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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 20 maggio 1999 n. 853 - Pres. Catallozzi, Est. Saltelli - Comune di Pordenone (Avv.ti Pitter e Manzi) c. Cojazzi ed altri (n.c.) - (conferma T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sent. 20 marzo 1991, n. 79).

E' illegittimo un decreto di occupazione d'urgenza emanato dal Sindaco, la cui nomina sia stata in precedenza annullata in sede giurisdizionale, non potendosi applicare la teoria del funzionario di fatto nel caso in cui la suddetta circostanza sia stata dedotta con apposito motivo di impugnativa.

La teoria del funzionario di fatto, invero, trova due ordini di limiti, l'uno derivante proprio dal fatto che l'interessato insorge negando il potere di chi li ha emessi (1) e, l'altro, proprio in funzione della tutela della buona fede del terzo, nel senso che detta teoria può essere invocata a vantaggio del terzo, ma non a danno del terzo (2).

Nella teoria del funzionario di fatto si fanno rientrare per antica tradizione svariate fattispecie, il cui unico tratto comune è rappresentato dall'esercizio di funzioni pubbliche da parte di un organo o di un soggetto in mancanza di una regolare investitura. Il fenomeno trova vita solo allorquando si tratti di esercizio di funzioni essenziali e/o indifferibili, che per loro natura riguardino i terzi con efficacia immediata e diretta (3).

La teoria che riconosce legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto si fonda non solo sul principio di continuità dell'azione amministrativa, ma anche sull'esigenza di garantire i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario medesimo e si sostanzia dunque nella tutela della buona fede del privato; e, in questa prospettiva, gli effetti presi in considerazione dalla teoria in esame sono solo quelli favorevoli al privato (4).

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(1) Cons. Stato, Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6.

(2) In applicazione del principio, la Sez. IV ha ritenuto che "entrambi tali limiti sussistono nel caso di specie, dal momento che la ricorrente Cojazzi Elda ha espressamente contestato in sede giurisdizionale il potere di chi aveva emesso l'atto impugnato e, d'altra parte, l'applicazione della teoria in esame al caso di spese andrebbe a danno dell'interessato e non certo a suo favore".

(3) Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 1962, n. 1160; Ad. Plen. 22 maggio 1993, n. 6.

(4) C.G.A., 24 marzo 1960, n. 170; Cons. Stato, Sez. V, 15 dicembre 1962, n. 1160; Sez. IV, 13 aprile 1949, n. 145.

 

 

FATTO

Con ricorso notificato il 10.3.1992, il Comune di Pordenone ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 79 del 13.2/20.3.1991, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da Cojazzi Elda avverso il decreto sindacale 18 maggio 1989, n. 26784 di occupazione temporanea di un terreno di proprietà della medesima (foglio catastale 18, mappale 24) e avverso l'avviso di occupazione temporanea del 16 giugno 1989, annnullandoli.

Il Comune ha articolato due motivi di gravame, rubricati rispettivamente "erroneità in diritto della sentenza" e "contraddittorietà della sentenza e carenza di motivazione". Con il primo motivo si lamenta l'erroneità della sentenza perchè, pur avendo respinto i primi due motivi di censura avverso i provvedimenti impugnati, i primi giudici avrebbero ritenuto i predetti provvedimenti viziati in quanto adottati da un organo la cui nomina era stata annullata con la sentenza 226/89 dello stesso TAR Friuli Venezia Giulia, ritenendo non applicabile al caso di specie la teoria del c.d. "funzionario di fatto", che andava invece applicata sia per il rispetto del principio di continuità dell'azione amministrativa, sia per il principio di conservazione dell'atto amministrativo.

Tutto questo senza contare - sempre secondo l'appellante - che 1a delilbera di nomina del Sindaco, annullata in sede giurisdizionale, sarebbe stata sostituita da altra delibera di nomina del Sindaco e della Giunta e che detti (nuovi) organi avrebbero dato ulteriore impulso alla procedura ablativa già precedentemente iniziata, ciò costituendo ratifica implicita degli atti già compiuti.

Con il secondo motivo l'appellante deduce che i primi giudici avrebbero respinto la sua eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della delibera di Giunta Comunale n. 1078/89, ritenendo che essa non era oggetto d'impugnazione, ma, contraddittoriamente e senza la necessaria motivazione, avrebbero poi fondato la impugnata decisione proprio sulla carenza di potere della stessa Giunta per invalidare gli atti adottati in esecuzione di tale delibera.

Con sentenza 241 del 28.1/11.3.1997 questa sezione, al fine di decidere e per completezza istruttoria, riteneva opportuno chiedere al Comune di Pordenone il deposito:

a) della delibera di Giunta municipale n. 1078 del 24.4.1989;

b) del decreto di occupazione temporanea del Sindaco n. 26784 del 18.5.1989;

c) dell'avviso di occupazione temporanea del 16 giugno 1989.

In data 6.5.1997 il Comune di Pordenone provvedeva a depositare la documentazione richiesta con la richiamata sentenza istruttoria.

Non si sono costituiti in giudizio né Cojazzi Elda, ricorrente in primo grado e appellata, né gli altri soggetti intimati.

La causa è passata in decisione alI'udienza pubblica del 23.2.1999.

DIRITTO

I. Osserva il Collegio che deve essere esaminato innanzitutto il secondo motivo di appello, con il quale il Comune di Pordenone ha denunziato il vizio di contraddittorietà e di carenza di motivazione della sentenza, che, mentre avrebbe escluso che la delibera di Giunta municipale 24 aprile 1989, n. 1078 sia oggetto di ricorso, d'altra parte avrebbe fondato la decisione di annullamento degli atti impugnati proprio sulla carenza di potere della Giunta municipale.

La priorità logica dell'esame di tale motivo di appello è da ricercarsi nel fatto che esso, in sostanza, sembra riproporre l'eccezione di inammissbilità del ricorso originario, avanzata dall'ente appellante proprio per la mancata impugnazione della già ricordata delibera di Giunta municipale 1078/89.

Ad avviso del Collegio il motivo non è fondato.

1.1 Esso nasce da una erronea interpretazione della decisione impugnata, dal momento che questa non afferma che il vizio che inficia il decreto di occupazione temporanea (e il successivo avviso di occupazione) dipende dalla carenza di potere della Giunta municipale all'atto dell'adozione della delibera n. 1078/89. In realtà, i primi giudici correttamente hanno affermato l'autonomia del decreto di occupazione temporanea (e del successivo avviso di occupazione) rispetto alla delibera di Giunta municipale più volte richiamata, limitandosi peraltro a sottolineare che la carenza di potere del sindaco (la cui delibera consiliare di nomina era stata annullata dal TAR Friuli Venezia Giulia) spiegava effetti anche nei confronti dell'impugnato decreto di occupazione temporanea (e non solo della citata delibera di Giunta municipale).

Del resto, proprio l'esame della delibera di Giunta municipale n. 1078/89 e dei suoi rapporti con gli atti impugnati evidenzia la correttezza della censurata sentenza.

1.2. Giova al riguardo ricordare che la sezione con sentenza interlocutoria n. 241 del 28 gennaio - 11 marzo 1997 dispose proprio il deposito, poi avvenuto il 6.5.1997, della più volte ricordata delibera n. 1078/89.

Come si ricava agevolmente dalla sua epigrafe, essa ha ad oggetto: "Legge Regionale 22/85 - Opere di viabilità della città di Pordenone - consegna delle opere - Stralcio di alcuni lavori" e riguarda in particolare l'approvazione di un'elencazione di lavori, la cui esecuzione era da differirsi nelle more del perfezionamento degli atti di competenza regionale, necessari per la copertura finanziaria dei lavori stessi. Di detti lavori si disponeva la immediata consegna alle imprese esecutrici per rispettare gli impegni contrattuali già assunti, nell'intesa che, previa apposizione di apposita clausola contrattuale, l'inizio dei lavori era subordinato ad una autorizzazione comunale che sarebbe intervenuta dopo l'approvazione dei finanziamenti regionali. Il contenuto di tale delibera che ha un valore in parte ricognitivo, in parte organizzatorio - finanziario, di carattere interno, oltre a non possedere i requisiti della immediata e diretta lesività della posizione giuridica della ricorrente Cojazzi Elda (il che esclude la fondatezza anche dell'eccezione di inammissibilità del ricorso originario proposta dal Comune di Pordenone), dimostra che esso non può neppure considerarsi quale atto presupposto in modo diretto ed immediato dei provvedimenti impugnati in primo grado (decreto di occupazione temporanea e avviso di occupazione).

Il decreto di occupazione n. 9/S - LL.PP. prot. 26784 del 18.5.1989 del successivo avviso di occupazione temporanea del 16.6.1989 a firma del procuratore dell'Impresa concessionaria dei lavori, sono, in realtà, la conseguenza della necessità di dare attuazione ai provvedimenti di approvazione del progetto dei lavori e cioè alle delibere del Consiglio comunale n. 167 del 28.4.1986, della Giunta municipale n. 3134 del 9.12.1986 e del Consiglio comunale n. 719 del 29.12.1986, con le quali risulta proprio approvato il progetto esecutivo dei lavori di sistemazione di via Grigoletti.

Nessun rapporto di conseguenzialità diretta ed immediata vi è, invece, tra gli atti impugnati e la delibera della Giunta municipale n. 1078/89, per effetto della quale i lavori stessi sono stati consegnati all'impresa concessionaria, incaricata di realizzarli.

1.3. Appare dunque di tutta evidenza 1'infondatezza della censura mossa dall'appellante, atteso che il vizio di carenza di potere, sollevato in primo grado e ritenuto fondato dai primi giudici, riguarda solo il decreto di occupazione temporanea emesso dal Sindaco di Pordenone.

II. Passando dunque all'esame del primo motivo d'appello, deve ricordarsi che con esso il Comune di Pordenone lamenta che, nel caso di specie, il TAR avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile la teoria del c.d. funzionario di fatto, che doveva invece, trovare ingresso in omaggio ai principi di continuità dell'azione amministrativa e di conservazione degli atti amministrativi. A completamento del motivo l'appellante ha dedotto che, dopo l'annullamento delle delibere consiliari di nomina del Sindaco e della Giunta municipale, la nuova Giunta ed il nuovo Sindaco avrebbero dato ulteriore impulso alla procedura ablativa iniziata dai loro predecessori, realizzando così una ratifica (implicita) degli atti compiuti, tra cui andrebbero annoverati quelli oggetto d'impugnazione.

Osserva il Collegio che anche tale motivo è infondato.

II. 1.1. E' pacifico in punto di fatto che il decreto di occupazione n. 9/S - LL.PP. prot. 26784 del 18.5.1989 è stato emanato dal Sindaco di Pordenone, la cui nomina è stata annullata dal TAR Friuli-Venezia Giulia con sentenza 24 giugno 1989, n. 226. E', altresì, pacifico che il ricorso giurisdizionale avverso il decreto di occupazione temporanea (ed il consequenziale avviso di occupazione) è stato notificato il 4.8.1989 ed è incentrato tra l'altro proprio sul vizio di carenza di potere del Sindaco (e della Giunta municipale) per l'intervenuto annullamento delle delibere consiliari che ne avevano disposto la nomina.

II.1.2. Fatte tale premesse non sembra che possa essere applicata al caso di specie l'invocata teoria del funzionario di fatto.

In essa, notoriamente, si fanno rientrare per antica tradizione svariate fattispecie, il cui unico tratto comune è rappresentato dall'esercizio di funzioni pubbliche da parte di un organo o di un soggetto in mancanza di una regolare investitura. Il fenomeno, che però trova vita solo allorquando si tratti di esercizio di funzioni essenziali e/o indifferibili, che per loro natura riguardino i terzi con efficacia immediata e diretta (C.d.S., sez. V, 15.2.1962, n. 1160; A.P. 22.5.1993, n. 6), pone problemi circa la validità degli atti (amministrativi) posti in essere medio tempore dal funzionario e formalmente imputati all'ente.

La teoria che riconosce legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto si fonda sull'esigenza di garantire i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario medesimo e si sostanzia dunque nella tutela della buona fede del privato; ed in questa prospettiva gli effetti presi in considerazione dalla teoria in esame sono solo quelli favorevoli al privato (Cons. Giust. Reg. Sic. 24.3.1960, n. 170; C.d.S., sez. V, 15.12.1962, n. 1160; sez. IV, 13.4.1949, n. 145).

E' stato anche affermato che la teoria del c.d. funzionario di fatto si fonda sul principio di continuità dell'azione amministrativa.

II.1.3. Orbene il problema che viene all'esame del collegio è quello di stabilire la validità degli atti posti in essere da1 Sidaco del Comune di Pordenone, la cui nomina è stata annullata giurisdizionalmente, tenendo conto che proprio tale intervenuto annullamento giurisdizionale, cui consegue evidentemente la carenza di potere dell'organo, è stato motivo esplicito del ricorso.

Ritiene il Collegio al riguardo che la teoria del funzionario di fatto trova due ordini di limiti, 1'uno derivante proprio dal fatto che l'interessato insorga negando il potere di chi li ha emessi (C.d.S., A.P., 22.5.1993, n. 6) e 1'altra proprio della tutela della buona fede del terzo, nel senso che - come già visto - detta teoria può essere invocata a vantaggio del terzo, ma non a danno del terzo.

Entrambi tali limiti sussistono nel caso di specie, dal momento che la ricorrente Cojazzi Elda ha espressamente contestato in sede giurisdizionale il potere di chi aveva emesso 1'atto impugnato e, d'altra parte, l'applicazione della teoria in esame al caso di spese andrebbe a danno dell'interessato e non certo a suo favore.

Correttamente, dunque, già i primi giudici hanno escluso che la teoria in esame possa trovare applicazione nella presente controversia.

II.2. Infondato, poi, è l'ulteriore argomento difensivo, con il quale l'appellante ha cercato di sostenere il motivo di gravame in esame, secondo cui i nuovi organi comunali eletti dopo 1'intervenuta sentenza n. 226/89 del TAR Friuli Venezia Giulia avrebbero dato nuovo impulso alla procedura ablativa, realizzando così una ratifica (implicita) dell'attività svolta, che si riferirebbe anche agli atti impugnati in primo grado.

Al riguardo, a parte la constatazione che del dichiarato impulso alla procedura ablativa non è stata fornita alcuna prova neppure in primo grado, il Collegio osserva che mentre è discutibile la sanatoria di atti illegittimi in pendenza di procedimenti giurisdizionali avverso gli stessi, certamente inammissibile è la sanatoria o ratifica degli atti annullati. Invero, l'annullamento dell'atto da parte del giudice elimina l'atto stesso dal mondo giuridico con la conseguenza che non è possibile una sanatoria con effetti ex tunc, ma solo, eventualmente, l'emanazione di un nuovo provvedimento con efficacia ex nunc.

Ciò, peraltro, a prescindere dalla possibilità di una sanatoria (ratifica) implicita.

Conclusivamente, l'appello va respinto.

III. Non vi è luogo a provvedere circa il governo delle spese del giudizio, atteso che gli appellati non risultano costituiti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta) respinge l'appello proposto, e per l'effetto conferma la sentenza indicata in epigrafe.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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