CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III - Parere 17 ottobre 2000 n. 1623/2000 - Pres. Calabrò - Oggetto: Ministero delle Finanze - quesito concernente l'applicazione art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni ed integrazioni (assistenza alle persone handicappate) - Criteri interpretativi.
1. Lavoro - Sede di servizio - Trasferimento del lavoratore presso la sede di servizio più vicina a quella di un parente od affine handicappato - Ex art. 33 L. n. 104/1992 - Modifiche introdotte dagli artt. 19 e 20 della L. n. 53/2000 - Requisito della convivenza - E' venuto meno - Requisito dell'assistenza continua in via esclusiva - Sussiste - Interpretazione.
2. Lavoro - Sede di servizio - Trasferimento del lavoratore presso la sede di servizio più vicina a quella di un parente od affine handicappato - Ex art. 33 L. n. 104/1992 - Modifiche introdotte dagli artt. 19 e 20 della L. n. 53/2000 - Ratio - Individuazione - Requisito dell'assistenza continua in via esclusiva - Deve sussistere all'atto dell'assunzione - Esigenze insorte dopo l'assunzione - Non sono il linea di massima comprese nella previsione legislativa.
3. Lavoro - Sede di servizio - Trasferimento del lavoratore presso la sede di servizio più vicina a quella di un parente od affine handicappato - Ex art. 33 L. n. 104/1992 - Presupposti e condizioni - Parente od affine entro il terzo grado - Necessità.
4. Lavoro - Sede di servizio - Trasferimento del lavoratore presso la sede di servizio più vicina a quella di un parente od affine handicappato - Ex art. 33 L. n. 104/1992 - Presupposti e condizioni - Presenza di un posto vacante nella sede di assegnazione - Necessità - Altre condizioni (in particolare obbligo di permanenza nella prima sede di servizio per un determinato numero di anni) - Non possono essere imposte.
5. Lavoro - Sede di servizio - Trasferimento del lavoratore presso la sede di servizio più vicina a quella di un parente od affine handicappato - Ex art. 33 L. n. 104/1992 - Concorso bandito per una determinata circoscrizione territoriale - Richiesta che riguarda una sede sita in diversa circoscrizione - Non può essere accolta.
1. La legge 8 marzo 2000 n. 53 (che ha modificato il disposto dell'art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nella parte in cui prevedeva al comma 5 il diritto del lavoratore pubblico o privato che assista continuativamente un parente portatore di handicap di scegliere la sede più vicina al luogo di assistenza) ha fatto venir meno il requisito della convivenza (v. art. 19) ed ha stabilito la necessità dell'assistenza continua in via esclusiva (v. art. 20). Alla formula "in via esclusiva" deve essere riconosciuto il significato dell'indisponibilità (e non dell'inesistenza) oggettiva o soggettiva di altre persone in grado di sopperire alle esigenze, circostanza da provare con ogni mezzo consentito dall'ordinamento, salvo l'onere di verifica da parte dell'Amministrazione. Una più rigorosa interpretazione significherebbe vanificare la tutela offerta dal legislatore ai soggetti portatori di handicap che siano già assistiti dal lavoratore richiedente.
2. Il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio resta quello, già espresso dalla Corte Costituzionale, di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, che già godeva dell'aiuto del familiare prima che quest'ultimo si dovesse allontanare per lavoro. Ne deriva che, in linea di massima, ferma restando la necessità di esaminare caso per caso le singole fattispecie, le esigenze successivamente determinatesi non sono comprese nella previsione legislativa.
3. Il beneficio può essere richiesto solo dal dipendente, unico parente o affine entro il terzo grado, disponibile a prestare l'assistenza necessaria.
4. Ai fini dell'applicazione del beneficio previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni, oltre alla possibilità in concreto dell'assegnazione richiesta, come espressamente previsto dall'art. 33 della citata legge n. 104/92, è necessaria l'esistenza di un posto vacante nella sede di destinazione aspirata. Nessun'altra condizione legittimante può essere a tale proposito prevista, altrimenti venendosi in pratica a vanificare la posizione soggettiva del soggetto interessato.
In particolare, non può essere richiesto l'obbligo di permanenza nella prima sede di servizio per un determinato numero di anni, atteso che tale obbligo non può valere per i soggetti non contemplati dalla legge n. 104/1992; il subordinare la possibilità di avvicinamento del portatore di handicap (o del soggetto comunque tutelato) all'obbligo di permanenza per alcuni anni nella prima sede di servizio significherebbe subordinare l'esigenza di tutela del soggetto debole alle necessità organizzative dell'Amministrazione, in violazione della scala dei valori dettata dai principi di rango costituzionale sopra richiamati.
5. Diversa è l'ipotesi che il concorso sia stato bandito per una determinata circoscrizione territoriale: in quel caso il posto presso diversa circoscrizione non può considerarsi disponibile per i vincitori del concorso e quindi, di massima, non può essere correttamente utilizzato per le esigenze di tutela soddisfatte dalla legge in esame.
LA SEZIONE
VISTA la relazione del Ministero delle Finanze dell'11 luglio 2000, giunta alla segreteria della terza sezione il 23 agosto 2000;
VISTI gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Antonio Catricalà;
RICHIAMATO in fatto quanto espone la referente Amministrazione
RITENUTO e CONSIDERATO
Il quesito proposto dal Ministero delle Finanze riguarda la corretta interpretazione da dare agli artt. 19 e 20 della legge 8 marzo 2000 n. 53 che ha modificato il disposto dell'art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nella parte in cui prevede al comma 5 il diritto del lavoratore pubblico o privato che assista continuativamente un parente portatore di handicap di scegliere la sede più vicina al luogo di assistenza.
Come correttamente espone il Ministero richiedente, la Sezione, già prima della novella, con parere n. 1813 del 10 dicembre 1996, nel premettere che la normativa trova diretto fondamento in principi di rango costituzionale ed ha carattere derogatorio rispetto all'ordinaria procedura delle assegnazioni di sede e dei trasferimenti, aveva ritenuto che il requisito della convivenza - presupposto per l'operatività della norma - poteva ritenersi soddisfatto anche quando tra il lavoratore ed il soggetto portatore di handicap in condizioni di gravità, verificato l'allontanamento dal nucleo familiare per ragioni di lavoro, fossero rimasti stretti legami di assistenza morale e materiale in attesa di ripristinare la convivenza proprio mediante il richiesto trasferimento in una sede di servizio più vicina alla residenza del nucleo familiare.
In conformità al parere, il Ministero ha emanato nel 1997 e nel 1998 circolari applicative della legge, tra l'altro prevedendo la sussistenza del beneficio anche quando il portatore di handicap grave risieda in località diversa dalla sede di lavoro dell'impiegato, ferma la necessità che il soggetto bisognevole di cure conviva stabilmente almeno con la famiglia del lavoratore richiedente.
Si è peraltro consolidato un più rigoroso indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione; di tal che il beneficio non è stato ritenuto applicabile nel caso in cui la convivenza sia stata interrotta per effetto dell'inizio dell'attività lavorativa presso sede diversa da quella di precedente residenza ed il lavoratore chieda successivamente il trasferimento ad una sede vicina al domicilio del familiare handicappato.
Anche questa Sezione, con parere n. 1857 in data 21 dicembre 1999, ha preso atto dell'orientamento che delimita la possibilità della richiesta della sede di lavoro più vicina soltanto se sussista ancora un rapporto di convivenza e quindi al momento dell'assunzione e non quando tale convivenza sia ormai stata interrotta per effetto dell'assegnazione della sede lavorativa.
Il Ministero, pertanto, si apprestava a modificare le istruzioni date allorché la citata legge n. 53/2000, per l'applicazione del beneficio, ha soppresso all'art. 19 il requisito della convivenza ed ha stabilito all'art. 20 la necessità dell'assistenza continua in via esclusiva.
Da un lato quindi viene a cadere il requisito della convivenza, dall'altro sorge la necessità di verificare la sussistenza dell'esclusività dell'opera di aiuto.
La norma, sostiene il Ministero, non risolve tutti i problemi interpretativi, anzi ne pone di nuovi.
In particolare sorgerebbe l'interrogativo se il requisito di "esclusività" collegato a quello della "continuità" possa essere fatto valere limitatamente all'atto dell'assunzione della sede di assegnazione o possa essere addotto a sostegno della richiesta anche in momento successivo all'assunzione in servizio qualora l'esigenza di prestare assistenza al congiunto sopravvenga successivamente all'instaurarsi del rapporto di lavoro.
Nell'ipotesi in cui la normativa si applichi esclusivamente in sede di prima assegnazione, il Ministero chiede di conoscere se le richieste degli interessati possano riguardare anche sedi al di fuori della circoscrizione territoriale per la quale è stato bandito il concorso, come ad esempio nelle procedure previste dall'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Qualora, invece, dette disposizioni tornino applicabili anche successivamente all'avvenuta assunzione in servizio, stanti le numerose richieste di trasferimento formulate dai dipendenti, l'Amministrazione chiede di conoscere se il requisito, in analogia al parere espresso in data 10 dicembre 1996, possa ritenersi presente quando sussistano "stretti legami di assistenza morale e materiale tra l'interessato e il portatore di handicap in situazione di gravità", da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà da parte del medesimo interessato dalla quale risulti, inoltre, l'inesistenza, in altri familiari, di detto legame, per mancanza delle condizioni necessarie ad assisterlo moralmente e materialmente o per la presenza di altri motivi ostativi. Se deve formularsi un'interpretazione diversa il requisito di "esclusività", invero, dovrebbe essere fatto valere solo nell'ipotesi dell'assistenza da parte di altri parenti di 1° grado del beneficiario.
Il Ministero rappresenta infine che, allo scopo di fornire tutela alle posizioni relative all'assistenza a favore dei portatori di handicap, con recente circolare del 1999, i cui criteri sono stati concordati con le OO.SS., è stato previsto un apposito punteggio nel caso in cui gli interessati richiedano il trasferimento allo scopo di ricongiungersi al coniuge o ai figli, al genitore o al fratello/sorella qualora questi ultimi risultino portatori di handicap in situazione di gravità e necessitino di assistenza continuativa presso la sede richiesta, nelle ipotesi di inesistenza di altri parenti di 1° grado.
In merito si osserva.
Occorre distinguere nella presente consultazione due ordini di questioni: alcune sul piano di stretta interpretazione delle norme di legge su richiamate; altre attengono alle disposizioni attuative emesse anche a seguito di consultazione con le OO.SS.
Per quest'ultimo profilo si segnala la mancanza agli atti delle circolari del 1997, del 1998 e del 1999 richiamate nella relazione, e l'opportunità di acquisire prima di un eventuale parere di questa Sezione su specifiche questioni applicative e su singoli casi, gli avvisi dei Dipartimenti della funzione pubblica e della solidarietà sociale, senza l'esigenza di un ulteriore approfondimento.
La Sezione ritiene infatti di potersi compiutamente esprimere solo sulle questioni di stretta interpretazione giuridica sollevate dal Ministero richiedente.
Ciò che la legge 104 del 1992 all'art. 33, comma 5, ha inteso tutelare è, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale, la continuità dell'assistenza prestata al soggetto bisognevole dal pubblico o privato dipendente. Il comma 5 citato richiedeva, almeno nell'interpretazione giurisprudenziale divenuta ampiamente predominante, la convivenza nel medesimo domicilio tra lavoratore e portatore di handicap.
Anche per superare le gravi difficoltà determinatesi a seguito dell'orientamento giurisprudenziale in molte famiglie tra quelle interessate, la legge n. 53/2000 è intervenuta in due sensi: ha eliminato il requisito, prima richiesto come necessario, della convivenza ed ha inserito la previsione dell'esclusività dell'assistenza da salvaguardare.
In tal modo operando, il legislatore ha ampliato il numero dei casi nei quali il diritto all'avvicinamento di sede può essere, nei limiti del possibile, esercitato: in particolare può esserlo ogni qualvolta l'assunzione in posto di lavoro comporti o abbia comportato l'allontanamento del lavoratore dalla sede ove prestava la propria assistenza con continuità.
D'altro canto il legislatore ha ristretto, per altro verso, la categoria dei beneficiari, posto che il beneficio può essere richiesto solo dal dipendente, unico parente o affine entro il terzo grado, disponibile a prestare l'assistenza necessaria.
Si tratta di un'innovazione particolarmente rigorosa, ma che ben si coniuga con la precedente nel perseguimento del meritevole fine di garantire la continuità della tutela dell'assistenza quando effettivamente prestata, senza peraltro far gravare l'onere sul solo mondo del lavoro, pubblico e privato, ogni qualvolta l'onere stesso possa essere più equamente ripartito.
Ulteriori innovazioni non sono state apportate dalla normativa sopravvenuta, per cui nulla è cambiato rispetto alla precedente disciplina per quanto riguarda le esigenze di assistenza manifestatesi successivamente all'assunzione in servizio da parte del lavoratore. Ferma restando la necessità di esaminare caso per caso le singole fattispecie, il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio resta quello, già espresso dalla Corte Costituzionale, di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, che già godeva dell'aiuto del familiare prima che quest'ultimo si dovesse allontanare per lavoro. Ne deriva che, in linea di massima, le esigenze successivamente determinatesi non sono comprese nella previsione legislativa.
Nulla è innovato anche rispetto ai casi di richieste di trasferimento presso sedi poste all'interno della circoscrizione territoriale per la quale è stato bandito il concorso, e per casi in cui il concorso riguardi indiscriminatamente l'intero territorio nazionale.
E' noto che questa Sezione ha espresso l'avviso che la disciplina in esame trova diretto fondamento in principi di solidarietà sociale di rango costituzionale in materia di salute, famiglia, istruzione e lavoro, e non può che avere carattere derogatorio rispetto alla ordinaria regolamentazione delle assegnazioni di sedi di servizio ai dipendenti, sia in via di prima assegnazione che di successivo trasferimento.
Infatti, la disciplina della materia in questione risponde all'esigenza di un ordinato assetto dell'organizzazione amministrativa, che è esigenza di rango sottordinato rispetto alla necessità di ripristinare, per quanto possibile, condizioni di uguaglianza nei confronti dei soggetti portatori di handicap, tenuto conto della rilevanza costituzionale, come sopra accennato, di tale finalità.
Tale assetto di valori, nella gerarchia dettata dai principi della Carta costituzionale, trova d'altronde conferma nelle deroghe a favore degli invalidi previste in materia di assunzioni e di avviamento al lavoro, nonché relativamente alle provvidenze economiche e sociali dettate a favore dei predetti soggetti.
Deve peraltro considerarsi che, oltre alla possibilità in concreto dell'assegnazione richiesta, come espressamente previsto dall'art. 33 della citata legge n. 104/92, è necessaria l'esistenza di un posto vacante nella sede di destinazione aspirata.
Nessun'altra condizione legittimante può essere a tale proposito prevista, altrimenti venendosi in pratica a vanificare la posizione soggettiva del soggetto interessato.
In particolare, non potrebbe essere richiesto l'obbligo di permanenza nella prima sede di servizio per un determinato numero di anni, atteso che tale obbligo non può valere per i soggetti non contemplati dalla legge n. 104/1992. Quindi anche a prescindere dalla circostanza che obblighi legislativi di permanenza in sede non sono più previsti per la generalità dei pubblici concorsi, richiamando le considerazioni in precedenza esposte dalla Sezione, il subordinare la possibilità di avvicinamento del portatore di handicap (o del soggetto comunque tutelato) all'obbligo di permanenza per alcuni anni nella prima sede di servizio significherebbe subordinare l'esigenza di tutela del soggetto debole alle necessità organizzative dell'Amministrazione, in violazione della scala dei valori dettata dai principi di rango costituzionale sopra richiamati.
Diversa è l'ipotesi che il concorso sia stato bandito per una determinata circoscrizione territoriale: in quel caso il posto presso diversa circoscrizione non può considerarsi disponibile per i vincitori del concorso e quindi, di massima, non può essere correttamente utilizzato per le esigenze di tutela soddisfatte dalla legge in esame.
Infine, come si è già accennato, alla formula "in via esclusiva" deve essere riconosciuto il significato dell'indisponibilità (e non dell'inesistenza) oggettiva o soggettiva di altre persone in grado di sopperire alle esigenze, circostanza da provare con ogni mezzo consentito dall'ordinamento, salvo l'onere di verifica da parte dell'Amministrazione.
Una più rigorosa interpretazione significherebbe vanificare la tutela offerta dal legislatore ai soggetti portatori di handicap che siano già assistiti dal lavoratore richiedente.
Va aggiunto che la tutela dell'assistenza a soggetti bisognosi può essere naturalmente favorita nell'ambito dell'autonomia organizzativa di ciascuna Amministrazione entro i limiti del rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità, sempre che l'Amministrazione stessa riconosca un interesse pubblico specifico da perseguire coniugabile con quello di tutela dell'assistenza al soggetto portatore di handicap.
P.Q.M.
Nei sensi di cui in motivazione è il parere.
Per estratto dal verbale
Visto
Il Presidente della Sezione
Corrado Calabrò