inclusione di accordi sindacali recepiti nei decreti del Presidente della Repubblica all'epoca in vigore, tra gli atti che costituiscono parte della disciplina dei rapporti di lavoro; ciò in quanto tale norma può essere correttamente intesa nel senso di consentire l'assorbimento della maggiorazione della R.I.A. nel trattamento economico complessivo, anche in vista dei successivi incrementi, ma non come strumento per prorogare il momento già in precedenza fissato dal DPR n. 44 del 1990 per la maturazione del diritto, poiché ciò comporterebbe una inammissibile sovrapposizione di due diverse discipline contrattuali (3).

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(1) Cfr. nello stesso senso Cons. Stato, Commissione speciale per il pubblico impiego, pareri n. 444, 448 e 456 del 13 dicembre 1999.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 1998, n. 441 e 18 giugno 1998, n. 354, Comm. Spec. Pubblico impiego n. 438 del 17 maggio 1999.

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 15 novembre 1995 n. 2012.

 

 

La Sezione,

Vista la relazione prot. n. 35272, in data 31 maggio 2000, pervenuta il successivo 7 giugno, con la quale il Ministero suindicato - Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi del tesoro - chiede parere del Consiglio di Stato in ordine all'argomento in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore;

Premesso

Espone il Ministero che in sede di applicazione della normativa in oggetto è sorto un ampio contenzioso conclusosi in buona parte in senso sfavorevole per l'Amministrazione, che ha quindi dovuto provvedere a corrispondere agli aventi diritto i benefici economici a suo tempo non attribuiti.

Tale contenzioso si ricollega alla incertezza sollevata dalla previsione del decreto-legge 19 settembre 1992, n.384 (convertito in legge con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.436) che all'art.7 , comma 1, ha stabilito: "Resta ferma sino al 31 dicembre 1993 la vigente disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n.93.".

Sulla scorta di un comportamento ispirato alla logica del contenimento della spesa pubblica, infatti, l'Amministrazione ha inteso detta norma nel senso dell'esclusione dal beneficio della maggiorazione della RIA per coloro che maturassero la prescritta anzianità dopo la scadenza della validità dell'accordo recepito con il DPR 17 gennaio 1990, n. 44, ossia dopo il 31 dicembre 1990, la giurisprudenza prevalente, al contrario, si è indirizzata nel senso di riconoscere la vigenza del citato DPR n. 44 del 1990, fino al 31 dicembre 193, con conseguente possibilità di maturazione a quella data del requisito dell'anzianità.

Da ultimo la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è poi consolidata nel senso di estendere il beneficio non oltre il 31 dicembre 192, trattandosi di automatismo stipendiale la cui ultrattività per il 193 risulta esclusa dalle disposizioni del terzo comma del citato art.7 del decreto legge n.384 del 1992.

L'Amministrazione fa quindi presente di essere impegnata a dare esecuzione ai giudicati venutisi nel frattempo a formare, riconoscendo a favore dei ricorrenti il beneficio a suo tempo negato.

La stessa Amministrazione osserva tuttavia, che si viene a determinare in tal modo una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti sottoposti al medesimo contratto nazionale, in quanto i dipendenti che non abbiano proposto alcuna impugnativa verrebbero esclusi da qualsiasi beneficio.

Per evitare tale conseguenza viene ritenuta conforme a criteri di equità una revisione delle posizioni di tutto il personale, alla luce della nuova interpretazione delle norme succitate, nell'esercizio dei poteri generali di "autotutela" spettanti all'Autorità amministrativa.

Poiché tale soluzione comporta comunque una serie di complessi problemi, ai fini di un chiarimento in proposito vengono posti appositi quesiti al Consiglio di Stato.

Considerato

La Sezione prende atto delle ragioni di carattere equitativo che verrebbero poste a fondamento dell'iniziativa del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica, intesa ad una revisione generale della posizione di tutto il personale per dare uniforme attuazione, anche ai dipendenti che non abbiano presentato ricorso, ai principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di retribuzione individuale di anzianità.

Resta demandata alla specifica competenza del Ministero, riferente ogni valutazione in ordine alle disponibilità finanziarie che dovranno essere reperite per l'attuazione dell'iniziativa.

Può quindi passarsi all'esame dei singoli quesiti posti da codesto Dicastero.

A) La prima questione sollevata nella relazione ministeriale riguarda la conferma, o meno, dell'interpretazione giurisprudenziale secondo cui deve intendersi fissata al 31 dicembre 1992 la data di possibile maturazione del requisito di anzianità per l'attribuzione della maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità, ai sensi dell'art.9, commi 4 e 5, del DPR 17 gennaio 1990, n.44, tenuto conto del divieto di automatismi stipendiali stabilito per l'autunno 1993 dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 19 settembre 1992, n.384, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438. In proposito la Sezione non può che ribadire l'orientamento di cui sopra, sul quale la giurisprudenza del Consiglio di Stato risulta essersi ormai stabilmente attestata, come comprovato anche dalle recenti pronunce, in sede consultiva, dalla Commissione speciale per il pubblico impiego (cfr. pareri n.444,448 e 456 del 13 dicembre 1999).

B) Il secondo punto prospettato nella relazione riguarda il fatto che l'Amministrazione si dovrà conformare, anche per ciò che riguarda la determinazione degli interessi e della rivalutazione monetaria, al contenuto di tutte le sentenze definitive che dovessero essere emanate sino alla ricezione del parere, a prescindere dal fatto che queste recepiscano o meno l'orientamento di cui al punto A. Al riguardo è da tenere presente il carattere imperativo delle statuizioni contenute, nella sentenza passata in giudicato la quale, ai sensi dell'art.2909 del codice civile, ". fa stato ad ogni effetto tra le parti.".

Ne consegue che in ogni caso di sentenza passata in giudicato, l'Amministrazione non potrà che ottemperare a quanto stabilito nella singola pronuncia, restando preclusa ogni ulteriore possibilità di sindacato in proposito.

C) Lo stesso discorso deve essere fatto altresì in riferimento all'ipotesi (distintamente considerata dal Ministero) relativa al passaggio in giudicato di una sentenza del giudice amministrativo di primo grado in termini difformi rispetto a quelli ricordati sopra al punto A.

D) Per quanto riguarda eventuali situazioni per le quali sia fino ad oggi intervenuta soltanto una sentenza di primo grado, impugnata o impugnabile, viene prospettata la possibilità, in pendenza dell'appello, di liquidare gli emolumenti secondo il criterio sub A, con l'aggiunta dei soli interessi legali ancorché il giudice adito si fosse espresso nel senso della possibilità di calcolo dell'anzianità fino al 31 dicembre 1993, e ciò in relazione al presumibile esito conforme del successivo giudizio dinanzi al Consiglio di Stato. Si concorda su tale prospettazione dell'Amministrazione.

Pertanto, poiché il comportamento dell'Amministrazione - come sottolineato nella stessa relazione - non sarebbe satisfattivo della pretesa fatta valere in sede giudiziale dai ricorrenti, ritiene la Sezione che l'eventuale pagamento degli emolumenti in parola dovrebbe restare subordinato alla sottoscrizione di apposito atto, di natura sostanzialmente transattivi, col quale ciascun interessato dichiari, con il ricevimento della somma calcolata come sopra, di rinunciare formalmente a qualsiasi ulteriore pretesa al riguardo (eventualmente anche in ordine alle spese di giudizio), provocando in tal modo la cessazione della materia del contendere o, comunque, la improcedibilità del ricorso in sede di appello.

E) Viene poi prospettata la situazione dei dipendenti aventi diritto al pagamento della maggiorazione R.I.A. che hanno avanzato istanza di riconoscimento del beneficio, senza peraltro adire la via giudiziaria. In proposito si chiede di conoscere se ed in che termini operi la prescrizione dei relativi arretrati e degli interessi legali, anche con riferimento alle maggiorazioni stipendiali da includere nel trattamento retributivo spettante successivamente al 31 dicembre 1992.

Va preliminarmente ricordato che, come sopra accennato, l'iniziativa di cui si tratta dell'Amministrazione è espressamente finalizzata a dare attuazione quanto più possibile uniforme, a disposizioni di carattere generale dettate da un contratto nazionale, al fine di evitare una eccessiva disparità di trattamento nell'ambito del personale dipendente.

Deve peraltro sottolinearsi che detta iniziativa va posta, nel contempo, in stretta correlazione con l'esigenza di evitare il protrarsi di un ampio contenzioso in precedenza già instaurato e di evitare, comunque, il sorgere di nuove rivendicazioni che potrebbero essere ora sollevate anche in sede giudiziale, dai dipendenti, i quali, non avendo conseguito attraverso una pronuncia del giudice il diritto alla maggiorazione stipendiale fin dall'inizio - potrebbero avanzare pretese in ordine agli emolumenti più elevati che sarebbero stati calcolati in epoca successiva, per effetto della maggiorazione R.I.A.

In tale prospettiva assume certamente rilievo la questione della eventuale maturazione, nei singoli casi, della prescrizione quinquennale applicabile nella vicenda che ci occupa - ai sensi dell'art.2948, c. 4 del Codice Civile.

Va subito precisato che il giorno in riferimento al quale dovrebbe effettuarsi il calcolo per il decorso della presentazione andrebbe individuato nella data della determinazione generale da adottarsi dal Ministero per l'attuazione dell'iniziativa in discorso. Venendo, quindi, allo specifico interrogativo posto dall'Amministrazione riguardo ai dipendenti che, pur senza proporre ricorso, abbiano presentato apposita domanda per ottenere la maggiorazione R.I.A., deve ritenersi che la domanda stessa, valendo come costituzione in mora ex. art. 1219, comma 1, C.C. risulti idonea ad interrompere la prescrizione secondo quanto stabilito dall'art. 2943, comma 4, C.C.

Resta fermo che, se la presentazione della domanda risulti avvenuta oltre cinque anni prima dell'adottata determinazione ministeriale di cui sopra, l'interruzione non potrebbe più ritenersi operativa, ed il diritto agli emolumenti arretrati potrebbe essere riconosciuto soltanto nell'ambito quinquennale.

F) Viene altresì prospettata la situazione dei dipendenti che, pur avendo diritto alla maggiorazione R.I.A., maturata al 31 dicembre 1992, non abbiano mai chiesto il riconoscimento del beneficio, e non abbiano quindi mai posto in essere atti idonei ad interrompere la prescrizione, ai sensi dell'art.2943, comma 4, del Codice Civile.

Su tale questione deve osservarsi che la concessione del beneficio della maggiorazione R.I.A. in questione non era subordinata alla domanda del dipendente, essendo erogabile d'ufficio. Ne consegue che la posizione dei dipendenti che non abbiano presentato apposita istanza in proposito non risulti diversa da quelli che abbiano presentato detta istanza, se non in relazione all'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dall'istanza medesima.

Si richiamano pertanto le considerazioni già sopra svolte in ordine al riconoscibilità nell'ambito limitato di soli cinque anni del beneficio in questione. In ogni modo, per quanto riguarda il momento della decorrenza, in questo caso, della prescrizione, si richiama il disposto dell'art.2935 del Codice Civile secondo cui "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere" , e tale giorno nel caso di specie, trattandosi appunto di emolumenti da corrispondere senza alcuna domanda da parte dell'interessato, può farsi coincidere con il momento nel quale l'Amministrazione, sulla di una corretta applicazione della norma, avrebbe dovuto provvedere in concreto alla corresponsione dell'emolumento.

G) Si pone, ancora, il problema della possibilità di valutare, ai fini del computo dell'anzianità, anche i periodi di servizio prestati in precedenza presso Amministrazioni, statali e non, appartenenti a comparti diversi da quello dei Ministeri. Sull'argomento l'Amministrazione prospetta la possibilità di distinguere tra gli impiegati transitati per effetto di una mobilità speciale la cui normativa, ha, normalmente, già loro riconosciuta tutta una serie di benefici economici connessi anche con i relativi C.C.N.L., ed impiegati transitati invece, secondo la mobilità ordinaria.

Ritiene in proposito il Collegio che, trattandosi di questione non definita normativamente in maniera sufficientemente chiara , e che non ha ricevuto soluzione in sede giurisprudenziale in maniera che possa ritenersi del tutto consolidata, nelle singole fattispecie l'Amministrazione dovrà valutare il caso concreto tenendo conto della natura e delle finalità del beneficio di cui si discute. A tale riguardo è opportuno sottolineare che l'incremento della retribuzione individuale viene posto dalla norma in stretta correlazione con l'esperienza professionale maturata dal dipendente, per un determinato numero di anni, ed in tale ottica assumono secondario rilievo le circostanze nelle quali la specifica esperienza professionale sia stata acquisita, risultando invece di preminente interesse, per l'Amministrazione pubblica, l'effettivo conseguimento da parte del dipendente, di una superiore qualificazione professionale nelle mansioni di pertinenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 marzo 1998, n. 441 e 18 giugno 1998, n. 354, Comm. Spec. Pubblico impiego n.438 del 17 maggio 1999).

H) Da ultimo si riferisce l'ulteriore tesi, sostenuta da alcune organizzazioni sindacali, secondo cui l'istituto della maggiorazione della R.I.A. opererebbe anche nel periodo 1° gennaio 1994 - 16 febbraio 1995, data di stipulazione del C.C.N.L. del comparto Ministeri di cui al provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 marzo 1995, considerando il blocco, di cui al decreto legge n.384 del 1992, opererebbe per il solo anno 1993.

In proposito appare condivisibile l'opinione espressa dal Ministero riferente secondo cui l'art. 72 del decreto legislativo 5 febbraio 1993, n.29, non consentirebbe una simile interpretazione, anche se la norma stessa prevede l'inclusione di accordi sindacali recepiti nei decreti del Presidente della Repubblica all'epoca in vigore, tra gli atti che costituiscono parte della disciplina dei rapporti di lavoro; ciò in quanto tale norma può essere correttamente intesa nel senso di consentire l'assorbimento della maggiorazione della R.I.A. nel trattamento economico complessivo, anche in vista dei successivi incrementi, ma non come strumento per prorogare il momento già in precedenza fissato dal DPR n. 44 del 1990 per la maturazione del diritto, poiché ciò comporterebbe una inammissibile sovrapposizione di due diverse discipline contrattuali (cfr. anche Consiglio di Stato Sez. II n.2012 del 15 novembre 1995).

P.Q.M.

Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione

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